Confiscata alla mafia, diventa una “casa memoria” della lotta alle cosche

Siamo in centro a Catania, in Sicilia, dove un immobile confiscato alla mafia è diventato, grazie a una rete di associazioni, una “casa della memoria” della lotta alle cosche.

Un bene confiscato alla mafia. Una casa con un bellissimo giardino nel centro della città di Catania, in via Randazzo 27. Una rete di associazioni che ha trasformato quello che è stato un luogo di mafia in un giardino per il quartiere e in una “casa memoria” della lotta alla mafia. Sono gli ingredienti di un progetto diventato realtà grazie a una raccolta fondi e all’impegno di tanti volontari.

«L’abbiamo chiamato “Il Giardino di Scidà” . Gli abbiamo dato il nome di un giudice, storico presidente del Tribunale dei minori di Catania, che tanto ha fatto per combattere la mafia e per salvare intere generazioni dalla criminalità – spiegano dall’associazione culturale I Siciliani, tra i promotori dell’iniziativa – Catania ha pochissimi luoghi della memoria della lotta alla mafia. Per qualcuno a Catania la mafia non è mai esistita. Per questo abbiao voluto costruire, proprio in un bene confiscato alla mafia e affidatoci dal Comune, una “casa memoria” , dove raccontare attraverso documenti, oggetti, foto, video, racconti la storia del potere mafioso in città, ma soprattutto le tante storie di chi contro la mafia si è battuto. Come Giuseppe Fava , direttore de I Siciliani, assassinato il 5 gennaio 1984. Come Giambattista Scidà che ha speso la sua vita “per la giustizia, per Catania”. Una casa e un giardino aperti alle scuole, alle famiglie, al quartiere».

E nel 2017 le associazioni impegnate nel progetto sono riuscite a raccogliere più di quindicimila euro, a cui si sono aggiunti 2500 euro di Banca Etica.

«Non c’era nulla e abbiamo dovuto fare tutto – spiegano I Siciliani – il contratto della luce, l’impianto elettrico, l’impianto idraulico. Abbiamo dovuto togliere le porte distrutte, cambiare gli infissi, ripristinare le pareti, montare lo scaldabagno, montare le lampade e i lampioni. Controllare i tetti malconci e ripristinarli. Rimettere in sesto il giardino, costruire i gradini, la rampa, il massetto. C’è stato Maurizio Parisi, senza il quale nulla si sarebbe potuto fare: la mattina stringeva i tubi, metteva in ordine il giardino, la sera riunione di redazione. Ci sono stati gli architetti Giuseppe Mazzeo e Lorenzo La Mantia che prima sono venuti a fare i sopralluoghi, poi a prendere le misure. Hanno redatto un progetto di riqualificazione dell’immobile e ci hanno aiutato nelle richieste al Comune e infine lo hanno realizzato, rendendo fruibile il giardino e l’immobile. Irene Cummaudo che ci ha insegnato a rimettere in sesto le pareti e a leggere Pippo Fava. Andrea, Elena, Giorgio, Soemia che ci hanno portato il circo, le bolle di sapone e la magia. Salvo Castro e gli attivisti del Comitato Popolare Antico Corso hanno invece portato la luce».

E dicono ancora: «L’Arci, la Fondazione Fava, il Gapa, partner de I Siciliani nella gestione del Giardino hanno lanciato il cuore oltre l’ostacolo e grazie a Francesca Andreozzi, Giuseppe Andreozzi, Dario Pruiti, Saro Rossi, Ivana Sciacca, siamo riusciti a organizzare eventi, a presentare progetti, ad avviare campagne, a mettere in piedi un gruppo di educatrici ed educatori che adesso sono i veri protagonisti delle attività del Giardino».

«Alessio Di Modica al Giardino ha portato il suo spettacolo Ossa, Turi Zinna ha recitato Doppio Legame, l’associazione Terre Forti con Alfio Guzzetta ha messo in scena quattro spettacoli teatrali – proseguono i promotori del progetto, che ringraziano un intero quartiere mobilitatosi – Le bambine e i bambini dello Studio di logopedia e psicomotricità hanno giocato e sguazzato in piscina nelle mattine di luglio, le bambine i bambini del Gapa si sono tinti di blu e hanno dato colore al giardino. Le donne del quartiere hanno fatto yoga, le mamme e i papà del quartiere hanno festeggiato in giardino i compleanni dei loro figli. Sono venuti da tutta Italia a visitare il bene confiscato: scuole del piemonte, di Trento, licei di Catania. Sono venuti i ragazzini di Librino a scoprire cos’è e come funziona un bene confiscato alla mafia. Una sera d’estate abbiamo esposto le foto scattate per il giornale del sud e abbiamo proiettato Prima che la notte, il film sulla storia de I Siciliani e di Pippo Fava. C’erano gli attori del film, c’era Claudio, c’era Riccardo e c’erano tantissime persone, sedute a terra, sulle scale, sull’antica cisterna che sovrasta il giardino».

«Abbiamo ancora tanta strada da fare. Tra poco al giardino arriverà internet, arriverà la radio, sono già arrivate, direttamente dal set del film, le riproduzioni dei quadri di Pippo Fava, donati dalla Fondazione Fava al Giardino. E arriveranno le classi delle scuole per imparare cosa significa giornalismo, cosa significa combattere davvero, non solo a parole, la mafia».

Buon lavoro ragazzi!

Fonte: ilcambiamento.it

Lotta a qualsiasi tipo di sfruttamento ambientale, umano e sociale nel sistema produttivo agricolo dei nostri territori. Ecco la sfida di Slow Food Italia per il 2020

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A Montecatini Terme con l’elezione dei sette componenti del Comitato Esecutivo prende il via la nuova era di Slow Food Italia. Aboubakar Soumahoro: “5 milioni di migranti sono l’8% della popolazione italiana, lo stesso numero di giovani che vanno a lavorare all’estero. Oggi chiudono i porti per i migranti, e se domani chiudessero gli aeroporti per loro?

Stiamo vivendo una fase storica della nostra Associazione che segnerà la strada per un futuro straordinario, in Italia come nel mondo. La dichiarazione di Chengdu, Cina ottobre 2017, con le mozioni approvate a sostegno della nostra nuova via, rappresentano una linfa vitale che ha rinnovato molti entusiasmi nei territori in cui Slow Food è presente e dove la sua attività è stata al centro di iniziative importanti. Da quel momento, in tutte le nostre Condotte, in tutti i consessi regionali, all’interno del nostro Consiglio nazionale, le parole rinnovamento, inclusività, apertura, ascolto, sorriso, disponibilità, hanno acquisito nuova forza nei dialoghi e nei confronti e dovranno continuare a farlo per portare la nostra rete italiana a presentarsi degnamente al prossimo Congresso Internazionale del 2020”. È con queste parole che i sette componenti del nuovo Comitato Esecutivo di Slow Food Italia si sono presentati ai 650 delegati riuniti a Montecatini Terme per il IX Congresso nazionale.

Ci impegniamo a far nostri i temi delle mozioni, dei documenti e dei contributi che sono stati depositati da diverse parti d’Italia durante il Congresso sui temi delle migrazioni, della giustizia del cibo che consumiamo, del sostegno della rete dei giovani, dell’agricoltura sociale, della riqualificazione ambientale, della mobilità sostenibile così come della lotta a qualsiasi tipo di sfruttamento ambientale, umano e sociale nel sistema produttivo agricolo dei nostri territori. Il nostro modo di guardare alla biodiversità è stato e continua ad essere unico nel mondo, al confronto con la moltitudine di associazioni ed organizzazioni che lavorano sulla conservazione della biodiversità con le quali pure già collaboriamo e sempre più collaboreremo. Questa ricchezza dovrà essere al centro della nostra attività attraverso il nostro progetto dei presìdi, lo sviluppo dei mercati della terra, il consolidamento della rete dell’alleanza dei ristoratori. Ma anche attraverso il rafforzamento delle reti territoriali così come quelle tematiche che stanno svolgendo e possono svolgere un ruolo fondamentale nel nostro Paese, soprattutto in aree con specifiche fragilità. E questo impegno dovrà convergere in modo ancora più forte nell’ambito delle campagne internazionali come quella sugli orti in Africa che ci hanno già visto impegnati negli anni scorsi o quella sul cambiamento climatico che merita una strategia attenta a partire proprio dai nostri territori con la consapevolezza di come si svolge a livello globale”. (Clicca  per leggere il testo integrale dell’intervento).

Gaetano Pascale, presidente uscente di Slow Food Italia, ha formalizzato il passaggio di consegne al nuovo Comitato Esecutivo: “Miei cari, vi aspettano due anni impegnativi. Noi tutti soci dobbiamo ringraziare queste persone che avranno tante soddisfazioni, ma gli oneri e le responsabilità saranno superiori agli onori che gli tributiamo oggi e che riceveranno in futuro. Dobbiamo essere a loro disposizione, con cura e attenzione, perché il nostro impegno passa anche attraverso il loro sacrificio. In me troverete sempre una persona di supporto in qualsiasi cosa farete. Siete straordinari per aver assunto la responsabilità dell’associazione in un momento così importante. Faremo molto insieme, con tutte queste belle persone che ci sono oggi e anche chi non è potuto venire. Grazie e buon lavoro!”.
Chiamati a dirigere l’Associazione nel percorso di rinnovamento che porterà al Congresso del 2020, i sette componenti portano in dote la loro variegata esperienza nella rete Slow Food italiana:

Massimo Bernacchini, cinquant’anni, vive e lavora a Orbetello, dove è attivo nel mondo della cooperazione e della pesca. Dal 2006 è membro della Segreteria Regionale di Slow Food Toscana e consigliere nazionale;
Giorgia Canali, classe 1986, vive a Cesena dove lavora come giornalista. Nel 2010 viene eletta fiduciaria, contribuendo alla nascita della Rete giovani di Slow Food in Italia;

Antonio Cherchi, sassarese, 63 anni, commercialista, vive e lavora a Modena. Dal 2010 al 2014 è stato presidente di Slow Food Emilia-Romagna; dal 2015 ha ricoperto l’incarico di Tesoriere e consigliere nazionale;
Silvia De Paulis, agronoma, dal ’98 al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Dal 2009, dopo il terremoto che ha sconvolto L’Aquila, ha contribuito alla realizzazione prima del progetto 10 orti per 10 tendopoli e poi del Mercato Contadino;
Giuseppe Orefice, tecnologo alimentare, ha 42 anni e dal 2014 è formatore nell’ambito del progetto Orto in Condotta e docente Master of Food; è il presidente uscente di Slow Food Campania e Basilicata;

Francesco Sottile, agronomo, insegna Biodiversità e qualità delle colture agrarie all’Università di Palermo. In Slow Food ha cominciato vent’anni fa dal mondo dei Presìdi siciliani allargando sempre più la propria collaborazione sul piano tecnico e associativo anche all’estero. (Clicca qui per le biografie dei sette componenti del Comitato Esecutivo di Slow Food Italia).

Tra gli interventi della giornata conclusiva anche quello del sindacalista Usb Aboubakar Soumahoro che ha portato il saluto delle lavoratrici e dei lavoratori della piana di Gioia Tauro, della Puglia, dei braccianti cuneesi: “Chi continua a cercare lavoro, chi ha già un lavoro ma si sente schiavo e quelli a cui viene detto che non hanno diritto a un futuro migliore. Prima di parlare di futuro però serve anche la memoria: ascoltando i delegati ieri mi veniva in mente la mia infanzia, il villaggio in cui sono nato in Costa Avorio dove non andavamo a fare la spesa nei supermarket. C’era tutto: quello che si coltivava si mangiava, i semi erano nostro e non venivano imposti da nessuno, si conosceva la loro qualità. Primo Levi diceva che viviamo in una guerra costante con la memoria. Questa guerra dice che non abbiamo un passato e che il presente deve essere di odio verso il diverso, di un Paese in cui si chiudono i porti dei nostri mari per i migranti lasciando indisturbate le navi da guerra. Si continua a dire che siamo invasi dai migranti ma è solo una realtà falsificata. Abbiamo 5 milioni di persone partite dagli altri continenti che non esprimono una scelta divina, ma fuggono dai cambiamenti climatici, dalle guerre in corso. Ma non è tutto perso: ci sono tante persone, tanti giovani che non prendono il megafono dell’odio per attaccare i più poveri. La risposta deve essere restituire sovranità alimentare e giustizia sociale a chi è più sofferente. Il vero problema in Italia non sono i profughi: ci sono 7 milioni di poveri che non se la prendono con migranti. Il nostro presente è fatto di luce e speranza, di uomini e donne come voi e insieme possiamo portare la nave Italia a riva senza far affogare nessuno. Insieme!”.

Emozionante per la platea è stato anche l’intervento dello studente dell’Università di Scienze Gastronomiche Muhamed Abdikadir, detto Mudane: “Sono un ragazzo sfortunato e fortunato allo stesso tempo. Sfortunato perché da quando sono nato non ho mai visto pace nel mio paese, la Somalia, perché non conosco la mia data nascita, perché sono cresciuto nell’anarchia e nella fame. Ma sono fortunato perché da 1991 ho avuto un aiuto fondamentale da una Ong italiana che molti altri bambini non hanno avuto. Ho potuto studiare e ora frequento un Master all’università di Pollenzo, cosa che nessun altro somalo ha potuto fare. Sono stato fortunato anche perché ho vissuto un terzo della mia vita nel segno della filosofia di Slow Food”.

Il saluto ai mille tra delegati, osservatori e ospiti della Chiocciola alla cittadina Toscana è dato dall’assessore alle attività produttiva, Helga Bracali a nome di tutta l’amministrazione comunale di Montecatini Terme: “Grazie per aver colorato la nostra città. La presenza di Slow Food a Montecatini Terme è per noi un’opportunità incredibile. Spero portiate a casa tutti bel ricordo di noi e della città e spero che il connubio con il nostro territorio continui perché è davvero bello sentirvi dire che siamo una città a misura vostra. Per questo ci piacerebbe accogliere Slow Food Toscana nel territorio della Valdinievole. Vi aspettiamo il 13 ottobre per la presentazione e degustazione nazionale di Slow Wine. Porteremo ancora una volta la vostra Chiocciola sotto il nostro Tettuccio”.

Fonte: ecodallecitta.it

Lotta agli sprechi: firmato protocollo tra Confederazione Italiana Agricoltori e Cittadinanzattiva

Tra gli esempi contenuti nel rinnovato protocollo di collaborazione tra Cittadinanzattiva e la Confederazione Italiana Agricoltori-CIA, l’educazione a corretti stili di vita, anche attraverso la cultura e il benessere nelle mense scolastichegrano

Lotta agli sprechi, con la collaborazione sulla campagna di Cittadinanzattiva “SpreK.O.”, con un riferimento ben definito nell’ambito del contrasto al consumo di suolo e al recupero e riuso di beni pubblici abbandonati; l’educazione a corretti stili di vita, anche attraverso la cultura e il benessere nelle mense scolastiche; l’aumento della quantità e della qualità del welfare sociale relativo ai diritti di cittadinanza e le nuove opportunità economiche come l’agricoltura sociale, nuovo strumento di riabilitazione e inclusione. Sono solo alcuni degli esempi contenuti nel rinnovato protocollo di collaborazione tra Cittadinanzattiva e la Confederazione Italiana Agricoltori-CIA. “Un esempio concreto della comune volontà di sviluppare un percorso di sensibilizzazione rivolto a più cittadini possibili su temi importanti, quali la salute”, ha dichiarato Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, “è il patrocino di Anp-CIA alla campagna di informazione sui farmaci equivalenti “Io Equivalgo”nata per informare i cittadini dell’opportunità di risparmio a parità di qualità, efficacia e sicurezza offerta dai farmaci equivalenti (fascia A e C a totale carico del cittadino), garantire il diritto ad informazioni semplici, utili e corrette per scelte oculate, nonché offrire strumenti pratici e consigli utili per essere più proattivi nei confronti del farmacista e del medico”. “Con Cittadinanzattiva condividiamo da sempre importanti valori. In particolare, la riduzione degli sprechi in tutte le sue forme: lo spreco di suolo, lo spreco di beni pubblici, lo spreco di risorse e spreco alimentare. Questioni da cui derivano iniziative e progetti che, il rinnovo per i prossimi due anni del Protocollo di collaborazione, contribuirà a rendere ancora più efficaci nell’ottica di riqualificazione e riequilibrio delle disuguaglianze sociali”  ha dichiarato Dino Scanavino, presidente nazionale della CIA. Per rafforzare la collaborazione, il Segretario Generale di Cittadinanzattiva, Antonio Gaudioso è diventato un invitato permanente al coordinamento della CIA, mentre il Responsabile delle Relazioni Esterne della CIA è diventato membro della Direzione Nazionale di Cittadinanzattiva.

Fonte: ecodallecitta.it

 

La lotta allo spreco della ministra francese

La ministra francese dell’ecologia, Ségolène Royale, prosegue nella sua lotta contro gli sprechi e ha ottenuto l’ok dai supermercati che si impegnano a limitare i rifiuti alimentari. La Royale sta anche proponendo di modificare il sistema europeo che determina la scadenza di certi cibi.sprecoalimentare_vignetta

Naturalmente non li può obbligare per legge, ma la Royale ha ottenuto dai supermercati del paese l’impegno a tagliare gli sprechi e ridurre i rifiuti alimentari. E’ stato siglato un vero e proprio accordo tra la ministra francese dell’ecologia e i rappresentanti delle catene di supermercati francesi: il cibo non venduto verrà regalato agli istituti della carità. L’accordo vieta anche di distruggere il cibo invenduto che sia ancora commestibile e abolisce la data di scadenza per determinati prodotti come zucchero e aceto. Nel giro di tre mesi partiranno i primi controlli e la Royale assicura che userà tutti gli strumenti legali a sua disposizione per garantire il successo dell’accordo. Altra parte dell’intesa riguarda il fatto di ampliare la gamma di prodotti per i quali abolire l’obbligo di indicare la scadenza, ma la lista viene formulata dall’Unione Europea e per modificarla occorrerà intavolare una trattativa. La Royale ha quindi intenzione di nominare una commissione di esperti che individuino una serie di raccomandazioni che poi potranno essere sottoposte alle autorità europee competenti in materia. E’ però vero che la maggior parte degli sprechi e dei rifiuti alimentari prodotti si individuano nelle case private e nei ristoranti, come risulta da un rapporto redatto dal parlamentare francese Guillaume Garot. In media i francesi gettano dai 20 ai 30 chili di cibo a persona ogni anno, inclusi 7 chili di alimenti nemmeno aperti. Se si considera l’intera filiera alimentare, la cifra sale a 140 chili a persona ogni anno. Ma il problema non è chiaramente solo francese. L’Onu ha stimato che venga sprecato nel mondo dal 30 al 50% del cibo. In media, nell’Unione Europea gli sprechi arrivano a 179 chili di cibo gettato e, se si continua così, si stima che si arriverà a 126 milioni di tonnellate ogni anno nel 2020. In Italia riscuote molto successo l’iniziativa “Brutti ma buoni della Coop, che prevede la distribuzione ai bisognosi dei cibi quasi a scadenza e rimasti invenduti. Collaudata ed efficacissima anche l’esperienza di Banco Alimentare, che dall’1 gennaio di quest’anno ha già raccolto 45mila chili di cibo da fornire a cittadini in difficoltà.

Fonte: ilcambiamento.it

Italia leader nella lotta alle frodi alimentari

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In Italia, l’eterogeneità e l’alta qualità della produzione enogastronomica hanno fatto sì che maturasse, sin dagli anni Sessanta, un articolato e capillare sistema di controlli sul cibo che fa del nostro Paese un vero e proprio modello in termini di lotta alla contraffazione. Lo dimostra il convegno internazionale organizzato a Expo 2015 dal Ministero della Salute, da quello delle Politiche agricole e dall’Arma dei carabinieri, rappresentata dal comandante generale Tullio Del Sette. Proprio quest’ultimo spiega come sia aumentata, a livello globale, l’attenzione verso questo tipo di problematiche:

Sicuramente è un fenomeno in crescita di attenzione perché non è più attenzionato da alcuni Paesi come l’Italia, ma via via da un numero sempre maggiore di Paesi. Insieme ai Nas il sistema italiano prevede anche altre forze di polizia, altre specialità, che svolgono un lavoro molto importante in totale sinergia con questo modello di coordinamento che è il più sviluppato che si conosca. Molte delle frodi alimentari superano i confini nazionali, anzi sono tanto più efficaci quanto è maggiore la scarsa conoscenza del prodotto originale, ecco perché, per Giuseppe Ruocco, direttore generale della divisione per l’igiene e la sicurezza degli alimenti del ministero della Salute, è giunto il momento di pensare a una rete mondiale contro le frodi alimentari. Il modello operativo prevede la collaborazione fra tre tipologie di professionisti: 1) i veterinari, 2) i medici, 3) gli ispettori che si occupano della salute dei prodotti e della sicurezza alimentare nelle stesse strutture. All’incontro è intervenuto anche il ministro della Salute Beatrice Lorenzin che ha sottolineato come la leadership italiana sia favorita dalle “politiche di salute pubbliche che hanno permesso un’efficace azione di prevenzione”.

Fonte:  Askanews

Brasile, zanzare transgeniche contro la dengue

Nel solo Brasile, la dengue ha fatto 800 morti in cinque anni e 7 milioni di persone si sono ammalate negli ultimi quindici. Poco conosciuta in Europa, la febbre dengue è una malattia tropicale che può avere decorso mortale e può essere trasmessa dalla puntura delle zanzare. Dall’inizio di quest’anno ben 229 persone sono morte per la dengue nel solo Brasile, il Paese maggiormente toccato dalla malattia, basti pensare che nel territorio del più popoloso Paese sudamericano sono stati segnalati ben 7 milioni di casi in quindici anni. Negli ultimi cinque anni 800 persone hanno perso la vita a causa di questo virus. Il Ministero della Salute brasiliano ha annunciato di avere liberato in natura delle zanzare transgeniche che avranno il compito di lottare contro le epidemie della malattia. Il ministero ha anche riferito che nelle prime 15 settimane del 2015 745.900 brasiliani hanno contratto la malattia con un +234% rispetto allo stesso periodo del 2014. Soltanto nello stato di Sao Paulo sono statire gistrati oltre 401.564 casi, di cui 169 mortali. Giovedì scorso, nella città di Piracicaba sono state rilasciate 100mila zanzare geneticamente modificate che avranno il compito di contrastare il dengue. Queste zanzare si accoppieranno con le femmine non transgeniche, ma la loro progenie non arriverà all’età adulta riducendo drasticamente la popolazione della Aedes aegypti, vettore della malattia. Si tratta di una tecnologia messa a punto nel 2002 nel Regno Unito dalla Oxitec che ha inaugurato a Campinas (a 100 km da San Paulo) un laboratorio che è in grado di produrre 550mila zanzare OGM alla settimana.

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Fonte:  Le Monde

© Foto Getty Images

La foto di una donnola sul dorso di un picchio e la lotta per la sopravvivenza

In Inghilterra impazza una fotografia che ritrae una donnola sul dorso di un picchio, ma è tutto il contrario di ciò che può sembrare. La foto scattata da Martin Le-May nell’Hornchurch Country Park di Londra, rilanciata su Twitter dal bird-watcher londinese Jason Ward, sta letteralmente impazzando in Inghilterra. Le-May stava passeggiando nel parco insieme alla moglie quando un volatile con un mammifero in spalla è passato vicino alla coppia ed è poi è atterrato sul prato. I due sono stati attratti da quelli che sono sembrati versi di un animale in difficoltà e, in effetti, le cose per il volatile si stavano mettendo male: la donnola (il predatore) infatti era saltata al volo sul dorso del picchio (la preda). Questo il racconto fatto dallo stesso Le-May a BuzzFeed:

“Mentre stavamo camminando abbiamo sentito il verso angosciato di un volatile e ho visto per un attimo un lampo color verde. Ho subito fatto notare ad Ann che l’uccello era atterrato dietro un paio di piccole betulle d’argento. Abbiamo subito preso i nostri binocoli ed abbiamo osservato che il picchio sembrava muoversi come se poggiasse le zampe su una superficie rovente; […] quando è ripassato vicino a noi avevo già tirato fuori la macchina fotografica e ho notato che aveva un piccolo mammifero arrampicato sulla schiena: si trattava di una battaglia per la sopravvivenza. Il picchio è atterrato di fronte a noi, a circa 25m di distanza, e allora ho temuto il peggio. La nostra presenza però deve aver distratto la donnola e così il picchio se ne è approfittato ed è volato via su alcuni cespugli alla nostra sinistra.”

Insomma, il picchio si è tenuto la vita e la donnola (purtroppo per lei) la fame. Una classica questione si sopravvivenza, anche se in questo caso era mascherata da amicizia.enhanced-buzz-wide-27584-1425334086-8-620x350

Fonte: ecoblog.it

Una manciata di gruppi privati possiede la maggior parte della terra in Europa

Dinamiche nascoste che pochi conoscono ma che sono state rivelate dal rapporto “Land concentration, land grabbing and people’s struggles in Europe”, 25 autori che hanno esaminato la situazione di 11 nazioni: una manciata di gruppi privati possiede un’estensione enorme di terre in Europa.landgrabbingterra

La concentrazione della terra in mano a pochi grandi gruppi privati non è solo un problema del Sud del mondo, bensì un’emergenza che coinvolge l’Europa con uguale intensità. E le battaglie (di cui quasi nessuno parla) che i piccoli agricoltori ancora combattono devono essere il segnale di quanto sia necessaria una politica transnazionale in grado di contrastare la concentrazione nelle mani di pochi di un bene che appartiene all’umanità. Il rapporto “Land concentration, land grabbing and people’s struggles in Europe” spiega come quella che ormai si può chiamare “l’elite della terra” sia stata favorita e sostenuta da enormi iniezioni di fondi pubblici, proprio mentre per tutto il resto i fondi pubblici venivano tagliati. Nell’Europa orientale il fenomeno della concentrazione della proprietà si è enormemente accelerato negli ultimi decenni.

La concentrazione della terra nelle mani di pochi

I proprietari terrieri in Europa hanno tratto a questa concentrazione benefici che hanno eguali solo in paesi come Brasile, Colombia e Filippine, nazioni note per l’iniquità nella distribuzione delle terre. In Europa ci sono 12 milioni di aziende agricole; quelle la cui estensione supera i 100 ettari rappresentano solo il 3% del totale ma controllano il 50% della terra coltivata. Il fenomeno è iniziato qualche decennio fa ma si è grandemente accelerato. In Germania, per esempio, nel 1966/1967 i proprietari terrieri erano 1 milione e 246mila, nel 2010 sono diventati 299.100. L’area coperta dalle aziende agricole con meno di 2 ettari è passata da 123.670 ettari nel 1990 a 20.110 ettari nel 2007, mentre le aziende agricole di oltre 50 ettari sono passate da 9,2 milioni di ettari nel 1990 a 12,6 milioni di ettari nel 2007. Nell’Europa orientale la concentrazione della proprietà terriera è aumentata dopo il crollo del muro di Berlino. Molti agricoltori finirono in bancarotta con l’ingresso nell’Unione Europea e il mercato venne invaso da prodotti fortemente sostenuti dai sussidi. Nei primi 6 anni dopo la caduta del muro, gli agricoltori della Germania dell’Est non potevano accedere ai contributi pubblici e le loro terre vengono comprate a prezzi stracciati dagli speculatori. In Italia nel 2011 solo 0,29% delle aziende agricole ha avuto accesso al 18% degli incentivi e lo 0,0001% di queste (cioè 150 aziende) si è accaparrato il 6% dei sussidi: quindi tanti soldi spartiti fra pochissimi proprietari. In Spagna il 75% dei sussidi sono stati assegnati al 16% delle aziende agricoli di maggiori dimensioni. In Ungheria nel 2009 l’8,6% delle aziende agricole ha ottenuto il 72% di tutti i contributi agricoli.

Il landgrabbing strisciante

Soprattutto nell’Europa orientale sono comparsi nuovi soggetti nella corsa all’accaparramento delle terre. Ci sono compagnie cinesi in Bulgaria che si danno alla produzione su larga scala di mais e compagnie mediorientali in Romania che coltivano cereali, ma ci sono anche gruppi privati europei che si prendono la terra anche per scopi non agricoli. Così come avviene nei paesi in via di sviluppo, dall’Etiopia alla Cambogia, anche in Europa tutto ciò segue strade non trasparenti e sempre segrete. Non che i nostri “vicini” vivano situazioni migliori. In Ucraina le 10 maggiori agroaziende possiedono 2,8 milioni di ettari; in Serbia le quattro più grandi società controllano insieme 100.000 ettari. E la terra fa gola per diverse ragioni: produzione di materiali grezzi per l’industria agroalimentare trasnazionale, per l’industria estrattiva, per la grande fregatura delle biomasse, per le enclaves turistiche, eccetera. In Francia ogni anno oltre 60.000 ettari di terreni agricoli vengono perduti per fare spazio a strade, supermercati ed espansione urbana.

I giovani sono ostacolati

Questo è una dinamica senza precedenti. Di fatto la politica dei sussidi non agevola l’ingresso nel settore di persone giovani, anzi pare proprio innalzare ancora di più le barriere. E non dimentichiamo che l’accesso alla terra è condizione basilare con potersi garantire la sovranità alimentare. La cosa positiva è che, malgrado gli ostacoli, l’attenzione dei giovani per la terra sta aumentando e in tanti vogliono tornare a questa dimensione di vita.

Cresce la lotta per la terra

Ci sono comunque moltissimi movimenti, gruppi e anche singoli che nei paesi europei stanno facendo sentire sempre di più la loro voce per contrastare questo fenomeno di concentrazione. Il rapporto fa anche degli esempi, come la comunità di Narbolia in Sardegna che si è battuta per non perdere terre coltivabili dove si voleva impiantare pannelli solari o Notre Dames des Landes che si è battuta contro il progetto dell’aeroporto a Nantes in Francia. Il SOC in Andalusia ha visto i piccoli contadini occupare la terra e coltivarla in modo biologico; il gruppo SoLiLa a Vienna è costituito da giovani che si sono messi insieme per coltivare terreni urbani sottraendoli al destino di ospitare centri commerciali.

Anche l’Europa dunque si sta trasformando in un campo di battaglia per la terra. Ed è ora di aprire gli occhi; occorre sentirsi tutti coinvolti e mobilitati.

Leggete il rapporto, scaricatelo QUI.

Fonte: ilcambiamento.it

Danimarca leader nella lotta ai cambiamenti climatici

Germanwatch e Climat Action Network Europe hanno stilato una classifica delle nazioni più attive nella lotta ai cambiamenti climatici

Secondo la classifica pubblicata dal think-thank Germanwatch e il network di Ong Climate Action Network Europe a margine dei negoziati di Lima sul clima, la Danimarca è il primo Paese al mondo per quanto riguarda le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, seguita dalla Svezia e dal Regno Unito. La classifica viene stilata annualmente da dieci anni e nel 2014 ha considerato i 58 Paesi che emettono la maggiore quantità di gas serra nel pianeta. La classifica inizia simbolicamente con tre posti vuoti come a voler significare che nessun Paese fa abbastanza per ridurre le emissioni. La Danimarca svetta perché, secondo gli organizzatori, evidenzia “una tendenza globale che lascia intravedere una transizione nei settori più importanti della protezione del clima”. Insomma a differenza di tanti altri Paesi industrializzati, la Danimarca non promette soltanto, ma mantiene sviluppando una politica ambizioso nel campo delle energie rinnovabili. Sui 58 Paesi giudicati solamente dodici ricevono un giudizio positivo e solamente uno appartiene alla lista dei Paesi in via di sviluppo, il Marocco. Il Paese nordafricano ha il merito di stare sviluppando il più grande complesso solare del mondo, a Ouarzazate, e di avere ridotto le sovvenzioni alle energie fossili. A chiudere la classifica sono l’Arabia Saudita, l’Australia e il Canada, tre nazioni che, invece, puntano decisamente sulle energie fossili. Anche le due nazioni più inquinanti del pianeta si trovano nella parti basse della classifica: gli Stati Uniti in 44esima posizione e la Cina in 45esima posizione. Gli impegni presi a Copenaghen cinque anni fa prevedono un aumento di 3° C da qui alla fine del secolo, ma solo se le nazioni manterranno le promesse perché se non dovesse essere così la temperatura potrebbe salire di 4° C, con conseguenze imprevedibili per l’agricoltura e la sostenibilità del Pianeta.autostrade-ciclabili-586x389

Fonte:  Le Monde

© Foto Getty Images

Spreco alimentare, ecco la Carta di Bologna | Documento pdf

La “Carta di Bologna contro lo spreco alimentare” è stata ideata per definire azioni comuni per la lotta allo spreco alimentare. 11 punti che saranno condivisi con gli Stati che parteciperanno ad Expo e con l’Hlpe on Food Security and Nutrition della FAO, e verra’ sottoscritta il 16 ottobre 2015, Giornata Mondiale dell’Alimentazione, proprio nel contesto di Expo 2015 a Milano381176

«Lo spreco alimentare nel mondo vale 2060 miliardi: una volta e 1/3 il Pil italiano. Servono strumenti concreti e urgenti per garantire il diritto al cibo e invertire i dati dello spreco alimentare – ha dichiarato Andrea Segrè, presidente di Last Minute Market e del Comitato tecnico-scientifico del Ministero dell’Ambiente per l’implementazione del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti – Per questo oggi (martedì 25 novembre) a Bologna, con il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, nell’ambito del convegno “Stop food waste. Feed the planet” abbiamo presentato la Carta di Bologna, con l’obiettivo di farla sottoscrivere durante Expo dai governi europei, riportando così la questione dello spreco del cibo e del diritto al cibo al centro delle priorità del Governo italiano e dei Governi di tutto il mondo. La “Carta di Bologna contro lo spreco alimentare” – prosegue Segrè– è stata ideata per definire azioni comuni in tema di azioni concrete di lotta allo spreco alimentare, sulla base di una definizione per la prima volta condivisa del ‘food waste’, ma anche di metodologie uniformi di quantificazione dello spreco alimentare, azioni comuni da intraprendere, target da raggiungere e modalità di monitoraggio nel tempo per i risultati conseguiti. Nel mondo oggi un terzo del cibo prodotto finisce sprecato ogni anno lungo la filiera alimentare e 805 milioni di persone risultano ‘cronicamente sottonutrite’. Sappiamo che le percentuali sono ben diverse: laddove in Africa e nel Sud-Est Asiatico si sprecano fra 6 e 11 kg di cibo all’anno, in Europa e Nord America si arriva a 95/115 kg di cibo sprecato. E nella sola Europa, dati 2014 attestano che ogni anno si sprecano oltre 100 milioni di tonnellate di cibo. Così, paradossalmente, lo spreco alimentare ci aiuta a capire per contrapposizione: recuperare il cibo implica comprendere la composizione di questi valori, che non sono soltanto economici e ambientali. Si deve soltanto mangiare, per vivere. E per vivere bene, si deve mangiare bene. È un’equazione ben dimostrata, ormai. Deve essere considerato un diritto per tutti. Questa è la vera sfida sul cibo, e il suo ‘vero’ valore».

«La Carta di Bologna, partita come un decalogo, prevede adesso 11 punti di impegno comune – dettaglia Andrea Segre – ma la piattaforma potrebbe evolvere: la Carta infatti sara’ condivisa in modo ‘partecipato’ con gli Stati che parteciperanno ad Expo e con l’Hlpe on Food Security and Nutrition della FAO, e verra’ sottoscritta il 16 ottobre 2015, Giornata Mondiale dell’Alimentazione, proprio nel contesto di Expo 2015 a Milano».
Al dibattito sulla Carta di Bologna, promossa dal Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, hanno preso parte anche il Ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, il Sottosegretario del Governo USA per le politiche alimentari Kevin Concannon, il direttore generale FAO Josè Graziano Da Silva, il Ministro dell’Ambiente del Lussemburgo Carole Dieschbourg, il Presidente Commissione Affari Esteri del Senato Pier Ferdinando Casini, il Presidente di Confagricoltura Mario Guidi, il Presidente Coldiretti Roberto Moncalvo, la Presidente del Tribunale di Milano Livia Pomodoro, il Presidente CIA Dino Scanavino. Nel pomeriggio i lavori si sono concentrati sull’esperienza italiana, con la prima convocazione della Consulta degli Stakeholder del PINPAS.  Successivamente è stata ufficialmente sottoscritta la Rete degli enti territoriali contro lo sprecoSprecozero.net, con un protocollo di intesa tra ANCI, Sprecozero.net e Ministero dell’Ambiente, a sostegno dell’azione dei Comuni contro lo spreco alimentare sul territorio. Alle 17 infine si è svolta la premiazione della 2^ edizione del Premio Whirlpool “Vivere a spreco zero”, che valorizza le buone pratiche di Enti pubblici, imprese e terzo settore in Italia. Sono stati premiato le Regioni Piemonte e Val d’Aosta, la Provincia autonoma di Trento, il Comune di Jesi, Action Aid, Associazione Aleph Gallarate, Coop Ancc, Qui Gorup, Portobello di Modena. Menzioni per la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ConfAgricoltura, la Provincia di Pesaro Urbino.

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(nella foto Andre Segre alla presentazione)

Fonte: ecodallecitta.it