Maestri di Strada, educazione all’avanguardia al servizio degli ultimi

Educare i ragazzi senza uniformarli, cercando di fare emergere i loro talenti. È questo l’impegno dei Maestri di Strada che da anni operano in una delle zone più problematiche d’Italia, l’Idroscalo del Lido di Ostia, per contrastrare l’abbandono scolastico e offrire alle nuove generazioni l’opportunità di un futuro migliore. Il quartiere dell’Idroscalo del Lido di Ostia è una delle zone più problematiche d’Italia da molti punti di vista. Qui nel 1975 fu ucciso Pier Paolo Pasolini. Oggi ci vivono numerose famiglie povere e poverissime e i problemi di criminalità minorile, microcriminalità, penetrazione mafiosa pesano sulle teste dei ragazzi come macigni. Ragazzi e ragazze che spesso scelgono di abbandonare la scuola per seguire altre strade (non per nulla Ostia Lido è una delle zone con maggiore tasso di abbandono scolastico d’Italia). Proprio qui però operano i Maestri di strada dell’Associazione Manes  (la stessa delle elementari nel bosco e dell’asilo del mare) che operano assieme alla scuola pubblica Amendola Guttuso. I due maestri Pietro Caddeo e Lorenzo Taroni ogni giorno si occupano di portare a scuola i ragazzi più difficili ed educarli senza uniformarli, provando a far emergere i loro talenti. Le loro lezioni non sono quasi mai “frontali” ma passano dai laboratori di legno, elettronica, arte, dalle uscite per strada; tutto ciò serve a far scoprire ai ragazzi i loro talenti e dà ai maestri la possibilità di entrare in relazione con loro.

“Non possiamo pensare di prendere dei ragazzi cresciuti in un contesto difficile, alcuni con problematiche psicologiche di vario genere, e metterli seduti ad un banco per otto ore al giorno”, ci spiega il maestro Lorenzo. “Perché semplicemente non ci stanno. Sono altri i modi per trasmettere loro le cose: per esempio attraverso l’esperienza diretta, la sperimentazione.” “Ad esempio – aggiunge Pietro – adesso ci vedete seduti sul dipinto del teorema di Pitagora, mentre l’altro giorno abbiamo inventato una canzoncina per i numeri relativi”.

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I maestri utilizzano laboratori e uscite per spiegare le varie materie: con la falegnameria si realizzano forme geometriche, il laboratorio di elettronica è utile per apprendere la fisica e così via. Inoltre utilizzano i principi della pedagogia dei talenti, che mira a far emergere da ciascun individuo i talenti che possiede. “Ad esempio è importante capire – continua Lorenzo – quale intelligenza è più sviluppata nel ragazzo, visiva, musicale, eccetera e utilizzare quella per spiegargli le cose”.10388196_927788770647492_1463605522446222113_n

A volte succede anche che i ragazzi non si presentino a scuola per diversi giorni, ma i maestri di strada non si lasciano scoraggiare. Vanno a casa loro, ci parlano, conoscono le famiglie. E alla fine quasi sempre li convincono a tornare. Inoltre, oltre ad occuparsi dei casi segnalati dalla scuola, dai servizi sociali ed altre istituzioni, vanno nelle vie, nelle piazze, nei punti di aggregazione, per trovare i ragazzi, instaurare un rapporto con loro e cercare di sottrarli alla strada, dove hanno ottime probabilità di finire nei giri della malavita. Infine Maestri di Strada non termina con la fine della scuola. “Maestri di strada non si ferma all’esame da privatisti” ci dice Pietro. “Facciamo una consulenza a tutto campo, li mettiamo in contatto con le istituzioni, alla Asl, ai servizi sociali. Facciamo anche un doposcuola”.91FB9A75D6CF9D30BE502E80A1C9D071

Così facendo contribuiscono giorno dop0 giorno a migliorare il contesto in cui vivono. Come ci disse Danilo Casertano, fondatore dell’associazione Manes, qualche anno fa, “Siamo sempre portati a pensare che un brutto quartiere faccia una cattiva scuola. Ma se fosse vero il contrario? Se fosse una cattiva scuola a fare un brutto quartiere?”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/03/io-faccio-cosi-161-maestri-di-strada-educazione-avanguardia-servizio-ultimi/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Maestri di strada per la “scuola di tutti”. Costruire

Tre settimane sono volate e ciò che ho vissuto anche solo in questi giorni è qualcosa che mi ci vorrà molto tempo per poter comprendere fino in fondo. La voglia di narrare è tanta e ogni giorno appunto un’immagine indelebile che mi servirà in un futuro per raccontare questa incredibile esperienza di vita. Tutta l’intensità che stiamo vivendo ha bisogno di una pausa di riflessione e quale migliore luogo per riposarsi durante una camminata se non una panchina?

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Uno dei nostri ragazzi vorrebbe fare il muratore e abbiamo colto l’occasione per realizzare un’opera all’interno della scuola. Grazie al maestro Pietro che ha messo a disposizione il suo talento manuale e il dono meraviglioso della sua pace interiore eccoci intenti nella costruzione con calce e mattoni di una panchina. Solo un valutatore distratto e approssimativo rimarrebbe stupefatto nel vedere ragazzi che in matematica erano prossimi allo zero, riescano a fare a mente un preventivo di diversi materiali “sbagliando” di pochissimo. Abbiamo disegnato, preso misure, fatto calcoli, disegnato piantine esercitando matematica, geometria, disegno.10719177_10205007291523106_1389977778_n

Scaricando la merce abbiamo fatto educazione motoria: quando si prende un oggetto pesante si piegano le ginocchia! Con gli strumenti di lavoro abbiamo dato cenni di storia e potremmo continuare ancora a lungo ponendo l’accento sugli aspetti legati all’autostima e al lavoro sul gruppo… Ma vi assicuro che una delle scene più belle è stata quando i piccoli si sono avvicinati con sentimento di venerazione per quello che i grandi stavano facendo: vedere quei ragazzi riempirsi d’orgoglio e riuscire a trattenere qualche parola di troppo davanti ai bambini è stato emozionante. I ragazzi tengono un diario e dopo il secondo giorno di lavoro quando la panchina stava prendendo forma, abbiamo fatto il nostro esercizio poetico. I nostri esercizi consistono nel trovare insieme delle parole da associare al nostro punto di partenza e poi da lì individualmente ognuno scrive qualcosa.

 

“In Autunno cadono le fogli ma noi dalla panchina non cadremo mai”

“Poro Barbone non cia na casa ed e costretto a dormire sulle panchine”

 

 

Alla fine, prima di uscire a camminare tra le strade del quartiere ho letto quello che qualcun altro prima di loro aveva scritto. Qualcuno ha detto “bello!”, altri “è matta come na zucchina”, ma le parole attraversando un inaspettato e profondo silenzio, si sono sedute sui cuori di chi aspettava solo qualcuno che credesse che i loro pensieri e le loro emozioni fossero non soggette a giudizio ma degne di essere condivise a prescindere.

 

“Le panchine non assorbono il sudore di nessuno, su di esse non si dovrebbe mai andare a morire.  Eppure il mio ultimo amore è morto là, trascurato da tutti. Su di lui si è riversato l’odio dell’uomo. Il mio amore è morto solo. 

L’uomo è un orrendo composto di appetiti malsani e di egoismi sdruciti, ciò che Spagnoletti definiva la considerazione del privato.  La carità fatta a Titano non era soltanto per lui, perchè in lui è nella sua povertà cadeva la mano divina . Questa non l’ha capita nessuno. Baciare un povero significa baciare Dio, lo diceva anche padre Davide.

Ma Dio è presente anche nel ricco, anche la ricchezza è un dono divino e allora perchè gli uomini bestemmiano uno contro l’altro? La panchina è un pezzo di legno e in una panchina può inaspettatamente trasformarsi l’eterno Pinocchio che vi dorme sopa. Pinocchio non avrà mai una carne, nè un diavolo in corpo perchè non ha una casa e per questo non potrà essere considerato un civile. Ma nessuno pensa che la vera casa dell’ uomo è il mondo”.

 

Alda Merini

 

Fonte:  italiachecambia.org