Incentivi economici a chi va al lavoro in bicicletta: ma in Francia

E’ partita un’iniziativa sperimentale del Ministero dei Trasporti francesi: 25 centesimi a chilometro a chi va al lavoro in bicicletta. In Italia siamo fermi al palo.bicicletta_francia

E’ iniziata ai primi di giugno in Francia e sta procedendo senza intoppi la sperimentazione, promossa da parte del Ministero dei Trasporti, che prevede incentivi economici all’uso della bicicletta per andare al lavoro. Si tratta di una indennità chilometrica a favore dei dipendenti di 19 aziende e organizzazioni, per un totale di 10.000 persone che stanno provando questo sistema. L’esperimento, iniziato il 2 giugno 2014, durerà sei mesi durante i quali verranno raccolte informazioni dai datori di lavoro e dipendenti su:

  •  passaggio al pendolarismo in bicicletta
  •  modalità di viaggio cambiata a favore della bicicletta
  •  fattori favorevoli o sfavorevoli nella efficacia della misura
  •  organizzazione della sperimentazione nelle diverse strutture.

I risultati saranno resi pubblici entro la fine dell’anno e saranno, in caso di successo, presi in considerazione per un secondo esperimento di più ampia scala.

Il quotidiano francese Le Figaro ha intervistato alcuni dei lavoratori che stanno effettuando la sperimentazione e che sembrano soddisfatti. Uno degli intervistati ha dichiarato che tutte le mattine percorre sei chilometri in bicicletta per andare al lavoro; dopo due mesi ha notato di sentirsi fisicamente più in forma (“faccio le scale senza più fatica”) e di aver riscontrato anche un vantaggio economico passando dall’auto alla bici, ha infatti calcolato che in sei mesi risparmierà 558 euro e ne riceverà 345 di incentivo, un buon affare.

Fonte: ilcambiamento.it

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In bicicletta contromano: come potrebbe cambiare il codice della strada

È al vaglio del Ministero dei Trasporti una modifica del codice stradale che potrebbe legittimare, in alcune aree urbane, la possibilità di pedalare in senso contrario al traffico motorizzato. L’opinione di Fabio Zanchetta, organizzatore del Bike Pride

Il codice della strada potrebbe subire presto una modifica chiesta a gran voce dalle associazioni di ciclisti urbani e proposta dagli assessori alla mobilità di Torino, Milano e Firenze attraverso l’Anci: la possibilità, per le biciclette, di muoversi in senso contrario al traffico motorizzato. Si tratta di rendere legittimo un comportamento già diffuso e consolidato in molti Paesi Europei (dall’Olanda al Regno Unito dalla Danimarca alla Francia) e, naturalmente, circoscritto ad aree in cui questa nuova disciplina non sia pericolosa per l’utenza. Le vie nelle quali sarà possibile viaggiare in senso contrario alle auto dovranno rispettare cinque requisiti:

1) una carreggiata larga almeno 4 metri (non considerando le auto parcheggiate sul lato destro della strada),

2) l’assenza di parcheggio sul lato sinistro,

3) il divieto di transito per i mezzi pesanti,

4) un limite massimo di velocità di 30 km/h (zone 30),

5) l’opportuna segnaletica stradale.

In Italia qualche esperimento è già stato fatto nelle “zone 30” di Reggio EmiliaPesaro,Bolzano e Ferrara, ora la bozza proposta dall’Anci è al vaglio della Commissione del Ministero dei Trasporti. Sulla questione abbiamo interpellato Fabio Zanchetta, organizzatore del Bike Pride, la manifestazione dell’orgoglio ciclista che la scorsa primavera ha invaso le strade torinesi con un fiume di biciclette.

L’intervento non è così facile. Le restrizioni proposte sono fortemente vincolanti e a Torino, per esempio, potrebbero rientrare nella modifica del codice solamente le vie del Quadrilatero (una zona del centro cittadino, ndr). Fa sorridere l’idea che con queste restrizioni si possa mettere in atto una rivoluzione della viabilità più leggera,

spiega Zanchetta.

Insomma, cinque vincoli sono troppi e strade con una larghezza di 4 metri, al netto della auto parcheggiate, difficilmente vengono incluse nelle “zone 30”. I vincoli della bozza Aci rischiano di cannibalizzarsi l’uno con l’altro.

Ciò non toglie che, in linea generale, questa proposta vada nella direzione giusta: le statistiche sui benefici di simili politiche della viabilità all’estero parlano chiaro. In Francia esperienze del genere sono vecchie di trent’anni e in Italia arriveremmo comunque in ritardo,

continua Zanchetta che spiega come una simile modifica rovesci la gerarchia delle strade di quartiere, mettendo al primo posto il pedone, al secondo il ciclista, al terzo l’automobilista:

L’automobilista sa di non avere la priorità e impara ad andare piano. È una questione di abitudine. In 17 Paesi europei la cosa ha funzionato ed è diventata una norma del codice della strada.

Fonte: ecoblog