Coldiretti: “Inquinamento dell’aria a Torino, basta usare l’agricoltura come capro espiatorio”

Sergio Barone: “È assolutamente ridicolo, per un’area urbana tra le più trafficate d’Italia, cercare nell’agricoltura il capro espiatorio dell’inquinamento dell’aria di Torino”

L’agricoltura non può essere responsabile del peggioramento della qualità dell’aria che, da settimane, sta nuovamente ammorbando Torino. Lo afferma Coldiretti Torino.

“Per una ragione molto semplice – precisa il presidente Sergio Barone – In questo periodo dell’anno l’agricoltura è praticamente ferma. Se si esclude la normale vita delle mucche e dei maiali nelle stalle, non ci sono concimazioni, a parte qualche agricoltore che si porta avanti col lavoro spargendo naturalissimo letame, concime principe dell’agricoltura sostenibile che accompagna la produzione di cibo fin dagli albori dell’agricoltura neolitica, cioè da 5.000 anni. È assolutamente ridicolo, per un’area urbana tra le più trafficate d’Italia, cercare nell’agricoltura il capro espiatorio dell’inquinamento dell’aria di Torino”.

Nel suo ultimo rapporto, l’Ispra, braccio tecnico del Ministero della transizione ecologica, ha indicato nel traffico e nelle emissioni industriali le prime cause di emissioni di gas serra. Ne è un esempio il peggioramento della qualità dell’aria dopo i miglioramenti registrati durante i lockdown del 2020: con le chiusure la qualità dell’aria è migliorata perché è crollato il traffico per il divieto degli spostamenti e per la didattica a distanza; questo mentre l’agricoltura e l’allevamento hanno continuato a funzionare a pieno regime per garantire i rifornimenti alimentari. Quando è tornato a crescere il traffico è tornato a crescere anche l’inquinamento da gas serra. Le emissioni dell’agricoltura sono limitate a queste fonti: per il PM10, gli scarichi dei mezzi agricoli, che sono in numero limitato in confronto al parco veicoli circolanti; l’abbruciamento delle stoppie e dei residui colturali, pratica sempre più limitata che oggi non attua quasi più nessuno; le emissioni di gas azotati, come l’ammoniaca, derivati dallo spandimento dei concimi, dall’urina dei bovini e dei suini; Per le emissioni di gas serra, il metano rilasciato dalle deiezioni e la flatulenze degli stessi bovini e suini che vivono nelle stalle. E, per quanto si consigli di migliorare l’alimentazione animale per ridurre le emissioni di gas intestinale, le stalle non sono certo l’attività economica prevalente per l’area urbana torinese. Se si guarda al particolato fine (Pm 10 e PM 2,5) da sempre si sa che è prodotto soprattutto dai fumi di combustione. I maggiori imputati sono i motori diesel e benzina più vecchi, i processi industriali che generano fumi e le centrali termiche non ancora metanizzate. Queste sono fonti dirette di produzione di polveri sottili.

La responsabilità della formazione di particolato da parte del comparto agricolo è, invece, soprattutto, di tipo indiretto: gli effluvi di ammoniaca provocati dalle deiezioni animali e dei concimi reagiscono negli strati alti dell’atmosfera formando anche loro, come avviene per i fumi, solfati e nitrati di ammonio, che costituiscono gran parte della componente, secondaria, inorganica, del particolato. Si tratta del cosiddetto “smog fotochimico” che si forma in alto, molto in alto, negli strati superiori dell’atmosfera, dove viene quasi sempre disperso dalle grandi correnti d’aria intercontinentali che, per l’area torinese, scorrono prevalentemente da ovest-sud ovest verso est. Visto che a ovest di Torino ci sono le Alpi che, in inverno, praticamente non ospitano attività agricole, questo particolato di origine agricola non investe l’area torinese ma vola verso altre zone della Pianura Padana. Inoltre, sempre a proposito di emissioni agricole di ammoniaca leggiamo sul sito di ARPA Piemonte che “dal punto di vista temporale, le emissioni di ammoniaca a seguito dello spandimento di reflui zootecnici si collocano nel periodo compreso fra febbraio e novembre, principalmente in primavera e autunno”, quindi, non può essere la concimazione dei campi la prima causa dell’inquinamento dell’aria di Torino nei mesi invernali.

Altro punto: gli studi sul contributo degli ossidi di azoto nella formazione del particolato e gli studi sul contributo dell’agricoltura nel diffondere ossidi di azoto sono ancora tutti troppo recenti per trarre conclusioni affrettate. Mentre i contributi delle emissioni al suolo di PM10 e di ossidi azoto sono ben conosciuti. Si sa da sempre che sono prodotte direttamente dai motori e dalle caldaie in loco, cioè nella stessa area urbana di Torino e ristagnano con le alte pressioni e con le inversioni termiche invernali.

Senza l’agricoltura l’area urbana torinese non avrebbe il grande contributo verde di sequestro della CO2 e delle stesse polveri sottili determinato dalle colture: le coltivazioni e il verde urbano forniscono, infatti, un efficiente contributo per disinquinare l’aria nelle città e nelle periferie.

Fonte: ecodallecitta.it

Iveco presenta l’autobus a metano con le bombole sul tetto

Il gruppo CNH Industrial ha lanciato il nuovo Iveco Crossway Low Entry Natural Power a metano: ha le bombole sul tetto per risparmiare spazio.http _media.ecoblog.it_e_e1c_iveco-presenta-lautobus-a-metano-con-le-bombole-sul-tetto1

Il nuovo Iveco Crossway Low Entry Natural Power è l’autobus interurbano a metano di nuova generazione del gruppo CNH Industrial. Presentato il mese scorso, questo bus per il trasporto di passeggeri è ingegnerizzato in modo da avere l’alimentazione a gas senza però incidere sullo spazio utile interno. Apparentemente è un normale Crossway Low Entry, cioè a pianale ribassato, ma il motore è alimentato al 100% a gas naturale (ed è compatibile con il biometano) per limitare le emissioni di CO2 rispetto al classico bus diesel, rispetto al quale perde solo leggermente in potenza: 360 cavalli invece di 400. Il peso, rispetto al modello diesel, è di circa 750 chili in più a causa delle bombole di gas compresso da 1.200 litri che, come detto, sono state piazzate dove non rubano spazio: sul tetto. Neanche l’altezza complessiva del mezzo è cambiata e risulta identica all’equivalente bus a gasolio. L’unica cosa che cambia realmente sono le emissioni, inferiori, di CO2 e particolato.

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Se alimentato con biometano, poi, le emissioni equivalenti di CO2 sono inferiori del 95% rispetto al diesel. Questo autobus da 12 metri di lunghezza e a basse emissioni può trasportare fino a 45 passeggeri per 600 chilometri con un pieno di gas. Appena presentato, ha già vinto il primo premio: il Sustainable Bus Award 2018 nella categoria Intercity.

Fonte: ecoblog.it

Incentivi GPL e metano: i fondi disponibili nel 2017

La trasformazione a GPL e metano della propria auto è possibile grazie agli incentivi ICBI 2017. Tutti i dettagli.elenco-auto-a-metano

Chiunque stia cercando incentivi GPL e metano questo potrebbe essere il momento giusto grazie al fondo ICBI. Il condizionale è d’obbligo perchè l’“Iniziativa carburanti a basso impatto” è stata confermata anche per il 2017 ma il tetto stabilito è di 1.807.500 euro e non vale in tutta Italia. Al 31 gennaio – comunica il Consorzio Ecogas – è stato impiegato circa il 50% del fondo destinato ai cittadini (un milione e 500mila euro) e circa il 6% del fondo destinato ai veicoli commerciali (circa 300.000 euro). I contributi vanno dai 500 ai 1.000 euro per trasformazione con differenze a secondo della tipologia di impianto scelto e del tipo di veicolo, automezzo privato o veicolo commerciale. In ogni caso una cifra solo vicina a un terzo dell’intero prezzo da sborsare per la conversione dell’impianto.

Incentivi GPL 2017, 500 euro per i privati

Gli incentivi ICBI rappresentano una delle misure messe in atto dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per ridurre l’inquinamento atmosferico. L’iniziativa non è però diffusa su tutto il territorio nazionale ma è riservata ai comuni che decidono l’adesione. Tra questi il capofila è il Comune di Parma insieme ad altre 674 amministrazioni comunali aderenti, sparse un po’ in tutte le regioni d’Italia. Gli incentivi GPL e metano sono disponibili su auto private a benzina e su veicoli commerciali a benzina o gasolio. Quattro le tipologie di contributo: auto private a benzina Euro 2 o 3 hanno diritto a 500 euro di incentivo, di cui 350 a carico del fondo ICBI e 150 a carico dell’officina richiedente. Le auto che montano un impianto a metano hanno, invece, uno sconto di 650 euro (500 dall’ICBI e 150 dall’officina). Per i veicoli commerciali con massa inferiore a 3,5 T, invece, il contributo è di 750 euro nel caso di trasformazione a Gpl mentre un impianto a metano prevede uno sconto in fattura di 1000 euro indipendentemente dalla classe di inquinamento del veicolo.

Incentivi metano 2017, novità per i diesel

Inoltre è presente un programma sperimentale che permette di installare un impianto a metano o GPL anche per le auto diesel: l’importo per veicolo ammonta rispettivamente a 750 euro per un impianto a GPL e 1000 euro per uno a metano. Il progetto è però diretto solo alle aziende o agli enti pubblici con sede nei Comuni aderenti, e dotati di Mobility Manager di area o di azienda. I veicoli in questione monteranno un dispositivo che rileverà i valori reali delle emissioni in tempo reale e il principale inquinante monitorato sarà il particolato (PM). L’obiettivo è quello di consentire la libera circolazione nei comuni di questi veicoli durante i provvedimenti di limitazione al traffico. Per usufruire dell’incentivo il cittadino residente in un comune aderente ad ICBI deve recarsi presso uno degli installatori che aderiscono all’iniziativa. L’officina prenota via internet il contributo dopo aver verificato che il veicolo e il proprietario abbiano i requisiti necessari. Il cittadino fruisce dell’incentivo tramite uno sconto riportato direttamente in fattura mentre il Comune provvederà ad effettuare i rimborsi alle autofficine.

Fonte: edcoblog.it

I consumi auto: confronto tra benzina, diesel, ibride, gpl, metano ed elettriche per le emissioni di CO2

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I consumi delle auto e le emissioni di CO2 sono strettamente correlati: ecco la guida annuale del Ministero dello Sviluppo Economico per la classifica delle auto meno inquinanti e il confronto per il risparmio del carburante.

Classifica consumi auto benzina, diesel, ibride, gpl, metano, elettriche nel 2011.

I consumi delle auto e il loro impatto sull’ambiente sono da sempre sotto esame: per poter fare un confronto tra i consumi delle auto a benzina, GPL, Metano, etc. e stilare una classifica delle auto che consumano meno, ogni anno il Ministero dello Sviluppo Economico, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dei Trasporti, pubblica la Guida al risparmio di carburanti e alle emissioni di C02 – Edizione 2016.
In questo documento vengono elencati i modelli delle automobili che aiutano sia a ridurre le emissioni di CO2, sia a risparmiare carburanti.

La guida riporta un elenco di modelli di automobili con le più basse emissioni di CO2, divisi per tipologia di alimentazione. Ecco quindi la classifica delle auto a benzina che inquinano meno nel 2016:

  1. Suzuki CELERIO 1.0 DUALJET STYLE, con 84 g/km di CO2;

 

  1. Citroën C1 VTI 68 S&S ber 3/5P, con 88 g/km di CO2;

 

  1. Citroën C1 AIRSCAPE VTI 68 S&S ber 3/5P, con 88 g/km di CO2;

 

  1. Fiat 500 0.9 TwinAir Turbo 85 CV ber 3P Start&Stop – semiaut Dualogic, con 88 g/km di CO2;

 

  1. Fiat 500C 0.9 TwinAir T. 85 CV convertibile 3P Start&Stop – semiaut Dualogic, con 88 g/km di CO2;

 

  1. Toyota AYGO 1.0 due vol 3P/5P S&S, con 88 g/km di CO2;

 

  1. Fiat 500 0.9 TwinAir Turbo 85 CV ber 3P Start&Stop, con 90 g/km di CO2;

 

  1. Fiat 500C 0.9 TwinAir T. 85 CV convertibile 3P Start&Stop, con 90 g/km di CO2;

 

  1. Mitsubishi SPACE STAR 5P 1.0 ber AS&G, con 92 g/km di CO2;

 

  1. Smart FORTWO coupè 70 3P, con 93 g/km di CO2.

Per quanto riguarda invece le auto ibride, si rilevano basse emissioni di CO2 nei modelli di automobile con combustibile ibrido plug-in elettrico-benzina:

  1. Volkswagen GOLF 1,4/110 kW aut, con 39 g/km di CO2;

 

  1. Volkswagen PASSAT 1,4/115 kW AUT, con 39 g/km di CO2;

 

  1. Volkswagen PASSAT VARIANT 1,4/115 kW AUT, con 39 g/km di CO2;

 

  1. Audi A3 SPORTBACK ETRON 1,4/110 kW aut, con 39 g/km di CO2;

 

  1. Mitsubishi OUTLANDER PHEV 5p 2.0 BER 4X4, con 42 g/km di CO2;

 

  1. Bmw 330e aut 4P ber, con 44 g/km di CO2;

 

  1. Bmw 225xe Active Tourer aut 4P SW 4×4, con 46 g/km di CO2;

 

  1. BMW i8 aut 2P coupè, con 49 g/km di CO2;

 

  1. Volvo XC90 T8 TWIN ENGINE 4P multiu aut, con 49 g/km di CO2;

 

  1. Mercedes-Benz Classe C Berlina C 350 e aut 4P ber, con 54 g/km di CO2.

Occorre ricordare che esiste l’obbligo di legge in base al D.P.R. n. 84 del 17 Febbraio 2003 che riguarda produttori di autovetture e venditori. In sostanza viene richiesto di raccogliere i dati e di pubblicare e pubblicizzare, attraverso vari strumenti, il risparmio di CO2 e di carburante con l’obiettivo di favorire l’acquisto consapevole al fine di ridurre le emissioni di gas serra e di favorire il risparmio energetico.

Nella guida sono forniti anche una serie di consigli su come, ad esempio, guidare una automobile evitando di sprecare carburante. Ecco i 10 punti fondamentali:

  1. Accelerare gradualmente.

 

  1. Seguire le indicazioni del Gear Shift Indicator (indicatore cambio marcia) e, in caso di assenza, inserire al più presto la marcia superiore.

 

  1. Mantenere una velocità moderata e il più possibile uniforme.

 

  1. Guidare in modo attento e morbido evitando brusche frenate e cambi di marcia inutili.

 

  1. Decelerare gradualmente rilasciando il pedale dell’acceleratore e tenendo la marcia innestata.

 

  1. Spegnere il motore quando si può, ma solo a veicolo fermo.

 

  1. Mantenere la pressione di gonfiaggio degli pneumatici entro i valori raccomandati.

 

  1. Rimuovere porta-sci o portapacchi subito dopo l’uso e trasportare nel bagagliaio solo gli oggetti indispensabili mantenendo il veicolo, per quanto possibile, nel proprio stato originale.

 

  1. Utilizzare i dispositivi elettrici solo per il tempo necessario.

 

  1. Limitare l’uso del climatizzatore.

 

15 Guarda la Galleria “Classifica consumi auto benzina, diesel, ibride, gpl, metano, elettriche”

Fonte:  Qualenergia

 

Area C a Milano, il sindaco Sala chiude a Euro4 e diesel: ticket per gpl e metano

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A Milano il neo-sindaco Beppe Sala starebbe valutando, con la sua giunta, alcune modifiche alle norme che regolano l’Area C, l’esperimento antinquinamento congeniato dalla giunta Pisapia e che effettivamente ha permesso un lieve miglioramento della qualità della vita per chi vive in centro a Milano. La delibera con i ritocchi alla norma comunale di Pisapia dovrebbe approdare in giunta il 4 novembre, così da poter partire per febbraio. Già durante la campagna elettorale Sala, contrariamente al suo omologo di centrodestra Parisi, aveva annunciato l’intenzione di estendere l’Area C o di inasprire le norme relativamente agli ingressi. Oggi quel tempo è arrivato: da febbraio 2017 infatti la Cerchia dei Bastioni di Milano sarà vietata alle auto diesel euro 4 senza Fap (eccetto i residenti) mentre i residenti con l’euro 3 a gasolio, oggi gli unici autorizzati a circolare con questo tipo di mezzi, avranno solo 40 ingressi fino al 15 ottobre, poi dovranno tenere l’auto ferma o pagare come chi entra nell’Area C senza esservi residente. Come ricorda Askanews l’obiettivo del Comune di Milano è quello di ridurre il traffico all’interno della Ztl dell’8%, pari a circa 7.000 auto al giorno, partendo dal presupposto che c’è già stata dal 2012 una riduzione del 30% e che oggi il 97% dei paganti sono occasionali. Da 15 ottobre il divieto per gli euro 4 senza Fap sarà esteso anche ai veicoli commerciali, mentre i veicoli alimentati a Gpl e metano, finora esentati, pagheranno già da febbraio 2017. Ma le brutte notizie sono anche per i veicoli a Gpl e Metano. Le automobili che vanno a gas dovranno pagare il ticket d’ingresso (non si sa se “pieno” o scontato) da febbraio 2017, mentre finora erano esentate.

Continueranno invece ad essere esentate le vetture elettriche e quelle ibride.

La direzione del Comune non è tuttavia condivisa da diversi residenti e molti commercianti: Confcommercio chiede un ripensamento sullo stop all’ingresso in Area C dei veicoli commerciali fra le 8 e le 10, e alle deroghe previste chiede di aggiungere quella per i mezzi che trasportano il fresco, come frutta e ortaggi.

Fonte; ecoblog.it

Rubbia,basta rinnovabili il futuro è nel “rompere” il metano

“Abbiamo sviluppato in Germania una nuova tecnologia per produrre energia da fonti fossili senza emissione di CO2” ha detto il premio Nobel Carlo Rubbia a proposito del suo lavoro all’interno del Politecnico di Karlsruhe. “Il metano viene diviso in idrogeno e carbonio, dal primo è possibile produrre energia senza liberare anidride carbonica mentre il carbonio ‘scartato’ può essere usato per altri scopi” (ansa ambiente)381676

Creare energia dal metano senza produrre l’inquinante CO2: è questa la scommessa del premio Nobel Carlo Rubbia che sta portando avanti negli ultimi anni all’interno dei laboratori del Politecnico di Karlsruhe. I progressi di questa innovativa tecnica sono stati presentati dal fisico e senatore a vita in occasione della conferenza ‘Energia per oggi e domani’ all’Accademia Nazionale dei Lincei. “Abbiamo sviluppato in Germania una nuova tecnologia per produrre energia da fonti fossili senza emissione di CO2”, ha spiegato Rubbia, premiato con il Nobel nel 1984 per i suoi studi nella fisica delle particelle e che da alcuni decenni ha spostato le sue attenzioni alla ricerca in campo energetico. “Si tratta di un metodo in grado di ‘spaccare’ il metano, detto methan cracking, dividendolo in carbonio e idrogeno. Dall’idrogeno a quel punto è possibile produrre energia senza liberare anidride carbonica mentre il carbonio ‘scartato’ può essere usato per altri scopi”. Il nuovo metodo messo a punto nei laboratori tedeschi potrebbe quindi rappresentare una valida alternativa di produzione di energia pulita ai più costosi metodi da fonti rinnovabili.
Secondo il fisico italiano, la scelta dell’Europa di investire tutto sullo sviluppo delle rinnovabili rischia di tagliarla fuori. “Gli Usa, e molte altre nazioni, stanno spostando i loro sforzi – ha spiegato Rubbia – nello sfruttamento del gas naturale i cui costi di estrazione sono stati abbattuti da nuove tecniche. Questo garantisce una nuova era di ‘abbondanza’ dove però sarà necessario trovare nuovi metodi per abbattere la CO2″. Una possibile strada potrebbe quindi arrivare dalla possibilità di ‘rompere’ il metano e il prossimo passo, ha aggiunto Rubbia, sarà quello di passare allo sviluppo applicativo.

Fonte: ecodallecitta.it

 

Pellet, l’Iva al 22 per cento dà una mano al metano

Il pellet è diventato più caro: l’Iva che fino al 19 dicembre era al 10 per cento, su questo prodotto derivato dal riciclo della segatura, è passata al 22 per cento rendendolo di fatto meno conveniente rispetto al metano ma ancora competitivo per chi usa il GPL o il cherosene. Dal 1° gennaio 2015 è entrato in vigore, tra i provvedimenti inclusi nel maxiemendamento alla legge di Stabilità 2015 approvato dal Senato lo scorso 19 dicembre, l’incremento dell’Iva sul pellet che passa dal 10 per cento al 22 per cento. Proviamo a capire la portata di questo intervento del governo che non è piaciuto ai consumatori e né alle associazioni di categoria. La maggior parte della produzione di pellet la troviamo nel nostro Nord Est, sopratutto in Friuli Venezia Giulia e veneto. Spiega spiega Paolo Perini, portavoce nazionale del gruppo produttori e distributori pellet certificato EnPlus che in Friuli Venezia Giulia: Il pellet non significa solo combustibile, ma produzione di caldaie e stufe di alta qualità e design apprezzato nel mondo. Il tutto di traduce in migliaia di posti di lavoro che ora, in una situazione economica già difficile, con l’aumento dell’Iva di ben 12 punti percentuali inevitabilmente avrà ripercussioni anche sulla produzione.

Consideriamo che nel nostro Paese consumiamo oltre il 40 per cento di energia per l’energia termica. L’Istat, ci dice nel suo rapporto I consumi energetici delle famiglie con riferimento al 2013 che si spende di più per i consumi energetici al Nord; che in media la spesa annua è di 1635 euro per famiglia e che il metano è utilizzato dal 70 per cento delle famiglie. Per quanto riguarda la legna, ne fa uso una famiglia su cinque, per un consumo annuo medio pari a 3,2 tonnellate, mentre il 4,1 per cento delle famiglie usa i pellets più adottati nei comuni montani in Umbria e Trentino Alto Adige. Il pellet è usato in quelle zone non metanizzate e nonostante l’aumento dell’Iva risulta conveniente se confrontato a altri carburanti quali il gasolio o il GPL. Rispetto al metano, però, perde il confronto a causa dell’aumento dell’Iva e diviene così più caro. Una buona soluzione per far si che il pellet resti conveniente consiste nell’acquistarlo in grandi quantità in primavera quando il prezzo cala in maniera consistente. E’ necessario poi conservarlo in un luogo asciutto.pellet-620x350

Fonte:  Messaggero Veneto

© Foto Getty Images

Il Nobel Rubbia dice:”Rinnovabili troppo costose, meglio gli idrati di metano”

In Commissione ambiente il Nobel Carlo Rubbia ha spiegato come funzionano i cambiamenti climatici e perché secondo lui le rinnovabili sono ancora poco competitive. Avanza però una proposta sugli idrati di metano.

Carlo Rubbia, Nobel per la Fisica e Senatore, in audizione in Commissioni riunite Esteri e Ambiente di Camera e Senato su cambiamenti climatici e questione energetica, spiega che il clima sulla Terra è sempre cambiato e che non c’è da meravigliarsi. Aggiunge che per avere tutta l’energia di cui necessitiamo possiamo iniziare a sfruttare il metano. Il filmato dura appena 8 minuti e vale la pena di ascoltarlo dall’inizio sino alla fine perché smantella completamente la questione cambiamenti climatici e energie rinnovabili. In rete si hanno già le prime reazioni, innescate dal video di risposta di Carlo Martelli per il Movimento 5 stelle che però purtroppo dice che Rubbia è a favore dello shale gas, mentre nel filmato si sente una versione completamente diversa.

Le energie rinnovabili sono in una situazione estremamente difficile. Il gas naturale costa in America un quinto delle rinnovabili. Il gas naturale senza emissioni di CO2 si può ottenere prendendo le 4 parti di idrogeno e trasformando la parte carbone in grafite. Ci sono risorse assolutamente incredibili e non tanto dallo shale gas che è una soluzione a mio parere discutibile ma quanto dai clatrati.

Dunque Rubbia non è a favore del fracking per l’estrazione di shale gas e lo dice chiaramente ma punta a altro. Tant’è che chiede ai presenti, in quanti conoscano i clatrati. Ovviamente nessuno. Gli idrati di metano o clatrati sono un po’ la bestia nera dei climatologi. Ne scriveva qualche tempo fa Petrolio, spiegando come questa immensa riserva di gas metano giace dormiente sotto il fondo degli Oceani. Ci auguriamo che resti li poiché se mai tutto questo metano dovesse venir fuori. Giusto per spiegare bene la loro pericolosità c’è da dire che sembra siano stati causa dell’estinzione del Permiano. Commenta Giuseppe Onufrio direttore di Greenpeace Italia:

Sul clima dice una cosa incompleta: nel quinto rapporto si tratta anche il bilancio termico degli oceani che spiega il motivo per cui le temperature superficiali sono rimaste stabili o in leggero decremento; sullo shale gas non dice nulla sulle effettive riserve estraibili, ma dice che la tecnologia è discutibile; sui clatrati (idrati di metano) di cui ci sono ampie riserve nel fondo degli oceani, non si riesce ancora a estrarli per quanto ne so, in quando molecole instabili. Sono certo che il loro sfruttamento industriale non è ancora ritenuto fattibile. Come poi Rubbia pensi di usarlo a emissioni zero producendo grafite non l’ha detto, né se questo può farlo col metano ordinario.

Precisa Onufrio sui cambiamenti climatici a proposito dei dataset disponibili:

Il loro modello mostra che, alla superficie di continenti e mari, il tasso di riscaldamento è rallentato (ma non fermato, come riferito da Elena Dusi) da un maggior assorbimento di calore/energia nei primi 700 metri da parte degli oceani.

Noi vi raccontavamo lo scorso anno degli esperimenti del Giappone alla ricerca del metano offshore, ovvero dei clatrati e di come ENI, multinazionale nota per non essere esattamente dalla parte degli ambientalisti scrivesse:

Quello che è necessario evitare è che lo sfruttamento possa avvenire in modo irresponsabile: la liberazione di grandi quantità di metano potrebbe causare un aumento dell’effetto serra e, di conseguenza, un riscaldamento degli oceani. Inoltre i sedimenti delle scarpate continentali, in assenza di idrati, sarebbero costituiti da materiali incoerenti e instabili.1984 Nobel Prize Laureate in Physics Car

© Foto Getty Images

Fonte: ecoblog.it

Auto a metano, circola in Italia il 77% dei veicoli europei

E’ metano-mania in Italia, ma non nel resto d’Europa. Nel nostro Paese si contano 846.523 auto a metano su un totale di 1.098.391 in tutto il continente. Dietro l’Italia ci sono la Germania con l’8,77% e la Bulgaria con il 5,58%. Ma occhio alla categoria Euro380498

Il 77% di tutti i veicoli a metano presenti in Europa circolano in Italia. Nel paese, infatti, se ne contano ben846.523 su un totale di 1.098.391 in tutto il continente. Dietro l’Italia ci sono la Germania con l’8,77% e la Bulgaria con il 5,58%. I dati – riferibili al 2013 – sono stati diffusi dalla Landi Renzo, azienda leader nella produzione di impianti a gas Gpl e gas metano. Curiosamente, non si nota la stessa sproporzione tra Italia e Germania per quanto riguarda le stazioni di rifornimento: se il 32,3% si trova sul nostro territorio nazionale, la Germania ne ospita comunque il 30,8%. Al terzo posto c’è la Svezia con il 6,6% delle strutture.  Un dato che purtroppo manca fra quelli diffusi dall’azienda è l’anzianità del parco auto a metano circolante. Perché se è vero che le ultime due tornate di ecoincentivi puntavano a favorire l`acquisto di veicoli ad alimentazione alternativa (dunque elettrici, ibridi, a metano, biometano, Gpl, biocombustibili, idrogeno), è altrettanto vero che nel complesso non hanno potuto sovvenzionare più di 10.000 vetture nuove. Rimangano le altre 836.000, fra le quali, ancora diversi Euro 0: solo a Torino nel 2012 erano 4.716.
E la categoria conta, come ci aveva spiegato Alessandro Bertello, responsabile dell’Ufficio Controllo della Qualità dell’Aria della Provincia di Torino: “Un Euro 0 a gpl o a metano emette mediamente 2103 mg di NOx al chilometro contro i 299 mg/km di un’auto a benzina con omologazione Euro2. Non ha senso limitare la circolazione di alcuni veicoli continuando a permettere a questi Euro0 di circolare. Oltretutto stiamo parlando di veicoli che hanno quasi 20 anni, che spesso perdono metano per strada…”. (Intervista completa, avvenuta proprio in occasione del blocco degli Euro 0 a Torino, qui).

 

Fonte: ecodallecitta.it

Global warming, le emissioni USA di metano tra il 50 e il 70% in più di quelle dichiarate

Secondo un recente studio pubblicato su PNAS, le emissioni di gas serra negli USA non si sono ridotte, perchè il metano immesso in atmosfera è dal 50 al 70% in più di quanto dichiarato ufficialmente. I responsabili sono il settore zootecnico e le estrazioni di shale gas da fracking.Emissioni-metano-USA

Viene spesso ripetuto come un mantra: grazie allo shale gas da fracking, le emissioni di gas serra si sono ridotte negli USA, perchè ora si utilizza più gas e meno carbone nella produzione di energia elettrica (1). Questa affermazione è assolutamente falsa per due motivi: in primo luogo, gli USA hanno più che raddoppiato le loro esportazioni di carbone tra il 2005 e il 2011 da 50 a 108 Mt. Ora sono semplicemente altri a “sporcarsi le mani” bruciando il carbone. In secondo luogo, e questo è il dato più preoccupante, secondo uno studio appena pubblicato su PNASle emissioni di Metano sono molto più alte di quanto dichiarato ufficialmente(2) La differenza non è da poco: si tratta di 33,4 milioni di tonnellate di carbonio equivalente all’anno (3), cioè il 50% in più delle 22 Mt dichiarate dall’EPA (Environment Protection Agency) e il 70% in più rispetto alle valutazioni di EDGAR (Emissions Database for Global Atmospheric Research). Lo studio, sviluppato da quindici ricercatori di una decina di università americane, ha individuato due importanti settori in cui le emissioni sono sottostimate: la zootecnia e proprio lo shale gas. Le emissioni gastroenteriche bovine e da letame sono circa il doppio di quanto dichiarato, mentre le perdite di metano nell’industria estrattiva dello shale gas sono significativamente più alte, soprattutto nel sud degli States, dove raggiungono valori quasi tripli rispetto agli inventari ufficiali. Non si tatta solo di perdite accidentali lungo la linea, ma anche di sfiati intenzionali(venting), necessari per ridurre la pressione negli impianti, poco adeguati alla crescita tumultuosa avvenuta negli ultimi anni. Questo studio è di grande importanza, perchè mostra che gli sforzi degli USA per le mitigazioni climatiche sono ancora del tutto insufficienti e che l’amministrazione Obama dovrebbe percorrere con maggiore coraggio la strada delle energie rinnovabili.

(1) Tra il 2005 e il 2012 la quota del carbone nel mix elettrico è calata dal 50% al 40% e il gas è cresciuto dal 19% al 30%. Questa tendenza potrebbe però invertirsi nel 2013 e 2014.

(2) Il Metano ha un global warming potential di circa 21 su un arco di 100 anni, cioè ogni grammo di metano in un secolo ha un impatto sul clima pari a quello di 21 grammi di CO2.

(3) Una t di carbonio in atmosfera equivale a 44/12=3,67 t di CO2

Fonte: ecoblog.it