Sarah Ruta e il suo amore per le api: “Da questi animali abbiamo tanto da imparare”

Un avvincente percorso di vita e di lavoro ha portato la giovane siciliana Sarah Ruta a condividere la propria esistenza con le api. Il loro valore, secondo lei, non sta solo nel ruolo che rivestono all’interno dell’ecosistema, ma anche nell’esempio che incarnano, ovvero quello di una comunità coesa e solidale.

RagusaSicilia – Questa è una storia nata dall’incontro e dalla conoscenza di un mondo che Sarah Ruta non avrebbe mai pensato di esplorare. Tutto è cominciato da una passione, quella per l’apicoltura e per il miele, che questa giovane donna di Ispica – in provincia di Ragusa – ha fatto sua, prima quasi per caso e poi con determinazione. Sì perché Sarah, classe 1990, titolare di Miele di Cava, al mondo delle api non è arrivata ereditando un’azienda di famiglia, ma scrivendo una storia tutta sua: «Mi sono diplomata all’Accademia di Belle Arti di Catania e sognavo una vita nell’arte e soprattutto nel mondo del teatro. Mentre mi guardavo intorno però ho cominciato a collaborare con un’azienda in un b&b e alla fine della stagione turistica i titolari mi hanno chiesto di continuare ad aiutarli nell’accudimento delle loro api. Sarà stata la curiosità o l’incoscienza, ma ho detto di sì ed è scoccata la scintilla. Mi sono innamorata del mondo delle api e di tutto quello che comportava la loro cura».

In quell’azienda Sarah Ruta comincia a imparare tutto quello che c’è da sapere su api, celle, regine, smielatura. «Per cinque anni – racconta – ho lavorato per grosse aziende del settore imparando a conoscere il mondo delle api in modo approfondito e innamorandomi sempre di più di quello che facevo. Quando la prima azienda per cui lavoravo mi ha licenziata ho sentito venire a mancare una parte fondamentale della mia esistenza. A quel punto ho realizzato veramente che le api non erano più solo un lavoro, ma una forte passione».

Alle conoscenze apprese sul campo, Sarah comincia ad affiancare quelle apprese dai libri, studiando e imparando sempre di più. Poi prende una decisione: avrà un apiario tutto suo. «Nel 2016 per la prima volta ho le mie famiglie di api. In quel momento mi accorgo che produrre quantità di miele da rivendere richiede grossi investimenti.

La cura delle api costa: «Vanno nutrite spesso e curate se si ammalano; il miele monoflora poi – che sia castagno, timo, eucalipto – richiede spostamenti delle arnie in camion su distanze che arrivano a centinaia di chilometri, che non solo hanno un impatto ambientale negativo, ma ci illudono anche di avere un miele di serie A o di serie B per via delle leggi che regolano questo settore».

Insomma, studiando e mettendosi alla prova, Sarah si rende conto che l’apicoltura convenzionale a cui si sta avvicinando è lontana dalla sua esigenza etica di relazione con questo insetto che intanto l’ha conquistata anche con il suo modo di comportarsi. «Ho cominciato a pensare a un progetto mio e grazie a un incubatore di idee l’ho fatto crescere. La soluzione era più vicina di quanto pensassi: sirvagghiu (selvaggio), incontaminato, naturale… queste erano le parole chiave del mio lavoro e del mio miele. E solo un posto poteva rispondere a queste caratteristiche: la Cava d’Ispica. Un luogo meraviglioso, con fioriture spontanee tutto l’anno che permettono alle api di rafforzarsi anche nei periodi dell’anno in cui altrove non si trova più nulla».

Le api possono davvero insegnarci cosa significa collaborare visto che loro si muovono come un unico organismo

Sarah Ruta punta dunque tutto su questo luogo dove l’acqua non manca mai e dove la biodiversità è talmente variegata da contare – come ha rilevato anche l’Università di Catania – 530 specie di piante tipiche che nutrono le api, dando loro un’alimentazione varia che aiuta l’organismo a non ammalarsi ed evitare così cure invasive con sostanze che, ovviamente, passano pure al miele.

«Io non  faccio inseguimento di fioritura – spiega – e non sposto le mie arnie, ma tengo i miei apiari sempre negli stessi posti. Per questo il Miele di cava è solo millefiori: autunnale (carrubbo, edera, nespolo, rosmarino endemiche della zona) e primaverile (agrumi, campanellini bainchi, cetosella), ovvero il risultato delle fioriture tipiche della zona che ne fanno un miele ricco, profumato e cremoso. Ma c’è di più, perché il progetto di Sarah non è solo di tipo alimentare.

«Ho scelto di posizionare il mio apiario proprio nel Convento dei Frati Minori di Gesù, ai margini della città, per due motivi», racconta. «Innanzitutto, in questo modo l’apiario non risente dei trattamenti a base di pesticidi e diserbanti irrorati nella campagna circostante. Inoltre si trova a un passo dalla Cava, dove la vegetazione cresce rigogliosa grazie al fatto che essendo così difficile da raggiungere non è mai stata intaccata dai mezzi dell’agricoltura meccanizzata moderna».

La motivazione però è anche quella della divulgazione. Un sogno che purtroppo il Covid ha messo per ora in stand–by: «Ritengo che sia necessario creare consapevolezza riguardo a un argomento spesso sottovalutato come la qualità del miele e il ruolo importante delle api nel mantenimento di un ecosistema sano e funzionale anche per la nostra sopravvivenza. Inoltre, mi piacerebbe instaurare ampie sinergie con realtà attive in Cava, con l’intento di organizzare dei percorsi agroalimentari per gente del posto, per le scuole e per turisti».

«Ma più di tutto – conclude Sarah Ruta – mi piacerebbe far capire alle persone quanto si possa imparare dalle api, per rispettarle di più non solo per la loro funzione di impollinatori, ma anche per il loro modo di comportarsi come comunità. Le api possono davvero insegnarci cosa significa collaborare visto che loro si muovono come un unico organismo e non lo fanno per sudditanza, ma perché sanno che trovare il meglio per se stesse significa fare anche il meglio per la comunità».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2022/03/sarah-ruta-amore-api/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Dalle aule di ingegneria alla vita nella natura: l’apicoltore Luca Bianchi.

L’apicoltore Luca Bianchi, tra i protagonisti della docu-serie Forza della Natura, ci racconta di come è passato dalle aule universitarie di ingegneria alla vita di campagna, seguendo le orme dei suoi nonni. Ci parla di quanto si senta legato al territorio dove è cresciuto e di come lo voglia valorizzare attraverso il suo lavoro e la collaborazione con altri piccoli produttori locali. Nel 2014 Luca ha scoperto le api e se ne è innamorato immediatamente. Da studente di ingegneria si è appassionato di un mondo che definisce perfetto, creato da un animale perfetto quanto indispensabile quale è l’ape. La passione di Luca si è trasformata anche in un lavoro, con la creazione, nel 2016, dell’Azienda agricola Luca Bianchi. A fare da sfondo a questa attività c’è la zona montana delle Marche, la sua regione d’origine, ricca di tanti paesaggi molto differenti tra loro e che intrattiene un forte legame con l’attività quotidiana dell’apicoltura. 

Luca, oltre ad essere innamorato delle sue api, è anche un ambasciatore della loro importanza: oltre ai prodotti strettamente legati all’alveare, che tutti noi abbiamo imparato a gustare, le api svolgono un lavoro molto più ampio fornendo un perfetto servizio di impollinazione e di garanzia di biodiversità. Secondo Luca, però, è necessaria una grande sinergia tra la flora e la fauna di un determinato ambiente: se le api stanno bene faranno un ottimo lavoro e questo può essere garantito solo dalla salubrità dell’habitat nel quale si trovano. In questo modo, grazie alla loro attività, gran parte di quello che mettiamo quotidianamente nel piatto, deriva indirettamente dal loro lavoro. Luca non ha un modo preciso per scegliere dove posizionare le api, viene guidato da un sesto senso, da una sorta di colpo di fulmine per un determinato territorio, nel quale le api possono dare una buona risposta. Il territorio scelto, però, deve essere sempre biologico e incontaminato perché queste sono le uniche certezze di Luca; per quanto riguarda la flora, quella sarà una sorpresa al momento della raccolta. Un po’ come scartare un regalo il giorno del tuo compleanno. La produzione di miele, infatti, non è vista come una rincorsa alla quantità, ma è un servizio di benessere offerto alle api: solo in questo modo il prodotto finale avrà delle caratteristiche uniche e speciali capaci di conquistare Luca e i consumatori del suo miele – e prodotti dell’alveare. Sono le api, alla fine, che scelgono cosa raccogliere, quando farlo e in quale quantità garantendo densità e completezza al miele.

Le restrizioni e i cambiamenti dovuti al Covid-19 non hanno bloccato la natura che, anzi, ha regalato molte giornate di tempo buono permettendo alle api di mettere una marcia in più, con un miele precoce che è stato un bellissimo regalo in questo momento un po’ negativo. L’unica cosa che ha subito delle modifiche a causa della situazione degli ultimi mesi è stata la modalità di far arrivare i prodotti alle persone: le spedizioni sono state potenziate e si è sempre cercato di garantire la filiera al consumatore, anche per riuscire a raccontare il prodotto nel modo più adeguato, con tutte le sfumature della natura che si possono assaporare. 

Il legame di Luca con la natura, infatti, non potrebbe essere più stretto. Il rispetto e la conoscenza sono solo due delle lezioni che ogni giorno si possono apprendere dal vivere a contatto con tutto quello che la natura ci da. Sta a noi, secondo Luca, decidere se sfruttare la terra o scegliere di valorizzarla e restituirle qualcosa a nostra volta. L’idea che tutto quello che si semina, letteralmente e in modo metaforico, verrà poi raccolto è centrale nella filosofia di Luca e della sua Azienda agricola; la sua è una grande storia d’amore, un rapporto fatto di rispetto e di attese perché se si lavora con una certa ideologia si viene ripagati con la stessa moneta.

Luca non ha paura del futuro, pur provando una certa soggezione. Tutti noi vorremmo essere in grado di comandarlo e di definirlo in qualche modo e l’idea di non riuscirci può fare spavento; sarà però necessario cercare di rimanere al passo con i tempi della natura, che scandiscono in modo preciso la quotidianità di Luca, ma anche con quelli della società. La coscienza di questa sfida è uno stimolo a continuare a cercare una spiegazione per tutto quello che quotidianamente riesce a fare. Il miele, lontano dall’essere un semplice nettare, è una vera e propria fotografia di quel paesaggio in un determinato momento, se si pensa che per produrre un chilo di miele le api visitano circa due milioni di fiori. Fiori che sono come pixel di un territorio che abbiamo l’opportunità di assaggiare grazie all’attività quotidiana di persone come Luca, a servizio delle api e della biodiversità.

Forza della natura, una docu-serie di LUMA video, racconta le storie di piccole attività agroalimentari che durante il periodo difficile dovuto al Covid-19 non si sono mai fermate. Vuole dare voce a chi ha continuato a portare avanti la propria attività a testa alta, dimostrando l’importanza di coltivare il nostro presente e il nostro futuro.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/09/da-ingegneria-vita-natura-apicoltore-luca-bianchi-piccoli-produttori-3/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Ingrediente naturale per pulire la pelle e sbiancare le macchie

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Molte persone hanno macchie e lentiggini sulla pelle che risultano antiestetiche e, a volte, fastidiose. Tutti i giorni la pelle è esposta a una grande quantità di fattori che la possono alterare e per questo non è raro che, da un momento all’altro, si inizino a notare alcune macchie o alterazioni. La buona notizia è che non c’è bisogno di investire troppi soldi in trattamenti costosi per pulire e sbiancare la pelle macchiata. Sebbene oggigiorno esistano molte soluzioni disponibili sul mercato, potete sfruttare delle alternative naturali che vi possono aiutare a ottenere ottimi risultati.

Prezzemolo per pulire e sbiancare le macchie della pelle e le lentiggini

Il prezzemolo è un ingrediente dalle proprietà benefiche per la pelle e dai nutrienti essenziali che la idratano in profondità, eliminano le cellule morte e attenuano le antiestetiche macchie e alterazioni. Questa pianta è facile da coltivare, sebbene si possa trovare facilmente al supermercato. È molto economica e molto utile per diversi trattamenti medicinali.

Proprietà del prezzemolo per la pelle

Per quanto riguarda la cura della pelle, il prezzemolo ha effetti importanti che possono aiutare a ottenere risultati eccellenti:

  • illumina la pelle;
  • riduce le macchie e le lentiggini scure;
  • è un toniconaturale;
  • previene e combatte i punti neri;
  • riduce l’acne;
  • aiuta a rigenerare la pelle, favorendo la cicatrizzazione;
  • riduce l’arrossamento, l’irritazione e l’infiammazione;
  • diminuisce notevolmente le occhiaie e le borse sotto agli occhi.

Lozione al prezzemolo per attenuare le macchie della pelleprezzemolo

Se le macchie stanno mettendo a rischio la bellezza della vostra pelle, non esitate a preparare questa efficace lozione al prezzemolo. Può aiutarvi a ridurle visibilmente e allo stesso tempo tonifica la pelle, così da sfoggiare un volto radioso e bellissimo.

Ingredienti

  • 200 ml di acqua bollente
  • 2 cucchiai di foglie di prezzemolo tritato finemente
  • 1 cucchiaio di succo di limone o aceto di mele

Come prepararla?

  • In una pentola versate 200 ml di acqua, portatela a ebollizione e aggiungete due cucchiai di foglie di prezzemolo tritato finemente. Cuocete la miscela a fuoco lento e poi lasciatela freddare. Infine, aggiungete un cucchiaio di succo di limone o aceto di mele e mescolate in modo che si amalgami del tutto.
  • Conservate la lozione in un contenitore spray e applicatela tutti i giorni sul viso, la mattina e la sera.
  • Potete conservare questa lozione in frigorifero per cinque o sei giorni.
  • Essendo un prodotto naturale, i risultati non saranno visibili già dopo la prima applicazione. È importante essere pazienti e sapere che può richiedere un po’ di tempo. Applicate questo prodotto in maniera costante e vedrete dei cambiamenti nel giro di qualche settimana.

Maschera al prezzemolo per sbiancare la pellesbiancare-la-pelle

Se volete rendere ancora più efficaci gli effetti del prezzemolo sulla pelle, potete integrare l’uso della lozione precedente con questa maschera fatta in casa.

Ingredienti

  • un mazzetto di prezzemolo fresco
  • un cucchiaino di succo di limone fresco
  • un cucchiaio di miele puro

Come prepararla?

  • Imbevete il mazzetto di prezzemolo in acqua calda e poi tagliatelo finemente. In seguito, tritate il prezzemolo in un mortaio fino a ottenere una pasta densa.
  • Mettete il prezzemolo in un recipiente e poi mescolatelo con il succo di limone e il miele. Unite tutti gli ingredienti fino a formare una pasta e poi applicatela sul viso.
  • Conviene lavare molto bene il volto prima di utilizzare questa maschera.Una volta applicata, in particolare sulle zone interessate, lasciate agire dai 15 ai 20 minuti.
  • Il limone può causare irritazione o bruciore, ma solo nel caso in cui abbiate dell’acne, e di solito dura solo per pochi secondi.
  • È importante applicare questa maschera nelle ore notturne poiché l’acido citrico del limone può causare effetti collaterali sulla pelle se vi esponete subito al sole.
  • Trascorso il tempo consigliato, rimuovete la maschera con acqua tiepida e applicate una crema idratante.
  • Nei casi di acne, macchie e lentiggini conviene applicare questo trattamento due volte a settimana.
  • Come per la lozione precedente, è bene applicare questa maschera di frequente per poterne vedere i risultati.

Fonte: viverepiusani.com

Miele italiano dimezzato: aumentano i furti di arnie

L’import di miele dall’estero è aumentato del 17%. Dal 19 gennaio gli apicoltori possono registrarsi all’ Anagrafe delle api per comunicare una nuova apertura, specificare la consistenza degli apiari, il numero di arnie e le movimentazioni per le compravenditemiele-cinese-586x389

Una primavera e un’estate molto piovose, insieme all’infestazione di insetti alieni come la Aethina tumida, hanno dimezzato il raccolto di miele della stagione 2014, la più disastrosa degli ultimi decenni. Il -50% di miele prodotto ha portato a un aumento dei prezzi e a numerosi furti nelle campagne, dove i ladri hanno iniziato a sottrarre gli alveari lasciati dagli apicoltori in zone non sorvegliate. I furti di arnie oltre a provocare un grave danno economico ai coltivatori, rischia di alimentare attività illegali che mettono in serio pericolo sia l’agricoltura che la salute pubblica. Si tratta di un problema che sta interessando un’altra eccellenza dell’agricoltura italiana: l’olio d’oliva con campi sotto controllo e carichi di olive costretti a viaggiare sotto scorta. Dallo scorso 19 gennaio è diventata operativa l’Anagrafe delle api nella quale operatori delle Asl, aziende e allevatori possono comunicare una nuova apertura, specificare la consistenza degli apiari, il numero di arnie e le movimentazioni per le compravendite: la registrazione avviene sul portale del Sistema informativo veterinario accessibile dal sito del ministero della Salute. Alla crisi del miele italiano ha fatto seguito un aumento del 17% delle importazioni dall’estero di miele naturale (dati Istat gennaio-settembre 2014). Risultato di questo trend è che ormai due barattoli di miele su tre, nei nostri negozi, sono di provenienza straniera: oltre un terzo dall’Ungheria, il 15% dalla Cina, il restante da Romania, Argentina e Spagna dove sono permesse coltivazioni Ogm che possono contaminare il miele senza che ve ne sia indicazione in etichetta. Il miele prodotto in Italia (dove non sono ammessi gli Ogm) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria: se il miele è raccolto interamente nel nostro Paese deve esserci la dicitura Italia, nel caso provenga da più Paesi deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”. Per i mieli provenienti da Paesi extra-comunitari, la scritta deve essere: “miscela di mieli non originari della CE”. In Italia sono presenti circa 75mila apicoltori, con 1,1 milioni di alveari e un giro d’affari complessivo stimato in 70 milioni di euro.

Fonte:  Coldiretti

© Foto Getty Images

Miele: produzione dimezzata e ora si teme per il coleottero killer

Piogge e anomalie climatiche sono la principale causa del dimezzamento della produzione di miele di acacia, castagno, agrumi e mille fiori. Ma ora l’emergenza è legata a un coleottero killer

Le anomale condizioni meteo e le continue piogge che hanno caratterizzato la primavera e l’estate 2014 hanno dimezzato la produzione italiana di miele di acacia, castagno, agrumi e mille fiori, ma l’allarme per le sorti della mielicoltura è legato soprattutto all’arrivo in Italia del coleottero Aethina tumida, un insetto killer appartenete alla famiglia dei Nititulidi che si nutre di miele, di polline e soprattutto delle covate di api, annientando la popolazione e costringendola ad abbandonare l’alveare. Si tratta della stessa situazione prodottasi in Nord America negli anni Novanta, quando questo coleottero invase le campagne provocando ingenti danni al patrimonio apistico, con livelli di infestazione mai riscontrati in Africa, sua zona di origine. Circa 3000 apiari situati nelle zone dei focolai di infezione sono già stati distrutti sia in Calabria che in provincia di Siracusa, con conseguenti danni economici di natura diretta e indiretta (le api contribuiscono alla produzione ortofrutticola con l’impollinazione) quantificabili in diversi milioni di euro. Secondo Coldiretti si tratta di una situazione da affrontare con grande cautela: gli apicoltori non possono spostare gli apiari indenni nel raggio di 20 chilometri da dove è stato riscontrato il primo focolaio, né possono far rientrare gli apiari nella zona di restrizione, quindi senza poter effettuare spostamenti e senza api, nella prossima stagione produttiva non potranno produrre miele.

Al fine di cercare di mantenere il tessuto economico e sociale del territorio è necessario intervenire a sostegno delle aziende gravemente colpite attraverso strumenti che ne possano sostenere la ripresa dell’attività economica

ha chiesto il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in una lettera inviata al Ministro per le Politiche Agricole Maurizio Martina.ape-586x370

Fonte:  Coldiretti

© Foto Getty Images

Gli ogm distruggono il miele del Messico

Le coltivazioni geneticamente modificate hanno ormai colonizzato il Messico, divenuto porto franco delle multinazionali del biotech. E ora questa nazione sta pagando un prezzo sempre più alto. E mentre il governo continua a dare l’ok a sempre nuove coltivazioni, i giudici del distretto federale hanno detto no, bloccando l’autorizzazione per la soia Monsanto nello Yucatan.mappa_ogm_messico

Ad autorizzare la coltivazione della soia ogm erano state le autorità federali messicane. I giudici sono intervenuti sulla base delle evidenze scientifiche che dimostrano come le coltivazioni di soia ogm mettano a rischio la produzione di miele degli stati di Campeche, Quintana Roo e dello Yucatan. Su La Jornada la decisione è stata accolta con soddisfazione e con un commento che suggerisce come le agenzie federali coinvolte in questa disputa possano essere accusate di corruzione e collusione. Peraltro, l’autorizzazione federale era arrivata, malgrado le centinaia di voci contrarie provenienti dal mondo scientifico nazionale e internazionale. La parte più importante della decisione della corte riguarda la motivazione secondo cui la coesistenza è impossibile, ossia, in questo caso specifico come ormai nella generalità dei casi, la coltivazione ogm Monsanto e la produzione di miele sono incompatibili. Peraltro, l’85% del miele messicano viene esportato perché destinato al mercato europeo e la Corte di Giustizia Europea ha già proibito nel 2011 la vendita di miele che contenga polline da coltivazioni ogm. E pensare che il Messico è una delle nazioni che ha firmato la Convenzione sulla biodiversità e il protocollo di Cartagena sulla biosicurezza.
L’argomento merita un’altra riflessione: l’imposizione del modello ogm sta trasformando (e ha già trasformato) il diritto umano al cibo in business privato di poche grandi società. Un sistema alimentare non può essere democratico se permette alle multinazionali di controllare il cibo e l’agricoltura. La cosa è molto semplice, al di là anche di quanto la scienza può dirci: il cibo meglio prodotto e consumato viene dalla base, ancor meglio se a livello locale.

Fonte: ilcambiamento.it

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Pappa reale, miele e propoli bio stranieri spacciati per italiani: sequestrati dalla Forestale

I Forestali di Bari hanno sequestrato un ingente quantitativo di pappa reale biologica cinese venduta come biologica italiana, miele di origine serba commercializzato come miele biologico italiano e propoli con denominazione illecita Propoli D.O.C..forestale1-620x622

Ingenti quantitativi di miele serbo ma venduto come biologico italiano, propoli Doc e pappa reale bio ma proveniente dalla Cina su cui erano state apposte etichette Made in Italy sono stati sequestrati dai Forestali del Nucleo Tutela Regolamenti Comunitari e della Sezione di Analisi Criminale di Bari in collaborazione col personale dei Comandi Provinciali di Ancona e Milano, per le indagini in corso sulla sicurezza a tutela del “Made in Italy”. La frode consiste nell’aver messo in vendita prodotti stranieri spacciandoli per Made in Italy, ingannando il consumatore così circa la reale origine del miele, propoli e pappa reale. Al momento risulta una persona segnalata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani che peraltro ha anche ha emesso un provvedimento di sequestro probatorio dei prodotti su tutto il territorio italiano. Il traffico illegale di prodotti esteri con etichetta italiana si realizzava nel Nord Italia a opera di due aziende che importavano i prodotti e che provvedevano poi a trasferirli in una terza azienda ma in Puglia. Qui avveniva l’etichettatura falsa con enorme guadagno: la pappa reale veniva acquistata a 100 Euro al chilo e rivenduta all’ingrosso a 700-800 euro al chilo, per essere poi commercializzata dalle migliori erboristerie a 12-14 euro ogni 10 grammi. Le indagini sono partite dopo le denunce inoltrate da una associazione di produttori nazionali che hanno subito gravi danni dal commercio fraudolento poiché i prodotti stranieri, spesso di basso valore commerciale e di difficile tracciabilità, entravano in concorrenza sleale con i prodotti delle aziende degli apicoltori nazionali che subiscono maggiori costi e controlli. E infatti le indagini dei Forestali proseguono ora con le analisi sui prodotti sequestrati al fine di valutare la presenza di metalli pesanti o altri contaminanti pericolosi per la salute.

Fonte/ Foto : Corpo Forestale

Api in pericolo: tutta colpa delle vespe venute dall’Asia

In Spagna, la specie aliena di Vespe assassine rischia di mettere in pericolo la produzione di mieleapi

Scientificamente si chiama Vespa velutina, ma è comunemente nota come Vespa assassina. Da alcune settimane è diventata l’incubo per i produttori di miele spagnoli che con il suo arrivo potrebbero vedere compromesse le prossime produzioni del“nettare degli dei”. Il 19 settembre le vespe sono state avvistate per la prima volta a Gerona, in Catalogna. Originaria dell’Asia, questa specie di vespe ha ricevuto il poco apprezzabile appellativo di “assassina” per la voracità con la quale si nutre di api. A differenza delle sue simili, infatti, la vespa è un insetto carnivoro e la specie in questione ha dimostrato di essere particolarmente aggressiva e vorace. Di grandezza considerevole, questa vespa deve essere stata traghettata da un cargo proveniente dall’Asia e deve avere nidificato moltiplicandosi una volta giunta sul suolo europeo. Una delle sue peculiarità è la straordinaria capacità riproduttiva: si stima che nel nido trovato in Catalogna vi siano all’incirca 200 madri feconde e che ognuna di esse possa generare fino a 12mila esemplari. In novembre le vespe dovrebbero formare nuovi nidi e si alimenteranno di api. Gli apicoltori sono preoccupati poiché non vi è alcun predatore che possa “correggere” l’invasione delle vespe aliene. La globalizzazione ha le sue falle anche in natura e la mobilità umana propizia la mobilità di specie che fuori dal loro habitat sono fattori di caos e disequilibrio. Non è certo la prima volta che accadono episodi del genere. Negli scorsi mesi Ecoblog si è occupato dell’invasione di vongole provenienti dall’Asia che sta mettendo in serio pericolo l’ecosistema della parte italiana del Lago Maggiore. Anche in questo caso l’uomo ha fatto da traghettatore, portando in Europa una specie che rischia di compromettere un equilibrio costruito nel corso di millenni.

Fonte : El Pais

UrBEES: api in città, sentinelle contro l’inquinamento

L’apicoltura urbana è già una realtà a New York, Londra, Parigi, Tokyo. E si fa strada anche a Torino, con il progetto UrBEES. Le api di città fanno il miele – buono e sano come quello di campagna – e servono a monitorare gli inquinanti. Roba da esperti? No. Chiunque può adottare un’arnia: non è pericoloso, non è difficile e basta un balcone. “Join the Revolution!”

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Un annuncio gira su facebook: “Abbiamo bisogno di voi per portare avanti il Progetto UrBEES. Cerchiamo postazioni in Torino e Provincia per installare nuovi apiari urbani. Balconi, terrazze, giardini, orti, tetti, parchi, cortili… e qualsiasi altro spazio per poter rendere, finalmente, ecosostenibili le nostre città. Se siete interessati contattateci su urbees@hotmail.com Join our revolution!”. E noi l’abbiamo fatto. Ecco cosa ci ha raccontato Antonio Barletta, l’ideatore del progetto. “Io sono apicoltore da circa sette anni; avevo le api in Val Chiusella assieme ad un amico, ma cercavo delle postazioni più vicine a Torino, dove vivo. All’inizio concentravo le ricerche in zone periferiche, ma poi mi sono detto “Perché invece che mettere le api in periferia non le portiamo in città?”. E ho cominciato ad informarmi. In rete ho scoperto la realtà dell’apicoltura urbana, le esperienze nel mondo: Londra, Parigi, New York, Hong Kong, Tokyo… Ho cercato di capire se ci fossero realtà simili in Italia, ma non ne esistevano. E allora ho deciso di provarci io. Prima di tutto ho cercato di capire se nella mia città ci fossero divieti contro l’apicoltura urbana – divieti che esistono in altre città: la stessa New York, ora all’avanguardia in questo campo, inizialmente lo vietava – e ho visto che a Torino il divieto non c’era. Così ho cominciato a parlarne ad amici, conoscenti, apicoltori…ecodaleecitta1

Ed è nato Urbees. Cosa volete fare esattamente?

Il progetto consiste nel coinvolgere i cittadini nell’allevamento delle api in città per beneficiare non solo di miele, cera e propoli, ma anche dei suoi servizi di biomonitoraggio: chiunque voglia ospitare le api sul balcone, o sul giardino avrà in cambio i prodotti dell’alveare e ci darà la possibilità di creare una “centralina di monitoraggio” per la qualità dell’ambiente urbano. Le api sono sentinelle dell’ambiente ed è arrivato il momento di utilizzarle anche per quello che è il loro ruolo nella natura. Attraverso l’analisi del miele e della cera delle api possiamo controllare la presenza dei metalli pesanti, degli inquinanti, e rilevare cosa sta cambiando nell’ecosistema della città. Il patto è questo: i cittadini mettono a disposizione uno spazio sul proprio balcone (bastano uno o due metri quadri), noi veniamo a fare un sopralluogo e installiamo l’arnia che diventa una postazione di monitoraggio. In cambio il cittadino si prende il miele. Urbees non ha ancora natura giuridica, non guadagniamo, per ora siamo tutti volontari e amici.

Non fa male mangiarsi il miele “inquinato”?

Il miele urbano è buono come quello prodotto in campagna ma si tira dietro un mucchio di scetticismo. Abbiamo analizzato il miele prodotto a Torino l’estate scorsa, misurando la presenza di piombo, nichel, cromo e benzene, cosa che non fanno i produttori tradizionali perché nessuno glielo chiede. Bene, nel nostro miele, questi metalli pesanti erano presenti solo in minime tracce, completamente irrilevanti dal punto di vista della commestibilità e della salute umana. Ma noi queste minime tracce possiamo analizzarle per fare un monitoraggio della qualità ambientale della città, avendo a disposizione i valori chimico fisici dei metalli pesanti ma anche quelli biologici: cosa causano questi metalli pesanti all’interno di un organismo?

Insomma, le api sono microcentraline…

Le api sono sentinelle: sono bioindicatori, un po’ come i muschi e i licheni, monitorano tutto e ci dicono come cambia l’ambiente. Ma non solo. Dove ci sono le api si garantisce il mantenimento della biodiversità. Possiamo scoprire come varia la presenza botanica spontanea in città, creare una mappatura della vegetazione urbana, utile anche per chi ha allergie. (Fra l’altro il miele è anche ipoallergenico: si abitua l’organismo ad introdurre piccole parti della sostanza a cui si è intolleranti), ripristinare le piante necessarie all’ecosistema… La natura in città deve essere funzionale, non solo estetica. E per ridurre l’inquinamento non basta solo evitare di prendere l’auto una volta ogni due settimane, bisogna anche reintrodurre la natura in città, per esempio attraverso gli orti urbani, i giardini verticali e perché no, le api.

Perché in altre città l’apicoltura urbana è vietata?

Le api si conoscono per due ragioni: perché fanno il miele e perché pungono. E nessuna delle due cose sembra adatta alla città. E invece non è così, prima di tutto perché le api arrivano spontaneamente in città. Ci stanno bene. Come tanti altri animali che sembrano “fuori posto”: i gabbiani, gli scoiattoli, i corvi, le formiche… Le api in città arrivano in sciami, spesso scappando dall’inquinamento della campagna. Sembra un paradosso ma l’inquinamento cittadino non causa la moria delle api come invece fanno i pesticidi e i fertilizzanti chimici usati nelle campagne. A New York successe proprio questo: si decise di aprire la città alle api per aiutarle a sopravvivere e si decise di investire sulla produzione di miele urbano. Idem a Parigi, dove sono state proprio le istituzioni pubbliche ad incentivare l’apicoltura urbana. Qui in Italia invece c’è molto scetticismo, prima di tutto tra gli apicoltori tradizionali; un po’ temono che in città le api possano morire, e un po’ sono spaventati dalla concorrenza del miele urbano. Non si riesce a vedere la forza dell’innovazione. Oltretutto in un mercato che importa il 40% del miele dall’estero… perché dobbiamo importarlo quando possiamo produrlo? Eppure in Italia sono il primo a portare avanti questo progetto.

Nessun pericolo per chi decide di adottare un alveare?

No. Le api sono vegetariane. Non ci pungono. Quelle sono le vespe, che sono carnivore, e rompono un po’ le scatole. Ma sono animali diversi. L’ape esce dall’alveare e si dirige subito sul fiore, perché la comunicazione dell’alveare è efficiente. Sanno già dove devono andare, non perdono tempo…E in ogni caso forniamo tutte le regole comportamentali e le “istruzioni per l’uso” ai cittadini che decidono di aderire al progetto.

E può farlo chiunque?

Non bisogna per forza diventare apicoltori per ospitare le api. Chi ci mette a disposizione uno spazio sul proprio balcone può affidarsi a noi per tutto il resto: mettiamo in sicurezza l’arnia e ci occupiamo della sua gestione. Se invece un cittadino vuole imparare a diventare apicoltore, organizziamo corsi e workshop apposta. Per allevare una famiglia di api basta un controllo a settimana, non richiede molto tempo. Ma, ripeto, non è necessario diventare apicoltore. Chiunque può aderire a Urbees e trasformare il proprio balcone in una centralina di monitoraggio. Non ci vuole niente, e ovviamente non ci sono costi per chi decide di intraprendere l’avventura. Abbiamo avuto api in Via Cavour, da un ragazzo che mangiava sul balcone e a volte ci dormiva anche, e non gli hanno mai causato problemi.

Le api no, ma gli altri condomini?

Nessun regolamento condominiale vieta l’installazione di un alveare sul balcone…anche perché di solito a nessuno viene in mente di farlo. A Parigi ci sono regolamenti appositi per le api in città, ma direi che prima di arrivare a una discussione simile al parlamento italiano ne passerà… Quando cominciai a cercare informazioni sul tema provai con i vigili urbani. Mi chiesero “Perché, vuoi denunciare qualcuno che ha messo le api sul balcone?” No veramente vorrei metterle io e capire a cosa mi fate se lo faccio…”. In assenza di un regolamento per l’apicoltura urbana ci si rifà alla legge nazionale, che dice che le api possono stare ovunque purché rispettino le distanze di sicurezza. Da un balcone all’altro basta che ci sia una barriera, un dislivello di due metri a separare l’arnia dalla proprietà adiacente. Di norma non ci sono problemi quindi. Certo, qualche vicino potrà brontolare. Ma bisogna far capire alla gente che avere le api sul balcone accanto è un ottimo indicatore di qualità ambientale. Ed è un buon segno: vuol dire che lì si vive bene…Ai condomini scettici faremo vedere come lavorano le api, spiegheremo loro che non c’è alcun pericolo… e se no proveremo ad addolcirli con un po’ di miele!

Fonte: eco dalle città

Apicoltura da Manuale

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