Studenti per il clima: cresce il movimento nel mondo. E si sciopera anche in Italia

È il caso di dirlo: Greta Thunberg ha fatto scuola! La sedicenne svedese che ha fatto parlare di se agli ultimi meeting per il clima ha mobilitato quello che si va configurando come un movimento a livello mondiale, che per il 15 marzo sta organizzando manifestazioni in 40 paesi. E anche in Italia, intanto, gli studenti scioperano per chiedere interventi radicali.

Centinaia di migliaia di studenti nel mondo hanno preso ispirazione da Greta Thunberg in queste ultime settimane e hanno iniziato a scioperare il venerdì con manifestazioni davanti a palazzi istituzionali e di governo per chiedere interventi radicali a difesa del clima. Il movimento si è dato il nome di Fridays For Future e conta ormai l’adesione di città e nazioni in Europa e non solo. Anche in Italia gruppi di studenti si sono mobilitati in svariate città, da Milano a Torino, da Pisa a Roma, da Genova a Napoli e il fermento è continuo. Si stanno preparando gruppi a Udine, Brescia, Taranto e molte altre città italiane. Inoltre, il movimento globale sta anche organizzando una manifestazione che si svolgerà contemporaneamente in una quarantina di Stati (tanti sono quelli dai quali finora sono arrivate le adesioni, tra cui l’Italia) venerdì 15 marzo prossimo. Ogni città e nazionale avrà completa autonomia, ma il comune denominatore sarà la protesta contro l’inerzia di governi e potenti sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici. Per aggiornare tutti gli interessati sulla mobilitazione globale che porterà alle proteste del 15 marzo è stato realizzato il sito www.schoolstrike4climate.com

La mobilitazione giovanile corre innanzitutto sui social. «Ogni città ha il suo gruppo WhatsApp per comunicare», racconta Ivan, ventenne studente universitario che ogni venerdì da dicembre manifesta a Milano: «Quando vogliamo vederci in faccia teniamo delle conferenze su Skype, anche con i gruppi stranieri. Altrimenti ci incontriamo il venerdì».

Sicuramente hanno preso esempio dai loro coetanei tedeschi, che già nelle scorse settimane avevano scioperato in 30 mila, ma anche da quelli svizzeri, belgi e francesi, che ugualmente si sono mobilitati per dire la loro sul futuro del pianeta. Negli altri Stati europei la protesta e la sensibilizzazione è probabilmente a uno stadio più avanzato, ma anche in Italia si stanno compiendo passi avanti benché non senza sforzo. David, quattordicenne al primo anno di liceo scientifico in provincia di Torino, spiega: «Sto programmando un’app usata dai gamer, Discord, in modo che tutte le nostre chat sparse tra WhatsApp, social e Skype, convergano su un’unica piattaforma», dice. «Sono sempre stato interessato all’ambiente, ma non sapevo che fare. Questo movimento mi piace perché è pacifico e non è legato a partiti».

Per informazioni sui gruppi locali e le loro attività, cercare gli hashtag: #fridaysforfutureitaly o italia e #fridaysforfuture+nome delle città #climatestrikeitaly o italia e #climatestrike+nome delle città.

Intanto, il meteorologo Luca Mercalli ha diffuso un video in cui sostiene la protesta degli studenti

Fonte: ilcambiamento.it

Scirarindi, Svegliati! La Sardegna in movimento

 

Scirarindi in campinadese significa Svegliati! e quando Giovannella Dall’Ara, che insieme a Cristina Pusceddu ha dato vita al portale web e alla fiera annuale omonima, ce lo spiega il suo sguardo si illumina. In effetti nel giro di pochi anni si può davvero affermare che il loro invito sia stato ascoltato. Centinaia di realtà sono emerse dal buio, si sono attivate e spesso si sono messe in relazione.Sequence-1-1

Qui c’era già tutto” spiegano Giovannella e Cristina. “Quando siamo arrivate” – una dall’Emilia e l’altra, seppur di origini sarde, da Londra – “ci siamo rese conto che questa terra più di altre era un pullulare di iniziative concrete: dagli operatori olisitici a quelli della bioedilizia, dai ricercatori spirituali a moderni imprenditori. La Sardegna vera, quella lontana dai racconti televisivi, era ed è quella che noi definiamo la ‘Sardegna Naturale‘. Abbiamo quindi scoperto l’acqua calda in un certo senso! Il nostro lavoro è stato semplice e allo stesso tempo fondamentale: abbiamo messo insieme tutte queste realtà, unendo i puntini, offrendo uno strumento tecnologico che permettesse di emergere, promuoversi, contarsi e – allo stesso tempo – organizzando decine e decine di incontri ‘off line’, ‘in carne ed ossa‘. Molte delle realtà che sono sul nostro portale – aggiunge Cristina – non sanno nemmeno usare un computer e avevano quindi bisogno di qualcuno che le aiutasse a comunicare ciò che già stavano facendo”.

Sul sito, inoltre, vengono proposte le notizie inerenti le attività e gli eventi organizzati dai vari operatori iscritti.

Dal portale è presto nata l’idea di organizzare una grande fiera annuale, chiamata Scirarindi ovviamente, che quest’anno – 2014 – è giunta alla quarta edizione e si svolge il 29 e 30 novembre presso la Fiera di Cagliari.

Ogni anno questo evento raduna migliaia di persone da tutta l’isola interessate al programma offerto e, contemporaneamente, mosse dalla voglia di incontrare loro “simili”: persone che si muovono in modo consapevole e costruttivo e che si sentono lontane dagli stereotipi massivi e talvolta ignoranti che riguardano questa popolazione così peculiare e ricca di capacità e potenzialità ancora solo in parte espresse. “Si sta tornando a riscoprire la bioedilizia che qui si è sempre fatta”, mi spiegano ancora Giovannella e Cristina e mentre parlano osservo la gente che mi cammina intorno. Siamo nel centro di Cagliari, appena usciti da un altro evento interessante, Alig’Art, organizzato anch’esso da giovani donne – le ragazze di “Sostenible Happiness” – e penso a quanto questa città, in testa a molte classifiche che misurano la qualità della vita, sia poco rappresentata mediaticamente nonostante offra stimoli culturali, incontri, contaminazioni. Giovannella e Cristina catturano ancora una volta la mia attenzione spiegandomi che questo progetto è diventato quasi subito sostenibile anche a livello economico. Gli operatori pagano una quota per essere presenti sul sito e loro sono quindi riuscite a costruirsi un lavoro retribuito, garantendosi un’ottima qualità della vita e, contemporaneamente, offrendo un servizio importantissimo alle comunità locali. Dalla Sardegna, quindi, arriva un richiamo valido per tutta l’Italia, per ogni singolo italiano. Scirarindi! Svegliati! Svegliamoci!

Ecco perché Italia che Cambia sarà media partner della nuova edizione del Festival sardo. Ci vediamo il 29 e 30 novembre 2014 a Cagliari!

 

Il sito di Scirarindi

 

Visualizza Scirarindi nella Mappa dell’Italia che Cambia: clicca qui

 

Fonte: italiachecambia.org

Transition Towns a quota 2000: «Ma è solo l’inizio»

In dieci anni le cosiddette Transition Towns hanno toccato quota duemila. «Ma è solo l’inizio, è un esperimento che ha un grande potenziale». A fare il punto su questa esperienza è Cristiano Bottone portavoce del movimento Transition Italia: «È arrivato il momento di aprire una fase nuova volta a coinvolgere segmenti sempre più ampi della popolazione».transition1

Duemila Transition Towns in trenta paesi del mondo: è la fotografia di un movimento che sta acquistando una dimensione planetaria e che rappresenta un grande esperimento di innovazione sociale. A fare il punto sull’esperienza è Cristiano Bottone, portavoce di Transitions Italia. «Sono passati circa 10 anni da quando, in una piccola cittadina dell’Inghilterra, è germogliato il seme delle Transition Towns, un esperimento di innovazione sociale che ha ormai raggiunto una  dimensione planetaria e sembra continuare a esprimere un potenziale molto interessante». Il movimento è presente in quattro continenti, si va dal piccolo villaggio al quartiere della megalopoli e si spazia in contesti culturali molto diversi, dalle favelas in Brasile ai quartieri metropolitani della vecchia Europa, alle Filippine. «Cerchiamo sempre di coinvolgere le istituzioni e le amministrazioni – spiega Bottone – la rete e le iniziative di Transizione collaborano generalmente con i governi locali, altre organizzazioni, università, centri di ricerca, imprese e nascono sempre più frequentemente nuove imprese che si ispirano all’approccio transizionista». «In Italia possiamo contare una trentina di comunità attive (mappa della rete italiana) – aggiunge – una interessante risposta e attenzione delle amministrazioni locali specialmente in Emilia Romagna dove le esperienze sono in fase più avanzata, collaborazioni con università, centri di ricerca e altre istituzioni». Si tratta quindi di ottimi risultati che, se aggiunti ad altre esperienze di questo tipo (ad es. www.comunivirtuosi.org ), danno prova dell’esistenza di molte piccole realtà impegnate nella difesa della sostenibilità ecologica che non vengono rilevate dai media tradizionali e spesso vengono ignorate e ostacolate dal potere politico.  «Tuttavia – dice Cristiano –  è evidente che siamo solo all’inizio di un percorso, l’evoluzione sociale richiede tempi lunghi e le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Si può dire però che gli effetti sono per ora piuttosto incoraggianti e questo viene ormai notato anche in certi “piani alti”. Ad esempio il Comitato Economico e Sociale Europeo ha premiato nel 2012 il Transition Network proprio per la sua capacità di innovazione sociale in collegamento all’economia».
Poi Bottone entra nel merito di come funzionano le Transition Towns. «L’idea è semplice: si tratta di creare le condizioni perché una comunità locale possa attivarsi per rispondere alle crisi in corso riorganizzando la propria struttura relazionale ed economica. Niente di troppo nuovo. È almeno dagli anni Settanta, dal momento in cui emerge più vigorosa la coscienza ecologica e si comincia a ragionare sull’impatto che “la crescita” produce sull’ecosistema, che si fanno tentativi per cambiare strada. Nulla è però riuscito fino a ora a convincerci che un pensiero di lungo respiro potrebbe essere migliore di un rapido e immediato accaparramento di risorse basato sul “qui e subito”. Nel momento in cui Rob Hopkins comincia pensare al concetto di Transizione, ha bene in mente la lunghissima teoria di tentativi andati a vuoto che ci ha condotti fino sull’orlo dell’attuale baratro. Oggi, con una crisi climatica che può diventare senza ritorno entro pochi anni, con un’economia completamente artificiale che ci si sgretola tra le mani, con miliardi di persone che premono per uscire dalla povertà, con il timone della nave in mano a un “mercato” che si è dimostrato ampiamente incapace di produrre i tanto attesi “benefici per tutti”, oggi serve qualcosa di diverso da quello che abbiamo tentato fino a ora. Forse proprio grazie a tutti questi tentativi e al merito di tutti quelli che li hanno compiuti abbiamo accumulato informazioni e consapevolezza sufficiente per sperimentare altre vie». Parlando di obiettivi e idee fondanti si capisce che fin dal principio nella Transizione ci si è sempre concentrati sul come e non sul cosa, mettendo al centro dell’attenzione la cura del processo che si vuol vedere crescere nella comunità (o in una rete di comunità) e lasciando che il cosa ne divenisse una conseguenza.  «Si tratta di un salto di paradigma – afferma Bottone – non è facile da afferrare fin da subito, tanto che per ogni Transition Town è previsto un piccolo gruppo di persone che in qualche modo prenda dimestichezza con questo approccio e poi funga da gruppo di facilitazione per il resto della comunità fino al momento in cui questo ruolo diventa inutile perché il processo diventa autonomo. I principi guida sono inizialmente ispirati alla permacultura valorizzandone un concetto chiave: lavora con e non contro. Nel tempo la cassetta degli attrezzi culturale della Transizione è andata arricchendosi di tantissimi contributi provenienti da discipline diverse e che nel processo di Transizione vengono messi a sistema: facilitazione, sociocrazia, teoria dei sistemi, open source, ecologia profonda ecc.»
Paradossalmente le Transition Towns arrivano agli onori della cronaca per le cose che si fanno nelle comunità coinvolte. Bottone parla di «un movimento “ambientalista” che non protesta, non fa campagne, non si lamenta dei governi, è disinteressato a ogni approccio ideologico, ma semplicemente comincia a piantare alberi, costruire orti, attivare imprese ecc.». Concentrato sulla riduzione dell’impronta ecologica e dei consumi, è sempre stato un movimento molto attivo nella pratica e questo aspetto fattivo e concreto ha attratto molti, contribuendo notevolmente alla prima fase di allargamento dell’esperimento da Totnes, la piccola città del Devon in cui tutto è cominciato, a decine e decine di altre comunità nel Regno Unito in Australia, Nuova Zelanda e poi nel resto del mondo. «Poi – continua Bottone –  approfondendo l’argomento con calma, si arriva a capire la profondità della struttura teorica e operativa del processo che la Transizione sta sperimentando. Tutto quel fare così pragmatico ha radici profonde e tutt’altro che banali, tanto che oggi molti ricercatori stanno lavorando all’analisi di quanto emerge dalle esperienze delle Transition Towns. Anche in Italia, l’Università di Bologna ha un gruppo di Transizione interno alla facoltà di Ingegneria Ambientale e l’ateneo ha varato un gruppo di ricerca interdisciplinare denominato Alma Low Carbon al quale aderiscono più di cento ricercatori. Sono segnali davvero incoraggianti». Parlando dell’ampiezza della rete del movimento, concentrato in questi primi 10 anni su esperienze in piccola scala, Bottone afferma che «si apre ora una fase nuova, quella in cui il movimento comincia a esplorare lo scaling-up del processo, l’idea è quella di renderlo disponibile su scala molto più vasta e di arrivare a coinvolgere segmenti molto più ampi della popolazione. Un passaggio non semplice per una macchina pensata per progettare “piccolo e lento” e che cerca di basare tutto sulla qualità delle relazioni tra le persone. Allo stesso tempo sappiamo che i processi esponenziali posso essere sorprendenti e distruttivi, come per l’ennesima volta vediamo in questa crisi, ma potrebbero essere meravigliosamente rigenerativi se si arriva a passare il giusto punto di soglia. I prossimi dieci saranno dunque decisivi, l’importante è che l’esperimento della Transizione e molti altri in corso non si fermino: più tentativi facciamo più aumentano le probabilità di finire a vivere in un mondo bellissimo».

Fonte: ilcambiamento.it

Manuale Pratico della Transizione - Libro

Voto medio su 3 recensioni: Buono

€ 14.5

Cibo Locale - Libro

Voto medio su 1 recensioni: Buono

€ 18

Rifiuti Zero. Parte da Milano l’iniziativa del movimento Zero Waste

Parte da Milano con destinazione finale Capannori (Lu) il “Giro d’Italia” del movimento Rifiuti Zero. Un tour in bicicletta, condotto da Danilo Boni, per consegnare le nomination a 19 aziende e start-­up distintesi nei processi di “produzione pulita”. L’adesione all’iniziativa di Paul Connett, Rossano Ercolini ed Enzo Favoino379287

E’ partita oggi 27 maggio da Milano, dopo un incontro a Cascina Cuccagna, l’iniziativa in bicicletta di Zero Waste Italy, in collaborazione con il Comune di Capannori (LU), il Centro di Ricerca Rifiuti Zero e numerosi comitati e associazioni Rifiuti Zero presenti in tutta Italia.  All’incontro in Cascina Cuccagna hanno partecipato importanti sostenitori del movimento Zero Waste, fra cui Paul Connett, promotore nel mondo della strategia Rifiuti Zero, Rossano Ercolini, vincitore del Environmental Goldman Prize 2013, presidente di Zero Waste Europe, autore di “Non bruciamo il futuro” ed Enzo Favoino, ricercatore presso la Scuola Agraria del Parco di Monza e coordinatore del Comitato Scientifico di Zero Waste Europe.  Alle ore 15, da Piazza della Scala, la partenza del giro, capeggiata dal biker Danilo Boni, in sella alla bicicletta elettrica Frisbee, fornita da TC Mobility sponsor ufficiale del giro. Milano quindi la prima tappa dell’iniziativa, dove Boni consegnerà la nomination a due delle 19 imprese selezionate. L’iniziativa arriverà poi alle 18.30 a Busto Arsizio, per un altro incontro con Paul Connett ed Enzo Favonio, seguito da una biciclettata lungo il tragitto dalla Villa Tovaglieri fino alla sede dell’inceneritore Accam.  “Più del 70% del problema dei rifiuti può essere risolto dai cittadini con la raccolta differenziata porta a porta. Ma la restante percentuale riguarda un errore di progettazione che sta a monte e che deve essere risolto insieme alle imprese” ha spiegato Rossano Ercolini. Le successive tappe del giro saranno, nell’ordine, le seguenti: Bolzano (31 maggio), Este – PD (2-­3 giugno), Marzabotto – BO (4-5 giugno), Firenze (6-­7 giugno), Greve in Chianti-­FI (8 giugno), Montefiascone-­VT (10 giugno), Roma (12-­13 giugno), Napoli (15 giugno), Sorrento-­NA (16-­17 giugno), Capannori-­LU (20-­21-­22 giugno).

Per aggiornamenti sull’iniziativa: Zero Waste Italy.

 

Fonte: ecodallecittà.it

“L’Europa? Noi la vogliamo local, al servizio del cittadino”

Ha al suo attivo una campagna di editoria civica, un grande impegno sul fronte della decrescita e dell’ambiente, progetti di aiuto e solidarietà ai quali affianca la sua professione di dentista declinata in una maniera tutta sua, fatta di vicinanza ai pazienti e di umanizzazione delle relazioni. Dario Tamburrano, romano, 45 anni, si candida all’Europarlamento per il Movimento 5 Stelle. E di cose da dire ne ha veramente tante.dario_tamburrano

Dario Tamburrano è, sì, di professione dentista, ma a definirne “forma e contenuto” sono soprattutto altre credenziali. Cofondatore nel 2009 del Circolo della decrescita Felice di Roma e di Transition Italia, nodo italiano del Transition Network, ecologista a tutto tondo, Tamburrano ha approfondito il tema delle pratiche sostenibili in quasi ogni declinazione, dall’agricoltura ai trasporti, dallo sfruttamento delle risorse alle politiche economiche. E oggi si candida all’Europarlamento per il Movimento 5 Stelle (nella circoscrizione Italia Centrale, Marche – Lazio  – Umbria – Toscana), nato sotto l’egida di Beppe Grillo, che porta a Strasburgo richieste precise, tra le quali la ricontrattazione del fiscal-compact (il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance firmato da 25 paesi il 2 marzo 2012), il no al forzato pareggio di bilancio degli Stati, un’attenzione all’agricoltura che dia risposte concrete alle esigenze vere dei coltivatori italiani, una maggiore presenza,  rappresentatività e attenzione sia all’interno dello stesso Parlamento europeo sia nell’ambito delle commissioni. «Mi sono ormai ben reso conto che il passaggio di paradigma all’interno del sistema economico neoliberista è impossibile  – spiega Tamburrano – e che il contrasto ai “neolib” è fondamentale per permettere la transizione culturale oggi più che mai necessaria. La propaganda ha funzionato per parecchio. Si diceva: quando il bicchiere straborderà, di ricchezza ce ne sarà anche per gli ultimi. Ma questo bicchiere non straborda più, anzi oggi  è l’esatto contrario. Il neoliberismo ha portato alla verticalizzazione del benessere, ha creato una piramide dove a star bene sono quelli in cima, pochi, troppo pochi. La ricchezza è  concentrata nelle mani di poche persone; ci sono indiviui nel mondo in grado di comprarsi stati interi e masse intere che non possono permettersi ciò che si permette uno di quegli individui. E’ evidente che c’è qualcosa che non va. Il neoliberismo, che permea ogni scelta di politica economica anche nel nostro paese, è deregulation completa delle attività umane ed economiche, va a braccetto con l’economia della crescita che contrasta con i limiti stesso di questo pianeta e con i suoi ecosistemi. Non porta affatto democrazia, perché la mano invisibile del mercato non genera equilibrio. Ed è proprio in questo campo che si giocano le sfide di questo secolo, dato che abbiamo ormai raggiunto e superato i limiti fisici delle risorse. C’è un’urgente e immediata necessità di redistribuzione di risorse e ricchezze e per far questo occorrono sia un processo culturale dal basso che un’azione politica dall’alto, perché nulla avviene in maniera automatica». Altro punto caro a Tamburrano e ai candidati 5 Stelle e il superamento della soglia di indebitamento degli Stati al 3% del bilancio, un vincolo che rischia di soffocare il tessuto sociale ed economico dei paesi. «L’indebitamente di uno Stato non sempre è negativo – spiega – dipende se il denaro viene utilizzato positivamente per superare le difficoltà del momento oppure è un debito fine a se stesso generato da spreco di denaro per finalità che non hanno nulla a che fare con il benessere del paese. Le valute moderne sono create dal nulla, non sono più collegate ad un valore concreto, come poteva essere l’oro, come invece avveniva nel passato. Questo trucco, chiamiamolo così,  può portare a due diverse conseguenze: permettere di superare le difficoltà del momento creando energia sociale per la prosperità di tutti oppure può essere strumento di schiavizzazione. Il denaro è un mezzo e dipende da come viene usato. Questo ha a che fare strettamente anche con il lavoro. Il lavoro non è scomparso; tutti continuano ad avere bisogno di servizi e prodotti che vengono garantiti dal lavoro. In realtà ci sarebbe tantissimo lavoro da fare, perché da riconvertire un intero sistema per permettergli di affrontare le sfide del ventunesimo secolo. Ma manca il mezzo per scambiarsi il lavoro che è la moneta, perché è stata resa scarsa in maniera strumentale per impadronirsi delle risorse reali. E si badi bene: anche se si passasse ad una moneta nazionale abbandonando l’euro, non si risolverebbero i problemi se il meccanismo dovesse rimanere lo stesso. La produzione e la circolazione della moneta devono essere un nuovo patto sociale tra le varie espressioni della comunità, il tutto diretto al progresso: sia le politiche di austerità che le politiche espansive dell’economia della crescita sono morte, non sono adatte a questo momento storico. Noi abbiamo bisogno di politiche che espandano la decrescita o, ancora meglio, di progettazione sociale e produttiva. Il nostro potenziale di prosperità sta nella riconversione, in una prosperità senza crescita». Transazione economica e transazione ecologica, entrambe legate a maglie strette, strettissime, l’una non può aversi senza l’altra. Dario Tamburrano lo ha ben chiaro e professa anche «un giusto mix di local e global, ossia una rivalorizzazione delle reti produttive locali e il mantenimento delle economie di scala di più vasto respiro solo per i prodotti complessi per i quali non esiste alternativa». «I paesi dell’area mediterranea, come ovviamente l’Italia, avevano un fantastico tessuto produttivo basato sulla piccola e media impresa; ebbene, è necessario invertire l’attuale modello che invece tende a concentrare la ricchezza, la capacità produttiva e i profitti in mano a poche grosse aziende per ritornare al modello precedente. Ragionamento analogo va fatto per l’agricoltura. Occorrono incentivi ad un’agricoltura e a un allevamento diretti ai consumi interni. Finora il mondo agricolo italiano non è stato difeso dagli europarlamentari e si è dato spazio al concetto di libero mercato che impedisce la realizzazione completa della cosiddetta filiera corta. Senza voler arrivare al protezionismo, bisogna però pensare ad una salvaguardia reale delle economie caratterizzanti, che vanno rilocalizzate dove si può; questa è la via per creare comunità resilienti con flussi di denaro locale. L’Europa che abbiamo oggi è stata fondata nel momento del boom dell’economia della crescita e tutto è stato basato su questo; se non la si trasforma, non sarà in grado di affrontare le sfide che ci attendono. In questo il movimento della transizione si è dimostrato saggio: occorre rilocalizzare tutto ciò che è possibile. Vi sono attività produttive che per motivi di scala devono essere regionali, nazionali o europee ma questo può valere per prodotti complessi non per pomodori o generi di prima necessità. Il giusto sta nel mezzo». Tamburrano non risparmia poi quella che potrebbe suonare come una provocazione ma che in fondo si rivela una riflessione su una opportunità, che è plausibile valutare. «Il trattato di Lisbona prevede che dall’Europa si possa uscire e che si possa poi chiedere di entrare nuovamente senza però dover forzatamente aderire all’eurozona. Un po’ la situazione dell’Inghilterra, che è nell’Unione Europea ma non ha aderito all’euro. E’ una possibilità, perché non la si dovrebbe considerare? Eppure quando la spieghiamo ci accusano con un’aggressività incredibile». Non manca un cenno alla voglia di rappresentare, di esserci. «La nostra intenzione, come europarlamentari, se saremo eletti, è di informare preventivamente gli italiani di tutto quello che avviene e che si sta preparando. Finora non abbiamo mai imposto le ragioni del nostro paese e la ragione sta anche nel fatto che l’Europarlamento viene interpretato dai più come un luogo di parcheggio di politici, spesso con bassissime percentuali di presenze, anche nelle commissioni. Basti pensare al deficit di rappresentanza che abbiamo avuto in materia di agricoltura, oltre alla totale mancanza di comunicazione di ciò che succedeva.  Noi invece vogliamo raccontare e spiegare tutto, mettendo in allerta la popolazione. Per esempio, proseguono le trattative per il TTIP (http://ec.europa.eu/trade/policy/in-focus/ttip/), contro cui stiamo combattendo. Se passa questo trattato, nella sua attuale versione, assisteremmo all’invasione dei privati nella sanità con un’impostazione all’americano, dovremmo sottostare ai diktat delle lobby per quanto riguarda i prodotti alimentari e agricoli in particolari; insomma, sarebbe un disastro». Tanti, dunque, i punti sui quali si muovono Dario Tamburrano e gli altri candidati dei 5 Stelle all’Europarlamento. Questioni che sono molto meno lontane da noi di quanto potrebbe sembrare e che hanno e avranno ripercussioni notevolissime sulla nostra vita. «Intanto cominciamo da qui, dalla campagna elettorale – aggiunge Tamburrano – è già un processo di informazione, é occasione di visibilità, si costruiscono relazioni, passano temi e concetti. E’ già un passo avanti, una vittoria. Già informando si può cambiare qualcosa, se solo si lasciano da parte la propaganda e gli interessi di cordata».

SCELTE, PROPOSTE E IDEE: GUARDA IL VIDEO

Fonte: il cambiamento.it

Breve Storia del Futuro degli Stati Uniti d'Europa - Libro
Elido Fazi, Pittella Gianni
€ 14.5

Quale Futuro per l'Europa? - Libro
€ 11

#salvaiciclisti, ad aprile il movimento si costituirà in associazione

A Bologna l’8 e 9 febbraio, nel secondo raduno nazionale del movimento che chiede più sicurezza dei ciclisti urbani, è stata annunciata la costituzione di un “soggetto nuovo”, che faccia da collante tra tutte le diverse realtà ciclistiche che hanno sposato la causa. Con tutta probabilità sarà un’associazione e dovrebbe vedere la luce il prossimo 28 aprile378092

“Entro un paio di mesi dobbiamo dare vita ad un soggetto unitario che sia un punto di riferimento per tutte le realtà che fin qui hanno dato il loro contributo” . È questo l’obiettivo dichiarato con cui il 9 febbraio si è chiuso a Bologna il secondo raduno nazionale di #salvaiciclisti, il movimento che da due anni si impegna con forza e competenza per chiedere alle amministrazioni più sicurezza per i ciclisti urbani e in generale per migliorare la mobilità ciclabile delle città italiane. Dopo le numerose iniziative organizzate nel corso dei mesi e un primo compleanno festeggiato a Reggio Emilia con gli “Stati Generali della Bicicletta”, quello che si è ritrovato sotto le due torri del capoluogo emiliano è un movimento giunto ad un punto di svolta. Un momento che segnerà il passaggio da una realtà frammentaria ad una più organizzata e coordinata. “Il nuovo soggetto che verrà costituito non vuole sostituirsi a nulla – ci tiene a chiarire Simona Larghetti di #salvaiciclisti Bologna nel corso dell’assemblea di domenica pomeriggio – vuole solo dare struttura e supportare i singoli”. “E non c’è minimamente l’intenzione di dettare delle linee guida – aggiunge Simone Dini di #salvaiciclisti Milano – Questo nuovo soggetto dovrà fare da collante tra le diverse realtà impegnate da due anni a questa parte, che ovviamente dovranno continuare a portare avanti le proprie attività sui singoli territori”. Quasi certamente la forma scelta sarà quella dell’associazione, probabilmente un’aps (associazione di promozione sociale), anche se questo tipo di inquadramento potrebbe generare confusione, ammettono alcuni, visto che numerose realtà che partecipano a #salvaiciclisti sono già di per sé delle associazioni. Per questo è stata lanciata anche l’idea della federazione, o dell’associazione di associazioni. Qualunque sia la forma scelta, il giorno preciso in cui si metterà tutto nero su bianco è già stato fissato. Si tratta del 28 aprile, data in cui sarà necessario avere uno statuto pronto e almeno il nome di un presidente. Affrontato il nodo cruciale del raduno, il resto del tempo ha visto l’assemblea discutere, divisa per gruppi di lavoro, il Manifesto per la Mobilità Nuova, il documento che vorrebbe ” ridisegnare il modo di muoversi in Italia”. La discussione ha portato ad una sostanziale conferma di tutti i contenuti, con alcune nuove proposte tra cui l’opportunità di reperire fondi per pagare chi dedica tempo e lavoro ad attività fin qui svolte tutte gratuitamente.

Il raduno di Bologna tuttavia non è stato solo un appuntamento organizzativo, ma anche una grande festa sui pedali. Sabato pomeriggio, in un’affollata piazza Maggiore concessa in patrocinio dal comune, sedici diversi gruppi provenienti da varie città d’Italia hanno partecipato a “Bici Senza Frontiere”, una serie di giochi in cui si è tentato di riproporre le situazioni abituali, con difficoltà e inconvenienti annessi, di chi usa la bicicletta in città. “L’iniziativa l’abbiamo pensata un paio di mesi fa a Roma – spiega Simona Larghetti – per festeggiare i due anni di #salvaiciclisti come una festa di compleanno, quindi in maniera giocosa. Girare in bici è divertente e fa stare bene, per cui giocare ci sembrava la cosa migliore per esprimere alcuni messaggi della campagna che il movimento porta avanti”.

Fonte: ecodallecittà

Milleproroghe: rinviato l’obbligo di fonti rinnovabili negli edifici nuovi e ristrutturati

Il Senato ha approvato un emendamento al decreto Milleproroghe che fa slittare l’obbligo di aumentare la quota di fonti rinnovabili in edifici nuovi o sottoposti a ristrutturazioni rilevanti. Contrario il Movimento 5 Stelle377952

Il Senato ha approvato un emendamento al Dl milleproroghe, che fa slittare di un anno l’adeguamento ai nuovi obblighi di utilizzo di fonti rinnovabili negli edifici nuovi o sottoposti a ristrutturazioni rilevanti. Si tratta, più nel dettaglio, di una modifica (proposta dalla Lega) al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, che introduce, appunto, delle prescrizioni in tema di edilizia sostenibile ed efficienza energetica degli immobili.  In particolare, la percentuale di acqua calda che dovrà essere prodotta usando le rinnovabili passerà dal 20% al 30% alla fine 2014 (inizialmente lo scatto era previsto alla fine del 2013). Posticipato, inoltre, il passaggio dal 20 al 35% della quota di consumi di energia termica che devono essere coperti da fonti rinnovabili . L’incremento era previsto per l’inizio di quest’anno, ma l’emendamento propone però lo slittamento di tale obbligo al 2015. Duro il commento del Movimento 5 Stelle che, oltre a dare notizia del voto e ad esprimersi contrariamente a Palazzo Madama, ha definito l’episodio «un nuovo colpo di mano alle fonti rinnovabili». Commenta il capogruppo al Senato del M5S Gianni Girotto: «L’ obbligo avrebbe permesso di implementare meglio il concetto di autoconsumo energetico degli edifici, contribuendo alla riduzione dei consumi energetici, alle emissioni, ma sopratutto a stimolare la domanda interna e la ripresa economica favorendo il settore della green economy. Sicuramente, l’approvazione di questo emendamento, che vede la contrarietà del Movimento 5 Stelle, contribuisce a minare il dibattito sul clima e gli obiettivi europei al 2030 in cui il Governo deve rispondere al più presto per chiarire la sua posizione».

Fonte: ecodallecittà

Il Movimento per il diritto alla buona nascita

L’idea è venuta a Clara Scropetta, doula e autrice del libro “Accanto alla madre”: lanciare la creazione di quello che ha chiamato un Movimento per i diritti umani focalizzato al primo periodo della vita. Una buona nascita, che può essere garantita solo dalla libertà per la donna di partorire come desidera e dalla libertà per l’ostetrica di decidere secondo scienza e coscienza.donnaincinta

Clara Scropetta è una doula, figura che supporta la donna in tutto il periodo perinatale fino al parto senza essere una figura sanitaria. Vive nell’ecovillaggio di Avalon in Toscana ed è autrice del libro “Accanto alla madre”. Clara ha lanciato un appello che noi vi riportiamo.

«Vorrei lanciare la creazione di un movimento per i diritti umani focalizzato sul primo periodo della vita, con l’obiettivo di una mobilitazione pubblica per l’applicazione delle linee guida del ministero della salute e dell’Oms e per l’adeguamento alla delibera del tribunale europei per i diritti umani di Strasburgo in merito alla libertà di scelta della donna su luogo, modalità del parto e chi avere accanto a sè in quel  momento. Raccomando la visione del documentario “Freedom for birth”, che narra la storia di un’ostetrica agli arresti domiciliari a Budapest e di una madre ungherese che va a Strasburgo a reclamare giustizia. Questo documentario ha il pregio di trasmettere con molta forza un messaggio importante: la libertà per il parto è un diritto umano fondamentale e va di pari passo con la libertà dell’ostetrica. Questa forza mi ha animata a passare all’azione e lanciare questo appello. Tanti i meriti di questo documentario e alcuni limiti: nessun accenno alle condizione necessarie affinchè il parto sia il più facile e rapido possibile (ovunque, a casa come in ospedale); nessun accenno al fatto che ne va della salute del bambino e quindi della società, e non solo della libertà di scelta della donna. Con l’applicazione delle linee guida nazionale e internazionali, e quindi con il passaggio delle cure pre- peri e post- natali all’ostetrica così com’è raccomandato, potrebbe proprio accadere quello che io desidero, assieme a tante altre:

– che a ogni donna vengano offerte condizioni appropriate durante il parto (e anche durante la gravidanza e nel puerperio)
– che ci sia una presa di coscienza nella classe politica, nella società, nei media, dell’importanza del primo periodo della vita per la salute

Tutto ciò può accadere se viene ripristinata l’autonomia professionale dell’ostetrica, un’ostetrica che senza essere subordinata a nessuno decide donna per donna in base alla sua esperienza e all’evidenza scientifica come procedere, sia come dipendente all’interno del servizio sanitatio che nella libera professione. questa autonomia va di pari passi con la tutela legale e con una revisione dei piani di studio con maggior attenzione alla fisiologia. Chiedo a tutti coloro che si riconoscono in questa istanza di diffondere questo appello il più possibile e a rispondermi per dar vita al gruppo che lavorerà su un documento da presentare pubblicamente». Chi volesse contattare Clara Scropetta può farlo al numero di telefono 393 3158706 oppure scrivendo una e-mail a clara_scropetta@hotmail.com

Fonte: il cambiamento

Alternative in movimento, in Val di Susa gli Stati Generali del Lavoro

Dal 27 al 29 settembre a Vaie, in Valle di Susa, si terranno gli Stati Generali del Lavoro, una grande assemblea organizzata da Etinomia e Movimento No-TAV durante la quale otto tavoli tematici si riuniranno per formulare nuove idee di lavoro.lavori8

“Si deve lavorare meno ore per tutti i lavori, ma soprattutto si deve lavorare meno per vivere meglio, questo è più importante e più sovversivo”

Serge Latouche

Dal 27 al 29 settembre a Vaie, in Valle di Susa, si terranno gli Stati Generali del Lavoro, una grande assemblea organizzata da Etinomia e Movimento No-TAV durante la quale otto tavoli tematici si riuniranno per formulare nuove idee di lavoro, concetto che mai come in questi ultimi anni di crisi generalizzata sta mostrando la corda. Io sarò la referente del tavolo n. 3, che si intitola “Significato di lavoro e reddito di cittadinanza” e i cui propositi sono sintetizzati qui:

“Il significato che siamo abituati ad attribuire alla parola ‘lavoro’ è meramente quello di ‘attività tramite la quale si percepisce reddito monetario’. Chiusi in questa gabbia semantica non riusciamo neppure a intravedere quanto sia restrittiva, addirittura punitiva, ostinata com’è nel negare dignità di occupazione profittevole per il singolo e per la comunità a qualsiasi altro nostro agire: adempiere ai nostri obblighi familiari, procurarci cibo sano che ci mantenga in salute, informarci adeguatamente, viaggiare, imparare cose nuove, in una parola diventare giorno per giorno persone e cittadini migliori e non solo ripetitori di gesti destinati a produrre ulteriori cose, materiali o no, il cui eccesso è ormai fin troppo evidente.stati_generali_lavoro7

La crisi, quella che ci attanaglia tutti, è in questa accezione soprattutto crisi di senso, che sempre più persone avvertono e cercano di contrastare, inventandosi strade e soluzioni. Per farlo bisogna certo ripensare anche all’idea di consumo, di spesa e di reddito, ma anche avere la possibilità di superare il ricatto della dipendenza dall’impiego pressoché totale del nostro tempo solo per avere, come si suol dire, di che vivere. In quest’ottica la richiesta di un reddito di cittadinanza che sancisca il diritto a esistere diventa pressante, necessaria, imprescindibile. Questo gruppo vuole discutere e sintetizzare i temi esposti per contribuire alla formulazione della proposta di cambiamento concreto che è lo scopo degli Stati Generali del Lavoro”.

Sono invitati a partecipare agli Stati Generali del Lavoro tutti coloro che condividono queste idee.

Per iscriversi basta andare qui, ma vi sarò grata se me ne darete comunicazione via mail così che sappia la consistenza del gruppo che via via si forma.

Ulteriori informazioni sono sul sito di Etinomia e sulla pagina Facebook dell’ evento.

Fonte: il cambiamento

Per combattere la cellulite bastano 1 kg di frutta e verdura al giorno

Ecco la dieta perfetta per eliminare la cellulite: 1 kg di frutta e verdura al giorno.veggie1-620x350

Per combattere la cellulite e i suoi inestetismi come la pelle a buccia d’arancia, avevo suggerito, nel post precedente una dieta sana che includesse acqua, frutta e verdura, esercizio fisico e trattamenti naturali e fai da te. Ebbene secondo i dati esposti a La salute nel piatto, convegno che si è tenuto a Roma, la cellulite si inizia a contrastare proprio a tavola, cambiando stile di vita e alimentazione. I cibi che si prestano meglio a contrastare la cellulite sono le verdure, la frutta e i legumi. Infatti questi alimenti hanno proprietà antinfiammatorie ideali per contrastare, appunto, la cellulite causata proprio da processi infiammatori dovuti a una serie di circostanze tra cui la situazione ormonale, lo stile di vita e la familiarità. Una dieta sana, dunque, che prevede almeno 1 Kg di verdura e frutta al giorno ripartita per 5 porzioni e per 4 mesi assicura il miglioramento se non l’eliminazione della cellulite che si concentra sopratutto su fianchi, cosce, addome e glutei. Da evitare però anche gli insaccati, i cibi eccessivamente salati o dolci, le bevande zuccherate e la troppa carne rossa. Spiega Pier Antonio Bacci docente di medicina estetica all’università di Siena: L’ideale è alternarle o meglio ancora, per comodità, unirle in una macedonia, in cui siano presenti contemporaneamente. Per raggiungere prima la sazietà è bene iniziare i pasti principali con verdure. Seguendo questi consigli già nei primi dieci giorni si possono vedere i primi effetti apprezzabili, nei seguenti trenta il miglioramento diviene evidente. Se la guerra deve essere totale è necessario attivare altre precauzioni a livello alimentare e non solo. La rinuncia al caffè e alle sigarette è obbligatoria. Naturalmente se ci si aggiunge un po’ di esercizio fisico come usare la bicicletta tutti i giorni, o camminare a piedi, o per le più sportive pattinare, allora il gioco è fatto. Ovviamente questi consigli relativi al cambiamento dello stile di vita non devono riguardare solo la parentesi estiva, ma coinvolgere appieno tutta la vita per avere il massimo dei benefici in termini salutari e non solo estetici.

Fonte: ItaliaFruit