Quando il potere globale si mangia la politica

La Politica è ormai robetta locale, è il Potere ad essere divenuto globale. Con queste parole, il più grande sociologo vivente, Zygmunt Bauman, è solito sintetizzare il processo di spoliticizzazione dell’economia, a favore di un potere transnazionale che detiene tra le sue mani le sorti dell’intero pianeta e dei suoi abitanti.potere_nelle_mani_di_pochi

Alle parole del grandissimo sociologo, aggiungerei che il Potere è sì globale nei suoi effetti, ma è sempre più concentrato nelle sue determinanti. Cioè,nelle mani che lo esercitano. La concentrazione del Potere, infatti, procede parallelamente a quella della ricchezza. E non è ormai più un mistero che l’attuale livello di iniquità distributive non abbia precedenti nell’intera storia del genere umano. Se cinquant’anni fa la ricchezza del più ricco 5% della popolazione umana era pari a 30 volte la ricchezza del 5% più povero, vent’anni fa lo era 60 volte e oggi lo è all’incirca 150 volte. Una recente analisi dell’Oxfam annuncia che il 2016 sarà finalmente l’anno in cui la ricchezza dell’1% più ricco del pianeta supererà quella della restante popolazione: un’ulteriore, amara legittimazione allo slogan internazionale del movimento Occupy “siamo il 99%”.Gli effetti sociali di questo livello di disuguaglianze sono potenzialmente deflagranti. La mia personalissima convinzione è che tale frattura non sia ancora degenerata solo perché, abilmente narcotizzata da un sistema mediatico egemonico, la popolazione “civilizzata” non ha ancora pienamente raggiunto la consapevolezza degli effetti sistemici di una tale situazione. Né soprattutto è mai stata correttamente informata sulle cause, come invece tento di fare io nei miei interventi pubblici di presentazione del mio libro e di introduzione alla Bioeconomia, focalizzando l’attenzione proprio sul dogma dell’utilità, vero e proprio “mostro sacro” dell’impostazione culturale dominante. Sul piano culturale ed economico, poi, occorre tenere sempre ben presente come dal 1989, ben sepolta sotto le macerie del muro di Berlino, sia stata (definitivamente?) archiviata l’unica concezione alternativa e su larga scala allo sviluppo socioeconomico dell’umanità: da allora, infatti, il pensiero unico capitalistico e neoliberista si è trovato la strada spianata, sia sul piano delle prassi umane che, soprattutto, su quello del pensiero. Provate a spiegare oggi a un ragazzino di quindici anni che può esistere un “mondo” che non sia fondato sulla competizione, sull’arrivismo, sul darwinismo sociale e sul predominio dell’avere sull’essere! Come dico sempre, esistono ovunque provvidenziali “sacche di resistenza” illuminata in tutti i campi (alimentare, medico, educativo, economico, spirituale…), ma fintantoché queste “cellule di alterità” resteranno autoreferenziate e prive di un coordinamento evoluto, il massimo che potranno fare sarà salvare se stesse (che è già tantissimo, mi raccomando), ma non potranno mai illudersi di mettere anche minimamente in discussione il sistema culturale egemonico. Solo per fare l’ennesimo esempio, è di qualche giorno fa la notizia che Nikkei – holding dell’informazione finanziaria asiatica – sia sul punto di concludere l’acquisto del Financial Times, testate e case editrici satellite incluse. Un colosso della cultura finanziaria globale, già titolare del Nikkei-daily (il quotidiano, distribuito in quasi 5 milioni di copie, diventato un “must” per i CEO di tutto il mondo) s’impadronisce della più autorevole testata giornalistica economico-finanziaria occidentale! Politica locale e potere globale, ricordate? Concentrato nelle mani di pochissimi: Tsuneo Kita, CEO dei Nikkei, è un uomo. Uno solo. Una persona, capite? Con delle idee, dei progetti, degli obiettivi. Chi, come il sottoscritto, ha lavorato vicinissimo al vertice di compagnie di migliaia di persone sa benissimo come la “cinghia di trasmissione” della cultura aziendale sia apparentemente lunghissima, ma, nella pratica, inesistente. In questo modo, le pochissime mani che concentrano il Potere avranno gioco facile a condizionare le menti e le prassi – cioè: le vite – di migliaia e milioni di persone!  Senza andare dall’altra parte del mondo, pensiamo anche a quanto sta accadendo in casa nostra, con la fusione di RCS e Mondadori; o con quella, meno recente, di FIAT con Chrysler, acclamata dai circuiti informativi mainstream come il trionfo internazionale della forza persuasiva del “made in Italy”, peraltro abilmente orchestrata da un individuo che – ricordiamolo – guadagna in un anno centinaia di volte quello che guadagnano i suoi collaboratori. Secondo gli analisti, il 2015 sarà l’anno che farà registrare il record assoluto del valore economico delle operazioni di compravendita societaria a livello mondiale, superando dell’11% il precedente record del 2014: un settore che non conosce crisi, apparentemente. Un settore, guidato da personaggi al cui cospetto se la darebbe a gambe un branco di squali bianchi (a digiuno), che favorisce la massificazione giuridica delle società quotate, all’interno di un mondo in cui, purtroppo, già da decenni avviene la massificazione culturale delle persone che ne subiscono le conseguenze. In quella che io amo definire economia di prossimità – e che Ivan Illich definiva “società vernacolare” – credo risiedano le risposte. Un’economia fatta di vite basse illuminate da pensieri alti. Per non soccombere al cospetto del mostro capitalistico, per scoprire la pienezza di noi stessi all’interno di una dimensione necessariamente limitata ma inevitabilmente rigenerante, per rifiutare consapevolmente l’inafferrabile concetto di accumulo e dedicarsi alla sapiente amministrazione dei beni domestici. Che – udite, udite! – è esattamente ciò che significa “economia”.

Fonte: ilcambiamento.it

Chi “mangia” veramente con Expo?

Corruzione, inquinamento, spreco, cementificazione, questo è l’EXPO di Milano, da qualsiasi parte la si veda è una sciagura sul paese. L’editoriale di Paolo Ermani.

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Sulla corruzione che la magistratura ha fatto finora emergere è la solita litania di cifre pazzesche, indagati, scandali, mazzette, mafia assortita e così via. I costi sono lievitati esponenzialmente come al solito, rimarranno sulle spalle dei cittadini/sudditi e buonanotte ai suonatori; tanto mica siamo in crisi, abbiamo soldi da spendere noi italiani furbi e lungimiranti, che più siamo derubati e presi in giro e più insistiamo pervicacemente a dare carta bianca sempre agli stessi. Si calcola che nemmeno se arrivassero 20 milioni di visitatori, che è già numero miracoloso da raggiungere, si rientrerà delle spese. Se gli italiani e i milanesi fossero davvero in crisi, alla fame, non avrebbero mai permesso una simile follia. A queste kermesse dell’assurdo basta dare un nome che riecheggi un po’ qualcosa di nobile, che intenerisca i cuori così come gli esperti di marketing sanno molto bene, basta coinvolgere un po’ di personaggi impegnati nel sociale, nell’ambiente e poi il gioco è fatto e dietro ad una pseudo parvenza di sostenibilità si può fare di tutto. Come si fa a dire di sfamare il mondo, combattere gli sprechi quando Expo per sua natura è l’apoteosi dello spreco? Chi si “nutrirà” veramente grazie ad Expo? Guardate la lista degli sponsor ed è già tutto chiaro. Si parla di alimentazione e ci si inginocchia a sponsor come Mc Donald’s , fra le multinazionali peggiori, garanzia di devastazione ambientale e degli apparati digerenti, riempiti di cadaveri animali e chimica, altro che sostenibilità. Fiera che rispetta l’ambiente? Certamente, si cementifica tutto con massimo impiego di energia, soldi e risorse, poi rimarranno le solite cattedrali nel deserto a futura memoria. Si produrranno quantità inimmaginabili di rifiuti che alimenteranno i cancrovalorizzatori. E a proposito di rispetto per l’ambiente, quanto inquineranno i viaggi delle persone che verranno a vedere i monumenti dello spreco? Il settore turistico è uno dei più inquinanti del pianeta, ve le immaginate milioni di persone che usano l’aereo o l’auto per arrivare a Milano? Il massimo della purezza ambientale, non c’è che dire. Purtroppo, magari in buona fede, partecipano a questa assurdità anche gruppi e persone che pensano che, chissà, possa essere forse una occasione per comunicare qualche messaggio decente. Ma ragioniamo razionalmente. Per dare un minimo di contenuto etico si aderisce e quindi si legittima una mostruosità che asfalterà qualsiasi misero risultato pseudo etico di personaggi come Vandana Shiva o simili che vengono ovviamente invitati in modo da mettere qualche foglia di fico qui e lì. Bisogna invece dire un chiaro e netto no a queste operazioni che, ormai lo sanno pure i sassi, servono solo ai soliti sporchissimi interessi, anzi sono fatte apposta. Più no ci sono e più si rafforza la cultura che questi eventi non hanno senso e non meritano il nostro apporto da nessun punto di vista. Non appoggiate l’Expo in alcun modo, non andateci e non fateci andare i vostri parenti e amici, il pianeta ve ne sarà estremamente grato. Infine un appello a tutti quei giovani che gratuitamente donano il proprio tempo per la sagra della corruzione. Non fatevi sfruttare, non regalate il vostro appoggio, la vostra energia il vostro sudore, la vostra intelligenza a questa gente senza scrupoli. Ci sono mille modi migliori per conoscere altre culture, per fare attività veramente utili, interessanti e arricchenti che vadano a favore degli altri e dell’ambiente e non a favore di chi sul vostro lavoro ci lucra, si ingrassa e l’ambiente lo distrugge.

Fonte: ilcambiamento.it

Terra Madre 2014: il cemento non si mangia

Nell’ultimo decennio, in Europa, si è persa una superficie grande come l’isola di Cipro. L’isola di Cipro interamente coperta dal cemento: è questo il suolo consumato in Europa nell’ultimo decennio. Il consumo del territorio e la tutela del paesaggio sono due temi molto cari a Slow Food e della questione si è parlato sabato scorso a Terra Madre. Anche il nostro Paese – in passato numero uno al mondo per numero di turisti – non brilla certo per quanto riguarda le politiche di contenimento del fenomeno: 22mila km quadrati della superficie dell’Italia è costruita, occupata da edifici, strade, infrastrutture, cave. Ciò significa che non è disponibile, non è utilizzabile ed è compromessa per sempre. Tra il 2009 e il 2012 sono stati persi 720 km quadrati di suolo, come se prendessimo le città di Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo e le mettessimo una di fianco all’altra. Il consumo di territorio “galoppa” a un ritmo di 8 mq al secondo e sarebbe ancora peggio se la crisi non avesse frenato la speculazione edilizia dilagante. Ad aggravare la situazione nelle ultime ore si è messa anche l’approvazione della conversione in legge del cosiddetto Decreto Sblocca Italia, definito “surreale” da Carlo Petrini, che acuirà le problematiche legate al controllo e all’investimento in attività edilizie e di costruzione di infrastrutture. Questo nonostante circa il 47% della superficie costruita in Italia sia occupata da infrastrutture lineari, ossia strade, autostrade e ferrovie. In Italia si continuerà a costruire male, in modo forse più o meno lecito o dove non si potrebbe farlo, con una pianificazione del territorio che ignora il rischio idrogeologico, causa un’alterazione del paesaggio e riduce il terreno coltivabile. Ma come sarà possibile nutrire un pianeta che cresce in maniera esponenziale se stiamo perdendo terreni agricoli? Quali saranno le conseguenze sull’agricoltura? Queste le domande che sono state poste nell’incontro di sabato scorso. Il peggiore degli scenari vedrebbe la diffusione delle monocolture per ottimizzare le produzioni, un aumento nell’uso di concimi chimici e pesticidi, una conseguente riduzione della biodiversità, l’inquinamento delle falde acquifere e del suolo e il suo impoverimento. Fra i movimenti che si battono contro la progressiva cementificazione delle aree di suolo libero spicca il Forum nazionale “Salviamo il paesaggio – Difendiamo i territori”, un movimento di quasi 1.100 associazioni e circa 10.000 cittadini, che hanno come obiettivo quello di tutelare il nostro territorio dalla deregulation e quindi da decreti come lo Sblocca Italia) e dal cemento selvaggio. I rischi di simili politiche sono sotto gli occhi di tutti, primo fra tutti quello delle alluvioni, cui assistiamo con spaventosa regolarità. E poi frane, smottamenti, che insieme alla riduzione della terra coltivabile, costituiscono un serio pericolo per la vita delle persone. Ma le reazioni dal basso non mancano, come quelle dei vignaioli del Lugana, che combattono contro i cantieri per la realizzazione della Tav nella tratta tra Brescia e Verona, che comprometterebbero seriamente la produzione del vino Doc della valle, oltre che l’indotto turistico di una zona come quella del Lago di Garda. Oppure il comune di Tronzano Vercellese, in provincia di Vercelli, che cerca da anni di contrastare l’attuazione di obsolete decisioni politiche sulla realizzazione di nuove cave nel proprio territorio.ormadinosauro5-620x348

Fonte:  Comunicato stampa

Foto | Davide Mazzocco