Messico, droni per proteggere le uova di tartaruga

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Droni usati in ambito naturalistico. Succede in Messico, dove questa tecnologia viene utilizzata al servizio degli animali sulla spiaggia di Morro Ayuta, nello stato di Oaxaca, per sorvegliare dall’alto le uova delle tartarughe affinché non vengano rubate. Le tartarughe raggiungono i 18 chilometri di spiaggia dove depongono le loro uova che fanno gola ai bracconieri che le mangiano e le rivendono nei mercati locali nonostante il loro commercio sia stato vietato da tempo. In passato sono stati impiegati anche i militari per controllarle, ora si è deciso di utilizzare droni dotati di gps e di una camera per immortalare gli eventuali ladri. Dall’alto è più facile riuscire a identificare le tracce e “seguire” i ladri di uova.

“Il drone ci dà il vantaggio della vista dall’alto. Possiamo avere una visuale aerea, quindi identificare i bracconieri e i loro percorsi fino a un perimetro di 30-40 ettari”, spiega Edgar Perrusquia, dell’agenzia federale di protezione dell’ambiente spiega. Ma i pericoli per le uova provengono anche da uccelli e cani che sono possibili predatori: si calcola, infatti, che solamente il 35% delle uova deposte riescono a schiudersi dopo i 45 giorni di incubazione.

Fonte:  Askanews

Il lungo viaggio delle farfalle monarca

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Quella della farfalla monarca (Danaus plexippus) è una delle più straordinarie migrazioni conosciute. La farfalla più conosciuta d’America, nominata “insetto nazionale” nel 1989, possiede una resistenza al volo davvero invidiabile visto che si è riusciti a monitorare un esemplare capace di percorrere 2112 km in 46 giorni. Questa sua incredibile resistenza consente alla farfalla di coprire, alla fine dell’estate e all’inizio dell’autunno la distanza che separa gli Stati Uniti Occidentali dalla California o il Canada Meridionale e gli Stati Uniti Centrali e Orientali da una valle situata in Messico, a 3000 metri, nella quale si concentrano circa 14 milioni di farfalle in appena un ettaro e mezzo di superficie. Negli scorsi giorni migliaia di esemplari della farfalla hanno fatto sosta nel Wendy Park di Cleveland, in Ohio. Molti amanti della natura sono accorsi da tutto lo Stato per godersi uno spettacolo eccezionale: queste farfalle sono piuttosto difficili da avvistare, anche perché la loro popolazione è in continua diminuzione. La prossima primavera la stessa rotta verrà percorsa a ritroso e così via, sempre inseguendo le temperature che consentono la sopravvivenza di queste farfalle dalla colorazione arancione e nera.

Fonte: ecoblog.it

Huehuecoyotl, l’esperimento sociale di ecologia profonda

A un’ora di auto da Città del Messico, annidato tra montagne straordinarie (la Sierra del Tepozteco), c’è un’incredibile formazione rocciosa circondata dalla foresta dove da 30 anni viene portato avanti un esperimento di vita alternativa: l’ecovillaggio di Huehuecoyotl.huehuecoyotl_messico_ecovillaggio

Un gruppo di artisti itineranti messicani e di diverse altre nazionalità hanno deciso, a suo tempo di fermarsi lì, dopo avere viaggiato per 15 anni insieme, diventando culla di progetti magari visionari, ma di grande impatto. Huehuecoyotlè una parola Nahuatl che significa coyote molto vecchio. La storia di questo avamposto inizia da due studenti, Alberto Ruz Buenfil (figlio di un archeologo messicano) e Andres King Cobos. Negli anni 60 si recarono in Europa per rendere omaggio al situazionista danese Jorgen Nash e formarono un gruppo al quale si unì anche la sorella di Nash. Tennero spettacoli di strada in Europa, Asia e Nord America negli anni 70 vivendo con il denaro che raccoglievano, senza passaporto, ballando, suonando il tamburo, passando per città e remoti villaggi, facendo figli, cambiando compagni e partecipando  a molti degli esperimenti sociali più radicali di quegli anni. All’inizio degli anni 80, i due fondatori del gruppo sentirono che era ora di tornare a casa. Erano in 26, molti con bambini piccoli. Individuarono un luogo nella Sierra del Tepozteco nel 1982, dove si stabilirono. Nacque Huehuecoyotl. Trascorsero i primi anni vivendo in maniera spartana su terre non lavorate e dentro roulotte e pullmini recuperati e dipinti. Diedero inizio ad una originale scuola elementare a Tepoztlán, la più vicina città. E’ stata gestita in maniera collettiva per 16 anni dalle famiglie dei bambini. Poi iniziarono a costruire alcune infrastrutture, edifici sostenibili, impianti per la conservazione dell’acqua. Quel luogo pittoresco divenne ben presto il paradiso desiderato da molti esponenti della New Age, ma divenne ben presto anche luogo di grandi battaglie per preservare la terra e la cultura locale dalle grandi invasioni commerciali e industriali. I cittadini diHuehuecoyotl sono riusciti ad evitare la costruzione di un campo di golf e di un mega hotel sulle loro terre, battaglia che è stata poi raccontata dal regista Saul Landau in We Don’t Play Golf Here. Le famiglie di Huehuecoyotl hanno adottato fin da subito una ecologia profonda, hanno organizzato gruppi di custodi della terra in numerose aree rurali, chiamatiConsejo de Visiones – Guardianes de la Tierra. Sono arrivati in tanti per imparare dagli indigeni una visione “terra-centrica” e non più “antropocentrica”, le tecniche della permacultura e il bioregionalismo. Nel 1994, Ruz Buenfil, attirato di nuovo dal richiamo del viaggio, decise di lanciare un nuovo progetto itinerante, un caravan che avrebbe attraversato l’America fino alla Terra del Fuoco insegnando permacultura, promuovendo il rispetto per le tradizioni indigene e le culture locali attraverso la musica, la danza e il teatro di strada.  La Caravana Arcoiris por la Paz viaggiò per 13 anni, fino a che il ministero brasiliano della cultura (guidato all’epoca dal musicista Gilberto Gil) non riconobbe loro il ruolo di docenza e organizzazione di eventi nella promozione di una sostenibilità ecologica attraverso l’arte e la cultura. Nel tempo Huehuecoyotl divenne punto di riferimento per ogni sorta di contaminazione culturale, sede di eventi e festival; uno dei suoi fondatori assunse una docenza al Goddard College in Vermont e portà gli studenti al suo ecovillaggio affinchè apprendessero stili di vita sostenibili. La comunità fu anche tra i fondatori del Global Ecovillage Network, che oggi include oltre 200 realtà su cinque continenti. Un altro fondatore diede inizio a una sorta di college internazionali “senza muri”, chiamato Gaia University, che offre programmi di rigenerazione ecosociale. Tante altre connessioni sono state messe in atto e continuano ancora oggi. Al proprio interno, Huehuecoyotl non è stato e non è privo di contraddizioni. Sono stati rimproverati individualismi, manca un progetto economico collettivo, non c’è più oggi l’impegno per autoprodurre completamente il cibo che si consuma. E’ in comune attualmente la proprietà e la gestione della terra sulla base di un accordo consensuale. Ma sono tanti i membri che ancora sono mossi da un fervente impegno nell’attivismo ecologico. Ruz Buenfil si è dedicato a formulare la Dichiarazione dei Diritti di Madre Terra (oggi parte delle leggi approvate in Bolivia e Ecuador); altri sono coinvolti nella tutela delle popolazioni indigene, nelle campagne per salvare le coltivazioni dei nativi e per difendere l’agricoltura biologica e contadina. Oggi Huehuecoyotl è entrato in una fase in cui molti esperimenti sociali collettivi sono forse meno intensi, i membri fondatori hanno tra i 60 e i 70 anni, molti non vivono più a tempo pieno nell’ecovillaggio e negli ultimi 15 anni non sono stati tanti i nuovi membri arrivati. Sono pesantissimi i tentativi esterni di speculazione sulle terre di quella zona, la popolazione messicana è vittima di spaventose iniquità nella distribuzione delle risorse e delle ricchezze, ci sono tantissimi giovani senza lavoro nè istruzione, molti si sono spostati nelle grandi città. Così, probabilmente, il futuro di Huehuecoyotl non è garantito più di quanto non sia garantito quello del Messico nel suo complesso. Ma resiste ancora, come prova di quanto è possibile fare e cambiare se si hanno volontà e spirito giusto. Se queste alternative potranno svilupparsi negli anni a venire dipenderà da fattori forse non tutti prevedibili, dato che in questo ventunesimo secolo a prevalere forse è il caos, che però è anche fermento e desiderio di cambiamento. Comunque, fino a che progetti visionari e lungimiranti come Huehuecoyotl  continueranno ad esistere , offriranno esempi concreti di percorsi che possono essere intrapresi, dovunque.

Fonte: ecoblog.it

La Paz, Messico: l’energia arriverà 100% dal sole

Ad oggi la città messicana di La Paz (215.000 abitanti) viene già alimentata per il 60% delle utenze dall’impianto fotovoltaico più grande del Sud America, Aura Solar I. Entro la fine dell’anno, una nuova centrale coprirà anche il fabbisogno rimanente, portando La Paz ad essere 100% rinnovabile381583

La città messicana di La Paz (215.000 abitanti) potrebbe essere interamente alimentata da energia solare prima della fine del 2015: ad “aiutare” la centrale fotovoltaica attualmente in funzione – Aura Solar I, un impianto da 39 MW di potenza – arriverà infatti Grupotec, con un nuovo impianto da 30 Mw, in grado di servire anche il rimanente 40% della popolazione, che ad oggi si rifornisce ancora di energia elettrica tradizionale. Il nuovo impianto occuperà 44 ettari di terreno e potrà contare su 97.000 moduli solari e una batteria per lo stoccaggio da 11 Mw. Se tutto andrà come da progetto, la costruzione si rivelerà un affare da ogni punto di vista: per i cittadini, che pagheranno l’energia alle stesse tariffe attuali, senza alcun rincaro, per l’ambiente, che potrà contare su quasi 100.000 nuove “utenze pulite”, e ovviamente per i costruttori: Messico California, con i loro grandi spazi assolati, si stanno rivelando una miniera d’oro per le industrie del fotovoltaico, come dimostra anche la recente attivazione di Topaz, l’impianto solare più grande del mondo.

Fonte: ecodallecitta.it

Messico, moria di 36 tonnellate di pesci nel lago Cajititlan: la causa è l’inquinamento

L’inquinamento del Lago Cajititlan in Messico ha prodotto una imponente moria di pesci. Ne sono state raccolte 36 tonnellate. Ma dei responsabili per ora nessuna traccia

La moria di pesci che si è registrata nel lago Cajititlan in Messico già da martedì scorso ha assunto proporzioni notevoli e tra sabato e domenica scorso i pescatori hanno tirato su oltre 36 tonnellate di pesce morto. Le cause sembra siano state indotte da qualche comportamento criminale. Queste le conclusioni a cui è giunta Magdalena Ruiz Mejía, segretario di Ambiente e sviluppo territoriale (Semadet). Non è la prima volta che nel lago si verificano massicce morie di pesci, questa è la quarta in ordine di apparizione ma probabilmente è la più grave e consistente. I problemi di inquinamento sono noti e denunciati da diversi anni e già nel 2013 furono avanzati sospetti sulla salubrità per flora e fauna delle acque lacustri.MEXICO-ENVIRONMENT-FISH

A questo proposito, il Comune di Tlajomulco de Zuniga, sotto cui ricade la territorialità del lago ha affermato in una breve dichiarazione che il fenomeno era dovuto a cause naturali e ciclici legati alla mancanza di ossigeno e al riscaldamento dell’acqua, ma secondo Ruiz Mejía questa possibilità è da escludere:

Abbiamo un sistema di controllo che ci suggerisce che la causa sia da ricercare nella cattiva gestione dell’acqua.

Infatti i funzionari dell’Ufficio di Stato per la protezione ambientale e della Commissione Acqua hanno affermato di avere le prove che ci sia una inadeguata gestione di tre impianti per il trattamento dei fanghi di Tlajomulco il che avrebbe prodotto la morte dei pesci. Tuttavia non ci sono al momento dati disponibili e dunque le prove sono state presentate al vaglio del Procuratore generale che potrebbe aprire un fascicolo di indagine per crimine ambientale.MEXICO-ENVIRONMENT-FISH

Cajititlán è una graziosa cittadina di appena 8.000 abitanti la cui vita ruota proprio intorno alla bellezza del lago considerata anche attrazione turistica grazie anche alla presenza di santuari e basiliche. Il nome Cajititlán deriva dalla radice “Caxitl” che in lingua Nahuatl significa ciotola, piatto o zucca. Pescatori e agricoltori della zona anche sostengono che la contaminazione delle acque dipenda dai liquami rilasciati nel lago dai tre impianti di depurazione presenti in zona e dagli scarichi industriali da 15 società che sversano nelle acque lacustri.MEXICO-ENVIRONMENT-FISH

Per ora comunque tutti i rappresentanti dell’amministrazione cittadina hanno le bocche cucite.

Fonte: InformadorTlajomulcoExcelsior

© Foto Getty Images

Gli ogm distruggono il miele del Messico

Le coltivazioni geneticamente modificate hanno ormai colonizzato il Messico, divenuto porto franco delle multinazionali del biotech. E ora questa nazione sta pagando un prezzo sempre più alto. E mentre il governo continua a dare l’ok a sempre nuove coltivazioni, i giudici del distretto federale hanno detto no, bloccando l’autorizzazione per la soia Monsanto nello Yucatan.mappa_ogm_messico

Ad autorizzare la coltivazione della soia ogm erano state le autorità federali messicane. I giudici sono intervenuti sulla base delle evidenze scientifiche che dimostrano come le coltivazioni di soia ogm mettano a rischio la produzione di miele degli stati di Campeche, Quintana Roo e dello Yucatan. Su La Jornada la decisione è stata accolta con soddisfazione e con un commento che suggerisce come le agenzie federali coinvolte in questa disputa possano essere accusate di corruzione e collusione. Peraltro, l’autorizzazione federale era arrivata, malgrado le centinaia di voci contrarie provenienti dal mondo scientifico nazionale e internazionale. La parte più importante della decisione della corte riguarda la motivazione secondo cui la coesistenza è impossibile, ossia, in questo caso specifico come ormai nella generalità dei casi, la coltivazione ogm Monsanto e la produzione di miele sono incompatibili. Peraltro, l’85% del miele messicano viene esportato perché destinato al mercato europeo e la Corte di Giustizia Europea ha già proibito nel 2011 la vendita di miele che contenga polline da coltivazioni ogm. E pensare che il Messico è una delle nazioni che ha firmato la Convenzione sulla biodiversità e il protocollo di Cartagena sulla biosicurezza.
L’argomento merita un’altra riflessione: l’imposizione del modello ogm sta trasformando (e ha già trasformato) il diritto umano al cibo in business privato di poche grandi società. Un sistema alimentare non può essere democratico se permette alle multinazionali di controllare il cibo e l’agricoltura. La cosa è molto semplice, al di là anche di quanto la scienza può dirci: il cibo meglio prodotto e consumato viene dalla base, ancor meglio se a livello locale.

Fonte: ilcambiamento.it

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I frutti agrodolci del cactus Opuntia

Non “fichi d’India”, ma “tunas”, non solo dolci, ma anche aciduli.

Noti in Italia come fichi d’India, sono frutti originari del Messico dei cactus del genere Opuntia. In America vengono coltivati e consumati molto di più che nel mediterraneo e oltre alle varietà rossa, bianca e verde conosciute nel nostro paese, è di particolare interesse il frutto noto come Xoconostle (Opuntia matudae), dal sapore più acido e deciso.

Se si raccolgono le foglie del cactus Opuntia non se ne possono raccogliere i frutti, perché il continuo prelievo impedisce di fatto alla pianta di fiorire e fruttificare (un po’ come succede con le insalate). Per ottenerne i frutti, chiamati localmente tuna, occorre che la pianta raggiunga un’altezza maggiore. Come si vede dalla foto qui sotto, la produzione può essere molto elevata. Nella piantagione che abbiamo visitato presso Nopaltepec si trova anche un micro-impianto di spazzolatura che è un vero capolavoro di ingegnosità locale. La macchina è di costruzione artigianale, ottenuta usando anche  pezzi ottenuti da altre macchine; i frutti sono spazzolati per 5-10 minuti, rotolando su rulli dotati di setole plastiche lunghe e sottili, che rimuovono tutte le spine. L’impianto è collocato in un fabbricato che forse non supererebbe le norme igieniche europee, ma i lavoratori che maneggiano i frutti con spine sono adeguatamente protetti con tuta, guanti e occhiali. E’ interessante vedere come le comunità locali sanno organizzarsi per svolgere attività su piccola scala, quando hanno la terra e la libertà per farlo, e non hanno necessariamente bisogno di tutti gli “esperti di sviluppo”.

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Fonte: ecoblog.it

Dove nascono le rose

La coltivazione in serra genera più di dieci posti di lavoro per ettaro ed è una buona opportunità per le campagne, se viene rispettata la sicurezza dei lavoratori.

 Dopo l’allevamento delle trote, la coltivazione delle rose sfata un altro mito del Messico, che non è solo fatto di cactus e serpenti a sonagli. Nella zona di Toluca, nel sud ovest dello Stato del Messico (1), la coltivazione è effettuata in serra, perché le temperature sarebbero altrimenti troppo basse, mentre la quantità di acqua fornita è più che sufficiente. Le rose sono molto assetate: ogni fiore richiede in media 4500 litri d’acqua(2) I fiori sono venduti per metà in Messico e per metà negli USA, soprattutto nell’area di Los Angeles. Il trasporto refrigerato è effettuato via terra, in questo modo l’impatto ambientale è molto inferiore rispetto al trasporto via aerea da altre nazioni del Sud America. La produzione è ad alta intensità di lavoro, poiché impegna oltre 11 lavoratori per ettaro. L’azienda è di piccole dimensioni (pochi ettari) e occupa una posizione al fondo di una piccola valle poco adatta all’agricoltura. Il problema maggiore è la qualità del lavoro. Per almeno due decenni i lavoratori sono stati particolarmente esposti ai pesticidi, facendo trattamenti senza protezione adeguata. L’esposizione nelle serre è naturalmente maggiore che in campo aperto. Ore sembra che i lavoratori abbiano protezione adeguata, ma la competizione del mercato potrebbe sempre spingere qualcuno a tagliare i costi.

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(1) Lo Stato del Messico, la cui capitale è Toluca, è uno dei 31 della Repubblica Federale del Messico e circonda come un ferro di cavallo il distretto federale della capitale. (2) Dati forniti dal produttore. Per ogni giorno e per ogni ettaro, occorrono 20 mc di acqua di fonte nella stagione secca e 5 nella stagione delle piogge. Poiché le due stagioni durano metà anno ciascuno, il fabbisogno medio è di 12,5 mc/ha/giorno, cioè 4,5 milioni all’anno. La produzione annua è di 1 milione di fiori per ettaro.

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Fonte: ecoblog.it

Messico, le dieci domande del premio Oscar Cuarón al presidente Peña Nieto

Il vincitore dell’Oscar per la miglior regia con Gravity ha acquistato una pagina sui principali giornali messicani per chiedere al suo presidente di spiegare alla popolazione

Alfonso Cuarón, il più importante regista messicano, autore di capolavori come Y tu mama tmabien e I figli degli uomini, ma soprattutto di Gravity che gli ha consentito di vincere il premio Oscar per la migliore regia, ha lanciato la sfida al presidente messicano Enrique Peña Nieto acquistando una pagina pubblicitaria sui principali giornali del Paese per porre dieci domande sulla controversa riforma energetica del Paese.

Io non sono informato sul perché il governo non abbia condiviso con me e con i messicani in generale ciò che abbiamo bisogno di capire. Attendo la sua risposta, insieme a molti messicani,

ha detto Cuarón riferendosi alla politica energetica del Paese.

La riforma costituzionale approvato nel 2013 prevede l’apertura del settore energetico pubblico alla partecipazione del settore privato. I chiarimenti del governo di Peña Nieto sul quanto e sul come questo slittamento verso la privatizzazione si realizzerà resta tutto da chiarire.

Il regista messicano pone altre questioni, dai riflessi della privatizzazioni sulle bollette dei cittadini all’impatto ambientale di una produzione energetica in mano a potenti multinazionali. E ancora:

In un paese come il nostro, dove lo Stato di diritto è così debole e spesso assente come può essere evitato il fenomeno della corruzione su vasta scala?Immagine11

Il presidente Peña Nieto ha risposto alla lettera di Cuarón con tre tweet nei quali ha spiegato che“aiuterà la comprensione delle portate e dei benefici della riforma” evitando sapientemente la natura di sfida personale fra lui e il regista. Ha detto che le risposte arriveranno quando saranno presentate le leggi secondarie. L’annuncio a pagamento è stato accompagnato dal sito www.diezpreguntas.com in cui la lettera è stata tradotta in inglese, tedesco, francese e italiano e da un account Twitter che ha prodotto un impatto immediato in Messico. L’hashtag #Cuarón è diventato ben presto un trend topic nazionale.

Cuarón è difficile da respingere perché è palesemente indipendente, è una persona di successo e sta agendo senza alcuna traccia di risentimento sociale e con l’unica preoccupazione di quanto sta accadendo in Messico. Si limita a chiedere chi beneficerà e chi invece soffrirà per una riforma così importante,

ha detto Sergio Aguayo, uno dei più importanti politologi messicani a Mvs Radio.US-OSCARS-PRESS ROOM

Fonte:  The Guardian

Foto © Getty Images

La storia di Yash: vedere il mondo in modo positivo

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Yash Gupta, 17enne di origine indiana residente a Irvine (California), è un ragazzo molto speciale: già da qualche anno ha fondato un’associazione che raccoglie occhiali da vista usati – che altrimenti finirebbero nella spazzatura – per donarli ai bambini che ne hanno bisogno ma che non possono permetterseli. Yash, che porta gli occhiali da vista da quando aveva 5 anni, sa molto bene cosa significa non vedere perfettamente e si ricorda ancora di quando era alle elementari ed aveva rotto gli occhiali da vista. Yash ha dovuto aspettare una settimana per averne un paio nuovo e questa esperienza lo ha segnato profondamente. “ Non riuscivo a vedere niente”, ha raccontato, “In classe non vedevo nulla, così mi distraevo molto facilmente. E non riuscivo nemmeno a fare i compiti”. E’ stato in quel momento che si è reso conto di quanto fosse importante possedere un paio di occhiali da vista. Tutti i bambini che non possono permettersi un paio di occhiali, specialmente nei paesi a basso reddito, soffrono di uno svantaggio enorme, perché se non riescono a vedere bene, non possono beneficiare dell’istruzione che ricevono. “Per loro diventa impossibile riuscire ad esprimere al meglio le loro potenzialità. Io ho avuto questo problema per una settimana, ma questi bambini ce l’hanno da tutta la vita”. Ecco perché 3 anni fa, quando aveva solo 14 anni, Yash ha avuto l’idea di recuperare gli occhiali da vista che la gente non utilizza più, per donarli a chi ne ha bisogno. Spesso i vecchi occhiali vengono dimenticati nei cassetti o gettati nella spazzatura, quando ci sono tanti bambini che non vedono bene ma che non possono comperarli. “Io, a casa, ho trovato da 10 a 15 paia di occhiali solo aprendo i cassetti in modo del tutto casuale”, ha detto. Resosi conto che quegli occhiali potevano fare la differenza nella vita di almeno 10 bambini, Yash con il supporto del padre, ha fondato una associazione che raccoglie gli occhiali da vista usati per darli ai bambini meno fortunati di lui.  Come primo passo, ha contattato tutti gli optometristi di Irvine, che hanno accettato di esporre nei loro negozi un contenitore nel quale i loro clienti, dopo aver comprato un nuovo paio di occhiali, potevano donare quelli usati.Yash6-150x150

“Quel primo esperimento è stato davvero incoraggiante”, ha dichiarato Yash. “Alcuni (optometristi) avevano già molte paia di vecchi occhiali, che avevano accumulato nel tempo e dei quali non sapevano che fare” . la sua associazione no profit si chiama “Sight Lerning” e raccoglie occhiali usati presso gli optometristi californiani per darli ad organizzazioni internazionali. Dal 2011 ad oggi Yash ha raccolto e regalato circa 9.500 paia di occhiali, per un valore di quasi 500.000 dollari, soprattutto ai bambini di Haiti, Honduras, India e Messico. Per il suo altruismo Yash ha partecipato ad un evento alla Casa Bianca lo scorso mese di luglio ed è stato nominato CNN Nero 2013. Aiutare gli altri è molto importante per Yash, la cui famiglia è emigrata dall’India verso gli Stati Uniti quando aveva solo 1 anno di età. “ E’ stata dura riuscire ad integrarci per questo sono molto solidale con tutte le persone che vivono momenti di difficoltà. In questo momento stiamo collaborando con organizzazioni che hanno attività internazionali. Ma in futuro, mi piacerebbe portare questo servizio anche in tutte le città degli Stati Uniti” ha spiegato Yash. “Nel Mondo”, ha concluso, “ ci sono 300 milioni di persone che non possono permettersi un paio di occhiali da vista, ma ne hanno bisogno. Gran parte di loro (circa un terzo, n.d.a.) sono studenti e credo che non sia giusto che non riescano ad avere un’istruzione adeguata solo per questo motivo. E’ entusiasmante vedere l’espressione meravigliata dei bambini che indossano gli occhiali per la prima volta, vedere la gioia e felicità sui loro volti”

Fonte: buonenotizie.it