Monsanto annuncia il ritiro degli OGM in Europa, siamo alla propaganda?

Siamo alla fase due della resa di Monsanto in Europa che sembra piuttosto una propaganda che non il vero ritiro dal mercato delle sementi OGM nel Continente.monsanto-594x350

Euractiv con Reuters riportano la notizia secondo cui Monsanto, la multinazionale degli OGM americana, starebbe meditando di ritirare tutte le richieste di approvazione per coltivare nuovi tipi di colture geneticamente modificate nell’Unione europea, a causa della mancanza di prospettive commerciali. Il ritiro riguarda 5 varietà di mais, 1 di colza e 1 di barbabietola da zucchero. La multinazionale ha però precitato che non avrebbe ritirato la sua domanda di rinnovo solo per il mais MON810 unica coltura OGM attualmente coltivata e in commercio in Europa tra cui anche in Italia, attraverso le battaglie legali condotte da Giorgio Fidenato. Il presidente della Monsanto e Managing Director per l’Europa, Jose Manuel Madero, ha detto a Reuters che lo ha contattato telefonicamente:

Ci sarà il ritiro delle approvazioni nei prossimi mesi.                                  

Madero ha spiegato che la decisione avrebbe permesso alla società di concentrarsi sulla crescita nel settore delle sementi convenzionali in Europa. Un portavoce della Commissione europea, che gestisce il sistema di approvazione degli OGM dell’UE, ha confermato che la Monsanto aveva comunicato la sua intenzione di ritirare le richieste di approvazione. Ma il dubbio che si possa trattare di propaganda piuttosto che di genuina seppur sofferta decisione inizia a avanzare. In effetti c’è una novità che probabilmente preoccupa Monsanto. Lo scorso 25 maggio si è tenuta la March Against Monsanto Marcia contro Monsanto che ha coinvolto milioni di persone su tutto il Pianeta, anche se l’Italia era assente. Hanno manifestato contemporaneamente contro la multinazionale americana in 52 paesi. Il punto è che la manifestazione è sorta spontaneamente e si è coordinata attraverso i social network senza la collaborazione di alcuna associazione governativa o non governativa e innescata negli Stati Uniti dalla firma di quel Monsanto Protection Act firmato dal presidente Barack Obama, ceh assicura alla multinazionale protezione, ai limiti dell’impunità, sulle conseguenze che potrebbero avere i suoi prodotti sulla salute umana. Per intenderci, una protezione simile è riservata alle case farmaceutiche per i vaccini. In effetti, come rileva anche Altra informazione, i social dunque sono stati la rete di collegamento nel mondo e per la prossima volta potrebbero sfondare il muro della Cina o dell’India e far si che la protesta sia davvero completamente globale. E ciò evidentemente può diventare un problema serio da gestire in quanto le controparti non sono aggregare in organismi societari individuabili. In occasione della March against Monsanto la multinazionale divulgò un comunicato stampa in cui sostanzialmente ribadì il proprio ruolo e la correttezza con cui questo era svolto:

L’agricoltura sostenibile deve essere economicamente sostenibile e socialmente responsabile. Deve essere volta a preservare la terra, l’acqua e le risorse genetiche per le generazioni future. Altri gruppi sostengono che le prossime sfide che dovranno essere affrontate con un sistema agricolo che tenga conto della manodopera e meno dell’innovazione. Rispettiamo tale parere, anche se non lo condividiamo. A nostro avviso, a vantaggio dell’agricoltura, così come molti altri settori della vita quotidiana, vi è il progresso e l’ innovazione. Produrre di più. Conservare le risorse. Migliorare gli standard di vita. Questa è l’agricoltura sostenibile, e questo è ciò che è la Monsanto.

E dunque piuttosto che di frustrazione per Monsanto che risponde per ben due volte con messaggi molto più che rassicuranti e del tipo: ok avete vinto voi, diventa sempre più consistente pensare che ci sia stata una revisione della strategia di comunicazione, ossia fare un passo indietro per rassicurare l’opinione pubblica. Ricorda infatti proprio Euractiv che nonostante la pubblica ostilità l’Europa resta uno dei principali acquirenti mondiali di grano biotech per un’importazione di più di 30 milioni di tonnellate di mangimi GM per la sua industria del bestiame. I mangimi OGM non si dichiarano e dunque per l’opinione pubblica non esistono.

Fonte: ecoblog

Ogm: Italia chiede nuovi test Ue su mais Mon810

L’Italia approfitta dell’approvazione delle nuove regole Ue sulle procedure di autorizzazione per la commercializzazione di alimenti e mangimi geneticamente modificati per chiedere alla Commissione europea di effettuare una nuova valutazione del mais Monsanto 810 e di sospendere, nel frattempo, la messa a coltura del mais transgenico in tutta Europa.

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A dare la notizia è stato il ministro delle Politiche agricole Mario Catania: l’Italia ha chiesto alla Commissione europea, tramite il ministro della Salute Renato Balduzzi, di effettuare una nuova valutazione completa circa la sicurezza del mais Monsanto 810 e di sospendere, in attesa dei risultati, l’autorizzazione alla messa in coltura delle sementi transgeniche in Italia e nel resto dell’Unione europea. Il mais oggetto della richiesta è lo stesso prodotto che la Corte di Giustizia europea ha autorizzato a distribuire anche in Italia, dopo un lungo contenzioso tra la Pioneer Hl Bred Italia srl e il ministero delle Politiche agricole, che ne bloccava da anni l’accesso – nonostante fosse già stato autorizzato da Bruxelles e iscritto nel catalogo comune Ue – in assenza di norme che regolassero la coesistenza tra semi Ogm e tradizionali. A settembre il tribunale Ue ha dato ragione all’azienda biotech e l’allarme si è fatto più acuto con l’apertura di una nuova causa, che punta a sdoganare, dopo la commercializzazione, anche la messa a coltura del mais transgenico sul territorio italiano. A creare l’occasione per la richiesta italiana è stato, invece, il nuovo regolamento Ue sull’autorizzazione degli alimenti e dei mangimi transgenici, che impone alla aziende biotech di sperimentare i nuovi prodotti Ogm per novanta giorni sui topi, attenendosi a un protocollo predisposto dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), prima di chiederne la commercializzazione nel mercato unico comunitario.

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Le nuove regole, che dovrebbero entrare in vigore tra aprile e maggio, con un periodo di adattamento di sei mesi per le aziende del settore, in realtà non sono esenti da critiche, sia per l’affidamento alla sperimentazione su animali non umani, che per la durata limitata dei test, insufficiente – secondo la Fondazione italiana per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica (Firab) – per trarre conclusioni circa gli effetti sulla salute del consumo di Ogm. Per la Firab, infatti “la predisposizione a patologie croniche da Ogm aumenta con l’invecchiamento”, quindi una valutazione rigorosa dovrebbe coprire l’intero ciclo di vita o comunque un arco di tempo più significativo. L’obiettivo dell’Italia è quello di sottoporre anche il mais Mon810 alla nuova procedura, bloccandone la diffusione fino a che i test non avranno provato la sua sicurezza. Una richiesta che difficilmente verrà accolta, dato che l’ultima valutazione risale a un anno fa e non ha convinto l’Efsa a retrocedere sul mais transgenico, ma che è stata accolta positivamente da molte organizzazioni attive nel settore agroalimentare, da Slow Food alla Coldiretti, fino alla Cia-Confederazione italiana agricoltori, nella misura in cui ha raccolto le sollecitazioni che vengono dai consumatori e dagli agricoltori contrari agli organismi geneticamente modificati e interessati a difendere le peculiarità agricole del territorio italiano. Ma soprattutto, questo primo passo potrebbe aprire la strada all’unica mossa che l’Italia può giocare in sede europea per bloccare gli Ogm: l’attivazione della clausola di salvaguardia, che permette a un paese membro di limitare o vietare temporaneamente l’uso o la vendita di un prodotto Ogm se ritiene che rappresenti un rischio per la salute o per l’ambiente. Anche questa già sollecitata, con una raccolta firme, dai cittadini.

Fonte: il cambiamento

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