Amianto sulle navi militari, la Marina le sapeva nocive dal 1969

Concluse le indagini della Procura di Padova: 14 persone sono ritenute responsabili di omicidio colposo e di violazione della normativa antinfortunistica129039503-586x332

L’amianto sulle navi c’era e c’è rimasto per decenni. Le responsabilità della Marina Militare italiana sono altissime, perché chi sapeva non ha preso provvedimenti: ha taciuto ed è andato avanti. Sono centinaia le vittime della fibra killer fra i marinai e gli ufficiali che hanno prestato servizio sulle imbarcazioni battenti bandiera italiana. La Procura di Padova che da anni segue questa vicenda ha chiuso le indagini ed ha messo sotto inchiesta 14 persone (capi di Stato maggiore, direttori generali di sanità militare, ispettori di sanità, comandanti in capo della squadra navale, direttori generali degli armamenti navali) ritenute responsabili di omicidio colposo e di violazione della normativa antinfortunistica. Alle centinaia di vittime della Marina sono abbinati i nomi di chi stava ai vertici delle strutture nelle quali i soldati prestavano servizio. Gli indagati, secondo il pm Sergio Dini, non avrebbero omesso soltanto la presenza di amianto all’interno degli ambienti, ma avrebbero continuato a far utilizzare ai militari le dotazioni di bordo contenenti amianto (guanti, tute e coperte ignifughe). L’omissione sarebbe stata totale: nessun controllo sanitario specifico, nessun controllo sui mezzi di protezione, nessuna manutenzione atta ad arginare la diffusione dell’amianto. Niente. Secondo l’avvocato Ezio Bonanni, i vertici della Marina erano a conoscenza dei rischi ai quali andavano incontro i loro sottoposti. L’asbestosi è stata inserita nella tabella delle malattie professionali nel 1943, dopo che nel 1941 la Corte di Cassazione aveva emesso le prime sentenze di condanna al risarcimento dei danni. C’è un carteggio, catalogato come ‘riservato’ o ‘riservatissimo’, tra la cattedra di medicina del lavoro di Bari ed i vari organi della Marina militare che dimostra chiaramente come oltre 40 anni fa il problema fosse chiaro a tutti. Il pesante tributo in termini di vite umane tra i militari della Marina, così come è successo anche per l’Aeronautica, fino ad imporre la loro equiparazione alle vittime del dovere, sta lì a dimostrare che le tutele si sono rivelate inefficaci. Nel 1969 uno studio epidemiologico-statistico dell’ arsenale militare di Taranto aveva evidenziato come fra le 269 persone vistate 27 presentassero sintomi di patologie asbesto correlate. Uno studio che, sin dalle premesse, avrebbe dovuto rimanere insabbiato negli archivi della Sanità militare marittima. Quarant’anni dopo, la verità viene a galla e il prezzo pagato per questo segreto sembra essere altissimo.

Fonte: L’Espresso

Amianto: la denuncia della figlia di un militare morto per mesotelioma

La figlia di un dipendente dell’Arsenale de La Maddalena morto per mesotelioma ha sporto denuncia per disastro ambientale alla Procura di Padova129039503-586x332

Giuseppina Bartolozzi, figlia di un dipendente dell’Arsenale, morto nel 1984 a causa di unmesotelioma pleurico, ha sporto denuncia per disastro ambientale alla base militare de La Maddalena, in Sardegna, dove suo padre

ha lavorato in assenza di qualsiasi informazione sul rischio cui era esposto e senza essere munito di alcuna protezione in un ambiente di lavoro, chiuso, dove non venivano aspirate le polveri nè confinati i luoghi in cui c’era la dispersione di fibre di amianto.

Giulio, il padre della donna, era addetto alle pulizie delle celle frigorifere, dove l’amianto veniva utilizzato come materiale isolante.

A oggi il sito non è stato ancora bonificato e la sottoscritta chiede che l’autorità giudiziaria accerti chi, volontariamente e scientemente, ha disposto di sfregiare il territorio di La Maddalena con un disastro ambientale che è sotto gli occhi di tutti,

scrive nel suo esposto Giuseppina Bartolozzi, assistita dall’avvocato Ezio Bonanni con il supporto di Ona, Osservatorio nazionale amianto. La donna aggiunge che i materiali di amianto e altri rifiuti delle officine di base della Marina militare della Maddalena sono stati gettati in mare, inquinando la zona, tanto che il transito nell’area contaminata è stato vietato alle imbarcazioni. Proprio a Padova, nel 2005, ci fu la prima inchiesta sull’amianto presente a bordo delle navi militari, conseguente ai decessi del capitano di vascello Giuseppe Calabrò e del meccanico di bordo Giovanni Baglivo. Da quel momento sono circa seicento le cartelle cliniche depositate nelle mani degli inquirenti padovani: se la Procura torinese è diventata il punto di riferimento per le rivendicazioni dei lavoratori e dei cittadini “contaminati” dalle attività dell’Eternit, la Procura di Padova è il punto di riferimento per quanto riguarda l’utilizzo dell’amianto da parte della Marina Militare italiana.

Fonte: Unione Sarda

 

Navi d’amianto, i marinai diventano vittime del dovere

Si apre un nuovo corso nei risarcimenti: le vittime dell’asbesto vengono equiparate alla “vittime del dovere”. E intanto proseguono le bonifiche delle 148 navi contaminate 109471398-586x372

Sono le vittime sommerse dell’amianto, i marinai che si sono imbarcati su navi in cui l’amianto era un materiale utilizzato con estrema naturalezza. La Marina Militare inaugura un nuovo corso, le vittime dell’amianto vengono equiparate alle vittime del dovere e c’è una prima lista di 120 casi che potranno avere accesso agli indennizzi e ad altri benefici non economici come l’esenzione sanitaria o l’assistenza psicologica. Di queste 120 persone, 66 sono decedute. Il Consiglio di Stato ha sancito che per avere accesso alle risorse è sufficiente che il militare abbia contratto l’infermità in occasione o a seguito dello svolgimento della propria attività di servizio a bordo delle unità navali nei quali era documentabilmente presente amianto. È solo l’inizio, Enrico Pacioni, capo ufficio stampa dello Stato Maggiore della Marina ha spiegato a Stefania Divertito di Metro che sono 516 le istanze presentate finora: 362 di militari, 154 di civili. I decessi correlati all’amianto sono stati 52 tra i militari e 14 fra i civili. La Marina sta bonificando le navi sulle quali è stata rilevata la presenza di amianto: 31,5 milioni sono stati spesi per rimuovere l’amianto completamente sul 29% e parzialmente sul 54% delle 148 navi contaminate. L’amianto veniva utilizzato soprattutto nelle coibentazioni. Qualche settimana fa sono state risarcite le famiglie di un sottoufficiale segnalatore morto nel 1986 (in servizio dal 1941 al 1978) e di un sottufficiale elettricista deceduto nel 2012 (in servizio dal 1950 al 1980) per i cui casi è stata riconosciuta l’inclusione fra le vittime del dovere: 200mila euro agli eredi e 1300 euro di pensione a superstite per vedove e figli.

Fonte: Metro