Scegliamo la nostra terra per vivere in maniera naturale e sostenibile

Stefania e Silverio a 25anni decidono di cambiare vita: “Volevamo finire gli studi e andare a lavorare all’estero, poi un ritorno alle origini ci ha cambiato la vita e oggi dedichiamo ogni secondo del nostro tempo alla nostra terra, all’agricoltura naturale e alla condivisione di antichi e nuovi saperi”.cover_cali

“Sveglia alle 5.00 per essere in campagna alle 5.30”. Ci sono cose che senti solo nelle storie dei nonni. E invece, in questo caso, a raccontarle sono Stefania e Silverio due ragazzi di venticinque anni che hanno scelto di vivere di terra e di sogni. Stefania Cannone e Silverio Liso, pugliesi, classe 1990, laureati in Tutele e benessere animale lei e Bioteconologie lui, entrambi all’Università di Teramo, oggi agrotecnici. “Un percorso simbiotico di scelte fatte insieme” lo definiscono loro, uniti da dieci anni di amore, amicizia e tanta passione. “Abbiamo un amore viscerale per la terra e per la nostra terra” racconta Stefania. “Non mi piaceva studiare ma l’agricoltura ce l’ho nel sangue” gli fa eco Silverio, che aggiunge: “Mai avrei pensato di trovare però una donna con la quale condividere il sogno di una vita in campagna”. E invece la donna non solo l’ha trovata ma è anche più appassionata di lui. “Stefania non pensa ad altro – continua Silverio – da quando abbiamo lasciato Teramo per tornare ad Andria la nostra vita ruota attorno a questo pezzo di terra”.

Un pezzo di terra comprato con pochi soldi e quasi per caso: “Era un’occasione. Ma non avevamo ancora un progetto concreto… ” dice Silverio. “Dopo la laurea pensavamo di andare all’estero – prosegue Stefania – Ogni volta che tornavamo al nostro paese però vedevamo le cose peggiorare, tanti nostri coetanei se ne erano andati e in tanti si erano rassegnati. Allora ci siamo detti: perché non provare a migliorare le cose qui?”. “Abbiamo fatto le valigie e siamo tornati a casa – continua Silverio – Gli esami che ho dato stando a Teramo in tre anni, li ho fatti da pendolare in un anno, vivendo ad Andria e lavorando”.

L’entusiasmo è sorprendente e i risultati ottenuti pure, perché l’azienda agricola Calì non è solo un’azienda agricola, anzi. E’ un laboratorio di idee, un luogo in cui si piantano amore e passione e se ne condividono i frutti. Certo, la strada non è sempre semplice… “oggi siamo inquadrati come aspiranti imprenditori agricoli, un passo necessario per poter aprire un’azienda agricola. La burocrazia è la parte più complicata e costosa… confronto a queste pratiche zappare o svegliarsi alle cinque sono cose da nulla!” sorride Silverio. “I miei genitori ancora non si rassegnano – continua Stefania – sognano per noi il posto statale, l’impiego fisso… non hanno capito che questa ormai è la nostra vita”

Una vita che in brevissimo tempo si è parecchio riempita. “Abbiamo tre ettari di terreno, quindici galline, un pavone, una faraona e due cani che hanno abbandonato sul nostro terreno l’anno scorso – ricorda Silverio – Stavamo per partire per il campeggio ma abbiamo deciso di rinunciare alla vacanza per far loro i vaccini. Così abbiamo passato l’estate lì, a fare campeggio in campagna!”. “Il terreno è diviso tra uliveto, orto e vigneto – prosegue orgogliosa Stefania – facciamo vino, olio, ci dedichiamo all’autoproduzione e vendiamo i nostri prodotti tramite un Gas, un Gruppo di Acquisto Solidale fondato da noi… facciamo le consegne in bicicletta per essere sostenibili dall’inizio alla fine!”. Lo scopo è infatti proprio quello di promuovere uno stile di vita più sostenibile, un’agricoltura naturale e un modo di mangiare sano… ma non parlategli di biologico! “Naturale – spiega Silverio – significa totalmente priva di trattamenti, il biologico è un’altra cosa…” “Naturale, genuino, salutare ma a costi accessibili e concorrenziali – sottolinea Stefania – Perché non deve essere una cosa per pochi…”.  “Vorremmo organizzare corsi di Orticoltura Naturale, Ortoterapia, Fitoalimurgia, Formazione settoriale… Magari un giorno aprire un Agrinido e creare una masseria eco-didattica per ospitare animali e persone, piccoli e grandi” afferma Stefania, una mente in fermento e tantissimi progetti per promuovere le loro idee. “Con Legambiente di Andria, per esempio, abbiamo progettato e realizzato un orto urbano insieme ai cittadini e agli immigrati… per fortuna hanno aderito tanti immigrati perché in molti nostri compaesani non sapevano tenere neanche una zappa in mano!” sorride Stefania mentre racconta quest’avventura che ha segnato molto entrambi. “Sono persone che vogliamo aiutare, meritano una mano – continua Silverio – Per questo, insieme al progetto SfruttaZaro, vorremmo creare uno spazio  all’interno del nostro terreno da dedicare agli immigrati… per permettergli di lavorare e vivere in modo dignitoso”.
“E intanto facciamo anche consulenze – prosegue Silverio – Vogliamo condividere la nostra esperienza e le nostre conoscenze. Ci sono tantissimi ragazzi che come noi vorrebbero intraprendere questa strada ma non sanno come muoversi. Noi proviamo ad aiutarli”. “A tutti comunque diciamo di venirci a trovare – sottolinea Stefania – venite! Anche nel week end ci troverete sempre in azienda”. E pure per chi non è comodo ad Andria c’è una soluzione: “Abbiamo aperto una sorta di Bed and Breakfast per dare la possibilità a chi sta pensando di tornare ad una vita più naturale di mettersi alla prova e a chi non ha mai avuto la fortuna di sporcarsi le mani, di farlo” E chissà che non riescano a contagiare anche qualche ospite. Perché alla fine, quando si scopre la Pugliosità, come la chiama Stefania, poi è difficile tornare indietro. “Questo modo di vivere, genuino e a contatto con la natura, ti da gioia, ti riempie il cuore. Non è solo un lavoro. Noi qui siamo felici e questo traspare a chi ci incontra” spiega Stefania. “Certo, forse non uno stile di vita che si confà alla nostra età – continua Silverio, che oltre a tutto questo aiuta anche il padre lavorando come fabbro, per arrotondare le entrate – Per i nostri coetanei, per esempio, è normale uscire dopo le dieci, noi invece a quell’ora siamo già a letto! Ma a noi va bene così. Non ci manca nulla, anzi! Pensiamo al tempo sprecato. Potevamo finire prima l’Università. Potevamo iniziare prima! Se tornassi indietro farei le cose più velocemente”. Ma quest’anno ci andate in vacanza? “Assolutamente no! – ride Stefania – Tra pochi giorni inizieremo a costruire la serra e quindi dobbiamo necessariamente stare qui. Però abbiamo montato una piscina per rinfrescarci dopo il lavoro e va benissimo così. Perché, alla fine, le vacanze non sono altro che uno stato mentale”.

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Gas Andria: https://www.facebook.com/pages/GAS-Andria/466395943514090?fref=ts

Fonte: ilcambiamento.it

Stop agli ammorbidenti chimici: ecco come prepararne uno naturale ed economico

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Gli ammorbidenti sono prodotti davvero speciali per il bucato. Si usano per conservare la morbidezza dei tessuti e per dare un piacevole odore ai nostri vestiti ogni volta che li laviamo. Si tratta di un prodotto molto comune sul mercato e, di fatto, lo si trova facilmente e anche a prezzi vantaggiosi a seconda della marca che si sceglie. Ma sapevate che molte delle fragranze che vengono aggiunte agli ammorbidenti costituiscono una minaccia per la nostra salute? Anche se l’odore che emanano i nostri capi appena lavati è gradevole, gran parte delle fragranze e degli agenti chimici utilizzati negli ammorbidenti commerciali possono essere pericolosi, specialmente per i bambini. Secondo gli esperti, gli ammorbidenti in commercio contengono composti chimici che possono causare reazioni sulla pelle o allergie respiratorie come la rinite. Tenendo in considerazione che molti di questi agenti chimici sarebbero nocivi per l’organismo se venissero ingeriti, gli esperti assicurano che possono essere dannosi anche attraverso il semplice contatto con la pelle. Esattamente come avviene per altri prodotti chimici che si utilizzano per la pulizia della casa, gli ammorbidenti per il bucato possono causare danni alla nostra salute, anche se probabilmente questi non si manifestano in modo immediato e vengono associati difficilmente all’uso di tale prodotto. Gli esperti assicurano che la maggior parte di questi prodotti contiene ftalati, ovvero i composti chimici che si aggiungono per dare all’ammorbidente proprio quel piacevole odore che tanto ricerchiamo, ma che secondo molti studi ha causato disordini ormonali in vari animali. Usare ammorbidenti industriali, quindi, non solo può causare danni alla nostra salute, ma anche all’ambiente. Per questo motivo, si vuole promuovere l’uso di alternative ecologiche e sane, che non costino troppo, siano efficaci, e soprattutto che non abbiano effetti negativi sulla nostra salute e che siano ecosostenibili.ammorbidente-e1436891252276

Come preparare un ammorbidente naturale ed economico

Ora che sapete che gli ammorbidenti industriali possono causare danni alla vostra salute e all’ambiente, dovete cominciare a considerare la possibilità di preparare i vostri in casa. Ovviamente devono essere prodotti naturali ed economici, che si prenderanno cura del vostro bucato e lo renderanno morbido. Questo ammorbidente naturale richiede l’uso di ingredienti molto comuni che probabilmente avete già in casa. Le loro proprietà aiuteranno a rendere più morbidi i tessuti e ad eliminare i cattivi odori dal nostro bucato.

Ingredienti

  • 10 gr di bicarbonato di sodio.
  • 150-200 ml di acqua calda.
  • 800 ml di aceto di mele.
  • 20 gocce di olio essenziale.
  • Recipiente di plastica con una capacità di 3 litri e mezzo.

Cosa dovete fare?

  • È importante usare un recipiente di plastica grande, perché il composto aumenterà di volume. Quando avrete trovato il recipiente adatto, versate l’acqua calda e aggiungete il bicarbonato di sodio e l’aceto di mele. Osserverete a questo punto una reazione chimica tra gli ingredienti che causerà la formazione di moltissime bolle nel recipiente.
  • Quando il liquido si sarà stabilizzato, conservatelo nel recipiente del vostro vecchio ammorbidente (o in qualsiasi recipiente comodo che abbiate a disposizione), e aggiungete l’olio essenziale con l’aroma che preferite. Agitate e conservate in un luogo fresco.
  • Per usarlo, aggiungetelo al bucato posto in acqua o in lavatrice, esattamente come facevate con il vostro vecchio ammorbidente industriale.

Consiglio: Prima di usare l’ammorbidente, agitatelo bene per amalgamare di nuovo tutti gli ingredienti. Per ogni bucato, saranno sufficienti 4 cucchiai di ammorbidente fatto in casa.bucato-500x334

  • Questo incredibile ammorbidente vi aiuterà a rendere il bucato morbido, pulito e privo di sostanze chimiche. Si consiglia in particolare per i colorati e per il bucato scuro.
  • Se soffrite di allergie o avete problemi respiratori di vario genere, questo ammorbidente diventerà il vostro più grande alleato per ottenere la morbidezza desiderata senza soffrire di scomodi effetti secondari. Esso, inoltre, si renderà protagonista di un’importante funzione alternativa oltre a quella di pulire il vostro bucato. Aiuterà infatti a mantenere pulita la vostra lavatrice da quelle particelle di sporco e di detersivo che si tendono ad accumulare nei fori. 
  • Non abbiate dubbi dunque a provare tutti i benefici che vi garantirà l’uso di questo ammorbidente sin dalla vostra prossima lavatriceNon potrete più fare a meno del suo delicato aroma e della sensazione di morbidezza che lascerà in ognuno dei vostri vestiti.

Fonte: viverepiusani.com

Tornare alla terra: si può vivere coltivando in modo naturale?

Complice la crisi economica, negli ultimi anni si è assistito ad un ‘ritorno alla terra’ da parte di molti giovani che hanno deciso di dedicarsi all’attività agricola. Roberta Perrone durante la stesura della sua tesi di laurea sull’ecologia e il sociale (nella quale approfondisce in particolare il tema della meccanizzazione in agricoltura e gli effetti sulle sementi) ha intervistato tra gli altri Antonio Cangialosi, agrumicoltore siciliano di ventotto anni che ha deciso di trasformare un hobby in un vero e proprio lavoro. Con lui ha parlato di agricoltura industriale e alternative naturali, tutela del suolo, OGM e dei problemi derivanti dall’uso dei pesticidi.

Ciao Antonio, raccontaci prima di tutto chi sei e di cosa ti occupi?

Mi chiamo Antonio Cangialosi, ho ventotto anni e sono un agrumicoltore. Insieme a mio fratello gestisco un agrumeto di tre ettari e un uliveto altrettanto grande. L’azienda si trova in Sicilia a circa trenta chilometri da Palermo. Burocraticamente è nata 5 anni fa, ma in realtà calpestiamo quel suolo da sempre. Quella terra è un dono che ci è stato ereditato. Sin da piccoli alternavamo piacevoli ore di lavoro in campagna con impegni di studio. Ci siamo ritrovati grandi e col desiderio maturato negli anni di fare del nostro hobby un vero e proprio lavoro.

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Nel 2010 abbiamo cercato di mettere in piedi un’attività agricola di collina a conduzione familiare. Principalmente siamo io e mio fratello che ci lavoriamo, ma in alcuni momenti anche mio padre, parenti e amici. Loro ci danno una mano soprattutto nella fase della raccolta. Questa attività è nata pezzo dopo pezzo attraverso piccoli tentativi, esperimenti, grazie soprattutto alla curiosità di provare a capire come si può vivere coltivando la terra. Non nego che la prima fase ha riservato alcune difficoltà (passare dai libri alla terra, inghippi burocratici, difficoltà nell’avvicinare la gente al buon cibo). In questo momento, nonostante i problemi siano sempre presenti, possiamo dire che stiamo riuscendo nei nostri intenti ed è pure divertente. E’ un lavoro duro. Si torna a casa stanchi e si dedicano altre ore alla vendita a km0 nel nostro piccolo punto vendita in paese. Altre ore vengono destinate alla comunicazione (e-mail, social, pubblicità, etc). Altre vengono impiegate per la sistemazione dei pacchi da spedire, dando così la possibilità a chiunque di acquistare prodotti genuini – dall’albero alla tavola. Quindi il lavoro c’è ed è anche tanto, ma cerco di ridurre il più possibile il livello di alienazione. E posso dire che è una cosa che mi appaga. È un processo in continuo divenire.

Perché è importante tornare alla terra?

Noto che dalle nostre parti, da alcuni anni, c’è per fortuna una piccola realtà di giovani che vorrebbe impegnarsi in questo settore e che sembra voglia espandersi sempre più. Si sta riscoprendo il valore della terra. Di certo è una realtà che stenta a decollare, ma comunque è già importante che si stia facendo spazio nel sociale. Il ritorno alla terra non è da sottovalutare, anzi. L’attività agricola può rappresentare un modello alternativo. La terra è una risorsa importante perchè è lei che ricuce i rapporti tra territorio e comunità, le relazioni, le conoscenze, il recupero di saperi, le tradizioni. Oggi la gente inizia a pensare che la strada sia in progetti come il nostro. Ciò ci inorgoglisce.

Perché occuparsi della difesa del suolo è divenuta oggi una priorità?

Oggi le policolture tradizionali sono minacciate dalle monocolture industriali. Le colture intensive avvengono a ritmi spaventosi. La negatività delle colture intensive sta principalmente nel trarre profitto ad ogni costo. Non a caso, pur di lucrare, le grandi aziende tendono a sfruttare al massimo il suolo, i mezzi, il personale e tutto ciò di cui necessita una coltivazione intensiva. Le conseguenze sono: cattive paghe, usi sproporzionati di carburante, uso massivo di pesticidi, anticrittogamici, fitofarmaci, insetticidi. Purtroppo è la chimica che fa il gioco, col suo malefico ausilio si può annualmente ottenere una produzione standard. Ma sopperire le mancanze con la chimica porterà la natura a depauperarsi.

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Riproponendo questi metodi anno dopo anno il suolo, le piante e i prodotti stessi verranno denaturati. Perderanno le loro fisiologiche proprietà. ISDE Italia ha reso pubblica la sua posizione (vedi Position Paper) sui rischi ambientali e sanitari generati dall’uso di pesticidi. Nel documento vengono presentate numerose informazioni che evidenziano le criticità delle pratiche agroindustriali dannose per la salute dell’uomo, degli animali e degli ecosistemi. Mi riferisco alla contaminazione chimica del suolo, dell’acqua, dell’aria e degli alimenti. E’ un documento che a mio avviso dovrebbero leggere tutti. Essendo stato scout non posso dimenticare le parole di Baden-Powell: “Lascia il mondo un po’ migliore di come l’hai trovato”. La difesa del suolo è una priorità perchè se tratti bene la terra lei ricambierà nel migliore dei modi. Coltivare con metodi biologici, prendersi cura della salute del terreno è un po’ come difendere l’equilibrio del cosmo.

Come fate quindi a difendere i vostri raccolti da possibili attacchi?

Gli agrumi sono dei frutti resistenti. La buccia, spessa e grezza, consente di proteggere al meglio il frutto dagli attacchi. Di conseguenza il produttore, se vuole, non è costretto a far uso della chimica. Capita però che l’agrumeto venga infestato dalla presenza di un numero massiccio di afidi e cocciniglie, insetti visibili anche ad occhio nudo che si raggruppano solitamente sulla pagina inferiore delle giovani foglie. Succhiano la linfa delle piante provocandone un generale deperimento. Per affrontare questo problema utilizziamo l’olio extra vergine d’oliva (metodo naturale). L’olio, distribuito nelle foglie, riesce a soffocare gli insetti sopprimendoli. Per altri casi utilizziamo anche rame e zolfo (fungicidi naturali che, se utilizzati in giuste dosi, sono consentiti in agricoltura biologica).

Quale potrebbe essere a tuo avviso un sistema di produzione e di distribuzione ideale?

Mi piace pensare che un giorno si potrà tornare ad una produzione e ad una distribuzione locale, il famoso km0. E mi piace pensare che un giorno le produzioni industriali cesseranno di esistere. Una piccola azienda non ti obbliga ai ritmi frenetici di cui necessita una mega azienda. Si sa, le grandi aziende sono spesso strozzate dai costi e da un’organizzazione troppo macchinosa, con tempi e ritmi rigidissimi dettati dalle dure leggi di mercato, per non parlare dell’uso sproporzionato di concimi chimici e gli effetti sulla biodiversità. Invece, tante piccole aziende possono agire nel rispetto della terra e dell’uomo: giuste ore di lavoro, adeguate tecniche di potatura, di concimazione, di irrigazione e di raccolta.planta

Sarebbe bello vedere un giorno il contadino entrare nuovamente in città attraverso i mercati di vendita diretta, mettendo così in evidenza la trasparenza del prezzo, il valore del lavoro e la qualità del prodotto. Quella della vendita diretta (negli spacci, nei mercatini, attraverso i GAS) non è solo un’alternativa critica alla grande distribuzione, ma resta prima di tutto un modo diverso per creare e difendere le relazioni tra persone. Bisogna ripensare l’agricoltura e il nostro rapporto con il cibo. Le dinamiche commerciali odierne obbligano, in un certo senso, ad attivare anche dei metodi di distribuzione ad ampio raggio. Noi ad esempio diamo l’opportunità al consumatore di acquistare i nostri prodotti da ogni parte d’Italia e farseli recapitare a casa in breve tempo. Unici aspetti positivi di questo sistema di distribuzione: a. diamo la possibilità a chiunque di mangiare prodotti sani e sicuri; b. eliminiamo i vari passaggi degli intermediari, i quali non fanno altro che far lievitare i prezzi e la tempistica tra raccolta e consumazione.

È possibile secondo te un’agricoltura differente che preservi l’agricoltura tradizionale, l’uso delle sementi antiche e che rispetti i ritmi naturali considerando l’aumento della popolazione e, di conseguenza, l’aumento della richiesta di cibo?

Ecco. Per quanto riguarda la questione dei semi posso parlarti della mia esperienza. Parte dell’azienda è destinata ad un piccolo orto per il fabbisogno familiare. Grazie alla passione per la campagna di mio nonno e di mio padre, oggi, io e mio fratello, disponiamo di sementi antiche di varietà non più esistenti in commercio: pomodoro, zucchina siciliana, fava, cetriolo, cipolla, aglio. Ho ereditato una grande ricchezza. Purtroppo alcuni semi di altri ortaggi sono andati persi nel tempo. Ciò ci obbliga ad acquistare sementi o piantine direttamente dai vivaisti che, però, commercializzano semi ibridi.  Qui si apre un capitolo immenso sull’origine dei semi, le modifiche apportate, le certificazioni, i brevetti, le multinazionali. Argomenti che non possono essere riassunti o trattati superficialmente. Aggiungo solo che oggi i circuiti di scambio delle sementi hanno a mio avviso un’importanza fondamentale, perchè offrono l’opportunità di scambiare varietà di semi poco conosciute. I semi sono un patrimonio dell’umanità. Difendere i semi significa difendere la biodiversità, ecco perchè dobbiamo conservarli con cura e scambiarli. La libertà di scambiare le sementi antiche, cosa oggi minacciata dalla Comunità Europea, è un diritto naturale. La terra ci offre doni che dobbiamo condividere con gli altri.GMO-Corn

Ci era stato detto che gli OGM avrebbero salvato il mondo dalla fame facendo aumentare i raccolti, diminuendo l’uso dei pesticidi, mettendo in circolo piante in grado di resistere alle condizioni climatiche, e invece? Cosa ne pensi dell’inquinamento genetico che ne deriva?

Le promesse fatte sono inganni. Solo e semplicemente inganni. Interessi di multinazionali impavide pronte a tutto pur di lucrare. Quella degli OGM è una macchina formidabile e in continua espansione che promette di nutrire il pianeta mentre nella realtà riproduce una struttura di spreco e di ingiustizia. Si sa, le multinazionali sono divenute così potenti da condizionare persino le scelte istituzionali, a discapito di piccoli e medi agricoltori, dei consumatori e persino dell’ambiente. L’uomo è riuscito a brevettare il bene comune più prezioso, il seme. E’ riuscito a modificarne la genetica, a renderlo proprio al fine di commercializzarlo, mettendo a rischio la fertilità del suolo, della falde idriche, dell’atmosfera e della salute umana. Non si può pensare di modificare la terra all’infinito, scavare montagne in eterno, cementificare tutto. Sulla terra non si può lucrare per sempre. Tutto questo un giorno si rivolterà contro.

Io cosa posso fare, come posso contribuire per tutelare il futuro del suolo e per limitare il più possibile il collasso ambientale che si è già innescato?

Bisogna credere nella buona agricoltura e cercare di avvicinare quanta più gente possibile al rispetto dell’ambiente. Siete voi consumatori ad avere potere decisionale. Bisognerebbe ridurre o ancor meglio eliminare la cultura dell’usa e getta e del consumo senza qualità e consapevolezza. Quella del consumismo è una logica che si è imposta nel tempo e che ha influenzato negativamente la salute dei consumatori. Ricordiamo sempre che noi siamo quel che mangiamo.

Fonte : italiachecambia.org

Case dell’acqua a Milano: 2 milioni i litri di naturale e gasata prelevati nei 6 distributori gratuiti

Salgono a 2 milioni i litri dell'”acqua del Sindaco”, prelevati da marzo 2013 a luglio 2004, nelle 6 Case dell’acqua di Milano. Continua la preferenza per la “gasata”. Il distributore più utilizzato nel parco Savarino di via Livigno, in Zona 9. Metropolitana Milanese (MM) garantisce la qualità dell’acqua in città con oltre 190mila controlli annui380099

Sempre più milanesi utilizzano le 6 case dell’acqua installate dal Comune di
Milano, grazie alle quali è possibile portare a casa gratuitamente acqua naturale e gasata. Sono stati quasi 2 milioni i litri prelevati da marzo 2013 fino a fine luglio: un numero che fotografa il successo degli impianti in città. Nello specifico sono 797.224 i litri di naturale e 1.136.165 quelli di gasata. “L’acqua della nostra città, sottoposta a costanti controlli da parte di MM, è tra le migliori in Italia ed è l’unica con un marchio, MilanoBlu, che ne garantisce la qualità. Per questo le case dell’acqua sono un grande successo, perché permettono a tutti i milanesi di avere accesso gratuito a questo bene comune prezioso”, ha dichiarato l’assessore alla Mobilità e Ambiente Pierfrancesco Maran.
La casa dell’acqua più utilizzata è stata quella del parco Savarino-ex Bassi (Zona 9, 158.036 litri), seguita da quella di Zona 2 (giardino Cassina de’ Pomm) con 133.843 litri. Al terzo posto si posiziona la casa dell’acqua di via Lessona con 130.190 litri prelevati: qui il vecchio impianto installato nel 2011 è stato sostituito a fine giugno 2013 con un modello di ultima generazione, uguale agli altri 5. Chiudono la classifica gli impianti di via Morgagni (Zona 3, 129.960 litri), del parco Chiesa Rossa (Zona 5, 127.591 litri) e dilargo Marinai d’Italia (Zona 4, 117.570 litri).
Grazie ai cittadini che utilizzano quotidianamente il servizio gratuito delle case dell’acqua, gestito da Metropolitana Milanese che garantisce la qualità dell’acqua in città con oltre190mila controlli annui, secondo il Comune è stato possibile risparmiare 59.935 chilogrammi di CO2 e 52.202 di Pet (la plastica con cui sono fabbricati bottiglie e bicchieri). Inoltre, considerando una spesa media di 50 centesimi per 1,5 litri di acqua minerale di marca, si stima che i milanesi abbiano risparmiato da marzo 2013 circa 650mila euro.
Dove sono le 6 Case dell’acqua di Milano:

parco Formentano – largo Marinai d’Italia,
parco Chiesa Rossa – via Chiesa Rossa,
via Giovanni Battista Morgagni,
parco Nicolò Savarino – via Livigno,
giardino Cassina de’ Pomm – via Zuretti,
giardino di via Lessona.

Fonte: ecodallecitta.it

Il contadino ribelle che gioca con la natura

Per adottare uno stile di vita naturale basta prendere esempio dalle piante e dagli animali di Simona Empoli4

Nelle Alpi austriache, in una fattoria che si sviluppa su un dislivello che va dai 1100 ai 1500 m di altezza, con una temperatura annuale media di 4,5 °C, vive e pratica la sua speciale permacultura un contadino ribelle, Sepp Holzer. La sua figura è ormai famosa fra tutti gli appassionati di agricoltura biologica e permacultura di tutta Europa e non solo, infatti le sue consulenze vengono richieste anche negli altri continenti, dove ha già avviato progetti un po’ ovunque, dalla Russia al Brasile. Incontrandolo abbiamo scoperto una persona con una gran saggezza e tanta, tantissima passione

Sepp, quando ha capito che il tipo di agricoltura che stava praticando era qualcosa di speciale? Come è arrivato alla “sua” permacultura?

Diciamo che ho cominciato giocando, quando avevo cinque anni, all’aperto, fra le rocce (sono cresciuto in una fattoria a 1300 m di altezza in una regione alpina che viene chiamata la Siberia austriaca). Noi bambini dovevamo costruirci da soli i nostri giochi. I miei interessi erano le piante, i semi. Mi piaceva vedere come crescevano e si sviluppavano. E, come bambino, vedere come crescono i propri alberi, le proprie piante, i propri ravanelli e la propria insalata procura un’immensa gioia. Ho continuato nel tempo a giocare con le piante e i semi, non nell’orto, ma sempre di fuori, fra le rocce. E le mie piante crescevano meglio e più grosse di quelle dell’orto di casa. A scuola lo raccontavo alla maestra e ai miei compagni: alcuni hanno iniziato a venire a vedere e si meravigliavano di come crescessero le mie piante.  Continuando così, col tempo ho creato anche un piccolo laghetto in cui si potevano pescare le trote con le mani. In questo modo ho fatto le mie esperienze, col tempo ho imparato a comunicare con la natura. Osservando ho imparato anche a risolvere i vari problemi che si presentano. Vedendo ad esempio come gli animali selvatici mi mangiassero le piante, ho imparato a proteggerle piantando loro intorno dei rovi. Ho imparato che le rocce hanno un effetto stufa, e così via. È un apprendimento continuo, tutt’oggi continuo a imparare tante cose osservando la natura. Si apprende comunicando con la natura. Dopo la scuola ho svolto diversi corsi di specializzazione. E lì ho imparato come si devono potare gli alberi, come si concima, l’utilizzo delle sostanze chimiche e così via. Quando sono tornato ho applicato quanto avevo imparato nei miei orti e ne ho

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avuto immensi danni. Gli alberi sono forse cresciuti meglio, ma in inverno poi sono morti per il freddo. Allora mi hanno detto che non potevo coltivare albicocche o altri alberi da frutta fra le rocce, dopo tutto quella era pur sempre la Siberia austriaca. Eppure prima quegli alberi crescevano! Allora iniziai a pensare che avevo imparato delle cose sbagliate. Che non era corretto rendere le piante dipendenti, ma che dovevano crescere in maniera autonoma, in simbiosi con la natura. Queste cose però non vengono insegnate in nessun libro, bisogna impararle con l’esperienza diretta nella natura. Imparando dalla natura si capisce che tutto può crescere in maniera più semplice, senza prodotti chimici. Naturalmente, nel processo di apprendimento si fanno degli errori, ma anche così s’impara.

Nella farmacia della natura, invece, si possono imparare così tante cose! Ma la maggior parte delle persone l’ha disimparato. Per ogni malattia c’è una pianta, ma non le si conosce più, non ci se ne serve più3

Poi col tempo qualcuno ha iniziato a prestare attenzione a quanto dicevo, ha iniziato a venire gente in fattoria, anche professori universitari, che vi hanno tenuto addirittura seminari. È interessante quanto racconta, cioè che nei suoi corsi di formazione ha disimparato a rapportarsi con le piante… Com’è possibile?

L’uomo si è perso in alto mare. In tutti gli ambiti, non solo in agricoltura, ma anche in medicina, in veterinaria… Ci siamo persi. Naturalmente ci sono

I frutti di piante antiche sono più saporiti e ci fanno stare meglio. Il problema è che molte persone sono così confuse che non riescono più a percepirlo

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anche aspetti positivi in quanto si apprende nelle scuole e nelle università, non bisogna buttare via tutto. Ma purtroppo vedo come facciano ricorso alla chimica così tanto e così spesso! Anche quando non ce n’è assolutamente bisogno! Nella farmacia della natura, invece, si possono imparare così tante cose! Ma la maggior parte delle persone l’ha disimparato. Per ogni malattia c’è una  pianta, ma non le si conosce più, non ci se ne serve più. Si può imparare tantissimo dagli animali che vivono liberi in natura, osservando come essi si servano di questa farmacia naturale. È tremendo quanto sapere e conoscenze riguardo a tante tecniche di lavorazione si stiano perdendo! L’uomo si serve ormai nei supermercati, non ha orti e per lo più non ha animali, e se ce li ha li tiene rinchiusi. L’allevamento di massa è una catastrofe, potrei raccontare tante cose! Ma io mostro che c’è un’altra via, che si possono trattare gli animali con più rispetto. Che si possono ad esempio sopprimere senza che sentano paura, risparmiando loro la paura. La paura è una catastrofe, è un rilascio incredibile di adrenalina, che è un’eccitante; lo si sa, ma negli allevamenti di massa non viene presa nessuna precauzione, non si ha rispetto dell’animale. Gli animali hanno un’anima: si può parlare con loro, percepire se si sentono bene o no, ma l’uomo non ha tempo; non ha tempo più neanche per i suoi simili. E ciò Intervista a Sepp Holzer

I frutti di piante antiche sono più saporiti e ci fanno stare meglio. Il problema è che molte persone sono così confuse che non riescono più a percepirlo

conduce a tutti quei comportamenti aggressivi e depressivi che si osservano. Non ci sono soluzioni al collasso se l’uomo non assume una consapevolezza naturale, se non riesce a immedesimarsi in ciò che si trova di fronte, che sia una pianta o un animale o un altro uomo. Bisogna collaborare con la natura e non combatterla!

Nell’agricoltura quindi si può trovare una soluzione ai tanti problemi che abbiamo attualmente…

Certo, in poco tempo si può arrivare a vivere bene ovunque. Bisogna però imparare a conoscere la natura. Non posso praticare ovunque la stessa agricoltura. Devo conoscere il clima del posto in cui ho la terra. La pioggia, le temperature, i venti, la topografia… Per questo l’uomo ha avuto il dono del pensiero dalla natura, per comprendere il suo intorno e non per combatterlo. Con questi presupposti si possono creare terre fertili ovunque, in qualunque posto della Terra. In questo modo l’uomo può essere indipendente; si può persino combattere la fame. Ma deve imparare a comunicare con la natura, a usarla e non a sfruttarla, deve imparare a gestire le fonti d’acqua, che è la cosa più importante in assoluto.

Certo però che se penso all’Austria, alla Germania, mi viene da pensare che sia facile parlare di gestione dell’acqua. Forse è più complicato avere acqua a sufficienza nei Paesi più meridionali. Penso alla Spagna, al Portogallo, alla Grecia, ma anche a certe zone d’Italia.

Su tutto il pianeta si può trovare acqua. Bisogna solo pensare “naturalmente” e non normalmente. Abbiamo acqua a sufficienza in tutto il mondo, negli angoli più desertici della Spagna, in Russia… In Kazakistan, ad esempio, potete osservare un progetto che ho creato per il governo su una superficie di migliaia di ettari. Ovunque c’è acqua a sufficienza, basta conoscere le risorse della natura: il Sole, il calore, il vento, la neve, la pioggia… Conoscendo queste caratteristiche posso fare agricoltura ovunque, in Groenlandia come in Brasile. Mi devo adattare alla natura. Devo imparare a leggere nella natura affinché essa lavori per me. Se si aggiusta la gestione dell’acqua si è fatto il 70% di tutto il lavoro. Si deve avere acqua viva e non acqua morta e inquinata. Bisogna rendersi indipendenti nell’approvvigionamento dell’acqua.

Ma passando da un tipo di agricoltura convenzionale a un’agricoltura naturale, quanto tempo è necessario  perché il terreno torni a essere fertile, a essere vivo?

Questo dipende da quanti e quali  trattamenti ha subito quel terreno. Quanto più intensivo è stato l’utilizzo di sostanze  chimiche su quel terreno, più tempo ci vorrà per tornare a uno stato di fertilità naturale, in quanto bisogna riportare vita in quel terreno. Anche la presenza di animali è importante, anche loro svolgono un ruolo fondamentale per creare un buon

Nel suo libro lei consiglia l’utilizzo di piante “antiche”.

Piante antiche e regionali, o meglio, locali. Queste, nel corso dei decenni si sono adattate alle condizioni del clima e del terreno. Per cui sono le piante che daranno i frutti migliori.

Sì, ma non ci potrebbe essere un problema di mercato? La gente ormai è abituata ai tipi di frutta e verdura che trova nei supermercati… Che poi sono le stesse quasi ovunque.

Io ho raccolto esperienze in  tanti Paesi. In genere, quando si portano qualità diverse, la gente ride, perché è abituata alla frutta e verdura dei supermercati. Le pere devono essere in un certo modo, le mele e le banane pure, indipendentemente dal Paese in cui ci si trova. Ma quando poi prova questi altri tipi di frutta, nota subito che hanno un sapore migliore, che mangiandole, lo stomaco si riscalda e ci si sente meglio. È solo una questione di tempo perché i prodotti in commercio, inquinati e di qualità inferiore facciano insorgere conseguenze sull’organismo: allergie, comportamenti aggressivi e depressivi ecc. I frutti di piante antiche sono più saporiti e ci fanno stare meglio. Il problema è che molte persone sono già così confuse che non riescono più a percepirlo. Allora è forse veramente ora che torniamo a pensare “naturalmente”, come questo contadino austriaco che ha imparato a fare agricoltura giocando con la natura.

Simona Empoli

Collabora con il Gruppo Editoriale Macro da qualche anno, in qualità di selezionatrice dei testi e responsabile dell’area copyright. Fra i suoi interessi ci sono i metodi di agricoltura naturale e la permacultura.

Fonte: viviconsapevole.it

Sana 2013,Vandana Shiva inaugura il Salone del biologico e del naturale

Si svolge a Bologna, dal 7 al 10 settembre, la venticinquesima edizione del Salone Internazionale del biologico e del naturale. Tutte le informazioni sulla manifestazione

 

 sabato 7 a martedì 10 settembre torna Sana 2013, il Salone Internazionale del biologico e del naturale, la manifestazione di riferimento nel settore dei prodotti bio e naturali che quest’anno compie 25 anni. A tagliare il nastro dell’edizione che festeggia il quarto di secolo sarà Vandana Shiva, la scienziata ed ecologista fondatrice dell’associazione Navdanya e del Centro per la Scienza, la Tecnologia e la Politica delle Risorse Naturali di Dehra Dun (India). Nel suo intervento Semi di libertà, giardini di speranza. L’agricoltura biologica per salvare il mondo si concentrerà, oltre che sul ruolo che va riconosciuto all’agricoltura.

biologica, anche sulla campagna internazionale da lei promossa a tutela della biodiversità dei semi, contro i brevetti delle sementi industriali. All’inaugurazione sarà presente anche Maurizio Martina, sottosegretario alle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali con delega all’EXPO 2015 di Milano, mentre ad animare e coordinare l’apertura ci sarà Serena Dandini, la conduttrice televisiva che ha dato alle stampe Dai diamanti non nasce niente. Storie di vita e di giardini.

La manifestazione fieristica – l’unica, in Italia, interamente dedicata al biologico certificato – è in programma al Quartiere Fieristico di Bologna ed è organizzata da BolognaFiere in collaborazione con Federbio, con il patrocinio dei Ministeri delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, dell’Ambiente, dello Sviluppo Economico e di Expo 2015 di Milano, e il supporto di Ifoam.

Sana 2013 propone ai visitatori, professionali e non, i prodotti dell’agricoltura biologica, a base di erbe officinali e i cosmetici naturali e biologici.

Sana 2013, i settori e gli eventi

Tre sono i settori merceologici della manifestazione:

1) L’alimentazione: è il settore dedicato esclusivamente alle aziende con produzioni biologiche certificate, la cui verifica delle certificazioni è affidata a una Commissione di controllo esterna, composta dai rappresentanti degli organismi di certificazione.

2) Il benessere: si tratta del settore dedicato alle aziende coon produzioni bio certificate e naturali a base di erbe officinali.

3) Altri prodotti naturali: propone una selezione dei prodotti a basso impatto ambientale da utilizzare in casa p nella vita quotidiano e, anche in questo caso, le certificazioni sono affidate a una commissione interna.

Saranno circa 100 i momenti di incontro dell’edizione 2013, fra convegni, incontri e workshop. Verrà consegnato il terzo Sanaward Benessere che premierà le Erboristerie che abbiano maggiormente investito sull’innovazione e sul servizio al cliente. Nell’area Sana Novità verranno esposti 150 prodotti innovativi, mentre nell’Osservatorio Sana saranno presentati i risultati di ricerche delle quali potranno beneficiare le aziende del settore. Con Sana Academy gli operatori del settore potranno prendere parte a corsi di aggiornamento sui temi di maggiore attualità condotti da esperti italiani ed internazionali.

Sana 2013: dove, quando, biglietti e contatti

Dove: Quartiere Fieristico di Bologna

Ingressi: Ingresso Aldo Moro e Piazza Costituzione

Data: da Sabato 7 a Martedì 10 Settembre 2013

Orari di apertura: Da Sabato 7 a Martedì 10 Settembre 2013 dalle 9:30 alle 18:30

Biglietti: Ingresso gratuito per operatori del settore, previa registrazione. Visitatori € 20,00

Show Office
BolognaFiere S.p.a.
Piazza Costituzione 6 – 40128 Bologna
Tel. 39.051.282111 – Fax. 39.051.6374031
sana@bolognafiere.it

Parcheggi: http://www.bfparking.it

Come arrivare a Bologna Fiere

Dall’aeroporto

L’Aeroporto Internazionale Guglielmo Marconi è direttamente collegato a BolognaFiere con il comodo servizio navetta AEROBUS BLQ. Il servizio è attivo in occasione di tutte le manifestazioni fieristiche (escluso Motorshow) e il prezzo della corsa semplice è di 5 euro. Per ulteriori informazioni consulta il sito: http://www.bologna-airport.it

Dalla stazione Fs

La Stazione Centrale di Bologna si trova a soli 10 minuti da BolognaFiere ed è collegata agli ingressi di Piazza Costituzione e Viale Aldo Moro dalle linee 35, 35/ e 38.

Dall’autostrada

Da Firenze, Milano e Ancona: prendere direttamente l’uscita “BOLOGNA FIERA” sull’autostrada A14. Da Padova: tangenziale uscita 8 per Ingressi Nord, Michelino, Moro e Parcheggio Michelino; tangenziale uscita 7 per Ingresso e Parcheggio Costituzione.

In autobus

Il Quartiere Fieristico di Bologna è raggiungibile ogni giorno con le linee ATC a tariffa urbana 28 – 35 – 35/ – 38 – 39 e durante le manifestazioni fieristiche, con la linea speciale diretta BLQ AEROBUS Aeroporto-Fiera.

Via | Sana 2013

 

Come fare lo yogurt in casa in modo naturale

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Leggero, ideale per uno spuntino sano, poco calorico, amico delle donne e anche dei bambini. ma è lo yogurt, una presenza fissa nel nostro carrello della spesa. Però cominciano in molti a chiedersi: e se lo facessi io? Dopotutto non ci vuole molto: solo un po’ di tempo a disposizione. Bontà e risparmio sono garantiti! Intanto vi serve un litro di latte UHT o fresco intero e delle bustine di fermenti liofilizzati. In alternativa, basta comprare 4 vasetti di yogurt naturale bianco. La prima cosa da fare è scaldare il latte in una pentola: la sua temperatura, però, deve essere compresa tra i trentotto e i quarantasei gradi. Se il latte è UHT ci si ferma a 40° che è la temperatura di fermentazione. Se il latte è fresco pastorizzato o crudo allora prima si fa bollire e poi raffreddarlo fino a 42°. La precisione è importante perché il caldo fà partire la fermentazione ma se eccessivo “uccide” completamente i batteri. Quindi è meglio usare un termometro da cucina (ricordate che quello che non avete in casa, ce l’ha sicuramente la super- organizzata vicina, perciò bussate senza paura). Dopodichè unite al latte i fermenti o il contenuto dei vasetti di yogurt. Amalgamate senza fare grumi. A questo punto, dovete mantenere la temperatura tra i 38° e i 45° per lasciare fermentare il composto. A seconda del grado di cremosità che si vuole raggiungere e del tipo di latte impiegato, si devono far passare dalle 6 alle 12 ore. Per questo ideale è usare un thermos capiente. Altri metodi per tenerlo leggermente caldo sono: tenere in forno appena tiepido (attenzione a non superare i quaranta gradi) per tutta la notte.  Dopo la fase di fermentazione, setacciate il composto con un colino per togliere i grumi del coagulo. Potete dividere in vasetti e mettere in frigo: con questo passaggio fermerete la fermentazione. E, soprattutto, avrete pronto al il vostro yogurt artigianale.

GUARDA IL VIDEO: spiega come fare lo yogurt in poche rapide mosse. Prova anche tu!

Fonte-. tuttogreen

‘ViviSostenibile’, storia di una scollocata e del suo progetto

Da impiegata ad animatrice del progetto ViviSostenibile, che unisce attività agrituristica, condivisione del lavoro e degli spazi e recupero dei legami comunitari. Silvia Salmeri racconta la sua storia, a pochi giorni dall’incontro dell’Ufficio di Scollocamento di cui è organizzatrice, che si è tenuta il 1 maggio.monteveglio2

Fra pochi giorni, il primo maggio 2013, l’Ufficio di Scollocamento sbarcherà a Bologna. Si tratta di una data simbolica, scelta volutamente per proporre, nella giornata dedicata ai lavoratori, un nuovo approccio nei confronti della sfera professionale. Anzi, un nuovo stile di vita. L’idea di battezzare questo giorno particolare per parlare di scollocamento è stata di Silvia, promotrice dell’evento. Per svolgere questo ruolo, nessuno sarebbe stato più indicato di lei, che – appoggiata da suo marito Valevo – da alcuni mesi ha abbandonato il posto fisso per mettere in pratica il suo interessante progetto legato alla sostenibilità sia ambientale che sociale: ViviSostenibile.

Come vi è venuta l’idea di organizzare un incontro dell’Ufficio di Scollocamento e quali sono gli obiettivi di questa iniziativa?

Ho letto il libro “Ufficio di Scollocamento” circa un anno fa, quando ancora lavoravo come impiegata, e ne sono rimasta subito molto colpita. Non appena mi sono avventurata nell’apertura del b&b, ho da subito cercato di non limitarmi alla sola attività di ospitalità, tentando di sfruttare lo spazio che avevo a disposizione per eventi rivolti alla comunità. All’inizio dell’anno mi sono ritrovata a dover programmare un po’ di iniziative e ho pensato che sarebbe stato bello, proprio in occasione della festa dei lavoratori, organizzare qualcosa di diverso, che ci permettesse di parlare di lavoro in una chiave nuova. Quale occasione migliore per invitare gli autori di quel libro che forse aveva avuto anche qualche merito nel mio scollocamento?1perotti__scollocamento

Nella tua decisione di cambiare vita c’è stato uno strappo, una goccia che ha fatto traboccare il vaso? O si è trattato di una scelta maturata più razionalmente e gradualmente?

Quando mi sono laureata, all’inizio del 2008, eravamo agli inizi della crisi economica che stiamo vivendo ancora oggi. L’unica cosa che mi interessava era trovare un lavoro che mi desse una certa stabilità e mi permettesse di mantenermi. Quasi subito sono stata assunta dall’azienda per la quale ho poi lavorato per circa quattro anni come impiegata nell’ufficio commerciale. Poco importava se non c’entrava nulla con quello che avevo studiato (Scienze Politiche). Sono stata molto contenta dell’esperienza che ho fatto e devo tanto ai colleghi con cui ho lavorato, ma ad un certo punto ho cominciato a sentirmi incastrata. Credo che la goccia che ha fatto traboccare il vaso sia stata quando, causa problemi economici dell’azienda, mi hanno ridotto l’orario – e quindi lo stipendio! – passando da un full-time a un part-time. Non lo ritenevo giusto e per mesi mi sono torturata, finché non ho visto ciò che era accaduto come una opportunità per poter fare le cose che mi piacevano. Da lì nasce l’idea del blog“ViviSostenibile” e poi tutto quello che ne è seguito!

Una delle prime domande che vengono rivolte a chi decide di scollocarsi è: come riuscirai a far quadrare il tuo bilancio? Senza stare a farti i conti in tasca, ci puoi raccontare come hai affrontato tu questo aspetto?

Se ti rispondo che ho più soldi in banca di quando lavoravo full-time mi credi? È vero che mi sono scollocata per andare a fare un altro lavoro che mi piaceva di più, ma è altrettanto vero che ho imparato a spendere i soldi diversamente. L’argomento è delicato perché nella mia situazione, certamente, potevo permettermelo: non ho figli e mio marito ha continuato a fare il suo lavoro. Però ho notato che mentre prima avevo uno stipendio sicuro che arrivava tutti i 10 del mese e magari il 9 ero già in ansia sperando che non ritardassero a pagare, ora che le entrate sono meno certe cerco di essere più attenta a come spendo e allo stesso tempo sono molto più tranquilla.

Come mai la scelta di spostarvi in campagna piuttosto che mettere in atto la vostra idea in città, in un contesto urbano?

In realtà noi abbiamo da sempre vissuto in contesti ‘campagnoli’, quindi la scelta è stata piuttosto naturale. Nonostante questo, l’obiettivo non è quello chiuderci in noi stessi, bensì creare un network che coinvolga anche i contesti urbani, per dimostrare che è possibile vivere in maniera diversa ovunque. Il nostro è un progetto aperto a ogni persona potenzialmente interessata a portarlo avanti, anche in centro a Milano, volendo! Anzi, forse è proprio nelle città che c’è più bisogno di cambiamento.vivisostenibile_inaugurazione

Co-working, co-living, ospitalità rurale, riuso, alimentazione sana e naturale… Qual è il filo rosso che lega questi aspetti e quale realtà volete creare attuando il vostro progetto?

Certamente è il concetto di “vivere sostenibile” a legare insieme tutte queste attività. Da qui il nome del nostro progetto, che non vuole essere unicamente legato a una sostenibilità ambientale, ma si rifà a una concezione più allargata di sostenibilità sociale. Crediamo fortemente che per superare la crisi che ci ha travolti la premessa sia recuperare il concetto di comunità. I nostri comuni non devono più essere semplicemente dei dormitori, ma bisogna ritrovare il piacere di stare insieme e di condividere. Per farlo però, è necessario offrire alle persone dei luoghi dove potersi ritrovare a lavorare, a mangiare un piatto di pasta allo stesso tavolo e, perché no, magari anche a vivere! E noi stiamo lavorando in questa direzione.

Quali sono state le reazioni delle persone – amici, ospiti del b&b, fornitori, rappresentanti delle istituzioni – che avete incontrato fino a oggi? Cosa vi hanno lasciato?

Enormi soddisfazioni: siamo cresciuti e ci siamo evoluti insieme a tutte le persone incredibili che abbiamo incontrato in questi mesi grazie a ViviSostenibile. Mi sono lanciata in questa avventura a settembre del 2012, mettendo in conto anche mesi in cui non avremmo avuto nessun ospite al b&b. Andavamo incontro all’inverno e non era facile aprire in quel periodo; da subito, invece, è stato un successo. Sono davvero convinta che l’entusiasmo sia contagioso e quando dai tanto ricevi molto di più. Sembrerà retorica, ma fare colazione con i miei ospiti la mattina era la parte migliore della giornata, si creava subito una speciale alchimia, perché la maggior parte di loro si appassionava alla nostra storia. Se racconti esperienze positive, la gente comincia a credere che allora sia possibile fare qualcosa e magari, tornando a casa, si attiva nel suo piccolo. La dimostrazione che in molti credevano nel nostro progetto l’ho avuta proprio quando abbiamo dato l’annuncio che nel posto dove avevamo iniziato sarebbe terminato tutto. Non abbiamo trovato un accordo con il proprietario di casa, quindi dopo sei mesi mi sono nuovamente scollocata! Ora siamo a caccia di nuove location dove continuare e dove sviluppare la nostra attività e in questa ricerca stiamo davvero ricevendo l’affetto e la solidarietà di tantissime persone che credono come noi in questo progetto.trattore8

Una delle parole chiave del vostro progetto è ‘condivisione’. Puoi fornirci qualche esempio pratico di come la nostra vita quotidiana potrebbe cambiare in meglio condividendo esperienze, saperi, spazi o beni?

Te ne potrei fare milioni. Il primo passo consiste nel ritrovare il senso di comunità; allora, magari, non avremo più il problema di dove ‘piazzare’ nostro figlio quando esce da scuola perché noi siamo a lavorare. Ci potrebbe essere il nonno del condominio che non bada solo il proprio nipote, ma anche gli altri piccoli vicini. Le auto che possediamo passano la maggior parte della loro vita ferme in un parcheggio. Eppure, abbiamo dei costi fissi a cui non importa nulla di quante ore tu effettivamente la utilizzi al giorno. Se passassimo dalla concezione di proprietà a quella di uso potremmo condividerle, guadagnandoci in termini di traffico e di costi di mantenimento. Parliamo di lavoro: molti liberi professionisti oggi lavorano da casa, spesso perché non possono permettersi di sostenere da soli i costi di un ufficio, correndo però il rischio di alienarsi. Diffondiamo l’idea del coworking: condividiamo lo spazio di lavoro – e quindi i suoi costi – e allo stesso tempo facciamo rete. Chissà che tu non possa avere bisogno delle mie competenze e io delle tue. Concludendo, avremmo potuto abbatterci dopo la prima esperienza del b&b non andata a buon fine. E invece abbiamo deciso di rilanciare. Abbiamo capito che da soli è un’impresa ardua, ma collaborando e condividendo diventa tutto realizzabile. Non vogliamo semplicemente trovare una casa al nostro progetto, vogliamo, al contrario, che sia il nostro progetto a offrire un tetto alle tante idee innovative che ci sono in circolazione, connettendole. Quindi, continuate a seguirci e uniamo le forze!

Fonte: il cambiamento