Torna la spesa dal contadino: 15 milioni di italiani scelgono mercati e fattorie

Gli acquisti nelle fattorie o nei mercati degli agricoltori sono cresciute del 25% rispetto al 2013

prodotti agricoli a km zero, la spesa diretta dai contadini o nei mercati degli agricoltori stanno assistendo a una vera e propria rinascita: rispetto al 2013, infatti, la crescita degli acquisti è stata del 25%, in netta controtendenza con la crisi dei consumi. Nel corso del più grande farmer’s market d’Italia, tenutosi a Milano nello scorso fine settimana,Coldiretti /Ixè ha presentato i dati di un successo del consumo a km zero che sta trovando terreno fertile nella maggiore consapevolezza dei consumatori. A fare da traino sono i 1200 mercati sparsi in tutte le regioni italiane grazie alla fondazione Campagna Amica, promossa da Coldiretti, che ha realizzato quella che, di fatto, è la più grande rete di vendita realizzata dagli agricoltori a livello mondiale e può ormai contare su fattore, botteghe e mercati che coinvolgono 28mila agricoltori impegnati su una superficie agricola complessiva di 280mila ettari. I mercati degli agricoltori promuovono la conoscenza della stagionalità dei prodotti, ma anche la filosofia del km zero, con i cibi in vendita che non devono percorrere lunghe distanze, riducendo le emissioni in atmosfera dovute alla combustione di benzina e gasolio. Gli sprechi vengono ridotti per la maggiore freschezza della frutta e verdura in vendita che dura anche una settimana in più, non dovendo rimanere per tanto tempo in viaggio. Inoltre, svolgono una importante azione di recupero di varietà a rischio di estinzione. Si stima che almeno 100 varietà vegetali definite minori, tra frutta, verdura, legumi, erbe selvatiche e prodotti ottenuti da almeno 30 diverse razze di bovini, maiali, pecore e capre allevati su scala ridotta trovino sbocco nell’attuale rete di mercati e delle botteghe degli agricoltori. I prodotti più acquistati nei mercati degli agricoltori sono la verdura, la frutta, i formaggi, i salumi, il vino, il latte, il pane, le conserve di frutta, la frutta secca, i biscotti ed i legumi, ma non manca l’interesse per i prodotti non alimentari come ad esempio gli agricosmetici.104350497-586x389

Fonte:  Coldiretti

Foto © Getty Images

Farmers market o mercati dei contadini, cosa sono?

Farmers market o mercati dei contadini, cosa sono e dove si trovano?

I farmers market, o mercatini dei contadini, sono dei mercati dove i produttori (contadini) sono essi stessi i venditori dei loro prodotti, tipicamente ortofrutticoli. Sono dei mercati dove si realizza dunque la filiera corta, ossia la vendita diretta da produttore a consumatore, il che costituisce la principale differenza rispetto ai mercati rionali, dove i venditori sono intermediari, non produttori della merce. L’altra grossa differenza è che si trovano esclusivamente prodotti locali, dato che per un contadino è pressoché impossibile frequentare mercati lontani dalle proprie terre.
Quindi si tratta di mercati dove si trova il concetto del kilometro zero, oltre alla filiera corta.farmers-market-400x250

Inoltre, ci sono una serie di caratteristiche che contribuiscono a differenziare ulteriormente i farmers market dai mercati tradizionali:

– vengono trattati prodotti prevalemente di origine biologica e trattati con tecniche biologiche di agricoltura
– si trovano spesso anche piccolissimi produttori che non commerciano solitamente i propri prodotti, se non in caso di eccedenze o raccolti particolarmente copiosi (es. gli agriturismi)

– si tratta infine di luoghi di socializzazione e convivialità, sia per chi acquista che per chi vende, tant’è vero che alcuni Comuni incoraggiano i mercati dei contadini, o farmers market, come concreta misura antidegrado nelle periferie cittadine.

I costi sono solitamente minori rispetto a quelli dei negozi e catene di distribuzione, ma dipende sempre concretamente dalla quantità e qualità della produzione disponibile.

Fonte: tuttogreen.it

Italian sounding: dal Barolla al Montecino il vino taroccato invade i mercati

Sui mercati emergenti i vini contraffatti dilagano, limitando un business che potrebbe essere superiore agli attuali 5 miliardi di euro

Cinque miliardi di euro, questo il giro d’affari del vino italiano nel mondo. Un export che nel 2013 ha fatto registrare un + 7% rispetto al 2012. Ma questa cifra potrebbe essere decisamente superiore senza la concorrenza sleale dei vini taroccati che vengono prodotti e venduti con nomi che evocano quelli della grande tradizione italiana. A Vinitaly, l’importante kermesse enologica in corso di svolgimento a Verona, Coldiretti ha esposto gli esempi più eclatanti dell’italian sounding ovverosia del fenomeno di contraffazione dei prodotti doc e dop italiani. Dribblare le norme vigenti a danno della produzione italiana è piuttosto semplice: basta proporre un nome “evocativo” su mercati non evoluti e a clienti che non riconoscono la differenza fra un Barolla e un Barolo, fra un Vinoncella e un Valpolicella, fra un Cantia e un Chianti, fra un Montecino e un Montalcino. I wine kit per il vino fai da te con i quali autoprodurre Lambrusco, Gewurztraminer, Frascati, Sangiovese o Primitivo, arrivano da Canada, Stati Uniti e Svezia e vengono venduti con tanto di marchi Doc’s. Uno dei più grandi produttori di wine kit, Vinecowine vende i kit di Verdicchio, Chianti, Barolo, Amarone, Valpolicella. La società fa capo a Andrew Peller, il secondo produttore vinicolo del Canada.

L’Italia non può tollerare che nell’Unione Europea del rigore nei conti si permetta che almeno venti milioni di bottiglie di pseudo vino siano ottenuti da polveri miracolose contenute in wine kit che promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose,

ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Al di là delle frodi e delle contraffazioni, l’altro grande problema è dato dal fatto che le normative europee non consentono l’aggiunta di acqua come avviene, peraltro, in altri stati del nuovo mondo, come il Sud Africa. Oltre ai già citati Barolla, Vinoncella e Cantia, la lista dei vini taroccati esposti nei padiglioni 6 e 7 è allungata da dal Barbera bianco prodotto in Romania, dal Chianti californiano, dal Bordolino in versione bianca e rossa, al Mersecco e al Kressecco. Ci sono poi il Marsala sudamericano, Il Fernet Capri prodotto in Argentina. Proprio sui mercati emergenti, dove non si è ancora affermata una cultura del vino e in cui i consumatori non hanno gli strumenti adeguati per riconoscere il vero made in Italy, per i truffatori si aprono praterie. Tocca alle istituzioni e alla politica mettersi al lavoro per limitare i danni e permettere al made in Italy di massimizzare i profitti di una produzione enologica unica al mondo.Bold Italian Dinner Hosted By Scott Conant, Amanda Freitag, Debi Mazar & Gabriele Corcos - Food Network South Beach Wine & Food Festival

Fonte: Coldiretti

Foto © Getty Images

Primo sguardo delle “sentinelle dei rifiuti” nei mercati di Torino

I mercati di Torino sotto la lente d’ingrandimento delle sentinelle dei rifiuti. Eco dalle Città fa il punto sulla situazione della raccolta differenziata e intervista Irene Vaccaro, presidente del Gruppo Organizzato Indipendente Ambulanti (GOIA). On line il video girato al mercato di piazza Barcellonamercati

Le sentinelle dei rifiuti entrano in azione con un primo sguardo alla situazione della raccolta differenziata nei mercati di Torino con un’intervista a Irene Vaccaro, presidente del Gruppo Organizzato Indipendente Ambulanti (GOIA) e un video girato al mercato di piazza Barcellona.
Intervista a Irene Vaccaro, presidente del Gruppo Organizzato Indipendente Ambulanti (GOIA)
A che punto è la raccolta differenziata nei mercati di Torino?
I banchi di ortofrutta hanno a disposizione un proprio cassonetto per l’organico. Le cassette, sia di legno che di plastica, vengono divise dai rifiuti. Ci sono alcune cooperative che si occupano della loro raccolta. Il resto invece finisce tutto assieme. Per carta, plastica e quel poco di indifferenziato che produciamo l’Amiat distribuisce ogni mattina dei sacchetti trasparenti. Noi ambulanti possiamo anche differenziare, ma a fine giornata in genere c’è un unico mezzo che li raccoglie.
Quindi il problema è nella raccolta e non nel conferimento?
Più che altro diventa inutile la nostra differenziata. Però l’Amiat continua a richiederla. Per anni abbiamo pagato una maggiorazione sulla TARSU perché il parco mezzi e il servizio dovevano essere potenziati, ma di risultati se ne sono visti pochi. Alla fine abbiamo i bidoni per l’organico. Ci sono costati molto cari.
È così dappertutto?
A Torino sì. Nei mercati della cintura e in molti della provincia invece è un’altra storia. In diverse aree mercatali sono stati installati dei bidoni fissi. Ogni ambulante differenzia e getta da sé i propri rifiuti. I vigili fanno multe salate a chi sgarra. E a fine giornata il plateatico è sgombro, non resta praticamente nulla. I mezzi della raccolta rifiuti devono solo svuotare i bidoni.
Sarebbe possibile migliorare la differenziata nei mercati?
Basterebbe iniziare dal sistema di tassazione. Fuori città si paga la TIA, mentre il Comune di Torino applica solo la TARSU. (Per ulteriori informazioni e differenze tra tassa (TARSU) e tariffa (TIA) rifiuti clicca qui ndr). Con la TIA pagheremmo anche di meno perché ci sarebbe una valutazione più puntuale di quanti rifiuti effettivamente produciamo. Una valutazione che si può fare se si differenzia. Invece con la TARSU le tariffe sono stabilite solo sulla base della metratura dell’area occupata e sul costo del servizio di raccolta.
Certo non potete rimpicciolire i banchi. Come sono calcolati i costi del servizio?
Noi del GOIA non siamo ancora riusciti a capirlo. Eppure dovrebbero essere dati pubblici. Se lo chiediamo all’Amiat e al Comune ci rispondono che è l’Amiat stessa che ha svolto un’indagine sui costi. Questo nel migliore dei casi. Nel peggiore si trincerano dietro non meglio specificate difficoltà nella raccolta dei rifiuti. E se insistiamo sventolano la foto di un mercato a fine giornata. Come a dire, siete voi che sporcate quindi non lamentatevi.
Prima tappa

Nel mercato di Piazza Barcellona i bidoni per la raccolta dell’organico sono in realtà utilizzati per ogni genere di rifiuto. Inoltre, per terra, a fine giornata, rimane qualsiasi cosa: cassette di plastica e legno, lattine, vetro, sacchetti di nylon, tutte cose che per aver toccato il suolo non sarebbero più differenziabili e che quindi finiscono tutte insieme nel generico

Fonte. Eco dalle citta