Mercalli: “Mobilitazione importante, adesso bisogna agire in prima persona”

Abbiamo intervistato il climatologo Luca Mercalli per strade di Torino durante il corteo organizzato dal movimento Fridays For Future in occasione dello sciopero globale per il clima. Mercalli sarà anche uno dei personaggi principali del docu-film che stiamo realizzando insieme a Terra Nuova e che potete sostenere aderendo alla campagna crowdfunding.

«Io credo che oggi sia importante questa mobilitazione, ma è un inizio anche per approfondire, per prendere coscienza, per assumersi delle responsabilità, per agire in prima persona». Luca Mercalli non nasconde le aspettative nei confronti delle migliaia di giovani scesi in piazza venerdì 27 settembre per lo sciopero globale per il clima.  

«Penso che siamo ancora in una fase iniziale. È molto bello che almeno nella testa di tantissimi ragazzi risuonino oggi parole come “ambiente” e “clima” che prima forse non esistevano affatto. E intanto nei confronti della politica…. questi sono numeri», prosegue rispondendo alle domande del nostro Ezio Maisto, regista di “Ragazzi irresponsabili”, il docu-film che racconterà la storia e le attività del movimento Fridays For Future in Italia.

«Il movimento – suggerisce Mercalli – deve assolutamente aderire alla costruzione di un modello alternativo, perché tale modello deve essere sviluppato, non c’è ancora. Ci sono delle timide proposte». Alcune di queste proposte derivano proprio da progetti portati avanti dai giovani attivisti italiani, che lontano dai riflettori, riposti cartelli e striscioni che hanno colorato i cortei degli ultimi mesi, lavorano quotidianamente per cambiare le cose.  

Noi di Italia Che Cambia, insieme a Terra Nuova, crediamo fortemente in questi ragazzi e chiamiamo a raccolta la società civile per sostenere questa iniziativa volta a raccontare la loro storia: singoli, famiglie, associazioni, imprese attente alla responsabilità sociale, gruppi locali di Fridays For Future Italia, chiunque abbia a cuore la (ri)costruzione di un’economia non distruttiva, i cui obiettivi non siano vincolati esclusivamente a fredde misure quantitative di presunto benessere. I ragazzi di Fridays For Future potrebbero la nostra ultima spiaggia e chi si occupa di contro-informazione – a cominciare da Italia Che Cambia e Terra Nuova – ha il preciso dovere di diffondere in tutti i modi il loro grido di allarme. 

«Il problema ecologico è estremamente complesso, non si risolve se ci si focalizza solo su un dettaglio», conclude Mercalli. «Questo potrebbe essere anche uno stimolo a fare molta più cultura a partire dalla scuola fino ai mezzi d’informazione, al fine di dare alle persone il senso di questa enorme sfida e complessità».

La nostra troupe con Luca Mercalli

La nostra troupe con Luca Mercalli

Aiutateci dunque a dare corpo ai suggerimenti del climatologo più famoso d’Italia raccontando la nascita di un movimento che sta segnando una svolta nell’ambientalismo di tutto il mondo e, nello stesso tempo, contribuendo alla sua diffusione. Potete farlo partecipando al crowdfunding per raccogliere le risorse necessarie a terminare le riprese e realizzare la post-produzione.  

Non vogliamo scoprire la Greta Thunberg italiana. Vogliamo dar voce alla Greta Thunberg che vive dentro ognuno di noi! Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/10/mercalli-mobilitazione-importante-adesso-agire-in-prima-persona/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Clima bene comune

Abbiamo intervistato Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, che ha scritto recentemente, insieme all’economista Alessandra Goria, un libro sul problema dei cambiamenti climatici in atto e sulle possibili soluzioni che è possibile adottare a livello individuale e sociale per arginare il problema, e stabilizzarlo a un livello accettabile per la sopravvivenza prima di tutto dell’Umanità e poi del maggior numero di specie animali e vegetali del pianetaluca_mercalli_foto

Luca Mercalli insieme ad Alessandra Goria ha scritto recentemente un nuovo libro sul cambiamento climatico e le sue problematiche (Clima bene comune, Bruno Mondadori, 2013). Mercalli è un climatologo e affronta la questione sollevando il velo delle errate informazioni sul tema e proponendo soluzioni individuali, sociali e istituzionali per fermare la pericolosa mutazione dei climi. Gli scenari e gli impatti attuali e futuri descritti nel suo testo, tutti documentati secondo le più recenti acquisizioni della ricerca scientifica internazionale, sono impressionanti e lo sono tanto più alla luce dei costi che imporranno alle nostre società opulente e all’umanità intera, sia dal punto di vista economico che sociale e umano. Tuttavia è ancora possibile agire per tentare di arginare il problema se ci si orienta verso un altro modo di vivere, sia a livello individuale che sociale. Abbiamo chiesto a Luca Mercalli il suo punto di vista, chiedendogli anche di aprirci spiragli sulle soluzioni possibili per un cambiamento di rotta.

V.P. – La questione del cambiamento climatico è sempre più impellente e lo vediamo (parlo delle persone ecologicamente sensibili) ormai con i nostri occhi (non sono più teorie) “grazie” agli eventi climatici drammatici cui ogni tanto anche le nostre regioni sono sottoposte. La domanda iniziale però è questa: qual è secondo te la percezione reale della gente comune? A tuo parere il cosiddetto uomo della strada crede nella possibilità di fare qualcosa per arginare questo pericoloso disordine del clima?

L.M. – Innanzitutto va detto che il problema del cambiamento climatico è di una complessità enorme. Non si possono ad esempio trarre conclusioni generali da fenomeni locali e siamo costretti a fare i conti con molte incertezze. Tanto più che spesso ci sono concause dovute ad altri fattori. Nell’ultimo grave episodio alluvionale in Sardegna, il 18 novembre 2013, una parte consistente del problema è stato generato da un cattivo uso del territorio, da abuso edilizio e da una scarsa conoscenza delle norme di protezione civile più sicuramente una certa percentuale dovuta a una nuova strutturazione climatica, che tuttavia non siamo in grado di quantificare. In ogni caso, molti altri sintomi generali di cambiamento in atto li abbiamo già. L’aumento della temperatura del globo è infatti un fatto ormai inequivocabile, così come è accertato che ciò sia di origine umana. Il recente quinto Rapporto dell’ONU-IPCC sul clima effettua una diagnosi della tendenza termica all’aumento che non lascia dubbi in questo senso. E ci sono accadimenti importantissimi come la fusione dei ghiacciai e della banchisa polare che sono drammatici.

V.P. – Come mai, nonostante appunto concreti esempi di stravolgimenti stagionali ed eccessi di manifestazioni atmosferiche in molti luoghi del pianeta, i capi di stato e le istituzioni internazionali che dovrebbero essere i soggetti maggiormente coinvolti e artefici di piani difesa e di riconversione delle abitudini umane che concorrono al riscaldamento terrestre, si ostinano a negare, ignorare o a ridimensionare tali cambiamenti in atto? Alcuni sostengono che questi cambiamenti ci sono sempre stati, altri che non è colpa dell’uomo se ora si stanno verificando e altri ancora, seppure li ammettono e capiscono, di fatto non danno luogo ad azioni collettive concrete.

L.M. – Ci sono due grandi ostacoli che congelano qualsiasi percorso di cambio di direzione societario rispetto al problema del clima. Il primo è quello economico. C’è una lobby molto forte che preme a tutti i livelli per impedire che non ci siano penalizzazioni sul fronte del consumo energetico e della crescita economica. Il mercato del carbone e del petrolio è uno dei mercati più grandi al mondo con una potenza di fuoco e capacità di corruzione politica impareggiabile. Lo stesso Obama, un capo di stato di un paese di importanza fondamentale a livello mondiale, e che ha consapevolezza del problema, ha dimostrato di non avere possibilità di manovra perché la lobby dei petrolieri staunitensi è potentissima. Ma anche altri grandi paesi in via di sviluppo come l’India o la Cina non hanno alcun interesse a fermare la loro corsa, rimpallando semmai la questione agli stati occidentali che sono partiti prima e che hanno maggiori responsabilità nella faccenda. Il secondo ostacolo è invece di tipo culturale: l’uomo non è attento alle problematiche che si manifestano nel lungo termine. Se lo fosse, dovrebbe scommettere sulla credibilità della scienza e sul futuro, e in generale a nessuno interessa farlo. La metafora del fumo di tabacco e dei suoi effetti nocivi risaputi è assolutamente calzante. Anche in quel caso, nessuno o quasi si preoccupa del fatto che dopo vent’anni di fumo potrebbe sviluppare con grandissime probabilità un tumore al polmone e quindi tutti continuano a fumare, rischiando per un piccolo piacere sicuro oggi una grave ma incerta conseguenza domani. Allo stesso tempo, le lobby produttrici di tabacco fanno il loro lavoro per continuare a produrre e vendere in santa pace il loro prodotto. La stessa cosa avviene nel caso dei cambiamenti climatici e dell’uso irresponsabile delle energie fossili e quant’altro.

V.P. – Se non ci saranno azioni individuali e collettive per modificare questo andamento, cosa ci potremo aspettare e in che tempi?

L.M. – Sicuramente si tratta di un cambiamento epocale per la storia umana. Dalla metà di questo secolo in poi l’evoluzione climatica e ambientale entrerà in un territorio inesplorato dove tutto potrà capitare e si vedranno cose mai viste. Un adattamento di tutte le specie a quello che avverrà è impossibile. Batteri e insetti certamente si adatteranno meglio, ma per le altre specie ci saranno difficoltà notevoli. Ci vorrebbe un formidabile salto culturale di visione del futuro per arrivare a comprendere che stiamo scherzando col fuoco.

V.P. – Su questo giornale parliamo spesso del ruolo delle scelte individuali per un mondo migliore, ovviamente anche sul piano del riscaldamento del pianeta. Ma dal punto di vista istituzionale e sociale collettivo cosa pensi sia possibile fare? In generale hai delle proposte?

L.M. – Prima di tutto occorre prendere coscienza che una parte di cambiamento climatico ormai è in atto e non si può più invertire. Un aumento di un paio di gradi della temperatura media dell’atmosfera terrestre entro questo secolo è quindi irreversibile, con i suoi scompensi e mutamenti che stiamo vedendo e che vedremo ancor più nei prossimi anni. Tuttavia non fare più nulla per mitigare la situazione e continuare a spingere le emissioni climalteranti senza limite significa anche che potremmo andare verso un cambiamento equivalente a 5 gradi di aumento che sono moltissimi. Cinque gradi a livello globale significa che in certe aree si può arrivare a punte di 10 gradi di differenza rispetto al presente. Con conseguenze sull’agricoltura, sull’innalzamento del livello dei mari e quindi sulle migrazioni dei popoli di portata eccezionale. Un fronte su cui agire è sicuramente un’evoluzione tecnologica che ci porti a sganciarci dalle energie fossili e a puntare verso quelle rinnovabili per contenerci entro i 2-3 gradi, i quali, ripeto, sono purtroppo ormai assodati come futura situazione che dovremo vivere. Al momento, quindi, abbiamo questo spazio di manovra per non oltrepassare questo limite, che ha già i suoi notevoli problemi per l’equilibrio del pianeta, ma più si aspetta e più questo spazio si riduce. Proprio per questo ho pensato di scrivere questo libro a quattro mani insieme a una economista come Alessandra Goria. Occorre dare un messaggio forte che esistono linee di coesistenza con l’ambiente e socialità umane diverse anche dal punto di vista economico e che l’economia predatoria che oggi regge il pianeta, può cambiare. Anzi, sebbene non emerga, esiste già un’economia diversa, che potrebbe far fronte a queste problematiche e svelarci un percorso verso rapporti societari ed ecologici più equilibrati, più rispettosi del necessario e meno inclini al superfluo, più sobri nei consumi e più attenti verso il riciclo degli scarti. Queste sono le prospettive che illustriamo nel libro e che speriamo stimolino l’azione concreta di quante più persone e istituzioni possibili.

Fonte: il cambiamento

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€ 16

Inquinamento luminoso: dall’associazione CieloBuio un appello al Parlamento

Anche Margherita Hack e Luca Mercalli tra i primi firmatari di una proposta per contrastare l’inquinamento luminoso ed evitare eccessi ed errori nella illuminazione artificiale. Secondo l’associazione CieloBuio, si potrebbe risparmiare ogni anno 1 miliardo di euro374796

Un appello al nuovo Parlamento perché si adoperi per contrastare l’inquinamento luminoso. E’ l’ultima iniziativa dell’associazione CieloBuio, da anni attiva contro gli eccessi e gli errori di illuminazione delle città italiane, che nei mesi scorsi si era fatta promotrice del controverso provvedimento “Cieli bui” per la razionalizzazione dell’illuminazione pubblica, proposto e successivamente cancellato tra le polemiche sui presunti rischi per la sicurezza dei cittadini. Ora, l’associazione ha deciso di riprovarci, con una iniziativa popolare che vede tra i primi firmatari personalità di spicco come Margherita Hack e Luca Mercalli. «Auspichiamo che provvedimenti significativi contro l’inquinamento luminoso come quelli proposti con l’Operazione cieli bui, che forse sarebbe stato più opportuno denominare Piano per l’utilizzo razionale ed ecosostenibile dell’illuminazione artificiale, siano quanto prima oggetto di dibattito parlamentare», si legge nell’appello, attraverso il quale CieloBuio propone l’adozione di diverse misure di risparmio energetico, di contrasto dell’inquinamento luminoso e di miglioramento del comfort visivo. Ecco, in particolare, le richieste dell’associazione: evitare che gli apparecchi di illuminazione inviino luce al di fuori delle aree da illuminare e soprattutto che la disperdano orizzontalmente o verso l’alto; evitare la sovrailluminazione; evitare l’uso dell’illuminazione artificiale quando questa non serve; limitare fortemente la produzione di luce a bassa lunghezza d’onda, in particolare ultravioletta e blu; minimizzare (se possibile, azzerare) l’uso dell’illuminazione artificiale nelle aree di rilevante interesse ecologico-naturalistico; mirare alla crescita zero del flusso luminoso totale installato e, successivamente, al calo dello stesso, con l’obiettivo di riportare l’Italia ad un flusso pro capite massimo installato di 1000 lumen. In questo modo, sottolinea CieloBuio, si potrebbe non solo tutelare il cielo e contrastare i problemi – anche sanitari – causati dall’inquinamento luminoso, ma anche permettere all’Italia di risparmiare una cifra complessiva di circa 1 miliardo di euro all’anno. «Anche la reputazione della nazione se ne gioverebbe – spiega il coordinamento – poiché ci porremmo al mondo come all’avanguardia in questo importante ambito». Tra i primi firmatari, oltre alla Hack e al climatologo Mercalli, ci sono numerosi professori universitari ed esperti di astronomia, zoologia, ecologia e fisica. L’appello può essere letto e sottoscritto seguendo questo link. (In allegato il testo di approfondimento scientifico elaborato da CieloBuio).

Fonte: eco dalle città

Decrescita felice alla Biennale Democrazia: la lezione sul consumo intelligente di Mercalli e Pallante

Alla Biennale Democrazia di Torino tutto esaurito per l’incontro dei due teorici della decrescita felice

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Se decresce il debito pubblico quella è una decrescita negativa? Senza il cibo che, in Italia, finisce nella pattumiera avremo un PIL del 2% più basso: sarebbe un male questo?

Comincia con domande retoriche l’intervento di Maurizio Pallante, fondatore del movimento della decrescita felice, in un Piccolo Regio stracolmo all’inverosimile per la terza giornata di Biennale Democrazia. Con lui Paolo Griseri a fare da moderatore e Luca Mercalli, meteorologo, ecologista e, anche lui, decrescente praticante. Si parla di decrescita felice e il fondatore del movimento fa esempi molto pratici raccogliendo consensi senza l’aggressività del capopolo che questi temi è riuscito a portarli in Parlamento:

La nostra società crede di vivere nel migliore dei mondi possibili. Faccio un esempio: una casa che in Italia consuma 20 litri di gas perché è costruita male e disperde il calore, in Germania non avrebbe l’abitabilità dopo lo sforamento dei 7 litri. Il fatto è che in Germania il consumo medio è di 1,5 litri… A questo fatto si aggiunge il fatto che le nostre metriche di misura del benessere sono una follia: stare in coda in macchina ci fa consumare più benzina dunque accresce il PIL, comprare più cibo di quello che ci è necessario fa crescere il PIL ma questo è benessere? La voce del PIL è quella di  un imprenditore che alle tre di notte chiama il suo socio in affari e ride del terremoto appena avvenuto in Abruzzo…

Pallante sa che gli scettici non mancano e che i detrattori di questa teoria sostengono che sia l’anticamera di una crisi ben peggiore, ma i dati parlano chiaro: negli ultimi 50 anni la popolazione italiana è passata da 47 a 60 milioni ma l’occupazione è rimasta stabile. Perché la crescita economica è accompagnata a una competizione tecnologica che sottrae occupazione e posti di lavoro. Pallante stoppa anche chi semplifica, assimilando la recessione alla decrescita: la recessione è la riduzione indiscriminata di merci, la decrescita è la riduzione di merci che non sono beni. Volendo metaforizzare la recessione è colui che non mangia perché non ha nulla da mangiare, la decrescita è colui che non mangia perché si è messo a dieta.

Luca Mercalli cita Kenneth Boulding:

Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista. 

Poi, le cifre, implacabili, di un mondo che dalla seconda metà degli anni Ottanta ha iniziato a bruciare il proprio capitale di risorse e non, come accadeva prima di quella data, i suoi “interessi”. Nel 2040, quando saremo 8 miliardi, saranno necessarie due Terre per mantenere gli standard attuali di consumo energetico e alimentare. Il meteorologo porta la propria esperienza di autonomia energetica, di auto-produzione e di mobilità sostenibile. Quali soluzioni? Per Pallante le due vie maestre della decrescita sono: 1) la riduzione dei consumi alla fonte grazie al risparmio energetico, 2) il ritorno a forme di baratto già collaudate dai nostri avi. Secondo il movimento della decrescita felice la giornata tipo dovrebbe essere divisa in tre fasi: 1) autoproduzione: cioè produrre cibi e strumenti che ci permettano di non dipendere totalmente dal mercato, 2) lavoro: occorre guadagnare per poter acquistare ciò che non può essere autoprodotto, 3) contemplazione e relazioni umane. Ovviamente nel dibattito non può non entrare la politica e quel Movimento Cinque Stelle che è in sintonia – quantomeno a livello teorico – con i principi e le regole della decrescita felice. Pallante sgombera il campo da qualsiasi “affiliazione” del suo movimento che resta apolitico pur facendo proposte che sono, di fatto, politiche, ma riconosce come in Parlamento vi sia, per la prima volta, una forza che non fa del modello di sviluppo industriale e “ottocentesco” il proprio schema di Governo.

Fonte: ecoblog