Naomi Klein in Italia, fa autocritica e indica la nuova battaglia: i cambiamenti climatici

Naomi Klein torna in Italia dopo il tour del 2008 e ne approfitta per fare autocritica e spiegare che a volte dire qualche si aiuta a ottenere i no. Naomi Klein è in Italia con Rizzoli per presentare Una Rivoluzione ci salverà: il capitalismo non è più sostenibile. Durante queste prime presentazioni c’è stata l’occasione di confronto con i lettori che in affollatissimi meeting le hanno posto le più svariate domande. Il suo primo saggio No Logo ha rappresentato per tutti i movimenti mondiali di rottura del blocco economico imposto dalle multinazionali, una sorta di bibbia da seguire, che in virtù del No imponeva la propria volontà nell’affermare l’autodeterminazione dei cittadini e dei consumatori. Oggi abbiamo i movimenti No TavNo Muos, No Expo che rappresentano quella volontà che parte dal basso, come dicono gli americani grassroots, che chiede che non si prendano decisioni senza un adeguato coinvolgimento delle persone che rientrano per territorio e responsabilità nelle dirette conseguenze che quelle scelte imposte dall’alto andranno a comportare.Canadian author Naomi Klein annouces the

Dice Naomi Klein:

Partiamo dal titolo del libro: Questo cambia tutto (in originale in inglese: This change everything Ndr). Quando parliamo di cambiamenti climatici bisogna proprio partire da questa premessa. Siamo andati oltre il punto dove non esistono opzioni. Se vogliamo andare avanti facendo finta di niente, se vogliamo mantenere l’atteggiamento del business as usual, stiamo percorrendo una strada che ci porterà verso un aumento delle temperature globali dell’ordine di 4 gradi Celsius e questo cambierà tutto, perché cambierà il mondo fisico al quale siamo abituati e questo mondo diventerà irriconoscibile e incompatibile con l’andare avanti di una società organizzata. Anche in Shock doctrine avevo parlato di cambiamenti climatici, in quanto mi sono occupata in quel libro di disastri naturali.

E poi fa autocritica:

Non è più sufficiente dire no, non basta rimanere sempre in una posizione di opposizione, bisogna saper dire anche dei sì. Insomma il movimento che si batte contro il riscaldamento globale deve saper proporre delle alternative. In pratica deve saper dire dei sì a quei modelli che sappiano dare opportunità di lavoro. L’obbiettivo della strategia dev’essere quello di diventare coalizione più forte. Bisogna che la nostra battaglia si trasformi da economica a morale. Il problema che dobbiamo superare equivale, come impegno e dimensioni, a quella per l’abolizione della schiavitù.

Parole queste che certamente peseranno sui movimenti negli anni a venire.

Fonte:  Gazzetta di Mantova

© Foto Getty Images

Naomi Klein e Jane Goodall tra i 10 leader più influenti al mondo

Chi sta influenzando il nostro modo di pensare oggi? Tra le 10 personalità più influenti al mondo troviamo anche Naomi Klein e Jane Goodall. Quali sono le personalità le cui idee coinvolgono maggiormente e più frequentemente un grande pubblico? Il GDI Gottlieb Duttweiler Institute e il MIT coordinati da Peter Gloor hanno presentato la lista dei leaders e pensatori più influenti al mondo. Il processo di valutazione si basa su software che hanno effettuato una serie di calcoli per misurare l’importanza su scala globale delle menti più creative. In cima alla classifica mondiale dei leader del pensiero di quest’anno appare Papa Francesco. Fino a poco tempo fa era ancora lo sconosciuto Jorge Mario Bergoglio, ma nel 2014 ha sbaragliato i 236 candidati piazzandosi al primo posto e seguito immediatamente dopo nelle preferenze da Tim Berners-Lee, l’inventore del World Wide Web; mentre al terzo posto troviamo l’economista indiano Amartya Sen. Seguono lo scrittore ceco Milan Kundera, e Muhammad Yunus fondatore della Grameen Bank in Bangladesh e nel 2006 il Premio Nobel per la pace. I due economisti Amartya Sen e Muhammad Yunus sono stati evidentemente apprezzati per i valoro etici che diffondono in un settore come quello dell’economia, noto piuttosto per vessazioni e tassazioni. Prendono parte nella classifica anche autori quali Milan Kundera e Paulo Coelho.

Questa la classifica con le prime 10 posizioni

Papa Francesco
Tim Bernerss-Lee
Amartya Sen
Milan Kundera
Muhammad Yunnus
Mario Vargas Llosa
Murray Gell-Mann
Paul Coelho
Jane Goodall
Naomi Klein
KENYA-AFRICA-APES-GOODALL-CONSERVATION

Ma veniamo alla interessante presenza che riguarda le posizioni 9 e 10 della classifica in cui troviamo Jane Goodall e poi Naomi Klein. La prima è una scienziata inglese, etologa e antropologa, che ha studiato e studia da anni i primati nel loro habitat. E’ una delle maggiori esperte mondiali di scimpanzé e i suoi studi sono importantissimi per comprendere non solo il comportamento di questi splendidi animali ma anche per valutare i rischi a cui l’uomo li sottopone. Jane Goodall ha una pagina facebook molto attiva e in italiano in cui sono condivide le sue attività. E’ stata nominata nel 2011 Grande Ufficiale della Repubblica Italiana e a proposito e a proposito del suo impegno per l’ambiente dice:

Ogni singolo individuo può cambiare le cose e il modo in cui le cambiamo dipende da noi, perché la scelta è nostra. Con il nostro agire quotidiano, possiamo aiutare l’ambiente e tutti coloro che assieme a noi abitano il pianeta, umani e non umani. Altrimenti, possiamo solo danneggiare il mondo. E’ difficile rimanere neutrali.

Naomi Klein

Naomi Klein è nota per il suo attivismo contro il sistema delle multinazionali. Ha scritto No Logo un best seller adottato dal movimento no global. Si sta occupando anche di cambiamenti climatici e di come il sistema capitalistico sia direttamente responsabile di quanto sta accadendo al nostro Pianeta. In proposito, spiega, che i cambiamenti climatici stanno mettendo in crisi non solo gli equilibri naturali del Pianeta ma sopratutto le convinzioni su cui si è costruita la nostra attuale economia basata sul libero scambio e sui profitti delle multinazionali.

Foto | Naomi Klein@facebook
fonte:  GDI

#FloodWallStreet, un’onda blu per salvare il pianeta

In concomitanza con il vertice sul clima a New York, indetto dal segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, migliaia di attivisti marceranno nel cuore della città per dire no al capitalismo responsabile dei cambiamenti climatici. Presenti la scrittrice Naomi Klein e il premio Pulitzer Chris Hedges.floodwallstreet

Mentre i leader mondiali si incontrano domani per uno storico vertice sul clima organizzato dalle Nazioni Unite e indetto da Ban Ki-moon, migliaia di persone oggi, provenienti da tutto il mondo e vestite di blu come l’acqua del mare, inonderanno Wall Street,dando vita al#FloodWallStreet, un sit in di protesta pacifica contro le istituzioni politiche, sociali ed economiche responsabili della crisi climatica nel mondo. Alla presenza di autori-attivisti come Naomi KleinChris HedgesRebecca Solnit, i manifestanti sono pronti a marciare verso il cuore finanziario di New York: ci saranno bande musicali, grandi pupazzi, una bandiera Flood Wall Street di 300 piedi, e tutto all’insegna della non violenza e della disobbedienza civile, ma con la consapevolezza di poter essere arrestati dalle forze di polizia, come viene esplicitamente riportato sul sito ufficiale dell’evento. “Flood Wall Street” si svolge il giorno dopo la People’s Climate March (ieri per chi legge, ndr), considerata la più grande manifestazione della storia per salvare il pianeta, organizzata da350.org, una ong attiva in oltre 188 paesi ma con base in Ame­rica, e che sta costruendo un movi­mento glo­bale sul tema dell’ambiente. L’onda blu è la risposta ad una richiesta di azione non violenta da parte del Climate Justice Alliance, una coalizione di organizzazioni di persone di colore e della classe operaia: “Unisciti a noi e solidarizza con le prime linee della resistenza in tutto il mondo, partecipando ad un’azione non violenta contro le corporazioni che guidano l’economia estrattiva”, questa la chiamata per il grande raduno di oggi. Tante le sigle che ne faranno parte, tra le quali ovviamente anche i “veterani” diOccupy Wall Street. «I cambiamenti climatici e gli eventi meteorologici estremi – afferma Michael Premo, uno degli organizzatori – come ad esempio le inondazioni che abbiamo visto qui a New York con l’uragano Sandy, sono causati dall’industria dei combustibili fossili. Come l’acqua, stiamo inondando Wall Street perchè sappiamo che la causa maggiore del repentino cambiamento climatico mondiale è il sistema capitalistico che mette al proprio centro il profitto anziché le persone e il pianeta intero». L’azione del Flood Wall Street ha anche lo scopo di evidenziare le condizioni delle classi più colpite dalle conseguenze dei disastri ambientali, come gli indigeni, le comunità di colore e le fasce a basso reddito che vivono nelle zone a rischio. «Sono loro ad essere colpite per primo da tempeste, inondazioni e siccità – ha affermato Michael Leon Guerrero del Climate Justice Alliance – Inondiamo Wall Street per dire stop al finanziamento della distruzione del pianeta e per fare invece spazio a sistemi economici favorevoli al benessere delle persone e del pianeta». Entrambe le manifestazioni, la People’s Climate March e la #FloodWallStreet, ricordano le strategie comunicative di Occupy Wall Street, ovvero, se ne comincia a parlare mesi prima sui social network, facendo trapelare che qualcosa di grande avverrà di lì a poco. Importante, da questo punto di vista, anche il documentario Disruption, uscito ai primi di settembre e disponibile online, a cui il movimento di protesta si ispira.

 

Disruption – Official Trailer from Watch Disruption onVimeo.

Fonte: ilcambiamento.it

Naomi Klein: fuori il capitalismo dai cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici visti come occasione del rilancio dell’economia ma senza il fardello della finanza. E’ la teoria di Naomi Klein famosa per No Logo sui danni del commercio globalizzato, che riparte da This Changes Everything: Capitalism vs. the Climate sulla crisi del capitalismo e del clima.

Naomi Klein in una lunga chiacchierata concessa a The Atlantic ragiona sulla possibilità di rilancio dell’economia globale usando la leva dei cambiamenti climatici. Le teorie sono esposte nel suo ultimo libro This Changes Everything: Capitalism vs. the Climate presentato a New York il 18 settembre, dunque proprio pochi giorni prima della Global Climate March. L’analisi della Klein parte dall’avvertimento lanciato dagli scienziati del Panel IPCC: siamo vicini al punto di non ritorno circa la possibilità di gestire il contenimento dei cambiamenti climatici attraverso il controllo delle emissioni di biossido di carbonio, che però per quanto concerne il dibattito internazionale sono trattati attualmente più come una questione squisitamente politica che non scientifico- ambientale. Sarà pure folle, sarà pure curioso che lo sia, ma le 400 mila persone scese in strada domenica 21 settembre a New York per la Climate March e poi per l’inondazione di Wall Street, hanno effettivamente dimostrato al mondo che un segnale d’allarme che proviene dal basso (movimenti grassroots) è stato definitivamente lanciato alla classe politica. Il flop della manifestazione italiana a Roma è indice, probabilmente, di quanto la controinformazione dal basso abbia ben poco funzionato nel nostro Paese e mette al contrario in luce come l’informazione ufficiale retta dal presidente del consiglio Matteo Renzisia efficace nel far passare il messaggio che a fronte di un aumento delle trivellazioni alla ricerca dello scarso petrolio italiano ci si stia muovendo in campo internazionale per la lotta ai cambiamenti climatici (per la serie: cosa manifestate se ci stiamo lavorando?)

 

 

GREECE-SOCIAL-NAOMI KLEIN

 

In effetti dice Naomi Klein:

Giusto per essere chiari, penso che quando si negano i cambiamenti climatici si stia negando la politica e non la scienza. E tutto ciò è destinato a fallire, anzi è fallito. Ho passato un bel po ‘di tempo con alcuni dei negazionisti climatici più tosti e penso che si rendono conto che se ciò che dice la scienza è vero allora viene sconvolto il loro progetto ideologico che prevede la deregolamentazione, austerità, privatizzazione della sfera pubblica, libero scambio deregolamentato. E se proprio sguardo ai tipi di politiche di cui avremmo bisogno, al fine di tenere seriamente in considerazione di quel che ci dice la scienza sui cambiamenti climatici, allora dovremmo guardare a forti regolamenti nel settore delle imprese; a grandi investimenti nella sfera pubblica per prepararci a ridurre rapidamente le emissioni; significherebbe anche il trasferimento di grandi ricchezze, argomenti di cui i negazionisti non sono fan.

Ragioniamoci su: come credere alle dichiarazioni di John Kerry che definisce i cambiamenti climatici un’arma di distruzione di massa? Se tale fosse, sarebbe lasciata in balia dei capricci del mercato? Prosegue Klein:

E ‘più facile immaginare noi stessi alla deriva verso un tracollo del clima che non immaginare di cambiare l’economia. Non solo: per un sacco di persone potenti è più facile immaginare di intervenire nel sistema climatico della Terra attraverso la geoingegneria cercando di oscurare il sole o di fertilizzare l’oceano, che non di cambiare il sistema economico in modi che sfidano la logica della crescita illimitata.

Questo modo di pensare, non vi ricorda forse le chiacchiere del nostro premier Renzi (e di quelli che lo hanno preceduto beninteso): concede trivellazioni, approva la TAP il gasdotto che va a rovinare le spiagge e l’economia turistica del Salento ma poi a New York dichiara che non c’è tempo da perdere. Dunque i cambiamenti climatici hanno una chances di rilancio delle economie occidentali se diventano leva per la sicurezza globale: il clima influenza le attività umane e se estremo causa povertà e instabilità. D’altronde, la sicurezza nazionale e il mantenimento della democrazia risultano essere le ragioni che spingono gli Stati Uniti alle operazioni di pace in mezzo mondo (o operazioni di guerra, dipende dal punto di vista dell’osservatore). In Italia, siamo un passo indietro, la nostra controinformazione sulla sicurezza nazionale non funziona seguendo la strada dei cambiamenti climatici, almeno non per ora.

© Foto Getty Images

Fonte: ecoblog.it

L’economia che distrugge e la via d’uscita

La schiera di oppositori del modello di società liberista sta crescendo in tutte le correnti di pensiero, a destra come a sinistra. La dimostrazione sempre più selvaggia che questo sistema economico sta causando danni irreversibili alla società umana e al pianeta è ormai sotto gli occhi di tutti. Dal papa a Naomi Klein, sono molti i protagonisti anche impensabili di questo dissenso che ci avverte che questa economia uccide.economia-sumergida

A partire dal papa, primo esponente del mondo conservatore cattolico, fino alla giornalista Naomi Klein, una delle persone più radicali del panorama alternativo mondiale, l’opinione è ormai diffusa: questa economia uccide. Che ciò avvenga veramente, è sotto gli occhi di tutti. Un sistema che ha il profitto come unica fede non può che travolgere qualsiasi ostacolo sul suo percorso, proprio così come sta facendo in maniera sempre più dannosa e distruttrice, mettendo in serio pericolo le basi stesse della vita sulla terra. Recentemente, sia papa Francesco che la Klein hanno usato parole chiare per descrivere la situazione, parole che sono state riprese da molti mass media. Nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium il papa ha affermato che l’attuale sistema economico «È ingiusto alla radice» e che . «Questa economia uccide». Parla inoltre di «mercato divinizzato» dove impazzano la speculazione finanziaria, l’evasione fiscale selvaggia ed egoista e la corruzione capillare. Le dichiarazioni di Naomi Klein in alcuni suoi recenti scritti comparsi su alcune fonti mediatiche molto note sono molto simili. Riportando i risultati di alcune ricerche sul clima da parte di alcuni scienziati che sono scesi in prima linea sul fronte dell’attivismo politico-ambientalista, la Klein sostiene che «A chiunque nutra in cuor suo un impulso di ribellione e abbia sognato di rovesciare l’attuale ordine economico per introdurne uno che non spinga al suicidio i pensionati, questo lavoro dovrebbe risultare particolarmente interessante. Perché dimostra che l’aspirazione a disfarsi di questo sistema spietato per sostituirlo con uno nuovo (e magari, lavorandoci molto, anche migliore) non è più questione di orientamento ideologico, ma è piuttosto una necessità per la sopravvivenza della specie umana» (qui la traduzione) (fonte primaria: New Statesman). Nell’articolo in questione, pubblicato originariamente sul New Statesman, e tradotto poi da Internazionale, è chiaro sin dal titolo (“Solo una rivoluzione salverà il pianeta. La crescita ad ogni costo sta uccidendo la Terra. Anche i climatologi sono arrivati alla conclusione che il sistema economico capitalista non è più sostenibile”) che le soluzioni tiepide non sono più possibili. Nel pezzo della Klein, attraverso la voce e le ricerche di eminenti studiosi e scienziati, si dimostra che solo una mobilitazione planetaria potrà arrestare una situazione ormai fuori controllo. Quindi, altro che riforme o blande leggine: solo un cambiamento radicale potrà agire in questo senso. Cambiamento auspicato non da facinorosi terroristi, bensì da distinti e razionali ricercatori accademici. Del resto, lo sappiamo bene, i tempi di reazione della politica sono biblici, anche perché i suoi protagonisti sono proni ai desideri e dettami dell’economia che uccide. Dunque, la speranza di un cambiamento di rotta risiede in ognuno di noi e in una azione diretta, individuale e collettiva. Naomi Klein identifica nelle manifestazioni, nella resistenza, nel moltiplicarsi di gruppi che ovunque nascono per opporsi, la chiave di volta del tanto atteso cambiamento. Di sicuro, le azioni di chi si oppone sono importanti, ma io credo che, almeno nei nostri paesi occidentali, anche l’opposizione plateale non sia così risolutiva. Se veramente si vuole combattere l’economia assassina, occorre affrontarla sul suo stesso piano, cioè prevalentemente appunto quello economico. Non è molto utile partecipare a mille manifestazioni di piazza se poi con i nostri soldi siamo i primi ad alimentare lo stesso sistema che diciamo di combattere. Non serve dire che l’Enel inquina e poi continuare a pagarle le bollette, senza cambiare fornitore di corrente elettrica. Non serve urlare contro la finanza internazionale e poi avere il conto corrente nelle solite banche che fanno il suo gioco. Non serve atteggiarsi a fare gli “alternativi” e poi lavorare per qualche datore di lavoro, multinazionale o azienda a cui dell’ambiente e delle persone non interessa nulla. La vera risposta è quindi la creazione di una cultura completamente diversa, che non pensa che il massimo che si possa fare per contrastare questo tipo di degrado socio-ambientale sia una manifestazione, una raccolta di firme o il dare il voto a qualcuno, ma che ponga le basi etiche, sociali, economiche, lavorative per il vero cambiamento radicale di cui ha necessità il mondo intero, partendo proprio da azioni personali concrete e da scelte di vita. Certo, è più difficile costruire che protestare, è più difficile pensare in modo indipendente e realizzare alternative dirette che delegare qualcuno che faccia e pensi per noi, ma a quanto pare non abbiamo grandi scelte: o agiamo noi direttamente oppure verremo spazzati via, per quante manifestazioni o proteste potremo fare. La Grecia degli ultimi mesi ce lo insegna. Ai giganti del profitto si può solo sottrar loro la terra da sotto i piedi. Occorre agire con intelligenza, perseveranza e tenacia. Un nuovo mondo non nasce dal nulla, non nasce solo dalla rabbia, ma dalla attenta costruzione di valori molto diversi da quelli che ci vogliono divisi e arrabbiati. Anche perché poi, quasi automaticamente, se non si costruisce una alternativa tutti assieme, spunteranno sempre dei capi, dei leader, dei guru che cercheranno di condurci per strade che rispondono solo ai loro interessi, che siano economici, politici o di ego smisurato. Le alternative però ci sono già ora, sono percorribili e praticabili, assai più di quello che normalmente si è portati a pensare. Basti pensare a cosa, dal 2002 ad oggi, è riuscita a mettere in piede la vasta alleanza di gruppi e comitati che hanno costituito la Rete di Economia Solidale, realtà che si sta spendendo per la costruzione di una economia “altra”, a partire dalle mille esperienze di economia solidale attive in Italia. Sono state attivate reti locali, i cosiddetti distretti, come passaggio fondamentale per la costruzione di una futura rete italiana di economia solidale. Collegarsi a e supportare oggi queste realtà, grazie a possibilità di comunicazione un tempo inimmaginabili, è molto facile. Basta solo una determinata volontà interiore e un minimo di azzardo rispetto alla sicurezze precedenti che imprigionano noi e un pianeta avvilito.

Fonte: il cambiamento