Dal turismo di massa alla deforestazione, ecco come la speculazione minaccia montagne e foreste italiane

Dal progetto di deforestazione del monte Terminillo al nuovo testo unico sulle foreste, passando per una scellerata gestione dell’economia montana imperniata su speculazione, cementificazione e deforestazione. Con il professor Bartolomeo Schirone facciamo il punto della situazione su ciò che sta avvenendo sulle montagne italiane, un patrimonio oggi in grave pericolo. È un momento durissimo per le montagne italiane e le foreste di cui questi maestosi giganti sono ammantati. La proverbiale e diabolica accoppiata fra economia speculativa e politica sta sferrando duri attacchi al nostro patrimonio forestale, minacciando l’ecosistema montano e i delicati equilibri ambientali, ma anche sociali, che esso custodisce. Ultimo in ordine di tempo, il provvedimento che prevede l’abbattimento di diversi ettari di faggeta sul monte Terminillo, allo scopo di guadagnare superficie utile per ampliare gli impianti sciistici del comprensorio. Ne abbiamo parlato con il professor Bartolomeo Schirone, coordinatore del Corso di Laurea in Scienze della Montagna presso l’Università della Tuscia.

Il Terminillo è sotto attacco: per realizzare il complesso sciistico si prevede il taglio di 17 ettari di faggeto, con esemplari anche ultracentenari. Cosa ne pensa?

La superficie da assoggettare al taglio sembrerebbe essere minore e non dovrebbe toccare la parte più vecchia (vetusta) della foresta, ma la natura del problema non cambia. Si tratta di un progetto che è nato male perché rispecchia logiche di “valorizzazione“ economica ormai superate sia perché assolutamente incompatibili con la sostenibilità ambientale sia perché scarsamente remunerative anche in una visione strettamente speculativa. Tutti gli indicatori climatici concordano nel prevedere, al di là di fenomeni episodici come l’abbondante nevicata di quest’anno, un futuro con temperature invernali sempre più calde e periodi di innevamento sempre più brevi. Perciò, puntare sullo sci alpino per assicurare lo sviluppo del Terminillo sembra per lo meno azzardato. Per meglio dire, insensato.

Ultimamente si stanno levando diverse voci di dissenso nei confronti della gestione turistica delle nostre montagne, giudicata troppo invasiva. Lei è d’accordo con queste accuse?

Le montagne, e più in generale le aree interne, rappresentano la sola “riserva” di territorio che rimane all’Italia dopo il loro progressivo abbandono determinato dalla crescita economica delle città e delle zone industrializzate. Lì vi sono le condizioni utili a conservare la biodiversità ancora intatta e gli ecosisistemi meno compromessi ossia quelli in grado di mitigare – per quanto possibile – il riscaldamento globale in atto. L’assalto a queste aree, camuffato da sviluppo e per certi versi avallato anche dalla Strategia Nazionale per le aree interne, andrebbe evitato in tutti i modi perché altre “riserve” non ne abbiamo. Ovvio, quindi, che anche il turismo debba essere contenuto e indirizzato verso forme di alta responsabilità. Al momento, salve qualche rara e timida eccezione, il modello di sviluppo turistico che si propone non si discosta molto da quello tradizionale.

Pensa che possa esistere una via di mezzo virtuosa per sostenere l’economia montana senza avere un impatto ambientale troppo elevato sui territori?

Ne sono convinto ed è ciò che cerchiamo di insegnare nel Corso di laurea in Scienze della Montagna che dirigo presso la sede reatina dell’Università della Tuscia. Alla base di tutto vi deve essere una attenta e corretta pianificazione del territorio impostata sulla conoscenza approfondita degli ecosistemi e delle risorse naturali di ciascuna area. Ne deriva che, per prima cosa, occorre porre attenzione alle professionalità chiamate a svolgere questa azione. Non possono essere, ad esempio, ingegneri che non hanno alcuna conoscenza del funzionamento degli ecosistemi (ciò vale anche per gli ingegneri ambientali perché questi argomenti richiedono studi di base specifici ed articolati), ma nemmeno agronomi che conoscono benissimo il funzionamento delle piante e dei sistemi produttivi, ma ben poco sanno delle regole che governano la vita dei sistemi naturali “autonomi” cioè che si perpetuano senza l’aiuto dell’uomo. Ovviamente, in un lavoro complesso come la pianificazione territoriale su base ecologica anche queste figure possono svolgere un ruolo determinante, ma sempre ancillare rispetto a chi gli ecosistemi li ha studiati a fondo. Questi possono apparire giudizi molto duri ma, a prescindere dal fatto che sono rivolti alle categorie e non ai singoli, la situazione del nostro ambiente è tale da non ammettere compromessi. La gestione dell’ambiente naturale è cosa estremamente complicata e non può affrontata in maniera superficiale. Se la pianificazione generale è il primo passo, il secondo è il piano di valutazione quantitativa e qualitativa delle risorse idriche e della loro gestione. Tornando al caso del Terminillo, il piano di sviluppo prevede la realizzazione di bacini idrici per la raccolta dell’acqua necessaria per alimentare gli impianti di innevamento artificiale in caso di mancanza di precipitazioni nevose naturali (cioè quasi sempre). Questa proposta contenuta nel progetto è stata valutata con la dovuta attenzione? Abbiamo delle certezze in tal senso? Alcuni nutrono seri dubbi al riguardo.

Ci può fare qualche esempio in proposito?

Oltre a considerare tutti gli altri aspetti che regolano gli equilibri degli ambienti montani, bisogna sostenere un’economia che sia dimensionata a scala d’uomo. Il che non significa necessariamente ridurre tutto all’ecoturismo (i soliti cammini per escursionisti e simili) o alla gastronomia dei prodotti tipici (le note caciotte e salsicce), che pure sono necessari, ma rendere compatibile anche l’industria, che è il vero motore per lo sviluppo di un Paese. Quale industria? Ovviamente non quella pesante, sia perché consuma quantità spaventose di suolo sia perché l’Italia ha ormai ceduto la maggior parte delle sue industrie di questo tipo, ultima la FIAT (FCA). L’industria sulla quale si deve puntare è quella del futuro – ad altissimo contenuto tecnologico, che non inquina –, è energeticamente autonoma e richiede pochissimi spazi (anche perché si sviluppa in grandissima parte come lavoro al computer) che si possono ricavare dalla ristrutturazione di edifici in disuso, anche vecchi casali. L’importante, in ogni caso, è evitare l’ulteriore consumo di suolo. Anche tutta l’industria dei servizi, che non consuma suolo, può essere spostata in montagna e, a certe condizioni, anche lo spostamento dei servizi sanitari e scolastici. Per non parlare della ricaduta occupazionale che potrebbero avere le attività di manutenzione del territorio.

Ciò che sta avvenendo nel Lazio introduce un altro tema: la nuova norma regionale sulle faggete depresse che intende abbassare la quota da 800 a 300 metri. Che opinione ha in proposito?

È un misero gioco delle tre carte per aggredire faggete altrimenti protette. Per comprendere il senso dell’operazione bisogna premettere che sull’Appennino le faggete si collocano tra 800 e 1200 metri di altitudine e che, per convenzione scientifica, vengono definite depresse tutte le faggete che si trovano significativamente più in basso di tale quota. Nell’agosto del 2017, prima dell’approvazione del TUFF (Testo Unico in materia di Foreste e filiere Forestali), la Regione Lazio per cavalcare l’immagine positiva derivante dal fatto che due faggete vetuste laziali erano state inserite nell’elenco dei siti Unesco patrimonio dell’Umanità, emanò una legge abbastanza avveniristica, impostata sulla gestione conservativa, che tutelava le foreste vetuste perché in questa categoria ricadevano i due siti Unesco di Monte Cimino (Comune di Soriano al Cimino) e Monte Raschio (Comune di Oriolo Romano). Inoltre, dedicava particolare attenzione alle faggete “depresse” indicando nella isoipsa degli 800 metri il limite altimetrico al di sotto del quale le faggete dovevano essere considerate tali. In tal modo la legge intendeva tutelare i boschi intorno a Monte Raschio, dove la faggeta si sviluppa tra 440 e 552 metri. Tuttavia questa legge prevedeva, ai fini applicativi, che venisse fatto l’elenco (registro ufficiale) delle foreste vetuste regionali. Ad oggi però, nonostante le numerose sollecitazioni, detto elenco non è stato mai compilato. Non solo! Per “completare l’opera” e scongiurare il rischio che le faggete diventassero “protette” in via definitiva, a febbraio del 2020, nel pieno della prima ondata covid, quando la gente era distratta da ben più gravi problemi, la Regione Lazio ha abbassato il limite altimetrico superiore delle faggete depresse da 800 e 300 (trecento!) metri vanificando così l’efficacia delle precedente norma. Infatti nel Lazio (e in quasi tutto il resto dell’Italia peninsulare) non risulta che ci siano faggete sotto i 300 metri di quota. Quindi, via libera al taglio.

Allargando il campo, quali sono le criticità della gestione del patrimonio forestale italiano a suo avviso?

Le criticità sono tante e sono aumentate dopo l’approvazione del nuovo Testo Unico in materia di Foreste e Filiere Forestali (D.Lvo 03/04/2018 n 34) avvenuta nel 2018 a Camere sciolte. Questa legge riporta indietro la selvicoltura italiana di almeno cinquant’anni perché, in barba a tutta la politica ambientale seguita negli ultimi decenni in Italia e a livello internazionale, non considera in nessun modo – eccetto una frasetta nell’incipit del provvedimento – gli aspetti e i valori naturalistici e ambientali del bosco e impernia tutta la sua filosofia sulla cosiddetta gestione attiva della foresta ossia sulla sua funzione produttiva. In altre parole, tagli che, per la tipologia descritta dalla stessa legge, sono indirizzati maggiormente verso la produzione di legna a scopo energetico (biomasse). Tutto ciò solo per assecondare l’interesse economico di alcuni settori industriali. Ed è dato perfino di assistere all’indecoroso spettacolo di alcuni esponenti del mondo accademico che, per sostenere tale legge, non esitano a spacciare l’energia da biomasse come energia rinnovabile, tacendo che la combustione da biomasse è altamente dannosa per la salute umana e arrivando ad affermare, contro ogni evidenza scientifica e lo stesso buon senso, che senza l’aiuto dell’uomo il bosco muore. Tuttavia, la conseguenza peggiore è che la legge, contraddicendo il suo stesso titolo di Testo Unico, non unifica nulla e lascia alle singole Regioni totale libertà decisionale in campo forestale. Ne è già derivata una situazione di totale anarchia che, favorita anche dalla soppressione del Corpo Forestale dello Stato, oggi rende pressoché impossibile controllare le attività di taglio nelle nostre foreste. I tagli stanno aumentando dovunque, e cosa più grave, avvengono senza alcun criterio selvicolturale.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/01/turismo-di-massa-deforestazione-speculazione-minaccia-montagne-foreste-italiane/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Mollare tutto per viaggiare… in salita

Un giro del mondo in 365 giorni toccando le montagne più alte di ciascun continente e girando brevi documentari da postare ogni domenica sui social. È questo il progetto di Lorenzo e Beatrice, una giovane coppia romana che ha optato per un drastico cambio vita e si appresta a iniziare il cammino che li porterà alla realizzazione di un sogno. Un cammino in salita, come tutte le sfide. Si chiamano Lorenzo e Beatrice. Sono una giovane coppia di Roma appassionata di trekking. Lui giornalista e videomaker, lei responsabile risorse umane di un’agenzia di eventi. Il primo gennaio 2019 partiranno per Buenos Aires, prima tappa del loro viaggio-progetto intorno al mondo che durerà un intero anno e che ha per titolo Viaggi in salita.

Lorenzo, com’è nato questo progetto?

Semplice. Da una delle nostre due passioni: quella per i viaggi. Alla fine del 2017 mi sono reso conto che i miei viaggi con Beatrice erano, e sarebbero continuati a essere, una parte marginale delle nostre vite. E questo non potevo accettarlo. 

Spiegati meglio.

A parte rare eccezioni, siamo tutti abituati a viaggiare nei ritagli di tempo. Per esempio nelle 2-3 settimane di ferie che ci concede il lavoro. Magari in periodi che non sono ideali per i luoghi che vorremmo visitare: in alta stagione, con i prezzi più alti e le destinazioni sovraffollate. Io invece voglio che nella nostra vita la scoperta del mondo sia un’attività a tempo pieno. Perché questo accada, però, il viaggio non può che coincidere con il lavoro. Ecco, noi con il tempo vogliamo arrivare a questo. 

È il sogno di molti. Ma non tutti hanno il coraggio di cambiare vita e provarci.

Beatrice lo ha avuto. Quando le ho proposto di mollare tutto e partire sapevo che sarebbe stata lei a dover rischiare di più. Fra noi due è lei quella che lascerà un lavoro stabile e uno stipendio garantito. Non a caso ci ha messo qualche mese prima di accettare.

Quale sarà il lavoro che farete in viaggio?

Scriveremo articoli e gireremo 52 brevi documentari per il web (una “web-docu-serie”) che posteremo con cadenza settimanale sui social. Il nostro canale YouTube sarà la piattaforma principale su cui caricheremo gli episodi ogni domenica. Sulla nostra pagina Facebook posteremo gli articoli che racconteranno i progressi del viaggio. Attraverso il nostro profilo Instagram pubblicheremo foto e storie, nostre e delle persone che incontreremo, attivando un collegamento il più possibile quotidiano con i nostri followers. L’idea di base è documentare il viaggio strada facendo. 

Sarà abbastanza per pagarvi le spese?

All’inizio i video non porteranno un reddito diretto, ma il nostro obiettivo è che ci riusciranno presto. Dipenderà anche dal numero di persone che ci seguiranno. 

Senza reddito resta il problema del finanziamento del viaggio.

Abbiamo aperto un crowdfunding che ci ha dato qualche soddisfazione. Ma, per onestà, dobbiamo ammettere di essere fortunati. Vivendo in una casa di proprietà, abbiamo potuto affittarla per un anno a partire dall’inizio della nostra avventura. Una buona base di partenza, a cui si sono aggiunti i risparmi che abbiamo accumulato da quando, nel febbraio 2018, abbiamo deciso di partire. Da quel momento abbiamo eliminato tutte le spese superflue e venduto l’auto e la moto. Tutto ciò che abbiamo guadagnato col nostro lavoro lo abbiamo destinato al viaggio. Non ricordo l’ultima volta in cui abbiamo mangiato una pizza fuori casa. 

Un downshifting coi fiocchi.

Già. Un modo per allenarci a ciò che ci attende durante il viaggio.

I sacrifici dunque continueranno?

Necessariamente. Il budget sarà in ogni caso risicato per questo genere di viaggio, specie per la parte che riguarda le montagne, che – tra guide locali, trasporti, attrezzatura e permessi di esplorazione – sono molto costose. Anche per questo abbiamo deciso che, mentre io monterò i video, Beatrice si occuperà di contattare possibili partner e sponsor sul percorso. Punteremo sul baratto dei video e degli articoli sui luoghi che visiteremo con sconti, ospitalità, servizi al prezzo di costo, ecc. Poi faremo free camping il più possibile e ogni tanto proveremo a soggiornare gratis in cambio di lavoro. Per esempio in Cambogia lavoreremo da volontari in un centro specializzato nella cura e nel recupero degli orsi neri alla vita selvatica. L’unico lusso che ci concederemo sarà attraversare il Vietnam in moto, comprandola usata all’inizio del percorso e rivendendola alla fine. 

Quanti bagagli ci vogliono per un viaggio del genere?

Il meno possibile. Noi avremo due soli zaini, uno con l’attrezzatura video e l’altro con l’abbigliamento per entrambi. Con un equipaggiamento così minimo finiremo per diventare cinture nere di downshifting (ride, ndr). 

Come avete scelto l’itinerario?

Ci ha aiutati la seconda delle nostre passioni: quella per la montagna. Abbiamo deciso di scalare almeno cinque delle sette Seven Summits, ossia le sette montagne più alte per ciascuno dei continenti (cinque più l’Antartide e l’America del Sud, considerati come continenti a parte). L’itinerario è stato deciso sulla base di questo obiettivo principale.

Le montagne. È dunque questa la ragione del titolo “Viaggi in salita”?

Esatto. Ma attraverseremo ogni tipo di paesaggi: oltre alle montagne, anche mare, città, deserto, foresta, giungla… in 22 diversi Paesi.   

Quali montagne delle Seven Summits avete scelto?

Il Kilimangiaro in Africa, il Kosciuszko in Australia, l’Aconcagua in Sudamerica, il Denali in Nordamerica e, naturalmente, l’Everest in Asia. Non essendo degli scalatori professionisti, non pensiamo di arrivare fino alla vetta del tetto del mondo. Ma sulle altre vette sì. O almeno, ci proveremo. 

La prima tappa?

Da Buenos Aires ci sposteremo sulle Ande per scalare l’Anconcagua, il nostro primo obiettivo “in salita”. Poi attraverseremo tutta l’America del Sud, saltando solo Colombia e Venezuela, per recarci a Panama. Da lì proseguiremo per il Messico, gli USA e il Canada, fino al Monte Denali, in Alaska. 

L’Alaska? Una sorta di “Into the wild” all’italiana?

Sì, ma saremo meno estremi. Fra un anno vogliamo tornare a casa sani e salvi. 

E una volta rientrati?

Chissà. Magari ripartiremo.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/11/mollare-tutto-viaggiare-in-salita/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Val Gardena, una settimana dedicata alla bicicletta dal 20 al 27 giugno 2015

Negli incantevoli scenari delle montagne patrimonio dell’Unesco una settimana dedicata a biciclette da strada e mountain bike. Da sabato 20 a sabato 27 giugno la bicicletta sarà grande protagonista in Val Gardena, la meravigliosa valle ladina, zona riconosciuta come patrimonio Unesco, che si trasformerà in un paradiso per gli appassionati delle due ruote grazie a venti di massa e gare internazionali, sia per coloro che amano pedalare sull’asfalto che per i biker che si cimentano sugli sterrati. I due momenti principali di questa settimana all’insegna delle due ruote saranno domenica 21 giugno, con il Sellaronda Bike Day, e sabato 27 giugno con la UCI Marathon World Championships Südtirol Sellaronda Hero. In mezzo ci saranno cinque giornate di eventi per tutti. Domenica 21 giugno, dalle 8.30 alle 15.30, il Sellaronda Bike Day chiuderà al traffico i quattro Passi dolomitici del Campolongo, Pordoi, Sella e Gardena dando la possibilità a tutti (e gratuitamente) di pedalarvi senza alcun tipo di promiscuità con il traffico motorizzato. Lunedì 22 giugno si svolgeranno una tavola rotonda sul Turismo eco-sostenibile e ilPanoramatour all’Alpe di Siusi, martedì 23 giugno il Sellaronda Gourmet Tour e il Dirndl & Lederhosen Party, mercoledì 24 giugno il Sellaronda E-Bike Tour e un mercato tradizionale, giovedì 25 giugno il Single Trail Tour Hero Bike & Tech Expo e la Charity Hero Fashion Night e venerdì 26 giugno la Hero Kids World Championships e la Cerimonia d’inaugurazione della Gara del giorno dopo. Sabato 27 giugno sarà la grande giornata dedicata alla UCI Marathon World Championships Südtirol Sellaronda Hero, ovvero, la gara di mountain-bike più dura al mondo. I team nazionali in rappresentanza di 50 Paesi partiranno da Selva dalle ore 07.00. Prima partiranno gli atleti (donne e poi uomini) che si contenderanno il titolo di Campione del Mondo di Mountainbike 2015, e poi gli altri atleti che parteciperanno alla Südtirol Sellaronda Hero, giunta alla sesta edizione. Due i tracciati: 84 km per 4.300 metri di dislivello o 62 km per 3.300 metri di dislivello. Le due gare partiranno entrambe da Selva di Val Gardena e si snoderanno lungo i quattro passi intorno al Sella, per poi tornare sempre a Selva.

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Foto | Pressway

Fonte: ecoblog.it

Norvegia, un timelapse dalla fine del mondo [VIDEO]

Uno straordinario timelapse ci mostra tutte le bellezze paesaggistiche della Norvegia: fiordi, laghi, montagne, villaggi di pescatori e aurore boreali dall’estremo nord dell’Europa.

La Norvegia è lo stato europeo più settentrionale, il promontorio di Knivskjellodden si trova a una latitudine di 71°11′ ed il punto più a nord del Vecchio Continente, ancor più di Capo Nord. Nei territori a nord del Circolo Polare Artico si possono osservare fenomeni come il sole di mezzanotte in estate e l’aurora boreale in inverno e questo fantastico timelapse, prodotto con definizione in 4K da Rustad Media, ci mostra tutte le bellezze paesaggistiche di questo straordinario Paese che ha una superficie di 323mila kmq, poco più dell’Italia, ed è prevalentemente montuoso. Anche se prevalentemente montagnosa, la Norvegia non ha rilievi che superino i 2500 metri: le montagne più alte, infatti, sono Galdhøpiggen (2 469 m), Glittertind (2 465 m) e Store Skagastølstind (2 403 m). La magnificenza delle montagne, una natura incontaminata, i villaggi dei pescatori, i fiordi imponenti, i panorami lunari del Nord e la magia dell’aurora boreale sono alcune delle immagini più significative di questo timelapse che è il frutto del lavoro del timelapser Morten Rustad. Rustad ha viaggiato per 15mila chilometri e ha scattato decine di migliaia di immagini per un periodo di circa 5 mesi. Il viaggio ha coperto 19 contee della Norvegia dal sud al confine orientale con la Russia. Il video è stato prodotto in alcuni dei più spettacolari luoghi della Norvegia: Lofoten, Senja, Helgelandskysten, Geirangerfjorden, Nærøyfjorden and Preikestolen.immagine-620x345

Foto | Youtube

Fonte: ecoblog.it

Cambiare vita: da Roma alle montagne della Val Pusteria, la storia di una famiglia

Lasciarsi alle spalle la vita in una metropoli e vivere in un maso nel Tirolo: nel video il racconto mozzafiato della Famiglia Barbini

Cambiare vita, lasciarsi alle spalle la vita della metropoli frenetica e farneticante e scegliere uno stile di vita umano a contatto con la Natura: quante volte abbiamo sognato di dare una svolta alla nostra vita? Ma la famiglia Barbini lo ha messo in pratica e il loro racconto mozzafiato commuove e coinvolge per la bellezza della vita che si sono scelti. Abitano un maso in Tirolo, tra le montagne e vivono in totale armonia con la Natura che li circonda. Stefano Barbini è il capofamiglia che con la moglie Giorgia e i 3 figli ha deciso ad un certo punto della sua vita di dare un taglio netto alla esistenza sin li condotta: viaggi all’estero, carriera, tanto lavoro e poco tempo per godersi il suo di tempo. Il maso è stata l’occasione per intraprendere una nuova vita, un rudere da rimettere in sesto con tempo e pazienza e con l’aiuto dei contadini della zona. Oggi è un gioiello che vede la valorizzazione degli elementi naturali presenti in zona e Stefano con la moglie accudisce personalmente al maso e alla sua manutenzione, provvede alla raccolta della legna e al prato presente nella proprietà nonché al campo da golf; Giorgia gestisce l’orto di casa e si occupa della cucina per gli ospiti. Dal vivere il maso e la realtà che li circondava al trasformare questa loro esperienza in una nuova attività il passo è stato breve. Infatti il maso dei Barbini in Val Pusteria è diventato il resort di lusso San Lorenzo Mountain Lodge e si è ingrandito con una nuova struttura il che che viene messa a disposizione degli ospiti. Parliamo di vacanze superlusso e esclusive con clientela molto esigente.

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Oggi i Barbini sono completamente integrati nella vita della Val Pusteria, dove figli frequentano la scuola tedesca e parlano più il tedesco che non l’italiano. Le giornate si svolgono secondo i ritmi della Natura e le attività svolte all’aperto in ogni stagione sono tantissime: dalla raccolta delle erbe allo sciare in inverno in alta montagna. La macchina è solo uno strumento usato per portare gli ospiti al Lodge o per scendere in città quando necessario. In genere ci sono le passeggiate nei boschi e gli incontri con i cervi a ristabilire le priorità della famiglia Barbini.

Fonte:  Sued Tirol

Foto | Storie da vivere

Deserti, montagne e cieli stellati: lo spettacolo della natura in California

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Il fotografo e filmmaker statunitense Michael Shainblum ha deciso di dedicare un video in timelapse allo Stato della California, alla bellezza dei suoi deserti, delle sue montagne e delle sue coste. Il videoclip che Ecoblog vi propone si chiama Into The Atmosphere ed è frutto di un lavoro durato un anno, con 75mila immagini scattate, di cui 12.400 sono confluite nel filmato finale di tre minuti e mezzo. Il video ci mostra le bellezze naturali della California, Stato che con 37 milioni di abitanti è il più popolato degli Usa, ma, nonostante ciò, presenta una grandissima varietà di paesaggi e ampie aree di grande interesse naturalistico. L’autore ha dedicato il videoclip a sua nonna Alice Harpin, spentasi proprio nel periodo in cui lui “costruiva” questo capolavoro del genere timelapse. Mono Lake, Anza Borrego Desert, Alabama Hills, Trona Pinnacles, Big Sur, Mount Laguna, Santa Maria, Yosemite, Gaviota, The Ancient Bristlecone Pine Forest, La Jolla Coves, Santa Ynez, la San Francisco Coast e le Santa Barbara Mountains sono solo alcuni dei luoghi in cui Shainblum si è accampato per riprodurre queste magnifiche immagini che spaziano dall’evolversi delle maree alla rotazione delle stelle, dal “ribollire delle nubi al sorgere e al tramontare del sole. Lo spettacolo della natura tutto da ammirare.

Fonte:  Vimeo

 

Montagne, i promossi e i bocciati della Carovana delle Alpi

Assegnate 11 bandiere nere ai nemici della montagna e 7 bandiere verdi a chi, invece, la valorizza con pratiche ecosostenibili23711521-586x429

Non c’è soltanto la Goletta Verde che naviga nelle acque italiane. L’estate è la stagione più propizia per le campagne di Legambiente e le Alpi non possono mancare negli itinerari di sensibilizzazione delle tematiche ambientali. Le montagne italiane sono fra le più belle al mondo, ma in tanta bellezza si nascondono, troppo spesso, abusi edilizi e cattiva gestione del territorio. Dal 2002, ogni estate, la Carovana delle Alpi attraversa l’arco alpino per effettuare un check-up sullo stato di salute dell’ambiente assegnando le bandiere nere e quelle verdi. A comandare la classifica dei nemici della montagna è, un po’ a sorpresa, il Friuli Venezia Giulia con tre bandiere nere fra cui quella affibbiata agli organizzatori locali del Giro d’Italia, rei di avere abbattuto centinaia di alberi sull’Altopiano del Montasio. La speculazione edilizia e la cementificazione in alta quota sono i peccati capitali più frequenti sulle montagne italiane. Ci sono bandiere nere per i comuni veneti di Roveré Veronese, San Mauro di Saline e Velo Veronese (Vr) che hanno falsato le previsioni demografiche espresse nel Piano di Assetto del Territorio Intercomunale finalizzate prevalentemente alla cementificazione del territorio, incoerente con il più volte citato sviluppo sostenibile all’interno del P.A.T.I. Anche il Trentino ha la sua bandiera nera: la Valle delle Giudicarie ha votato un documento preliminare del Piano Territoriale di Comunità che prevede un ampliamento delle aree sciabili in zone ancora intonse e di grande pregio ambientale e paesaggistico. E la bandiera nera va anche alla Regione Piemonte, per il secondo anno consecutivo, per l’assenza di politiche volte alla tutela, alla regolamentazione e alla valorizzazione della montagnaInfine in Valle D’Aosta, la bandiera nera va all’Assessorato alle Attività Produttive della Regione e all’Assessorato opere pubbliche, difesa del suolo e edilizia residenziale pubblica per l’opera di incentivazione  delle centrali idroelettriche, anche contro la volontà dei proprietari di terreni, dei residenti e dei turisti e delle stesse amministrazioni comunali. Ma oltre al “bastone”, l’iniziativa di Legambiente prevede anche la “carota” delle bandiere verdi che vede premiate sette progetti: Friuli Venezia Giulia(all’azienda agricola Tiere Viere-AgriKulturAlpina e a Legnolandia), Veneto(all’incontro fra Slavc e Giulietta, un lupo dinarico-balcanico e una lupa italiana), Trentino (per il lavoro fatto per avviare il Parco naturale locale del Monte Baldo), la Lombardia (al comitato per la tutela e la valorizzazione del territorio agricolo del piano di Bianzone), il Piemonte (al comune di Vignolo per le sue azioni a tutela del territorio) e alla Valle d’Aosta (all’associazione Vallevirtuosa e comunità valdostana).

Da sempre Legambiente interpreta l’ambiente montano come un laboratorio naturale, dove si sono sviluppati alcuni dei più notevoli esempi di adattamenti degli esseri viventi ai limiti della vita, dando origine a ecosistemi rari e fragili. Anche il ritorno di alcuni grandi predatori va inteso in questa prospettiva e perciò governato attraverso seri piani di azione. È, dunque, indispensabile che si comprenda che il territorio alpino è un territorio sensibile e delicato, che non deve essere sacrificato in nome della speculazione edilizia e di un turismo non sostenibile. Per questo anche quest’anno la Carovana delle Alpi vuole contribuire a dare visibilità alle azioni virtuose e di riscontrato successo attivate da amministratori, privati, associazioni, affinché diventino esempi modello a cui attingere idee e pratiche efficaci per una corretta tutela e valorizzazione delle Alpi,

ha spiegato Vanda Bonardo, responsabile Alpi di Legambiente.

Fonte: Comunicato stampa