Cereali: ne esistono 10mila varietà, ma 8 specie monopolizzano il mercato

All’Expo 2015 si parla di alternative ai prodotti cerealicoli che monopolizzano il mercatoImmagine

Nel mondo esistono circa 10mila specie di cereali, ma il mercato ha imposto una progressiva omologazione concentrando la produzione su otto varietà di cereali. Essendo alla base della dieta della maggioranza della popolazione mondiale, in virtù dell’elevata capacità nutrizionale a fronte di costi moderati, i cereali e i tuberi restano alla base della dieta della maggioranza della popolazione mondiale. A Expo 2015 il tema viene affrontato nell’ambito della riflessione sul nutrimento da offrire al pianeta: dall’individuazione di tecniche e strategie condivise in grado di supportare una maggiore richiesta dipendono gli equilibri di una Terra sempre più popolosa. Rinunciare alla biodiversità e al patrimonio cerealicolo mondiale può essere un grande errore e un pericolo per il sostentamento globale, ecco perché Expo 2015 ha accolto le esperienze provenienti da Bolivia, Congo, Haiti, Mozambico, Togo e Zimbabwe per fare il punto della situazione sui cereali alternativi a grano, riso e mais che rappresentano, insieme da altri cinque cereali, la quasi totalità delle coltivazioni.

Il mercato mondiale dei cereali si basa su otto varietà, mentre esistono diecimila specie, molte delle quali hanno le qualità per resistere ai cambiamenti climatici, e altri che possono avere quelle qualità che noi non utilizziamo più,

spiega Filippo Ciantia, responsabile dei Cluster e delle Best Practices per Expo 2015.

Esemplificativo delle possibili alternative ai cereali “classici” è la quinoa che Antolin Ayaviri, ambasciatore della Bolivia in Italia, chiama il “grano d’oro”, in omaggio alle sue qualità nutrizionali:

La quinoa, per esempio, è nutriente come la carne, le uova e il pesce, ma soprattutto è senza glutine. Questo vuol dire che si tratta di un alimento veramente meraviglioso che può essere consumato da tutti senza nessun problema. E se il mondo occidentale potrà diversificare la propria alimentazione affidandosi a cereali come la quinoa, allo stesso tempo i Paesi in via di sviluppo potranno mutuare da quelli sviluppati le tecnologie per evitare che una raffinazione sempre più spinta delle farine crei diabete e ipertensione a causa dell’alto tasso glicemico dei cereali trattati con le metodologie tradizionali.

A picture taken on September 28, 2012 shows corn in cobs in a field in Godewaersvelde, northern France.  AFP PHOTO PHILIPPE HUGUEN        (Photo credit should read PHILIPPE HUGUEN/AFP/GettyImages)

Fonte:  Aska

© Foto Getty Images

Diossine dall’Ucraina in Italia in mais per animali: chi è stato contaminato?

La Rasff il sistema di allerta rapido europeo ha lanciato un alert per una partita di mais proveniente dall’Ucraina e contaminato da diossine. L’alimento era destinato agli allevamenti animali italiani: dove è stato distribuito? Il ministero della Salute tace

La RASFF Rapid Alert System for Food and Feed, il sistema di alert rapido europeo sulle contaminazioni dei prodotti che acquistiamo è sempre attivo e quotidianamente pubblica i suoi bollettini pubblici. Capita poi che per un motivo o per un altro testate varie o associazioni si interessino nell’immensità di questi dati a alcune segnalazioni piuttosto che a altre. E’ il caso della contaminazione da diossine su un carico di mais proveniente dall’Ucraina superiore di quasi 4 volte ai limiti di legge e tracciata nell’alert della RASFF diffuso non solo in Italia, ma anche in Montenegro e Grecia.FRANCE-AGRICULTURE-CORN-FEATURE

La domanda è: questo mais a chi è stato distribuito? Allevamenti di animali? fabbriche per cibo di animali? Come è entrato nella catena alimentare? Quanto ha contaminato gli alimenti?

Da ricordare che le contaminazioni da diossina non sono rare e anche in Italia tra le produzioni di latte da Cuneo, a Acerra o a Taranto. Proprio a Taranto un paio di anni fa alcuni ragazzi hanno proposto il marchio Dioxin Free progetto premiato anche dal Senato italiano, come progetto di tutela degli alimenti e cibi liberi da diossine. In effetti le diossine sono piuttosto presenti nell’alimentazione umana a partire proprio dal latte materno. Si tenga presente che gli alimenti che maggiormente ne restano contaminati sono quelli ricchi di grassi animali, quindi latte, burro e formaggi, le uova per cui spesso possono scattare anche allerta ingiustificati o nelle cozze. Ma come si formano le diossine? Sono emesse durante la combustione a basse temperature e con la presenza di varie sostanze clorurate e assenza di zolfo, ad esempio. Se ne conoscono circa 200 e in genere però ci riferiamo a furani, diossani e PCB, sono composti cancerogeni e altamente solubili nei grassi. Dunque esiste l’effetto bioaccumulo e entrano dai grassi nella catena alimentare. Ma se come sostiene il prof. Antonio Malorni del CNR che non sia possibile avere cibi esenti al 100 per cento dalle diossine, come potrebbe un marchio come Dioxin Free attestarne la non presenza?

Aggiornamento
Il ministero della Salute Pubblica risponde così alle richieste di chiarimento(grazie a Daniela Patrucco per la segnalazione):

I controlli del Piano Nazionale Alimentazione Animale hanno portato al riscontro di una partita di mais ad uso zootecnico, proveniente dall’Ucraina, non conforme per presenza di diossine. Il mais in questione, viene normalmente miscelato con altri componenti in una percentuale variabile, a seconda della specie animale a cui è destinato, per la produzione dei mangimi completi. A seguito della positività riscontrata il 10 giugno, sono state attivate già l’11 giugno tutte le procedure operative previste dal sistema di “allerta rapido alimenti e mangimi” (RASFF), che hanno portato, grazie al tempestivo intervento delle Autorità sanitarie locali, al rintraccio ed al blocco dei mangimi a rischio. Con i rappresentanti delle Regioni interessate, il NAS ed Laboratorio Nazionale di Riferimento per le Diossine e PCB in mangimi e alimenti, sono state inoltre definite ulteriori misure a tutela della salute pubblica che hanno previsto, tra l’altro, il blocco cautelativo di alimenti provenienti da animali che hanno consumato mangime contenente una percentuale a rischio di mais ucraino.

Il Comando Carabinieri per la Tutela della salute è stato prontamente coinvolto nella vicenda.

Fonte:  Speziapolis

© Foto Getty Images

 

Rapporto IPCC: i rischi per la produzione agricola

Gli effetti del global warming si fanno già sentire sulle rese di grano e mais e in misura minore di riso e soia. Gli eventi climatici estremi provocheranno aumenti del prezzo del cibo.

Il quinto rapporto del secondo gruppo di lavoro dell’IPCC sull’ impatto dei cambiamenti climatici è on line da oggi (il traffico sul sito potrebbe rendere difficoltoso l’accesso, qui si può trovare un’altra fonte). Iniziamo a parlare di uno dei temi più rilevanti: l’impatto sulla sicurezza alimentare. Sulla base di molti studi che riguardano diverse regioni del pianeta e tipologie di raccolto, gli impatti negativi dei cambiamenti climatici sono stati più comuni di quelli positivi. I pochi casi positivi riguardano zone ad elevata latitudine e non sono conclusivi. Come si può vedere dal grafico in basso, il global warming ha già ridotto le rese di frumento e mais a livello globale, mentre l’impatto su riso e soia è stato più contenuto. E’ da notare che, contrariamente a quanto normalmente si pensa, la riduzione di resa sarà più marcata nelle zone temperate rispetto a quelle tropicali.(1) L’impatto sulla sicurezza alimentare riguarda soprattutto la componente agricola, anche se gli aspetti distributivi non sono marginali: dai tempi del quarto rapporto del 2007, gli eventi climatici estremi hanno determinato un significativo aumento dei prezzi. In queste situazioni, sono soprattutto le componenti più povere della popolazione a soffrire per gli elevati costi del cibo, e le rivolte alimentari tendono a diffondersi.

Rese-cereali

(1) Questo grafico (p. 36 del rapporto) mostra le previsioni di variazione % decennale delle rese per i 4 principali raccolti e per le zone del pianeta. I numeri in parentesi sopra alle barre mostrano il numero di studi presi in considerazione. Nel caso del grano la mediana è a -2%, con un range da -6% a 0). Il riso ha una mediana prossima allo zero, ma il range varia da -3,5% a +0,5%.

Fonte: ecoblog.it

Mais OGM, nei campi Usa un insetto si è evoluto e ora se lo mangia

Il mais OGM negli Stati Uniti non sarebbe così al riparo dalla dendroide del mais che si è evoluta rapidamente e che ora riesce anche a mangiarselo a dispetto della tossina

La questione è molto seria perché la giaculatoria dei produttori OGM in merito alle resistenze inoculate attraverso il batterio vettore agli insetti sembra sia caduta. Almeno a stare allo studio pubblicato su PNAS in cui viene evidenziato come la diabrotica del mais si sia evoluta manifestando una resistenza alle tossine emesse dalla pianta, circostanza che le consente di papparsela. perché abbiamo bisogno del mais OGM con batterio bt? perché altrimenti non potremmo avere tante belle colture intensive cariche di raccolto per produrre mangimi animali da destinare agli allevamenti intensivi, bioplastiche e biocarburanti alla faccia delle naturali e selettive rotazioni, come natura vorrebbe. Il mais in questione produce tossine insetticide derivanti dall’inoculazione del batterio Bacillus thuringiensis (Bt) il che ci hanno detto i produttori di OGM consente di ridurre l’uso di insetticidi convenzionali. Tuttavia, l’evoluzione va verso la resistenza al Bt. Infatti la diabrotica del mais è un parassita del mais ed è controllato con il mais Bt. A partire dal 2009, la diabrotica del mais ha sviluppato la resistenza alla tossina Bt Cry3Bb1 prodotta dal mais OGM tanto da devastare interi raccolti nello Iowa. Gli studiosi hanno trovato che esiste una resistenza incrociata tra mais Cry3Bb1 e mais mCry3A ovvero al mais Bt e che tali colture producono una dose poco elevata di tossina efficace contro i parassiti bersaglio che così hanno potuto sviluppare rapidamente la loro resistenza.

Greenpeace activists stand a protest in

In Italia la diabrotica del mais è giunta a bordo di aerei e camion negli anni 90 nel corso del conflitto nei Balcani e in Serbia. Il mais OGM che invece è stato coltivato in Italia è resistente alla piralide un parassita temuto perché innesca nel raccolto lo sviluppo di due micotossine pericolose per la salute umana: le fumonisine e le aflatossine. Ma mais Bt è ancora capace di allontanare i parassiti, così gli agricoltori torneranno a piantarlo solo che adesso avranno bisogno di usare i pesticidi per proteggere il loro raccolto dalla diabrotica. Come entomologi avevano avvertito del possibile sviluppo della resistenza della dobrotica attraverso l’Environmental Protection Agency nel 2012. Anche i precedenti avvertimenti sono stati da amministratori e agricoltori. Ci sono voluti milioni di dollari per sviluppare i semi Bt, quindi una ingegneria alternativa non è un’opzione attraente. I ricercatori suggeriscono che l’approccio alla biodiversità potrebbe svolgere un ruolo di contrasto alla resistenza al bt sviluppata dalla diabrotica.

Spiega Lance Meinke entomologo alla University of Nebraska:

La rotazione delle colture è lo strumento migliore. In generale, un anno di semi di soia in un campo che è stato coltivato a mais spazza via la popolazione di dobrotica. Gli insetti depongono le uova che si schiudono, ma quando le larve cercano di nutrirsi con piante di soia, non trovano le sostanze nutritive di cui hanno bisogno e muoiono. La rotazione delle colture può sopprimere le popolazioni diabrotica nel tempo , riducendo il rischio generato dalla loro nuova resistenza Bt.

Ma come l’ entomologo Elson Shields della Cornell University ha detto, la diabrotica è solo un sintomo di un problema molto più ampio che riguarda il settore delle sementi OGM e il profitto a breve termine.

Fonte:  Oca sapiens, Newsweek

Mais, soia e cotone OGM negli USA: le rese non crescono, ma gli erbicidi sì

Negli ultimi 10 anni il mais, la soia e il cotone OGM hanno monopolizzato oltre il 90% della produzione negli USA. Le rese di fatto non sono aumentate, mentre è molto cresciuto l’uso dell’ erbicida glifosato, che fa più danni di quanto si pensasse finora

Il video qui sopra mostra perchè Monsanto è stata votata dai lettori di Natural News come l’azienda più malvagia del 2011. L’argomento OGM in Italia suscita delle vere e proprie guerre di religione tra i (molti) contrari e i (pochi) a favore. E’ opportuno provare a lasciare da parte le passioni e vedere quali sono i dati relativi agli ultimi due anni. Come si può vedere dalla curva rossa nel grafico qui sotto, tra il 2000 e il 2012, gli OGM hanno progressivamente conquistato il mercato del mais, passando dal 20 al 90% della superficie coltivata. Crescita analoghe sono riscontrabili anche nella soia e nel cotone, anche se nel 2000 la loro quota OGM era già più alta(1).Mais-OGM-USA

Occorre notare però che le rese non sono di fatto cresciute secondo le aspettative: con una superficie OGM doppia nel periodo 2007-2012, le rese sono cresciute solo del 4% rispetto al periodo 2000-2006 (2). Si tratta tuttavia di un aumento che non è statisticamente significativo.(3)

Inoltre negli ultimi anni, il mais OGM non si è mostrato particolarmente resistente alla siccità estiva. La situazione è analoga per la soia, mentre per il cotone il trend è leggermente migliore, ma pur sempre basso (6% di aumento tra i due periodi). E’ invece cresciuto in modo significativo, intorno al 30%, l’uso degli erbicidi, su tutte e tre le colture. Come abbiamo scritto alcuni giorni fa, l’erbicida glifosato è responsabile di una grave patologia renale in alcuni paesi poveri come lo Sri Lanka, El Salvador e il Nicaragua, ed è molto più persistente nell’ambiente di quanto si pensasse.

Una recente ricerca francese mostra inoltre che i più comuni pesticidi sono più tossici per le cellule umane dei soli principi attivi dichiarati; anche gli ingredienti inerti contribuiscono ad aumentarne la pericolosità.Uso-erbicidi-OGM

(1) Roughly speaking, esistono due principali categorie di OGM, quelli tolleranti agli erbicidi (HT) che sopravvivono quando i campi sono irrorati di glifosato roundup e quelli naturalmente resistenti agli insetti grazie all’inserimento di un bacillo nel genoma(BT); esistono varietà HT e BT di mais e cotone e solo HT per la soia.

(2) I dati sulle rese  provengono dalla FAO, i dati sulla percentuale di OGM e sui pesticidi dall’USDA. L’USDA tace sul tema delle rese globali riportando solo i risultati di studi parziali che sono tendenzialmente favorevoli agli OGM. Tali studi non riflettono però la totalità della produzione, secondo i numeri che invece riporta FAO.

(3) A voler essere pignoli, il trend temporale della resa è pari a 0,04 t/ha anno con un errore di +/- 0,05 t/ha anno, quindi il coefficiente positivo non è assolutamente significativo; R²=0,04, cioè non c’è correlazione e c’è più o meno il 50% di probabilità che l’aumento sia del tutto casuale.

Fonte: ecoblog

Mais ogm: decisione rinviata

La Pioneer aveva chiesto di coltivare il mais 1507 nel 2011. Ma il consiglio europeo non ha deciso e la patata bollente passa alla Commissione. Intanto però solo 5 paesi europei su 28 sono d’accordo per dare l’autorizzazione.maisogmpioneer

La Pioneer aveva chiesto di coltivare il mais 1507 nel 2011. La Commissione l’ha proposto dopo una serie di test e valutazioni tecniche di impatto che aveva portato l’Efsa ad adottare conclusioni positive seppur tra mille polemiche e critiche. Secondo il servizio giuridico del Consiglio la Commissione sarebbe obbligata ad adottare la proposta non essendo i ministri stati in grado di raccogliere una maggioranza qualificata a favore o contro. In realtà però un voto del Consiglio non c’è stato, di qui lo spazio, secondo alcuni ministri, per poter anche ritirare la proposta. Domani la questione sarà discussa dai commissari che dovranno pronunciarsi. Il Consiglio Ue infatti non è riuscito a trovare una maggioranza qualificata a favore o contro l’autorizzazione alla coltivazione del mais geneticamente modificato 1507. Dopo un acceso dibattito fra i 28, la presidenza greca ha interrotto la procedura di voto rinviando quella che è stata definita una «patata bollente» alla Commissione europea che ha ora 24 ore di tempo per decidere se autorizzare la coltivazione del mais oppure ritirare la proposta. La prima richiesta di autorizzazione per il mais 1507 risale al 2001. Durante il dibattito, l’Italia ha confermato la sua posizione contraria all’autorizzazione, con il ministro Enzo Moavero Milanesi che ha invitato la Commissione a «riflettere sulla possibilità di ritirare la proposta se non c’è una maggioranza qualificata fra gli Stati». In tutto, dei 28 paesi solo 5 si sono espressi a favore del Mais 1507 (Spagna, Regno Unito, Svezia, Estonia e Finlandia), 4 hanno annunciato di volersi astenere (Germania, Belgio, Repubblica Ceca e Portogallo) e 19, compresa l’Italia, hanno espresso l’intenzione di votare contro l’autorizzazione. Il presidente di turno Evangelos Venizelos, sentito il parere giuridico secondo cui la Commissione può «finchè non sono avviate le procedure di voto» decidere di emendare o addirittura ritirare la proposta, ha sospeso il voto rinviando la decisione finale all’esecutivo. Il Commissario alla Salute e sicurezza alimentare Tonio Borg aveva però preannunciato l’intenzione e, in un certo senso, l’obbligo della Commissione di autorizzare la coltivazione dell’Ogm: «ci sono stati in questi 13 anni ben 6 pareri favorevoli dell’Efsa (l’autorità sulla sicurezza alimentare Ue, ndr) e, in assenza di una decisione politica dei 28, la Commissione deve basarsi sui pareri tecnici».

Fonte: il cambiamento

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March Against Monsanto in 500 città e 50 paesi: la protesta contro gli Ogm è globale

Si è tenuta sabato 12 ottbre March Against Monsanto evento planetario contro la multinazionale americana della biochimica e Ogm.In Italia una piccola manifestazione anche a Romaogm

L’evento globale della seconda marcia contro Monsanto, March against Monsanto #MAM si è tenuto sabato 12 ottobre  nel silenzio più totale dei media italiani. Ovviamente se c’erano incidenti o cariche della polizia ovvero tutto il contorno da cronaca possibilmente nera uno spazio se lo potevano guadagnare a fronte di inesistenti spiegazioni sui motivi della protesta. La prossima giornata di protesta è stata annunciata per il 24 maggio 2014. Ma veniamo al dunque della giornata di mobilitazione che è la seconda organizzata globalmente e solo attraverso il coordinamento sui social come Facebook o Twitter. La protesta nasce spontanea e dal basso per volontà di Tami Canal Monroe una mamma americana che ha organizzato l’evento usando appunto i social. Tami vive in California dove il Governo ha rifiutato la legge per l’etichettatura dei prodotti OGM. Tami partendo da una considerazione relativa alla libertà di scelta del consumatore molto sentita negli Stati Uniti ha deciso di protestare contro chi, appunto, le impediva di scegliere liberamente i prodotti alimentari da acquistare, nel suo caso liberi da OGM. La prima giornata di azione globale si è tenuta lo scorso 25 maggio e fu un successo planetario con oltre 2 milioni di partecipanti senza però la presenza dell’Italia, dove però l’emergenza OGM, chiamiamola così, sarebbe ovviamente più pressante. Infatti proprio ieri era stata annunciata la prima trebbiatura di mais OGM MON810, ossia prodotto con semi geneticamente modificati e sotto brevetto proprio della Monsanto, nel campo di Vivaro in provincia di Pordenone, nonostante in Italia sia stato vietato per 20 anni coltivarlo. Come ci sono riusciti a Vivaro è semplice: l’Europa ha stabilito che gli agricoltori sono liberi di scegliere cosa coltivare e dunque anche OGM, a patto che non vadano a contaminare colture vicine perché la biodiversità non viene compromessa. Anzi, per questo le Regioni devono dotarsi di una legge che regolamenti la coesistenza, ossia che stabilisca dove le colture OGM possano essere coltivate. Come si vieta la coltivazione OGM? Poiché ogni stato membro è libero e sovrano piuttosto che il decreto con l’inutile divieto di piantare mais MON810 emanato proprio quando il mais era già stato seminato, andava predisposta in anticipo una moratoria perché ogni stato europeo resta comunque padrone in casa sua. Tant’è che è stato stabilito che non è reato piantare mais OGM in Italia. La trebbiatura che coincideva proprio con la giornata di Marcia globale contro Monsanto non si è tenuta a causa della pioggia e nel frattempo alcuni attivisti sono andati a taggare le pannocchie con vernice bluma sulle pannocchie sbagliate e rendendosi così oggetto di una denuncia. Le motivazioni della #MAM March Against Monsanto riguardano l’incertezza sulla sanità dei prodotti OGM e per il fatto che siano usati senza informare adeguatamente i consumatori. Si pensi che la maggior parte dei mangimi per animali è composto da farine OGM ma questa alimentazione non è poi indicata in etichetta.

Fone: ecoblog

OGM: “subito decreto o contaminazione inevitabile”

Troppi ritardi nella pubblicazione del decreto contro il mais OGM in Italia firmato il 12 luglio scorso. È quanto denuncia Greenpeace che ha pubblicato ieri un briefing che riassume i principali rischi legati alla coltivazione del mais geneticamente modificato della Monsanto.mais__ogm8_

Il decreto interministeriale che vieta la coltivazione di mais OGM in Italia – firmato dopo tanti proclami dai Ministri De Girolamo, Lorenzin e Orlando il 12 luglio scorso – non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale quindi, in pratica, non esiste. Per ricordare al Governo l’urgenza di varare tale provvedimento Greenpeace ha pubblicato ieri il briefing “MON810. Una storia di mais, farfalle e rischi inutili”, che riassume i principali rischi legati alla coltivazione del mais OGM della Monsanto. “La firma del decreto doveva segnare la fine di un periodo di incertezza normativa e una riaffermata garanzia di tutela per consumatori e agricoltori. Purtroppo, si sta trasformando in una beffa nei confronti degli italiani – afferma Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace – anche perché nel frattempo i due campi seminati con mais MON810 in Friuli stanno giungendo a fioritura. A quel punto sarà difficile arginare la contaminazione dell’ambiente e delle coltivazioni adiacenti”. Il mais Bt, compreso il MON810, è un rischio evidente per l’ambiente e per i sistemi agricoli, non solo in Italia, ma in tutta Europa. L’adozione di misure d’emergenza per bloccarne la coltivazione nel nostro Paese è solo un primo passo. L’esperienza del mais Bt, e del MON810 in particolare, mostra che troppi “effetti indesiderati” sono stati scoperti dopo che le autorizzazioni sono state concesse. Gli OGM sono un rischio inutile e inaccettabile, non offrono vantaggi significativi a nessuno se non alle aziende che li brevettano. “È incredibile e inaccettabile che, dopo aver traballato a lungo sotto l’evidente incombenza di una potentissima multinazionale straniera, il Governo italiano sia adesso bloccato e non si riesca a far pubblicare il Decreto. Chi vuole tutelare? Gli italiani, rappresentati all’unanimità dai parlamentari di Camera e Senato che hanno chiesto di bloccare la follia degli OGM, o gli interessi della Monsanto? Siamo stanchi di ripeterlo: il decreto interministeriale deve essere pubblicato subito e i due campi in Friuli decontaminati, senza perdere altro tempo”, conclude Ferrario. Il decreto interministeriale concede alle Regioni diciotto mesi di tempo per definire le necessarie misure per assicurare la “coesistenza” tra mais tradizionale e mais OGM. Il briefing diffuso oggi da Greenpeace ricorda i rischi del MON810 e conferma che la “coesistenza” (una chimera che la stessa Commissione Europea sa perfettamente essere irrealizzabile) non può voler dire altro che gli OGM non hanno cittadinanza in un sistema agricolo come quello italiano che punta sulla qualità.

Fonte: il cambiamento

Il mais OGM cresce nei campi di Vivaro anche se arriva il decreto che lo vieta

Mentre il mais OGM cresce indisturbato nei campi di Vivaro in quel di Pordenone perché legale, il CdM di oggi si ricorda della situazione e approva un decreto anti OGM a firma dei ministro Orlando, Lorenzin e De Girolamomais2-594x350

Oggi il decreto dei ministri all’ambiente Orlando, alla Salute Lorenzin e all’Agricoltura De Girolamo vieta la coltivazione su tutto il territorio nazionale del solo mais MON810 per 18 mesi. Dopodiché saranno le Regioni a dover intervenire nel regolamentare le coltivazioni adottando le misure di coesistenza. Il mais OGM dunque per ora può continuare a crescere tranquillo e legalmente nei campi di Vivaro dell’agricoltore Giorgio Fidenato. I semi MON810 sono stati piantati alla luce del sole con un atto sancito dal tribunale di Pordenone che non ha fatto altro che legittimare il principio che vige in Europa del vietato vietare e d’altronde lo stesso ministro De Girolamo ha tenuto a sottolineare che è solo un primo e urgente provvedimento:

Il decreto di oggi è solo il primo elemento, quello più urgente, di una serie di ulteriori iniziative, con le quali definiremo un nuovo assetto nella materia della coltivazione di Ogm nel nostro Paese.

Il ministro per l’Ambiente Andrea Orlando ha precisato che poi dovranno essere le Regioni a dover intervenire con il recepimento delle clausole di coesistenza:

Le Regioni devono innanzitutto dare il loro immediato contributo per la costruzione di un quadro di misure idonee a garantire la salvaguardia delle nostre coltivazioni tradizionali e biologiche. A livello comunitario, parallelamente, c’è bisogno che il nostro Paese si renda protagonista in Europa di una seria discussione sul tema dell’autonomia dei singoli Stati sull’ammissibilità degli Ogm. Tutelare le nostre specificità non è una battaglia di retroguardia, tutt’altro. La biodiversità è la grande infrastruttura economica del nostro Paese ed è anche lavorando su questo terreno che l’Italia potrà uscire dalla difficile situazione in cui si trova.

Da quanto ci è dato capire però per l’Europa il principio della biodiversità non rappresenta un ostacolo e anzi l’Italia è pure inadempiente in materia e si dovrebbe dotare di leggi sulla coesistenza. Ossia, se si teme che la coltura OGM possa contaminare una coltura biologica, ad esempio, è responsabilità dello Stato stabilire i limiti e le modalità per entrambe le coltivazioni, ma non le può vietare.

Comunque Cristina Micheloni, vicepresidente AIAB si dice soddisfatta di questo primo passo:

Eureka! Il decreto anti-OGM ha visto la luce! Finalmente ci si risveglia dal lungo letargo con la firma auspicata sul decreto. Venendo annunciato che il decreto di oggi e’ solo il primo urgente elemento di una serie di ulteriori iniziative, volte a definire un rigoroso quadro legislativo in materia di OGM, ci auguriamo ora una sollecita attenzione al tema e la definizione di severe norme di salvaguardia a tutela di biodiversità ed economia di quell’agricoltura di qualità che vede il biologico in prima fila.

Per l’ex ministro all’Agricoltura e che firmò il primo divieto di coltivazione Ogm in Italia Alfonso Pecoraro Scanio ora occorre fare sul serio e procedere dunque al sequestro dei campi, perché diversamente il decreto resta più un atto di facciata che non di sostanza:

Ora occorre che vengano sequestrati i campi coltivati con OGM in Friuli Venezia Giulia e siano evitate ulteriori semine illegali. Dopo 13 anni dal primo divieto di coltivazione degli Ogm nel nostro paese è giunta però l’ora di avere un provvedimento definitivo anche di Livello europeo, non è più tollerabile che l’unione europea risponda più alle pressioni delle lobbies farmaceutiche che alla richiesta della stragrande maggioranza dei cittadini europei che vuole prodotti sani, sicuri e Ogm Free.

Per Confeuro il parere è diametralmente opposto e spiegano che non si può governare se guidati dalla paura degli OGM. Spiega il presidente Rocco Tiso:

La mozione parlamentare e il decreto interministeriale che chiedono l’applicazione della clausola di salvaguardia per vietare la coltivazione di Ogm in Italia sono il prodotto della paura del progresso e il frutto di pregiudizi ideologici senza fondamenta. Quel che stupisce oltre allo strano silenzio sull’ingente quantità di prodotti Ogm importati che regolarmente transitano nei nostri supermercati, è la volontà di non lasciar alcun spazio alla ricerca e alla sperimentazione. Non è questo il modo giusto per rilanciare il comparto agroalimentare, che è troppo arroccato al passato, ma quello di implementare la comprensione attraverso la ricerca. Solo in questo modo si potrà avere un’idea chiara sui pregi e i difetti degli Ogm.

Fonte: ecoblog

Ogm: Italia chiede nuovi test Ue su mais Mon810

L’Italia approfitta dell’approvazione delle nuove regole Ue sulle procedure di autorizzazione per la commercializzazione di alimenti e mangimi geneticamente modificati per chiedere alla Commissione europea di effettuare una nuova valutazione del mais Monsanto 810 e di sospendere, nel frattempo, la messa a coltura del mais transgenico in tutta Europa.

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A dare la notizia è stato il ministro delle Politiche agricole Mario Catania: l’Italia ha chiesto alla Commissione europea, tramite il ministro della Salute Renato Balduzzi, di effettuare una nuova valutazione completa circa la sicurezza del mais Monsanto 810 e di sospendere, in attesa dei risultati, l’autorizzazione alla messa in coltura delle sementi transgeniche in Italia e nel resto dell’Unione europea. Il mais oggetto della richiesta è lo stesso prodotto che la Corte di Giustizia europea ha autorizzato a distribuire anche in Italia, dopo un lungo contenzioso tra la Pioneer Hl Bred Italia srl e il ministero delle Politiche agricole, che ne bloccava da anni l’accesso – nonostante fosse già stato autorizzato da Bruxelles e iscritto nel catalogo comune Ue – in assenza di norme che regolassero la coesistenza tra semi Ogm e tradizionali. A settembre il tribunale Ue ha dato ragione all’azienda biotech e l’allarme si è fatto più acuto con l’apertura di una nuova causa, che punta a sdoganare, dopo la commercializzazione, anche la messa a coltura del mais transgenico sul territorio italiano. A creare l’occasione per la richiesta italiana è stato, invece, il nuovo regolamento Ue sull’autorizzazione degli alimenti e dei mangimi transgenici, che impone alla aziende biotech di sperimentare i nuovi prodotti Ogm per novanta giorni sui topi, attenendosi a un protocollo predisposto dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), prima di chiederne la commercializzazione nel mercato unico comunitario.

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Le nuove regole, che dovrebbero entrare in vigore tra aprile e maggio, con un periodo di adattamento di sei mesi per le aziende del settore, in realtà non sono esenti da critiche, sia per l’affidamento alla sperimentazione su animali non umani, che per la durata limitata dei test, insufficiente – secondo la Fondazione italiana per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica (Firab) – per trarre conclusioni circa gli effetti sulla salute del consumo di Ogm. Per la Firab, infatti “la predisposizione a patologie croniche da Ogm aumenta con l’invecchiamento”, quindi una valutazione rigorosa dovrebbe coprire l’intero ciclo di vita o comunque un arco di tempo più significativo. L’obiettivo dell’Italia è quello di sottoporre anche il mais Mon810 alla nuova procedura, bloccandone la diffusione fino a che i test non avranno provato la sua sicurezza. Una richiesta che difficilmente verrà accolta, dato che l’ultima valutazione risale a un anno fa e non ha convinto l’Efsa a retrocedere sul mais transgenico, ma che è stata accolta positivamente da molte organizzazioni attive nel settore agroalimentare, da Slow Food alla Coldiretti, fino alla Cia-Confederazione italiana agricoltori, nella misura in cui ha raccolto le sollecitazioni che vengono dai consumatori e dagli agricoltori contrari agli organismi geneticamente modificati e interessati a difendere le peculiarità agricole del territorio italiano. Ma soprattutto, questo primo passo potrebbe aprire la strada all’unica mossa che l’Italia può giocare in sede europea per bloccare gli Ogm: l’attivazione della clausola di salvaguardia, che permette a un paese membro di limitare o vietare temporaneamente l’uso o la vendita di un prodotto Ogm se ritiene che rappresenti un rischio per la salute o per l’ambiente. Anche questa già sollecitata, con una raccolta firme, dai cittadini.

Fonte: il cambiamento

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