Kazakistan: messa in sicurezza la Plutonium Mountain, sito nucleare militare dimenticato

Il sito di Semipalatinsk, grande come il Belgio, è stato usato per 456 test nucleari. Le sue gallerie erano piene di residui di Plutonio sufficienti per decine di bombe. Ora è stato messo in sicurezza da un’operazione congiunto tra scienziati americani, russi e kazaki.Semipalatinsk-586x389

Il sito nucleare militare di Semipalatinsk  si trova nel Kazakistan orientale e copre un’area grande come il Belgio. Tra il 1949 e il 1962 è stato teatro di una vera e propria apocalisse nucleare, con 116 test in atmosfera. In seguito alla messa al bando dei test atmosferici nel 1962 (1), i test sono proseguiti sottoterra, arrivando ad un totale di 456. Alcuni di questi test hanno studiato l’impatto di esplosivi convenzionali sul Plutonio o hanno simulato l’effetto di in incendio. Di conseguenza, il materiale fissile non si è vaporizzato, ma è rimasto sotto forma di detriti nelle numerose gallerie della Delegen Mountain, nota anche come Plutonium Mountain. Dopo il collasso dell’URSS il sito è stato praticamente abbandonato, con abbastanza frammenti di Plutonio nelle gallerie da poter costruire decine di testate nucleari. Fortunatamente non è stato mai asportato, nonostante fosse alla portata di chiunque e molti locali avessero scavato nelle gallerie alla ricerca di rame ed altri materiali. Nel 1995 scienziati USA del centro di Los Alamos vennero a sapere della minaccia rappresentata dal sito kazako e convinsero il governo USA a finanziare la messa in sicurezza dell’area. Oggi, dopo 17 anni e 150 milioni di $, le gallerie sono state integralmente riempite di un cemento particolare che ha inglobato il plutonio rendendolo inutilizzabile in futuro per usi militari. La storia della collaborazione tra scienziati americani, russi e kazaki per eliminare la minaccia nucleare di Semipalatinsk è raccontata in un rapporto dell’Università di Harvard.

(1) Il trattato per la messa la bando dei test atmosferici fu il risultato dell’impegno di un buon numero di scienziati, tra cui va soprattutto ricordato Linus Pauling, premio Nobel per la Chimica nel 1954 e per la Pace nel 1962.semipalatinsk-0

Fonte: ecoblog

Bombe Usa su barriera corallina in Australia, per i militari è stato un incidente

Due aerei da combattimento statunitensi hanno sganciato 4 bombe sulla barriera corallina in Australia. I militari si difendono e spiegano che è stato un incidente involontarioreef-594x350

Quattro bombe disarmate, sono state sganciate sabato, durante la Talisman SABER, l’esercitazione militare congiunta Usa-Australia lungo la barriera corallina, Parco marino e patrimonio dell’Unesco. I due AV-8B Harrier jet della Settima Flotta sono decollati dalla portaerei USS Bonhomme Richard che si trovava al largo delle coste del Queensland per una esercitazione in mare sabato mattina. Al momento dell’esercitazione, peraltro, sembra che nella zona prescelta fossero presenti anche imbarcazioni di civili. La causa dell’incidente, ossia il rilascio delle bombe in area protetta, secondo le prime spiegazioni fornite dai militari, sembra sia dovuta al fatto che gli aerei avessero terminato il carburante. I piloti così hanno deciso di disfarsi del peso a causa dell’emergenza. La Marina degli Stati Uniti e le autorità australiane stanno indagando sull’incidente. Le esercitazioni della Talisman SABER iniziate lo scorso 15 luglio dovrebbero concludersi il prossimo 6 agosto. La US Navy sta pianificando di recuperare le bombe che giacciono a circa 100 chilometri al largo e circa 16 miglia nautiche a sud di Bell Cay nel Parco Marino della Grande Barriera Corallina e i militari rassicurano circa il fatto che le bombe siano inerti. Anche la Difesa australiana ha dichiarato che:

Le bombe rappresentano il minimo rischio o pericolo per il pubblico, l’ambiente marino o il trasporto civile.

Ma Larissa Waters senatrice australiana del Partito dei Verdi Senatore ha dichiarato che è scandaloso che anche per emergenza siano sganciate bombe su un Patrimonio dell’Umanità:

Siamo completamente impazziti? È questo il modo in cui si tutelano le nostre aree Patrimonio Mondiale adesso? Lasciare che una potenza straniera ci sganci sopra delle bombe?

La Grande Barriera Corallina è un patrimonio mondiale dell’UNESCO ed è il più grande sistema di barriera corallina del mondo, composto da oltre 2.900 barriere individuali e 900 isole, si estende per più di 2.600 chilometri (1.600 miglia) lungo la costa nord-est dell’Australia.

Fonte: RT

Salto di Quirra, dopo l’uranio impoverito è allarme per torio e trizio

È in corso di svolgimento al Tribunale di Lanusei il processo sui veleni di Salto di Quirra, il poligono interforze nel quale , per decenni, sono state testate indiscriminatamente armi estremamente nocive per l’ambiente circostante75946437-586x385

 

Un super perito è stato incaricato di effettuare un’inchiesta per verificare se vi sia, nei terreni e nelle falde acquifere della zona di Salto di Quirra, presenza di uranio impoverito, torio e cadmio. Falco Accame, presidente della Anavafaf, l’associazione familiari delle vittime militari, sostiene che oltre ai suddetti metalli

dovrebbe essere anche considerato il trizio, largamente utilizzato nella strumentazione dei missili. Infatti, certamente, per quanto riguarda il torio usato nella strumentazione dei missili Milan, non esiste il problema della ricerca della sua pericolosità, da accertarsi mediante carotaggio nel terreno. Infatti la pericolosità del missile esiste indipendentemente da quello che potranno dirci le analisi eseguite sul terreno.

Accame aggiunge, poi, con amara ironia che

se il campionamento verrà effettuato sulla base di quanto a suo tempo venne stabilito per Salto di Quirra (3 secchielli di terra per 13 mila ettari di territorio e 50 mila di mare) i risultati, insomma, ancor prima di iniziare, preannunciano qualche incertezza.

La pericolosità del torio utilizzato nei missili Milan è nota sin dal 2000, tanto che i progettisti francesi del missile – di cui in Italia furono prodotte 30mila unità – decisero di ritirarli dall’impiego. Cosa che l’Italia ha fatto in ritardo, continuando ad avvelenare l’ambiente.

Un problema che non riguarda soltanto Salto di Quirra,

ma molti altri poligoni in Italia (a partire, per la stessa Sardegna, da quello di Teulada), nonché l’impiego in operazioni all’estero.

Fonte: Unione Sarda

 

Clima, per i militari NATO la lotta ai cambiamenti climatici è per la sicurezza nazionale

Un nuovo rapporto dello U.S. Center for Naval Analyses e del Royal United Services Institute, due degli alleati NATO, raccomanda di mettere più impegno nella lotta al riscaldamento globale di garantire forniture affidabili di combustibili fossili.

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Secondo The climate and energy nexus studio redatto dal Center for Naval Analyses e dal Royal United Service Institute è necessario impegnarsi seriamente nella lotta ai cambiamenti climatici, intervenendo efficacemente sulla riduzione delle emissioni di CO2 poiché se il clima cambia vi è in pericolo anche la stessa sicurezza nazionale. Il primo passo da fare, spiegano gli studiosi militari è ridurre il consumo di carburanti fossili e di gas di scisto e correggere sopratutto la mentalità tipica americana che punta alla totale indipendenza energetica. Anzi, la definiscono proprio:

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fissazione dell’autonomia energetica attraverso l’estrazione di petrolio e gas è sostanzialmente errata. Secondo i militari l’unica soluzione possibile è da ricercarsi nell’efficienza energetica e energie rinnovabili o biocarburanti adatti a sostituire il petrolio. Nonostante le forniture costanti previste con l’attuale sistema di fratturazione idraulica o fracking e estrazione di gas scisto: l’aumento della produzione nazionale di petrolio e gas naturale non è una panacea per la sicurezza energetica del Paese. Il linguaggio è schietto e non sono lesinate critiche ai politici e ai legislatori americani che si rifiutano di accettare le sostanziose prove scientifiche a carico alla nocività delle emissioni di CO2 che già stanno causando il riscaldamento globale. Critiche anche per il rifiuto a intraprendere azioni corrette che se intraprese per tempo potrebbero scongiurare i peggiori effetti. Il rapporto americano-britannico guarda soprattutto l’altro lato della medaglia ossia ai rischi presentati dalla combustione di combustibili fossili, non importa da dove vengono. Peraltro sono riconosciuti i problemi causati dalla dipendenza occidentale dal petrolio importato, soprattutto dalle parti instabili del mondo. Ma il nuovo rapporto dice che ancora più importante è la necessità impellente di smettere di usare i combustibili fossili, dal momento che la costante aggiunta di anidride carbonica in atmosfera inizia a causare imminenti pericoli per la sicurezza nazionale. Attualmente gli Stati Uniti importano appena il 20 per cento del petrolio dal Medio Oriente; la percentuale più bassa da quattro decenni, ma la dipendenza dalla fonti fossili non è scongiurata poiché, come è scritto nel rapporto: Anche le fonti interne di petrolio e gas non liberano gli Stati Uniti dai rischi di un eccesso di dipendenza, perché i prezzi di questi prodotti saranno determinati dai mercati globali. Il rapporto infine fa notare che i cambiamenti climatici potrebbero innescare nuovi conflitti per la gestione delle risorse naturali: Tuttavia, dato che si prevedono condizioni climatiche senza precedenti queste potrebbero mettere in pericolo la distribuzione stessa delle risorse e conflitti umani emergono come rischio di portata incerta e sensibili al grado di riscaldamento.

Fonte:  Inside Climate

 

URANIO IMPOVERITO: un militare italiano racconta le verità nascoste


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Lorenzo Motta è uno degli oltre tremila militari italiani ammalatisi per essere stati esposti all’uranio impoverito. Ecoblog – che nelle scorse settimane si era occupato dell’argomento riguardo alla situazione irachena e alla questione del poligono di Torre Veneri – lo ha intervistato. 

Tu ti sei arruolato nel 2002, poco più che ventenne. Puoi raccontarci a quali missioni hai preso parte e in quali Paesi? 

Sì, mi sono arruolato nel 2002. Le missioni da me effettuate sono state la Stanavformed(area mare Mediterraneo) con soste in Turchia, Grecia, Tunisia, Francia, Portogallo e Spagna occupandoci dell’antiterrorismo; la SNMG2 sotto l’egida della Nato, con la stessa operazione della precedente, ma sostando inoltre ad Algeri e Casablanca; la Enduring Freedom per la pacificazione del territorio afghano con zona di pattugliamento del mare arabico, subito dopo il canale di Suez. In quella missione ci siamo occupati anche di campagne umanitarie e contrasto alla pirateria sostando a Djbouti, al confine con Somalia, Bharein, El Manahma, Dubai, Salalah e Muscat.

In quale circostanza ti sei accorto che l’esercito italiano non utilizzava le stesse precauzioni dei corpi militari stranieri? 

Ci trovavamo a Djbouti per effettuare una campagna umanitaria ad un centro ecclesiastico italiano che si occupava di bimbi malati. Mentre i nostri alleati andavano protetti con maschere monofiltro e tute specifiche, noi italiani, a causa delle alte temperature, andavamo in calzoncini, maglia a maniche corte e scarpe in tela come un gruppo di boyscout.

Qual è stato il tuo iter terapeutico?

Mi sono sottoposto a 8 cicli di chemioterapia e a 35 sedute di radioterapia. Proprio in quel periodo ho saputo che sarei diventato padre. Questa notizia mi ha dato la forza per reagire e combattere contro la malattia. Un giorno, qualche tempo dopo la diagnosi, i carabinieri mi hanno consegnato una lettera della marina militare nella quale mi veniva notificata la riduzione del 50% dello stipendio per i successivi tre mesi e, dopo quella scadenza, la totale cessazione dei pagamenti a causa della non idoneità al servizio. È stato un momento difficilissimo: non avevo più i soldi necessari a pagare l’affitto e nemmeno quelli per pagare le visite mediche di mia moglie. Lo stesso giorno della nascita della mia primogenita, il 15 ottobre 2006, sono dovuto partire per Taranto dove, stranamente, ho superato la visita per diventare militare in servizio permanente effettivo. Successivamente sono stato nuovamente visitato ad Augusta e sono stato dichiarato non idoneo al servizio e congedato senza alcuna percentuale di invalidità.

E poi cosa è successo?

Nel novembre del 2008, arrivato l’impiego civile al Ministero della Difesa, mi sono visto costretto a chiedere delle trattenute per far fronte ai debiti che avevo contratto durante la malattia. Una volta trasferitomi in Piemonte, nel luglio 2010, ho ricevuto una comunicazione del Comitato di verifica per le cause di servizio nella quale mi si diceva che la malattia non era stata causata da fatti di servizio.  A quel punto ho spedito i miei campioni biologici al centro Nanodiagnostic di Modena: la mia biopsia ha evidenziato nanoparticelle di tredici diversi metalli nel mio corpo, nanoparticelle con le quali devo e dovrò convivere.

Quali altre azioni ha intrapreso?

Nel 2011 ho fatto richiesta di inclusione fra le vittime per il dovere alle quali va riconosciuto un vitalizio commisurato al grado di invalidità. Il 25 gennaio 2012 ho esposto il mio caso in Senato e mi è stato detto che ci si sarebbe occupati di questa questione. Attualmente attendo la fissazione dell’udienza al TAR Lazio, affinché venga annullata la valutazione che svincola la mia malattia dal rapporto di causalità con le missioni alle quali ho preso parte, ma c’è un cambiamento sull’evoluzione della definizione di vittima del dovere. Convocato dall’Ospedale militare di Torino per sottopormi a una visita, ho portato con me i documenti inerenti il mio linfoma e i documenti inerenti la contaminazione. Seduto davanti alla commissione, il Presidente ha preso i miei documenti e ha rifiutato la relazione che parla della contaminazione, dicendomi che Roma aveva richiesto di quantificare la percentuale d’invalidità solo sul linfoma e non sulla contaminazione affidandomi il 23% d’invalidità. Trasmesso il verbale dove viene citata la mia invalidità a Roma area SBA (Speciali Benefici Assistenziali), la stessa inoltra il tutto al Comitato di Verifica per l’azione di competenza. Purtroppo, appena tre giorni fa, ho saputo che lo stesso comitato si è espresso in maniera negativa in merito alla concessione dello status di vittima del dovere.

Sei entrato in contatto con altri militari ammalati? 

Sì, conosco ragazzi affetti da patologie oncologiche ai quali comunico la mia esperienza affinché non cadano negli stessi errori burocratici.

Sei stato in grado di capire dove sia avvenuta la contaminazione?

Ormai non si parla più di zone ma di intere aree contaminate e, sinceramente, la cosa che mi preoccupa è che anche in Italia si siano scoperte zone altamente contaminate come, per esempio, i poligoni della Sardegna. Sinceramente non ho la più pallida idea di dove possa essere avvenuta la mia contaminazione essendo un ex militare della Marina militare e sapendo che, ultimamente, nei fondali marini dell’arsenale di La Spezia sono stati trovati elementi tossici. 

Voi che tipo di protezione utilizzavate?

Noi militari Italiani nelle missioni all’estero non avevamo nessun tipo di protezione, eravamo solo delle persone mandate allo sbaraglio, senza nessuno che si preoccupasse della nostra salute. Eravamo totalmente inconsapevoli dei rischi che stavamo correndo.  Tanto per fare un esempio ricordo che le guardie sottobordo delle forze alleate avevano i normali giubbotti antiproiettile, noi, invece, ci limitavamo ai giubbotti antischeggia. 

Come procedono le cause di servizio dei militari ammalati?

Ultimamente un mio carissimo amico di Bari, al quale ho dato molti consigli per non essere infarinato dalla burocrazia e dalle istituzioni, ha saputo che gli è stata concessa la dipendenza da causa di servizio… Non basta: sono troppi i casi dimenticati e rifiutati dai tribunali militari, a differenza dei tribunali civili, che concedono risarcimenti che vanno dai 545mila ai 1,4 milioni di euro. 

Secondo te l’Uranio Impoverito viene ancora utilizzato nei conflitti in corso? 

Spero realmente che non si sia fatto più uso di Uranio Impoverito ma le notizie parlano di un’agente ancora più tossico dell’uranio denominato torio.

Recentemente si è parlato del ritrovamento di bossoli tossici nel poligono di Lecce. In passato aveva fatto discutere il poligono di Salto di Quirra, voi militari che informazioni avevate sulle armi utilizzate nei poligoni? Avevate notizie sull’utilizzo di munizioni all’uranio impoverito?

Essendo un militare della marina non frequentavo molto i poligoni, ma ti posso garantire che quando facevamo imbarco munizioni sulle unità navali mai nessuno ha parlato di uranio, tanto da farci imbarcare questi grandi bossoli con le mani protette soltanto da guanti in lattice.

Fonte: ecoblog