Lav, pellicce tossiche per bambini da 0 a 36 mesi con cromo esavalente e formaldeide

Toxic Fur 2 è la nuova indagine condotta da LAV sulla presenza di agenti cancerogeni presenti nei capi per bambini da 0 a 36 mesi. Ebbene Cromo esavalente è stato riscontrati nei capi dei marchi D&G, Blumarine Baby e Woolrichp1100126

Cromo esavalente e formaldeide: questi i due agenti altamente tossici riscontrati nelle pellicce di capi di abbigliamento dalle analisi di laboratorio commissionate da LAV per l’inchiesta Toxix fur 2. I capi analizzati hanno riguardato abbigliamento destinato a bambini da 0 a 36 mesi per cui viene confermata la presenza di sostanze tossiche e agenti cancerogeni. L’associazione animalista, perciç, ha richiesto l’immediato intervento del ministero della Salute per fermare la vendita dei capi contaminati.image001

Questi i risultati delle analisi chimiche e tossicologiche diffuse da LAV:

D&G (cappotto per bambina età 36 mesi con inserto in pelliccia di coniglio)
BLUMARINE BABY (giacca per bambina età 36 mesi con inserto in pelliccia di coniglio)
WOOLRICH (parka per bambino di età 24 mesi con inserto in pelliccia di cane procione)
I rapporti di prova sono allarmanti: il cappottino D&G (bimba 36 mesi) è risultato contaminato dal famigerato CROMO VI (esavalente), oltre che un quantitativo elevato di Cromo III (trivalente) che può causare irritazioni; la giacca BLUMARINE BABY (bimba 36 mesi) presenta elevati valori di Cromo III (trivalente) cedibile da sudore e FORMALDEIDE; la giacca Woolrich (bimbo 24 mesi) oltre ad elevati valori di Cromo III (trivalente) cedibile da sudore e Formaldeide risulta contaminata anche da elevati valori di NONILFENOLO ETOSSILATO. Sono state rilevate anche altre sostanze chimiche, come alcuni Idrocarburi Policiclici Aromatici.
image002

Con queste analisi ora LAV sollecita il ministero della Salute a valutare la pericolosità per la salute dei bambini; di disporre un divieto temporaneo cautelativo nella vendita dei prodotti in oggetto e di vietare l’uso della pelliccia animale nei prodotti sia di abbigliamento sia di altri genere destinati ai bambini e ai minori. I capi sottoposti alle analisi sono stati acquistati tra ottobre e novembre di quest’anno sia nei negozi sia con l’e-commercee i test tossicologici sono stati effettuati sulle componenti di pelliccia animale con l’obiettivo di rilevare l’eventuale presenza di sostanze residue della concia. Anche lo scorso anno con la campagna Toxic Fur 1 la LAV denunciò la presenza di sostanze tossiche e cancerogene nelle bordature in pelliccia applicate su capi di abbigliamento per bambini. In quell’occasione il ministero della Salute fermò la vendita degli articoli indagati e avviò le indagini che portarono al ritiro dal mercato dei prodotti pericolosi. Inoltre Raffaele Guariniello pm alla Procura di Torino aprì nel merito un fascicolo di indagine.image003

Spiega Simone Pavesi responsabile LAV campagna pellicce:

Ancora una volta la LAV ha dimostrato che le pellicce animali sono sofferenza sia per gli animali sia per l’ambiente e che possono essere dannose anche per chi le indossa. La lavorazione delle pellicce prevede infatti l’impiego di sostanze chimiche classificate come tossiche e cancerogene e che, inevitabilmente, in alcuni casi possono essere presenti in forma residua anche nel prodotto finito immesso sul mercato e indossato da adulti e bambini, con diversi gradi di rischio per la salute. I consumatori possono limitare l’esposizione a queste sostanze pericolose evitando di indossare e acquistare per sé e i propri figli, prodotti contenenti anche piccole parti in pelliccia animale.image004

La LAV, dunque, rivolge il suo appello a tutte le aziende che lavorano nel settore della moda invitandone a dire basta alle pellicce animali che sono solo causa di sofferenza e rappresentano un rischio per la salute delle persone, siano essi consumatori o lavoratori della filiera produttiva.

Lav, Toxic fur 2 pellicce tossiche per bambini

Fonte: ecoblog.it

Diossine dall’Ucraina in Italia in mais per animali: chi è stato contaminato?

La Rasff il sistema di allerta rapido europeo ha lanciato un alert per una partita di mais proveniente dall’Ucraina e contaminato da diossine. L’alimento era destinato agli allevamenti animali italiani: dove è stato distribuito? Il ministero della Salute tace

La RASFF Rapid Alert System for Food and Feed, il sistema di alert rapido europeo sulle contaminazioni dei prodotti che acquistiamo è sempre attivo e quotidianamente pubblica i suoi bollettini pubblici. Capita poi che per un motivo o per un altro testate varie o associazioni si interessino nell’immensità di questi dati a alcune segnalazioni piuttosto che a altre. E’ il caso della contaminazione da diossine su un carico di mais proveniente dall’Ucraina superiore di quasi 4 volte ai limiti di legge e tracciata nell’alert della RASFF diffuso non solo in Italia, ma anche in Montenegro e Grecia.FRANCE-AGRICULTURE-CORN-FEATURE

La domanda è: questo mais a chi è stato distribuito? Allevamenti di animali? fabbriche per cibo di animali? Come è entrato nella catena alimentare? Quanto ha contaminato gli alimenti?

Da ricordare che le contaminazioni da diossina non sono rare e anche in Italia tra le produzioni di latte da Cuneo, a Acerra o a Taranto. Proprio a Taranto un paio di anni fa alcuni ragazzi hanno proposto il marchio Dioxin Free progetto premiato anche dal Senato italiano, come progetto di tutela degli alimenti e cibi liberi da diossine. In effetti le diossine sono piuttosto presenti nell’alimentazione umana a partire proprio dal latte materno. Si tenga presente che gli alimenti che maggiormente ne restano contaminati sono quelli ricchi di grassi animali, quindi latte, burro e formaggi, le uova per cui spesso possono scattare anche allerta ingiustificati o nelle cozze. Ma come si formano le diossine? Sono emesse durante la combustione a basse temperature e con la presenza di varie sostanze clorurate e assenza di zolfo, ad esempio. Se ne conoscono circa 200 e in genere però ci riferiamo a furani, diossani e PCB, sono composti cancerogeni e altamente solubili nei grassi. Dunque esiste l’effetto bioaccumulo e entrano dai grassi nella catena alimentare. Ma se come sostiene il prof. Antonio Malorni del CNR che non sia possibile avere cibi esenti al 100 per cento dalle diossine, come potrebbe un marchio come Dioxin Free attestarne la non presenza?

Aggiornamento
Il ministero della Salute Pubblica risponde così alle richieste di chiarimento(grazie a Daniela Patrucco per la segnalazione):

I controlli del Piano Nazionale Alimentazione Animale hanno portato al riscontro di una partita di mais ad uso zootecnico, proveniente dall’Ucraina, non conforme per presenza di diossine. Il mais in questione, viene normalmente miscelato con altri componenti in una percentuale variabile, a seconda della specie animale a cui è destinato, per la produzione dei mangimi completi. A seguito della positività riscontrata il 10 giugno, sono state attivate già l’11 giugno tutte le procedure operative previste dal sistema di “allerta rapido alimenti e mangimi” (RASFF), che hanno portato, grazie al tempestivo intervento delle Autorità sanitarie locali, al rintraccio ed al blocco dei mangimi a rischio. Con i rappresentanti delle Regioni interessate, il NAS ed Laboratorio Nazionale di Riferimento per le Diossine e PCB in mangimi e alimenti, sono state inoltre definite ulteriori misure a tutela della salute pubblica che hanno previsto, tra l’altro, il blocco cautelativo di alimenti provenienti da animali che hanno consumato mangime contenente una percentuale a rischio di mais ucraino.

Il Comando Carabinieri per la Tutela della salute è stato prontamente coinvolto nella vicenda.

Fonte:  Speziapolis

© Foto Getty Images

 

Aviaria è primo caso in Italia su operatore avicolo, l’annuncio del Ministero della Salute

Un primo caso di aviaria è stato registrato in Italia, lo rende noto il ministero della Salute

176605763-594x350

Il comunicato emesso dal ministero della Salute annuncia un primo caso di aviaria in Italia su un operatore entrato in contatto con volatili affetti dal virus H7N7 in Emilia Romagna:

L’Istituto Superiore di Sanità ha registrato la positività per il virus dell’influenza aviaria H7N7 in una persona affetta da congiuntivite ed esposta per motivi professionali a volatili malati appartenenti agli allevamenti presenti nella Regione Emilia Romagna, nei quali era stata riscontrata la presenza di tale infezione virale. Il virus H7N7 non viene facilmente trasmesso all’uomo, che può infettarsi solo se viene a trovarsi a contatto diretto con l’animale malato o morto.

Il virus H7N7 presenta una patologia più lieve rispetto a quelle apportate dagli altri virus dell’aviaria ossia l’H7N9 e l’H5N1 e dunque nell’operatore si è presentato con la forma della congiuntivite. Precisa ancora il ministero della Salute:

Essendo rara la trasmissione da persona a persona, i focolai umani tendono ad autolimitarsi, per cui il rischio di comunità è estremamente basso o addirittura irrilevante.

I focolai di aviaria dopo aver interessato la Cina Meridionale dove si è verificato un caso di contagio interumano, sono giunti in Italia dalla scorsa metà di agosto quando sono stati denunciati i primi casi di contagio in allevamenti avicoli a Ferrara, con l’abbattimento di 128 mila galline, e a Ostellato Portomaggiore. Per ora i focolai accertati sono 4 come riferisce lo stesso ministero della Salute. Per venire incontro alle esigenze di smaltimento delle carcasse allo scopo di prevenire la diffusione del virus il ministero della Salute con il ministero della Difesa ha concordato l’impiego di medici veterinari e personale paramedico dell’Esercito per attività di supporto ai servizi veterinari locali.

Fonte: ecoblog

 

16 contagi in Puglia per Sindrome Emolitico Uremica, l’Escherichia coli si cerca nelle angurie

Il ministero della Salute ha pubblicato un alert per 9 casi di Sindrome emolitico uremica ai danni di 8 bambini e 1 adultoescherichia-594x350

21 agosto 2013

Sono 16 i contagi da Escherichia coli con evoluzione in SEU, Sindrome emolitico uremica che si sono avuti dal 4 giugno a oggi in Puglia, con 1 nuovo caso oggi di una bambina di 11 mesi. Altri 6 bambini sono già stati dimessi. Tutti i pazienti hanno mangiato cibi da strada come angurie, patatine, granite e poi carne. Dunque anche i NAS sono al lavoro per stabilire quale sia il vettore di contagio dell’infezione da Escherichia coli che ha causato poi la SEU, Sindrome emolitico uremica. Ha detto Elena Gentile assessore regionale al Welfare:

Stiamo monitorando l’intero territorio regionale. Con i prelievi e le campionature fatte una cosa la possiamo dire con assoluta certezza: escludiamo le acque delle zone balneari e balneabili dalle possibili fonti di contaminazione perchè tutti i prelievi sono risultati negativi al coli-patogeno. Non c’è alcun pericolo da questo punto di vista. Aspettiamo ulteriori indagini ed in particolare le campionature degli allevamenti, delle aziende di trasformazione e dei prodotti.

20 agosto 2013 

Un nuovo caso di Sindrome emolitico Uremica ha colpito la Puglia: è stato ricoverato un ragazzo di 15 anni ricoverato all’Ospedale Perrino di Brindisi il cui caso si va ad aggiungere a quelli precedentemente riscontrati e diffusi dal Ministero della Sanità. Sono in corso esami di laboratorio su acque di balneazione e di alcuni pozzi. 15 agosto 2013 Sono 9 i casi di Sindrome emolitico uremica registrati in Puglia tra il 1° e il 14 agosto e che riguardano 8 bambini e un adulto. Lo ha reso noto il sistema di sorveglianza del Registro Italiano della Sindrome Emolitico Uremica (SEU), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dalla Società Italiana di Nefrologia Pediatrica (SINP). La SEU in genere compare dopo aver contratto l’Escherichia coli che produce la verocitotossina (VTEC) con i sintomi di diarrea, vomito, dolori addominali e sangue nelle feci. Le analisi su due dei 9 pazienti hanno confermato la presenza di infezione causata da VTEC026 mentre sono in corso le indagini per gli altri pazienti. La fonte di infezione sebbene comune non è stata ancora identificata mentre è stata rinforzata la sorveglianza epidemiologica e l’ISS ha inviato un alert a tutti i reparti di nefrologia pediatrica italiani per individuare altri casi in regioni diverse che possano essere collegati ai contagi pugliesi. La raccomandazione delle Autorità sanitarie verso i residenti in Puglia, o per chi vi ha soggiornato di recente è di andare in ospedale nel caso si manifesti diarrea con sangue nelle feci sopratutto se in bambini ai primi anni di vita. Il contagio potrebbe essere avvenuto a causa del consumo di carne contaminata, latte crudo non pastorizzato, insalate o frutta non lavata bene. Per evitare il contagio vanno lavati bene anche coltelli e taglieri e sono a osservare attentamente le norme igieniche quali il lavaggio delle mani accurato.

Sull’ISS le FAQ per conoscere e prevenire la SEU

Fonte: ecoblog