10.000 persone al Bike Pride: “Torino è pronta per una mobilità nuova”

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Una pedalata colorata di mezzi a pedali per le vie della città per chiedere all’amministrazione le “living street”, sperimentazioni di spazi condivisi

L’VIII edizione del “Bike Pride” si è conclusa con oltre 10.000 partecipanti, dimostrazione che è una manifestazione che funziona. Il serpentone di bici si è snodato per circa 3 km di lunghezza su un percorso di 13 km e una parata che è durata più di due ore, con musica su differenti mezzi a pedali, da tricicli, cargobike, monocicli, pattini. Ogni forma e colore per una parata su grandi viali e su tratti insoliti in cui pedalare come il sottopasso di piazza della Repubblica e il sottopasso di corso Principe Oddone, per un pomeriggio liberi dalle auto. “Il “Bike Pride” è una festa che piace – ha dichiarato Fabio Zanchetta, presidente di Bike Pride Fiab Torino – che accomuna tutti e va a smontare quel conflitto tra categorie e utenti della strada, che spesso si tende a enfatizzare. Non crea nessuna tensione, nessun rifiuto e lascia un messaggio positivo per la città. Soprattutto in un momento difficile per le manifestazioni di piazza“.

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Il Bike Pride è un’occasione anche per ricordare all’Amministrazione e alla cittadinanza che sono tante le persone che utilizzano la bicicletta quotidianamente come mezzo di trasporto e che chiedono interventi immediati ed efficaci verso una città a misura di persona. La proposta politica di quest’anno, accolta dagli assessori, va in questa direzione e chiede che a settembre durante la Settimana europea della mobilità sostenibile vengano sperimentate delle “living street“, ossia quartieri con spazi condivisi tra tutti gli utilizzatori dello spazio pubblico, pedoni, ciclisti, mezzi pubblici, ma anche le auto che viaggiano a velocità ridotta (30 km/h). Torino è pronta per una mobilità nuova. È arrivato quindi il momento che l’Amministrazione attivi il cambiamento.

I 10 luoghi comuni sulla bicicletta

L’evento è stato organizzato da Bike Pride Fiab Torino, con il Patrocinio del Comune di Torino. Sostenuto da Norauto, Triciclo, Bike ID, Bicyclope e Sunrisebikeride (pedalata non competitiva all’alba lungo un percorso facile in città, che si terrà per la prima volta a Torino il 10 settembre 2017. Iscrizioni aperte)

Fonte: ecodallecitta.it

 

“Il Green Act che serve all’Italia”. Legambiente presenta a Roma la controproposta al governo Renzi

 

Fiscalità ambientale, città, bonifiche, energia, rifiuti, mobilità nuova, trasporti, dissesto idrogeologico, natura, turismo, fondi strutturali: proposte concrete e misure immediatamente applicabili per far ripartire il Paese. Il presidente Cogliati Dezza: “Non abbiamo bisogno di un green washing della politica governativa ma di azioni utili per cambiare l’Italia”382058

L’Italia è tra i paesi europei maggiormente colpiti dalla crisi, dove la recessione ha fatto esplodere tutti i fattori di debolezza economica, sociale e istituzionale esistenti, eppure, l’Italia ha la concreta possibilità di avviare una ripresa “ambientale” dell’economia e dei consumi. Nel corso della recessione, infatti, gli elementi di efficienza e sostenibilità ambientali si sono irrobustiti. Nonostante l’assoluta mancanza di politiche esplicite e di idonee scelte di governo, l’economia e la società italiana hanno gestito in maniera più efficiente le risorse, hanno consumato meno energia, prodotto più energia da fonti rinnovabili e riciclato più rifiuti, trasformato stili di consumo in un senso più sostenibile. A differenza di altri paesi ciò non è avvenuto per una scelta deliberata ma è ugualmente avvenuto.
Partendo dall’analisi dello stato del Paese, confermata dai parametri di Ambiente Italia 2015, il rapporto annuale sullo stato del Paese realizzato dall’istituto Ambiente Italia e Legambiente, l’associazione ambientalista ha presentato oggi a Roma “Il Green Act che serve all’Italia”, un documento che avanza proposte concrete e misure immediatamente applicabili per affrontare le sfide del futuro. In 11 schede sono stati presentati i temi fondamentali per realizzare la svolta di cui c’è bisogno e che quindi dovrebbero trovare cittadinanza nel Green Act annunciato dal Premier Renzi per marzo 2015, traducendosi anche in proposte legislative: fiscalità ambientale, città , bonifiche, energia, rifiuti, mobilità nuova, trasporti, dissesto idrogeologico, natura, turismo, fondi strutturali. Tutti temi che hanno strettamente a che fare con lo sviluppo economico del Paese, con la possibilità di creare filiere produttive e nuova occupazione, di produrre più benessere per tutti nel momento stesso in cui garantiscono risposte ai bisogni dei cittadini in termini di sicurezza, salute e qualità della vita. Al convegno, aperto da Duccio Bianchi, dell’Istituto Ambiente Italia e Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale Legambiente, hanno partecipato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, il Sottosegretario al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Ilaria Borletti Buitoni, il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Gianluca Galletti e poi Paolo Acciai (Segretario Filca Cisl), Catia Bastioli (AD Novamont), Marino Berton (Coordinamento Free), l’on Chiara Braga, l’on Pippo Civati, Erasmo D’Angelis, Capo Struttura Missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche di Palazzo Chigi, Roberto Della Seta (Green Italia), il Sindaco di Pavia Massimo De Paoli, Stefano Landi (Economista Luiss Roma), Gaetano Maccaferri (Vicepresidente Confindustria), l’on Giulio Marcon, la sen Paola Nugnes, l’on Ermete Realacci (Presidente Commissione Ambiente e Territorio Camera dei Deputati), Fabio Refrigeri (Assessore Infrastrutture, Politiche Abitative, Ambiente – Regione Lazio), Riccardo Sanna (Coordinatore politiche economiche CGIL), Paolo Buzzetti (Presidente Ance), Maurizio Marcelli (Responsabile Ufficio Salute, ambiente, sicurezza Fiom Cgil).  Dalla foto scattata da Ambiente Italia 2015 vediamo che il Pil procapite nel 2014 è sceso poco sotto la media europea (prima della crisi era superiore del 10%). La disoccupazione è cresciuta e a fine 2014 il tasso ha raggiunto il 12,8% (il 21% nel Mezzogiorno), rispetto al 10% della media europea. Ma il problema principale dell’Italia è la non occupazione: nel 2014 le persone occupate sono meno del 56% della popolazione tra i 15 e i 64 anni con una distanza marcatissima dall’Unione Europea (il 65,5%). Ancora più marcata è la differenza nel tasso di occupazione femminile (il 46%). Recessione e politiche di austerità hanno causato l’incremento delle persone in condizioni di deprivazione materiale e di esclusione sociale, con una incidenza molto accentuata nel Mezzogiorno (il 46% della popolazione). Sono cresciute le diseguaglianze nella distribuzione del reddito. In Italia il 10% più povero detiene il 2,2% dei redditi, mentre il 10% più ricco ne detiene il 24,6%. Cala drammaticamente la qualità del capitale umano: l’Italia è, tra i 28 paesi dell’Ue, quello con il più basso tasso di istruzione universitaria tra i giovani e uno dei cinque – con Spagna, Malta, Portogallo e Romania – con il più alto tasso di giovani (18 – 24 anni) che non frequentano o che sono privi di un titolo di studio di scuola media secondaria. Abbiamo un crescente ritardo nell’innovazione tecnologica e di prodotto con la completa stasi della capacità brevettuale: mentre in tutti i paesi vi è stata negli ultimi dieci anni una crescita del numero di brevetti (globalmente il 50% in più, il 20% in più nella UE), in Italia il numero resta fermo, meno di 5.000 annui. E’ il sintomo inequivocabile della marginalità tecnologica del Paese. Se non produciamo innovazione è anche perché non investiamo in ricerca e sviluppo. Complessivamente gli investimenti sono pari all’1,2% del Pil e sono rimasti statici durante la recessione (mentre in Europa sono cresciuti). La spesa per ricerca e sviluppo in Italia è pari al 62% della media europea, al 40% c.a di quella della Germania e della Svezia. Ma la vera emergenza per il futuro è rappresentata dai Neet, not (engaged) in Education, Employment or Training. Il 26% di coloro che hanno tra 15 e 29 anni non studiano, non lavorano, non sono in un qualche processo formativo. A parte la Grecia, è il massimo valore registrato in tutta l’Unione Europea. E il Mezzogiorno è di gran lunga l’area europea con i più alti livelli di esclusione. In questa situazione di recessione abissale, l’economia italiana ha ottenuto risultati sorprendenti in alcuni settori ambientali, una conversione ecologica sostanzialmente spontanea, in parte determinata dalla recessione stessa che ha spinto le aziende verso comportamenti più attenti e virtuosi. In Europa tra il 2004 e il 2013 il consumo di materia si è ridotto del 15% ma in Italia i progressi sono stati maggiori: il consumo assoluto è diminuito del 32% (255 milioni di ton di materiali in meno all’anno estratti dal pianeta) e la produttività delle risorse è cresciuta ben del 40%. Ciò grazie soprattutto alla riduzione dei consumi energetici, dei consumi di metalli (con un maggior riciclo) e dell’attività edilizia. Nel 2013 i consumi lordi di energia primaria sono scesi a 173 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, l’1,9% in meno rispetto al 2012 e per il 2014 si prevede una ulteriore contrazione. E’ proseguita una forte contrazione dei consumi petroliferi e di gas e una crescita delle fonti rinnovabili. E’ tornata a migliorare l’efficienza energetica dei processi di produzione e di consumo. Nel 2014, invece, ha fortemente rallentato la corsa delle rinnovabili, che pure continuano a crescere sia in termini assoluti che come quota sul totale della produzione energetica. In termini di produzione elettrica è ancora cresciuto il fotovoltaico (+10%), ed è rimasta stabile la produzione eolica. Nel 2014, il 44% della produzione nazionale di energia elettrica deriva da fonti rinnovabili (102.000 GWh da idroelettrico, geotermico, eolico e fotovoltaico e circa 17.000 stimate da biomassa, rifiuti e bioliquidi), il massimo mai raggiunto, in crescita ulteriore rispetto al 2013 (era circa il 39%). Nel settore elettrico, in particolare, l’Italia diventa il terzo principale produttore europeo di elettricità derivante sia dall’insieme delle rinnovabili (dopo Germania e Svezia) sia dalle rinnovabili non idroelettriche (dopo Germania e Spagna). Nel 2012, secondo i dati Eurostat, in Italia sono stati riciclati oltre 53 milioni di tonnellate di rifiuti. In valore assoluto, l’Italia è il Paese europeo con le maggiori quantità recuperate dopo la Germania. Ciò dipende soprattutto dalla specificità del sistema industriale italiano che consente un elevato riciclo interno degli scarti industriali e addirittura richiede una consistente importazione di materie seconde. La recessione e la conversione energetica hanno poi consentito all’Italia di abbattere significativamente negli ultimi anni le emissioni climalteranti. Dopo una forte crescita tra il 1990 e il 2005, nel 2013 le emissioni climalteranti sono il 16% inferiori a quelle del 1990. Ciò che è straordinario è che tutto ciò è avvenuto in assenza di politiche pubbliche e di investimenti mirati tanto che in Italia alcune questioni ambientali continuano a ripresentarsi sostanzialmente senza soluzione: la concentrazione di PM10 (e delle frazioni più fini), resta elevata e il 30% della popolazione è esposto a concentrazioni superiori alla norma; nel settore dei rifiuti urbani siamo in affanno. Nell’insieme, l’Italia giunge a poco meno del 40% di raccolta differenziata e a poco più del 40% a discarica (la Germania arriva a poco meno del 65% di differenziata e a poco più dell’1% a discarica). Il consumo di suolo rimane un problema: tra il 1989 e il 2006 il suolo consumato sale al 6,6%, al ritmo di 265 kmq all’anno e poi rallenta per giungere al 2010 al valore del 6,9%. Un fenomeno particolare è quello dello sprawling: la crescita di case sparse e di piccoli nuclei abitati, la proliferazione di capannoni, svincoli, parcheggi, centri commerciali. A peggiorare la situazione, l’urbanizzazione delle aree costiere e l’abusivismo. Il ricco patrimonio culturale e paesaggistico dell’Italia ha poi un impatto economico diretto marginale (le entrate dei musei e monumenti statali ammontano a soli 126 milioni di euro) e lo stesso turismo italiano conosce una forte stasi, sia in termini di visitatori che di fatturato. In rapporto agli abitanti, le presenze turistiche dell’Italia sono inferiori del 25% a quelle della Spagna o della Grecia. “Il Green Act che serve all’Italia – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – deve rappresentare una scossa e aprire un nuovo indirizzo di politica economica, fiscale, industriale, culturale. Serve un disegno strategico che avvii un percorso organico fatto di misure concrete, da subito operative per realizzare quel cambio di passo necessario a rompere con le idee di sviluppo del Novecento, perché dal boicottaggio delle rinnovabili allo Sblocca Italia non c’è stato nessun segnale di cambiamento, come se questi temi non fossero urgenti e non rappresentassero una parte sostanziale del rilancio del Paese. Eppure oggi nell’edilizia nell’energia, nei rifiuti come in agricoltura è evidente che vi sia spazio solo per chi punta su innovazione e qualità ambientale. Il mondo è cambiato e l’Italia oggi ha una reale possibilità di trovare una propria bussola nella globalizzazione valorizzando quelle risorse, vocazioni e talenti che tutto il mondo ci invidia e utilizzando la chiave del clima come opportunità per permettere a famiglie e imprese di ridurre consumi energetici e importazioni di fonti fossili. Ma per fare ciò occorre accompagnare e promuovere il cambiamento con una chiara prospettiva di investimenti e regole”.  Affinché il Green Act possa dispiegare fino in fondo le sue potenzialità e rappresentare l’avvio di una strategia complessiva che coinvolge il sistema paese e che gli fa fare un salto di qualità, ci sono anche alcune precondizioni imprescindibili, che determineranno il successo o il fallimento di ogni politica di innovazione. Parliamo di questioni strutturali che riguardano l’assetto di base del paese come legalità, istruzione, cultura.

I temi e le proposte di Legambiente:

#1 _ FISCALITÀ AMBIENTALE: chi inquina paga, chi innova risparmia In Italia ogni anno vengono stanziati 5,7 miliardi di euro di sussidi alle fonti fossili.

Le proposte:

Adeguare i canoni delle concessioni demaniali. Eliminare i sussidi alle fonti fossili.

Eliminare la possibilità per i Comuni di utilizzare gli oneri di urbanizzazioni per le spese correnti.

Applicare subito l’Articolo 15 della Delega Fiscale (fiscalità ambientale ed energetica).

#2_ CITTÀ: rigeneriamole

Solo nelle città metropolitane italiane vivono 20 milioni di persone.

Le proposte:

Una struttura di missione per indirizzare e coordinare interventi di rigenerazione urbana

Disincentivare consumo del suolo, incentivare e semplificare le procedure per la riqualificazione dei condomini
Rendere operativo il fondo per l’efficienza energetica e stabilire i criteri per l’accesso di privati e enti pubblici.
Escludere dal patto di stabilità gli interventi di riqualificazione energetica e antisismica del patrimonio edilizio pubblico.
Approvare subito il DL in materia di “Contenimento del consumo di suolo e riuso del suolo edificato”.
#3_BONIFICHE: risanare le ferite

Sono oltre 100mila gli ettari di terreno da bonificare. Solo il 3% è stato ad oggi bonificato.

Le proposte:

Istituire un fondo nazionale per le bonifiche dei siti orfani (modello Superfund).

Trasparenza negli appalti, legalità, fine dei commissariamenti, maggiori controlli ambientali.

Puntare sulle bonifiche in situ.

#4_ENERGIA: Italia rinnovabile

Nel 2014 il 44% della produzione nazionale di energia elettrica è derivato da fonti rinnovabili. L’efficienza energetica per unità di prodotto e di servizio è +9,5% nel periodo 2000 – 2013.

Le proposte:

Introdurre regole chiare e trasparenti per l’approvazione dei progetti da rinnovabili

Garantire e semplificare l’autoproduzione di energia per Comuni, famiglie, aziende

Cancellare miliardi di euro di sussidi alle fonti fossili dalle bollette.

#5_RIFIUTI: ridurre e riciclare prima di tutto In Italia il conferimento di rifiuti in discarica costa al massimo €25 per tonnellata; il 37% dei rifiuti urbani viene ancora smaltito in questo modo, in Sicilia il 93%.

Le proposte:

Penalizzare lo smaltimento in discarica con un aumento dei costi di conferimento (ecotassa).

Eliminare gli incentivi per il recupero energetico dai rifiuti Incentivare e premiare la riduzione dei rifiuti, il recupero di materia, gli acquisti verdi.

Rispetto delle scadenze e delle multe per gli obietti della raccolta differenziata.

#6_MOBILITÀ NUOVA: pedoni, pedali, pendolari

La mobilità urbana assorbe il 97% di tutti gli spostamenti.

Le proposte:

Fissare target nazionali di spostamenti individuali su mezzi privati a motore, per ridurli drasticamente.
Far viaggiare in sede protetta e in corsie preferenziali almeno un terzo dei percorsi della rete di trasporto pubblico di superficie.
Introdurre nel nuovo Codice della Strada, attualmente in discussione in Parlamento, un nuovo limite di velocità a 30km orari su tutta la rete viaria dei centri abitati.

#7_TRASPORTI: #cambiareverso alle infrastrutture

Sono tre milioni i pendolari che ogni giorno si muovono in treno in Italia. Rispetto al 2009 le risorse da parte dello Stato per il trasporto pubblico su ferro e su gomma sono diminuite del 20%.

Le proposte:

Priorità alla mobilità nelle aree urbane: 50% della spese per opere pubbliche.

Aumentare e ammodernare i treni in circolazione e rendere competitivo il servizio ferroviario.

Regioni: razionalizzare orari e linee, aumentare investimenti (5% del bilancio)

Superare il fallimento della Legge Obiettivo

#8_ DISSESTO IDROGEOLOGICO: azioni per prevenire

Sono 6 milioni gli italiani che vivono o lavorano in aree ad alto rischio idrogeologico.

Le proposte:

Basta con i vecchi progetti rimasti nei cassetti per anni, serve qualità nella progettazione

Non più difesa passiva ma politiche di prevenzione: spazio ai fiumi e naturalizzazione del territorio.

L’unità di missione garantisca l’efficacia a scala di bacino, non solo interventi puntuali

Istituire le Autorità di distretto, con strumenti adeguati per raggiungere gli obiettivi delle direttive comunitarie.

L’adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione del rischio procedano insieme e non più su binari separati

#9_NATURA: investire sulla biodiversità conviene

I parchi hanno attirato il 3,7% dei pernottamenti nazionali, pari a 14 mln di presenze.

Le proposte:

Garantire una fiscalità di vantaggio per le comunità che custodiscono i servizi ecosistemici.

Completare l’istituzione della Rete Natura 2000 e delle aree protette marine e terrestri.

Evitare nuove procedure di infrazione da parte dell’UE per la mancata applicazione delle Direttive in materia.

#10_TURISMO: l’Italia oltre la grande bellezza

Secondo l’Eurobarometro 2012, ambiente e natura sono il primo fattore di fidelizzazione turistica.

Le proposte:

Integrazione delle diverse vocazioni e risorse territoriali per diversificare e destagionalizzare.

Sostenere e incrementare i servizi per il turismo dolce e non motorizzato.

Incentivare l’adozione di un sistema di indicatori per la gestione sostenibile delle destinazioni

Favorire l’acquisizione di competenze turistiche anche a professionisti di altri settori (agricoltori) e mettere ordine nei sistemi regionali delle guide turistiche.

#11_ RISORSE EUROPEE 2014-2020: sfide e opportunità

Oltre 100 miliardi di risorse resi disponibili dal quadro finanziario europeo per il periodo 2014-2020.

Le proposte:

Allocare almeno il 20% delle risorse disponibili per il clima il 5% per lo sviluppo urbano sostenibile.

Stabilire target ambiziosi e obbligatori per tutti i fattori fisici (es. tonn. di CO2 eq. di risparmio)

Semplificare i processi decisionali, mettere in atto sistemi di monitoraggio e verifica della spesa.

I fondi siano volano delle politiche ordinarie, per spenderli bene e spenderli tutti.

Fonte: ecodallecitta.it

Torino, Legambiente detta le priorità a Fassino: “Rigenerazione urbana, Mobilità Nuova e rilancio della RD”

Legambiente coglie l’occasione dell’elezione di Fassino alla presidenza Anci per fare appello al sindaco affinché “non si svenda il patrimonio pubblico”, si copra l’intera città con la raccolta dei rifiuti porta a porta e “non si aspetti l’autunno per prendere provvedimenti antismog”. “Dalle città dipendono molte delle soluzioni a crisi economica e cambiamenti climatici”375666

A seguito dell’elezione del sindaco di Torino Piero Fassino alla presidenza dell’AnciLegambiente ha inviato al primo cittadino una lettera d’auguri“considerando di fondamentale importanza il ruolo che hanno oggi le città nell’economia del Paese e per la qualità della vita dei cittadini, ancor di più in un momento storico come quello che stiamo vivendo, attraversato da una pesante crisi economica e costretti a fare i conti con i galoppanti cambiamenti climatici“. Per Legambiente infatti dalle politiche che adotteranno i centri urbani “dipendono molte delle soluzioni ai problemi che affliggono quotidianamente gli italiani e le chiediamo di prestare particolare attenzione a partire proprio dalla città che lei amministra, Torino”. Le cariche apicali dell’associazione ambientalista a livello nazionale e regionale,Vittorio Cogliati Dezza e Fabio Dovana, chiedono a Fassino “di prestare molta attenzione alle scelte urbanistiche messe in atto e previste in città; facciamo nostro l’appello lanciato qualche giorno fa dal Presidente uscente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Torino, l’architetto Bedrone, affinché per ripianare i debiti accumulati dall’amministrazione non si svenda il patrimonio pubblico. Piuttosto occorre investire in una complessiva rigenerazione urbana che preveda costruzioni energeticamente efficienti ed ecoquartieri, per rispondere alle reali esigenze abitative dei cittadini: le scelte urbanistiche devono tenere conto della vivibilità della città”. “Non condividiamo l’idea che per ripianare i debiti si possano svendere dei servizi essenziali di una metropoli europea -scrive Legambiente con diretto riferimento alle operazioni che stanno interessando Amiat, Gtt e Iren-, servizi da sempre orgoglio di ogni sindaco: l’igiene urbana, la mobilità, l’energia ed i servizi idrici. Ricordiamo a questo proposito la delibera di iniziativa popolare che la città ha assunto il 4 marzo 2013 per la trasformazione della nostra SMAT in una municipalizzata a diritto pubblico. Il percorso avviato per questa delibera è un esempio di democrazia partecipata, di cui andare orgogliosi in un momento di crisi generale della partecipazione dei cittadini alla vita politica”. “Una città -ricorda ancora l’associazione del cigno verde- che soffre di gravi patologie ambientali, come la Mal’Aria che ogni anno pone Torino in testa alla classifica delle città più inquinate d’Europa, sforando costantemente e di molto i limiti imposti per legge sulle polveri sottili. Per curare questa malattia non ci si può affidare ad un semplice palliativo ma è necessario un piano antismog coraggioso e radicale, in grado di far tornare la qualità dell’aria respirabile anche per i cittadini torinesi (d’altronde ce lo impone anche la legge). Sarebbe auspicabile che fin da ora la Giunta Comunale mettesse a punto tali provvedimenti, per non trovarci in autunno inoltrato, come ogni anno, ad assistere al triste battibecco di Assessori e Consiglieri su quale manovra mettere in atto per contrastare quella che viene ancora definita un’emergenza, mentre – ahinoi – si tratta di routine. Ciò che ci sentiamo di consigliare sono misure che vadano a incidere non solo sulla qualità dell’aria, ma anche sulla qualità della vita e sulla sicurezza dei cittadini. Proposte che trova riassunte nel Manifesto per la Mobilità Nuova che già dovrebbe conoscere e che racchiude in sé l’attenzione per la mobilità sostenibile e la realizzazione di aree urbane pedonali, zone 30 e a traffico limitato”. “Un tassello importante -prosegue la lettera- va poi ritagliato per il trasporto pubblico, che ha visto negli ultimi mesi pesanti tagli economici tradotti a livello locale in tagli di corse di autobus, in netta controtendenza con quanto auspichiamo per una città smart come ci auguriamo diventi Torino. L’augurio che facciamo a Torino è anche quello di mettersi al passo con il resto del Piemonte per quanto riguarda la percentuale di raccolta differenziata, ferma al 42% per via della mancata estensione del porta a porta nei quartieri del centro città. La copertura dell’intero territorio comunale con la raccolta domiciliare è un passo fondamentale che auspichiamo venga fatto al più presto; senza dimenticare le politiche da mettere in campo per la riduzione alla fonte dei rifiuti”. La missiva si chiude con una dichiarazione di disponibilità a collaborare: “Torino ci piace, onorevole Sindaco, la amiamo e vogliamo che diventi sempre più bella e vivibile per i cittadini e i turisti. Ma Torino non è solo bei monumenti, musei, iniziative culturali, è anche periferie, con tanti problemi di integrazione e di degrado non tutti risolti. Per raggiungere i risultati che ci auguriamo per la città siamo pronti a collaborare mettendo in campo idee e iniziative come siamo abituati a fare. Le chiediamo inoltre di essere coinvolti nel Piano Strategico dell’Area Metropolitana di Torino, considerando l’assenza delle associazioni ambientaliste in questo percorso una mancanza da riparare al più presto”.

 

Fonte: eco dalle città

Pedoni, pedali e pendolari insieme per una Mobilità Nuova

“Urgente ripensare il settore della mobilità per rispondere alle reali necessità dei cittadini. Oggi solo l’inizio, portiamo in Parlamento la legge per la mobilità collettiva”. Si è tenuta il 4 maggio a Milano una grande manifestazione organizzata dalla Rete per la #MobilitàNuova.bici

“Quello di oggi è solo l’inizio, un grande inizio, ma la strada è ancora lunga. Per questo è importante essere qui ed essere tanti a chiedere strategie nuove, interventi puntuali e maggiori risorse per lo sviluppo del trasporto collettivo e di città a misura di pedoni e ciclisti”. È quanto ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, sulla grande manifestazione organizzata sabato scorso a Milano dalla Rete per la #MobilitàNuova che vede la partecipazione di un cartello di oltre 150 associazioni tra cui Libera, Aiab, Coldiretti, Slow Food, Legambiente, Associazione turismo responsabile e Touring club italiano, #salvaiciclisti, Fiab, Associazione per i diritti dei pedoni, Movimento difesa del Cittadino e Cittadinanzattiva, Spi-Cgil, Auser e Sbilanciamoci, No Tem e Coordinamento comitati contro le autostrade CR-MN e TI-BRELibera. La Rete per la Mobilità Nuova ha manifestato il 4 maggio Milano all’insegna di “Pedoni, Pedali e Pendolari uniti per modificare il modello di mobilità vigente spostando le risorse pubbliche laddove si spostano le persone”. La Rete chiede un approccio differente alle politiche dei trasporti in Italia, che concentri la spesa pubblica nelle aree urbane dov’è più alta la domanda di mobilità e avvii un ripensamento complessivo del settore dei trasporti. Sostenendo attraverso scelte strategiche le persone che quotidianamente si muovono usando i treni locali, i bus, i tram e le metropolitane, la bici e le proprie gambe e dando visibilità alle vertenze nazionali e locali contro quelle opere pubbliche stradali, autostradali e ferroviarie inutili e dannose per il Paese.Immagine

“La qualità della vita nelle città – prosegue Cogliati Dezza – è determinata in gran parte dalla qualità della mobilità, che incide tanto sull’inquinamento e la sicurezza stradale quanto sui tempi degli spostamenti, l’equità nell’accesso ai servizi, la vivibilità degli spazi urbani, il consumo di suolo e la dipendenza dal petrolio. Esistono misure utili ed efficaci che costano molto poco e che si potrebbero attuare da subito: dalle corsie preferenziali, alla distinzione tra vie a scorrimento veloce e zone a 30 chilometri orari. È urgente ripensare il settore dei trasporti in modo da rispondere alle reali necessità dei cittadini, potenziando la rete dei mezzi pubblici per rendere la vita più facile a chi li adopera quotidianamente e garantire a tutti la libertà di muoversi. Una libertà che oggi, in troppe realtà, è negata a chi non possiede un’automobile. Occorrono alternative efficienti che consentano di disincentivare l’uso dell’auto. Chiediamo al nuovo governo di impegnarsi subito su questo fronte – conclude il presidente di Legambiente – e portiamo in Parlamento la legge di iniziativa popolare per la quale oggi è partita la raccolta firme: una legge che vincoli almeno i tre quarti delle risorse statali e locali disponibili per il settore trasporti a opere pubbliche che favoriscono lo sviluppo del trasporto collettivo e di quello individuale non motorizzato. Legambiente invita tutti a sottoscriverla e ad aderire alla Rete per la Mobilità Nuova per condividere necessità e azioni comuni”. In occasione della manifestazione di Milano, è stata infatti presentata la proposta di legge di iniziativa popolare redatta dalle 200 associazioni che aderiscono alla Rete della Mobilità Nuova.magio

L’obiettivo è quello di far scender sotto al 40% la percentuale di spostamenti con l’auto privata nelle città con target vincolanti sul modello della raccolta differenziata. “Destinare allo sviluppo del trasporto pubblico locale e della mobilità non motorizzata il 75% dei fondi pubblici per trasporto e infrastrutture per incrementare il trasporto collettivo e gli spostamenti non motorizzati all’interno delle aree urbane per l’ottimizzazione delle risorse pubbliche destinate alle infrastrutture per la mobilità. Destinare al trasporto pubblico locale e alla mobilità non motorizzata il 75% dei fondi pubblici per il trasporto e le infrastrutture per la mobilità. Definire target di mobilità validi in tutti i Comuni capoluogo di Provincia e nei Comuni con più di 50.000 abitanti, che, come per la raccolta differenziata, impongano alle amministrazioni locali obiettivi vincolanti, con un sistema di incentivi e disincentivi. Introdurre il limite di 30 chilometri orari nei centri urbani, con la possibilità di elevarlo a un massimo di 50 chilometri orari per le strade urbane le cui caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano.bus

Sono i tre i punti chiave della proposta di legge “per incrementare il trasporto collettivo e gli spostamenti non motorizzati all’interno delle aree urbane e per l’ottimizzazione delle risorse pubbliche destinate alle infrastrutture per la mobilità”. Per aumentare la sicurezza di tutti e sollecitare modalità di trasporto alternative all’auto privata. Una rivoluzione della mobilità da imporre ai decisori politici, che parta proprio da un riequilibrio delle scelte politiche e delle risorse pubbliche destinate al settore dei trasporti. In particolare, la proposta di legge premia con un sistema di incentivi i Comuni che hanno rispettato nei tempi stabiliti la quota massima di spostamenti motorizzati con mezzi privati e penalizza quelli che non hanno ottemperato gli obblighi di legge. I target di mobilità prevedono, entro due anni dall’approvazione della legge, una quota massima di spostamenti motorizzati individuali con mezzi privati all’interno delle aree metropolitane e del territorio comunale inferiore al 50% del totale degli spostamenti. Poi, spostamenti individuali motorizzati con mezzi privati inferiori al 47,5% entro il terzo anno, inferiori al 45,0% entro il quarto anno e inferiori al 40,0% entro il quinto.

Fonte: il cambiamento

L’Italia cambia strada: appuntamento a Milano il 4 maggio per #mobilitànuova

Il 4 maggio davanti alla Stazione Centrale di Milano si terrà la manifestazione nazionale della Rete per la #mobilitànuova: “una cordata di cittadini impegnati a promuovere un modello di mobilità che metta al centro della progettazione del Paese non più la circolazione delle auto, ma i bisogni delle persone”

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Pedoni, ciclisti e pendolari sono stufi: stufi di politiche che mettono sempre l’auto al centro di tutto e delle tonnellate di parole spese in nome dell’Ecosostenibilità, senza che seguissero fatti concreti. Ecco perché è nata la Rete Mobilità Nuova. “In Italia le opere pubbliche nel settore mobilità sembrano studiate per portare tanto guadagno a pochi e pochi benefici per tutti – affermano gli attivisti del movimento – Milioni di pedoni, ciclisti, utenti del trasporto pubblico locale, pendolari regionali e forzati dell’automobile vengono abbandonati al loro triste destino: spostarsi tra mille disagi nel migliore dei casi, morire di “mala mobilità” nel peggiore. Si continua a nutrire un sistema, quello autocentrico, che ormai è diventato dannoso per tutti. Si continua a perpetrare una logica, quella delle grandi opere, che destina il75% delle risorse per il 2,8% degli spostamenti di persone e merci (quelli che superano i 50 km). Per questo chiediamo una Mobilità Nuova e un ribaltamento nella logica degli investimenti. Una mobilità basata sull’uso delle proprie gambe, della bicicletta, del trasporto pubblico locale, dei treni regionali e dell’uso occasionale dell’auto in condivisione (car sharing, car pooling, taxi). Una riallocazione delle risorse a favore della mobilità urbana, locale e regionale, distraendo fondi alle opere autostradali e all’alta velocità ferroviaria. E per questo formiamo una rete. Una rete per proteggerci l’un l’altro. Una rete che tenga uniti i nostri interessi condivisi. Una rete che intrappoli le bugie, gli sprechi, le logiche affaristiche”.

L’appuntamento a Milano

La Rete non si muove solo sul web: sabato 4 Maggio l’appuntamento è a Milano in P.zza Duca D’Aosta alle 14.30, di fronte alla Stazione Centrale, per fare massa critica in strada. L’invito è a
raggiungere i manifestanti in treno o in metro, e partecipare all’evento a piedi, in bici, in skate o con qualsiasi mezzo non motorizzato.

Mobilità nuova: che cos’è

La Rete per la Mobilità Nuova è una realtà che unisce le persone che quotidianamente si muovono usando i treni, il trasporto pubblico locale, la bici e le proprie gambe, e che rappresentano una maggioranza ignara di esserlo. La Rete nasce con lo scopo di diffondere e promuovere la Mobilità Nuova tra cittadini, associazioni, movimenti, amministrazioni e istituzioni.

Fonte: eco dalle città

Trasporti in Regione Piemonte, a rischio il 50% delle corse

L’Assessore regionale Bonino: “O il governo stanzia i fondi che mancano all’appello per finanziare il trasporto pubblico oppure l’alternativa sarà lo smantellamento della rete. Impossibili, a questo punto, razionalizzazioni ed efficientamenti: ci sarà solo da tagliare”

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Seicentotre milioni di euro: è il fabbisogno stimato per il trasporto pubblico locale del Piemonte, contro un Fondo nazionale che ne ha assegnati 485. un taglio che per l’Assessore regionale ai trasporti, appena riconfermata, Barbara Bonino “non è sostenibile per la Regione, che non è in grado di stanziare ulteriori risorse”. Che la salute del trasporto pubblico locale in Piemonte non fosse buona non è una novità: dodici linee ferroviarie tagliate in un anno (i cosiddetti rami secchi) non sono bastate a risanare i conti, e i tagli sono piovuti a cascata su Provincia Comune, che tra riorganizzazioni delle linee e ricorsi al Tar cercano faticosamente di mantenere in piedi la rete. (Vedi Tpl, la Provincia di Torino spalma i tagli su quattro anni e contiene quelli del 2012 al 5% e Torino, cala dal 12 settembre la frequenza delle corse GTT). Ma ora potrebbero non bastare: il debito accumulato nell’ultimo biennio è salito a 340 milioni di euro. “O il Governo stanzia i fondi che mancano all’appello per finanziare il trasporto pubblico – ha dichiarato l’Assessore durante il consiglio regionale straordinario convocato per discutere l’emergenza – oppure l’alternativa sarà lo smantellamento della rete. Impossibili, a questo punto, razionalizzazioni ed efficientamenti: ci sarà solo da tagliare”.
E parecchio. Si parla del 50% delle corse sulle linee degli autobus e del 34% per il trasporto ferroviario, probabilmente già a giugno. Per l’Assessore l’unica soluzione è che la Regione faccia sistema e intervenga presso il prossimo Governo perché incrementi i fondi a disposizione. “Fondi a cui si dovrà comunque accompagnare una nuova riorganizzazione del servizio. Il Piemonte ha già attuato politiche innovative e di efficientamento, attivando l’Sfm, il sistema ferroviario metropolitano, elaborando una programmazione integrata ferro-gomma, attuando la bigliettazione elettronica con il Bip e investendo risorse ingenti per rinnovare il parco autobus. Lo stato delle finanze regionali ci impedisce di contrarre nuovi mutui”. I pendolari si attrezzeranno con mezzi privati…Pesanti anche le ricadute ambientali: “I pendolari dovranno attrezzarsi con mezzi propri – sottolinea il Gruppo Consiliare del PD in Regione – Una situazione evidentemente ingiusta e insostenibile. La Giunta Cota è totalmente indifferente al trasporto pubblico, tanto che Cota ha dichiarato pubblicamente che non è compito della Regione garantire il diritto di mobilità dei cittadini. Questi tagli comporteranno il fallimento di tutte le imprese piemontesi di Tpl ed una valanga di licenziamenti di autoferrotranvieri”.
La Rete per la #MobilitàNuova sabato 4 maggio a Milano “Governo e opposizione uniti lamentano di non vedere soluzione -osserva Beppe Piras della Rete Mobilità Nuova– chiudendo gli occhi di fronte ad un’enorme ovvietà: la politica nazionale sui trasporti sta paralizzando la nazione. Come ricordato dalle associazioni ambientaliste all’incontro con Pierluigi Bersani, il Primo programma delle infrastrutture strategiche, costituisce (con le sue 390 opere in elenco per 375 miliardi di euro) un’ipoteca per il futuro economico-finanziario e ambientale del Paese. “Sabato 4 maggio -annuncia Piras- manifesteremo a Milano per testimoniare la necessità del cambiamento e imporre ai decisori politici una rivoluzione della mobilità che parta dal riequilibrio delle risorse pubbliche destinate al settore dei trasporti; contro quelle opere pubbliche stradali, autostradali e ferroviarie inutili e dannose per il Paese”.

Fonte: eco dalle città