Kenya, la crescita urbana minaccia il Parco Nazionale di Nairobi

Il parco nazionale della capitale del Kenya è l’unico al mondo all’interno del territorio di una capitale

Il Parco Nazionale di Nairobi, alla periferia della capitale del Kenya, è l’unica riserva nazionale al mondo a essere attualmente attiva sul territorio di una capitale. Quest’anomalia che non presentava alcun problema al momento della fondazione, nel 1946, sta presentando il conto ora, con uno sviluppo urbano incontrollato che si sta allargando alle terre che una volta erano proprietà dei contadini Masai. Il parco di Nairobi, fondato quasi settant’anni fa dai coloni britannici, accoglie circa 120mila visitatori all’anno e ospita 80 specie di mammiferi fra cui leopardi, leoni, mammiferi, rinoceronti, giraffe, zebre e antilopi in un territorio di 117 kmq al cui orizzonte si stagliano i grattacieli della capitale kenyana. Sono molte le associazioni ambientaliste che tentano di difendere questo territorio che, per colpa dell’urbanizzazione selvaggia, della maleducazione dei turisti e del vento che porta i rifiuti dalla vicina città, deve fare i conti con sacchi di plastica, bottiglie e imballaggi vari.

Si trovano sempre più rifiuti, portati dal vento dalle abitazioni dei dintorni o gettate dai turisti. Da poco ho visto un serpente morire infilato dentro una lattina di soda e incapace di uscirne,

spiega Patricia Heather-Hayes, avvocato in prima fila nella lotta per la preservazione del parco dell’associazione Fonnap. Nel parco sono presenti 39 leoni e 90 rinoceronti, 450 specie di uccelli, 40 di anfibi e 500 di alberi, una biodiversità che si è preservata anche grazie all’osmosi con l’area semi-desertica di Athi-Kapthi, una vasta area semi-desertica di 2200 kmq. Le migrazioni da questo bacino sono ora minacciate dalla crescita urbana e dal progetto di una nuova arteria stradale – la Southern Bypass – e da una linea ferroviaria che potrebbe passare all’interno del Parco. La ferrovia dovrebbe garantire la connessione fra il porto di Mombasa e Nairobi. Fonapp e altre associazioni cercano di contrastare questa ondata sviluppista che rischia di minacciare il parco più vecchio del Kenya, custode delle specie più rappresentative della fauna africana, ad eccezione degli elefanti.Political Stand Off Affects Kenyan Tourism

Fonte: Le Monde

© Foto Getty Images

Gasland 2, secondo Josh Fox la democrazia può fermare il fracking

Petrolio e gas non convenzionali ottenuti con il fracking non sono solo una minaccia all’ambiente e alla salute, ma anche alla nostra democrazia, che si sta arrendendo alle grandi lobbies fossili. Ma la popolazione può fermare il fracking se lo vuole, perchè è già successo.Gasland2-screenshot

Josh Fox, il regista di Gaslandil docufilm che nel 2011 ha denunciato i disastri del fracking, è in questi giorni in Europa per presentare la seconda puntata , Gasland 2. Come tutti i sequel che si rispettino, la seconda parte di Gasland non aggiunge solo altri fatti e altre storie, ma mostra come le grandi compagnie fossili abbiano contaminato non solo l’ambiente, ma anche il governo americano spendendo milioni di dollari in attività di lobbying. Questo concetto è molto chiaro e netto nella presentazione del film sul sito ufficiale:

Fin dall’inizio Gasland è stato più che un movimento per proteggere l’ambiente e la salute. Questo è un movimento per proteggere la democrazia e il diritto di decidere il futuro del nostro paese. Unisciti a noi oggi per essere sicuro che le decisioni vegano prese dal popolo e non dalle industrie fossili.

Secondo Fox, fortunatamente la democrazia ha i suoi anticorpi. Il fracking può essere fermato ovunque se le popolazioni locali si mobilitano, come è avvenuto in alcune località di New York e della Pennsylvania. Tuttavia, secondo Fox l’opposizione non basta, perchè occorre suggerire alternative sostenibili, attraverso le fonti rinnovabili.

Fonte: ecoblog