Marco Bersani, dai movimenti per l’acqua alla riscoperta dei beni comuni

Dopo il referendum sull’acqua pubblica il concetto di “bene comune” ha cominciato a pervadere la comunicazione, superando la favola che ci è stata raccontata per anni del “privato è bello”. Così Marco Bersani di Attac Italia ha spiegato uno dei cambiamenti culturali fondamentali introdotto dai movimenti per l’acqua.

Attac fa parte di una rete internazionale, nata in Italia nel 2000, e composta da attivisti ben formati e informati. Una delle prime iniziative per cui si era mobilitata è stata la realizzazione di una legge di iniziativa popolare sulla tassazione delle transazioni finanziarie. Dopo aver raccolto oltre 200 mila firme la proposta è arrivata in parlamento diventando, molto tempo dopo, qualcosa di estremamente diverso dal progetto iniziale.acqua_pubblica_forum2

Il principio di base da cui parte Attac è la consapevolezza che i poteri forti stanno “finanziarizzando” tutto, inglobando non solo i mercati ma la vita stessa delle persone. Il punto di partenza doveva essere dunque quello di sottrarre i beni comuni da questo processo onnivoro e l’acqua era uno di quei beni. “La nostra forza”, spiega Bersani, “è stata quella di riuscire a parlare con l’intera società, facendo sentire tutti coinvolti”. Dall’esperienza dei movimenti per l’acqua Bersani ha imparato che il “fare rete” è fondamentale ma difficile, per questo non bisogna mai dare nulla per scontato. Una strategia per unire i movimenti senza il rischio che uno fagociti l’altro, è quella di trovare gli elementi comuni all’interno di ogni singola vertenza per rafforzare la battaglia di ogni movimento. Dopo la vittoria del referendum e l’affermazione del concetto di bene comune, “i poteri forti hanno imposto il paradigma che il nostro unico problema è il debito e che non ci sono i soldi”, a questo Bersani e gli attivisti di Attac rispondono che se la crisi è di tutti i cittadini allora tutti devono partecipare alla discussione sulle soluzioni per uscirne. Allo stesso modo, se il debito è pubblico i cittadini devono avere la possibilità di accedere ai documenti necessari per capire in cosa consiste il debito e chi lo ha creato. Parlando, ad esempio, dei costi lievitati per la costruzione della Metro C a Roma, ognuno dovrebbe essere messo nelle condizioni di capire perché un chilometro di metro nella nostra capitale costa circa ventitré volte di più della costruzione di un chilometro di metro ad Amburgo. La consapevolezza degli individui è insomma un aspetto fondamentale per restituire nelle mani dei singoli la capacità di azione che trent’anni di deleghe ai poteri forti hanno atrofizzato.bersani

“Dobbiamo riappropriarci degli spazi della democrazia”, aggiunge Bersani, “per affermare il paradigma che si esce dalla crisi in un modo diverso da quello imposto dalla finanza”. Parla di un’economia solidale e di una riconversione ecologica che abbia alla base una pianificazione condivisa dei processi necessari per scardinare il modello liberista. “Porto l’esempio della Fiat: perché restare attaccati al dogma che l’azienda debba produrre solo veicoli privati” – si chiede – “quando potrebbe produrne per la mobilità pubblica?”.  È chiaro che si tratta di un processo lungo, ammette Bersani, come un’erosione carsica che alla fine porta al successo cui hanno condotto i movimenti per l’acqua. “Uno degli elementi che ci ha imposto il modello liberista”, continua, “è l’attenzione al prodotto piuttosto che al processo, ma a mio avviso è proprio il processo il momento fondamentale su cui concentrare l’attenzione.” Il risultato straordinario raggiunto durante la campagna referendaria è stato infatti quello di ottenere il coinvolgimento e l’interessamento di una fetta di popolazione normalmente esclusa o disinteressata. Fa sorridere e riflettere il racconto di Bersani, quando parla della mail di un’anziana signora di 86 anni, chiusa in una casa di riposo, che ai tempi della campagna aveva scritto una mail agli attivisti per esprimere la sua vicinanza a loro e alla causa dell’acqua bene comune.jpg_azione3web

La totale inadempienza ai risultati plebiscitari del referendum è stata l’ennesima riprova della perdita di democrazia nel paese. La strada per riconquistarla inizia dalla riappropriazione degli spazi e da un forte radicamento locale, per questo è necessario ripartire dalle realtà che operano sul territorio. Indebolire e gradualmente far sparire gli enti locali è un modo per indebolire la democrazia diretta: se il potere viene centralizzato e allontanato è più facile che subentri la rassegnazione nel cittadino. “Credo che gli attivisti debbano muoversi secondo il principio di una lenta impazienza, cioè l’impazienza come consapevolezza dell’inaccettabilità dello stato attuale delle cose, ma rimanendo coscienti della lentezza dei tempi necessari per il cambiamento.”

Elena Risi

Fonte: italiachecambia.org

Acque di falda, tutti liberi di inquinare per decreto

Inquinare le acque di falda si può, e il Governo Letta per decreto approva la contro-riforma alle bonifiche: chi inquina non pagherà piùbussi1-620x350

Inquinare le falde acquifere si può e senza pagare le bonifiche. L’amara sorpresa era annidata nel Decreto del Fare e riscontrata dal WWF Abruzzo e poi rilanciata dai Movimenti per l’acqua che prontamente hanno diffuso un comunicato stampa in cui si denuncia che la qualità delle acque di falda viene messa a rischio per cui chi inquina non paga. Il Decreto del Fare è ora on Parlamento per essere poi convertito in Legge e prevede:

Nei casi in cui le acque di falda determinano una situazione di rischio sanitario, oltre all’eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed economicamente sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione.

Ma come rileva lo stesso WWF Abruzzo il Decreto va ben oltre e nell’art.41 anche se vi è conclamato impatto sulla salute dei cittadini ma vi è anche insostenibilità economica si può lasciare tutto com’è; al massimo si tratteranno le acque inquinate e neanche senza andare troppo di fretta. Per gli agenti inquinanti, poi, è sufficiente ridurli o attenuarli :

Pertanto se si passa da valori 1000 volte superiori ai limiti a “solo” 500 volte le soglie, un’azienda potrebbe dire di aver rispettato il dettato del Decreto?

In sostanza il Governo Letta prevede l’azzeramento di bonifica delle falde acquifere poiché queste possono essere effettuate solo se convengono economicamente (e una bonifica non conviene mai) a chi ha inquinato anche se sussiste un rischio sanitario.

Ricorda il Coordinamento Romano Acqua pubblica che:

In Italia circa il 3% del territorio è gravemente inquinato e classificato nei Siti di Interesse Nazionale per le Bonifiche in cui gli interventi sono gestiti direttamente dal Ministero dell’Ambiente. In realtà oltre a queste situazioni estreme (da Priolo a Bussi, passando per Taranto, Brindisi, Brescia ecc.) si aggiungono una miriade di siti inquinati o potenzialmente inquinati sparsi su tutto il territorio nazionale la cui procedura di bonifica nella stragrande dei casi viene seguita dai comuni (si stimano in diverse migliaia, da discariche incontrollate a pozzi inquinati).

Già lo studio SENTIERI dell’Istituto Superiore di Sanità ha portato alla luce quanto l’inquinamento possa danneggiare la vita delle persone analizzando ben 37 siti inquinati.

L’appello del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua viene rivolto ora al ministro per l’Ambiente Andrea Orlando affinché sia rivista tutta la questione e l’appello viene esteso anche ai parlamentari:

Il Forum metterà in campo una serie di iniziative per contrastare quest’attacco all’accesso all’acqua potabile che l’ONU ha sancito essere un diritto umano, essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani.

I due articoli del Decreto anti bonifiche:

ARTICOLO 41.(Disposizioni in materia ambientale).

1. L’articolo 243 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
« ART. 243. (Gestione delle acque sotterranee emunte) 1. Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre all’eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed economicamente sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalità generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti dalla parte terza.
2. Gli interventi di conterminazione fisica o idraulica con emungimento e trattamento delle acque di falda contaminate sono ammessi solo nei casi in cui non è altrimenti possibile eliminare, prevenire o ridurre a livelli accettabili il rischio sanitario associato alla circolazione e alla diffusione delle stesse. Nel rispetto dei princìpi di risparmio idrico di cui al comma 1, in tali evenienze deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito stesso o ai fini di cui al comma 6.

3. Ove non si proceda ai sensi dei commi 1 e 2, l’immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuare presso un apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti e in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei.
4. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di tali acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla parte terza.

5. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 104, ai soli fini della bonifica delle acque sotterranee, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso
acquifero da cui sono emunte. Il progetto previsto all’articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero interessato dal sistema di estrazione e reimmissione. Le acque emunte possono essere reimmesse, anche mediante reiterati cicli di emungimento e reimmissione, nel medesimo acquifero ai soli fini della bonifica dello stesso, previo trattamento in un impianto idoneo che ne riduca in modo effettivo la contaminazione, e non devono contenere altre acque di scarico né altre sostanze.

6. In ogni caso le attività di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 devono garantire un’effettiva riduzione dei carichi inquinanti immessi nel l’ambiente; a tal fine i valori limite di emissione degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque di falda contaminate emunte sono determinati in massa.».

ARTICOLO 9.(Accelerazione nell’utilizzazione dei fondi strutturali europei).
2. Al fine di non incorrere nelle sanzioni previste dall’ordina mento dell’Unione europea per i casi di mancata attuazione dei programmi e dei progetti cofinanziati con fondi strutturali europei e di sottoutilizzazione dei relativi finanziamenti, relativamente alla programmazione 2007-2013, lo Stato, o la Regione, ove accertino ritardi ingiustificati nell’adozione di atti di competenza degli enti territoriali, possono intervenire in via di sussidiarietà, sostituendosi all’ente inadempiente secondo quanto disposto dai commi 3 e 4 del presente articolo.
3. Le amministrazioni competenti all’utilizzazione dei diversi fondi strutturali, nei casi in cui riscontrino criticità nelle procedure di attuazione dei programmi, dei progetti e degli interventi di cui al comma 2, riguardanti la programmazione 2007-2013, convocano una Conferenza di servizi al fine di individuare le inadempienze e accertarne le eventuali cause, rimuovendo, ove possibile, gli ostacoli verificatisi.
4. Ove non sia stato possibile superare le eventuali inadempienze nel corso della Conferenza di servizi di cui al comma 3, le amministrazioni, per la parte relativa alla propria competenza, comunicano all’ente territoriale inadempiente i motivi di ritardo nell’attuazione dei programmi, progetti e interventi di cui al comma 2 e indicano quali iniziative ed atti da adottare. In caso di ulteriore mancato adempi- mento, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione, l’amministrazione dello Stato, sentite le Regioni interessate, adotta le iniziative necessarie al superamento delle criticità riscontrate, eventualmente sostituendosi all’ente inadempiente attraverso la nomina di uno o più commissari ad acta.

 

Fonte: ecoblog