“L’uomo è responsabile del riscaldamento globale in atto”, IPCC conferma

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Il riscaldamento globale è in atto e l’uomo è il principale responsabile dei cambiamenti climatici. A confermarlo è l’ultimo rapporto sul clima dell’IPCC (Intergovernmental panel on climate change) presentato venerdì scorso a Stoccolma. Secondo il rapporto molti dei cambiamenti osservati dal 1950 a oggi sono senza precedenti su una scala temporale che va dalle decine di anni ai millenni. Oceani e atmosfera si sono riscaldati, la quantità di neve e ghiaccio è diminuita, i livelli dei mari si sono alzati e sono aumentate le concentrazioni di gas serra in atmosfera. Tra 1880 e 2012, la temperatura media della Terra, ossia quella della superficie degli oceani e delle terre emerse combinate insieme, è cresciuta di 0,85 gradi Celsius. Per il livello del mare l’intervallo di tempo è lievemente differente, tra 1901 e 2010, e l’aumento in questo caso è di 19 centimetri. Secondo il rapporto il cambiamento del clima è causato dalle attività umane al 95-100 per cento o comunque è “estremamente probabile”. In base al rapporto, dal 1750 a causa dell’uso di combustibili fossili, agricoltura e deforestazione, la concentrazione atmosferica dei tre principali gas serra è aumentata e il record è stato raggiunto dalla CO2 che ha segnato un 40 per cento. Il rapporto spiega inoltre che entro questo secolo, le temperature aumenteranno fino a un massimo di 4,8 gradi Celsius e il livello del mare salirà da un minimo di 26 centimetri a un massimo di 82 centimetri. Ognuno degli ultimi tre decenni, inoltre, è stato più caldo di quello precedente e, in generale, più caldo di qualsiasi periodo negli ultimi 1400 anni. In particolare, il primo decennio del XXI secolo è stato in assoluto il più caldo dal 1850. Alla luce del nuovo report dell’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), Greenpeace chiede “ai governi di agire subito sui cambiamenti climatici”. Il report, secondo l’associazione, “mette in allarme su un intensificarsi degli impatti, ma mostra anche che si può ancora agire per prevenire gli effetti più disastrosi”. “L’unica risposta sensata ai segnali allarmanti che ci manda il Pianeta è l’azione immediata. Purtroppo chi è entrato in azione si trova ora in galera in Russia, mentre i responsabili del caos climatico sono protetti dai governi di tutto il mondo”, ha affermato Andrea Boraschi, responsabile clima di Greenpeace, riferendosi ai 30 attivisti e membri dell’equipaggio della Arctic Sunrise agli arresti. “Per salvare il clima e garantire un futuro ai nostri figli – prosegue – l’unica strada percorribile è quella delle energie rinnovabili. L’era dei combustibili fossili va definitivamente archiviata”. “La buona notizia di questo documento – dice ancora Greenpeace – è che abbiamo ancora una possibilità per scegliere il nostro futuro. Se i governi rispettano gli obiettivi che si sono dati e per i quali non si stanno impegnando come dovrebbero, se avviamo veramente la rivoluzione energetica nel segno dell’efficienza e delle rinnovabili, allora possiamo farcela”.

A.P.

Fonte: il cambiamento

Viaggio al centro della terra per scoprire l’origine degli tsunami

Un team di scienziati raggiungerà, per la prima volta, il punto dove si scontrano le placche tettoniche51902461-586x424

Venerdì scorso un team di sismologi ha intrapreso una missione di studio della crosta terrestre al largo del Giappone. Lo scopo è di comprendere l’origine dei terremoti. L’imbarcazione che ospita i ricercatori e la torre di perforazione di 121 metri capace di penetrare a 7.000 metri sul fondo del mare si chiama Chiku, ovverosia Terra. Partita dal porto di Shimizu, la nave riprenderà un lavoro di perforazione cominciato nel 2007 e riproposto con regolarità nell’Oceano Pacifico. I ricercatori studieranno la faglia Nankai anche nota come la “faglia del mare del sud”, dove la placca del mare delle Filippine scivola sulla placca eurasiatica. L’intensa attività geologica della zona viene costantemente monitorata poiché potrebbe essere l’epicentro di scosse potenzialmente devastanti, molto più potenti di quella di magnitudo 9 che l’11 marzo 2011 ha provocato lo tsunami che ha scatenato l’incidente nucleare di Fukushima con epicentro a circa 1000 km a nord est della faglia Nankai. Il Governo giapponese ha rivelato lo scorso anno che una scossa della Nankai associata a un tsunami potrebbe provocare circa 320mila vittime sulle coste giapponesi. L’obiettivo dei ricercatori è riuscire a raggiungere i 5200 metri sotto il livello del mare, laddove le placche si scontrano. Sarà la prima volta che un sondaggio raggiungerà direttamente una zona sismica, laddove si genera l’energia che provoca i movimenti della crosta terrestre. Gli scienziati piazzeranno dei rilevatori nella crosta terrestre che saranno collegati ai sistemi d’analisi sulla terraferma:

Vogliamo studiare come la crosta terrestre si muove negli istanti che precedono i terremoti in modo da poterli prevenire più facilmente, ha dichiarato Omata, uno degli scienziati del team di lavoro. Situato nel punto di incontro di ben quattro placche tettoniche, il Giappone subisce, ogni anno, il 20% dei sismi più potenti registrati dai sismografi di tutto il mondo.

Fonte: Le Parisien

Gli atolli delle isole Marshall a rischio di sopravvivenza per i cambiamenti climatici

La Repubblica delle Marshall presenterà la dichiarazione di Majuro al forum delle isole del Pacifico che si apre oggi, chiedendo di intervenire con urgenza per ridurre le emissioni di inquinanti di gas serra.Isole-Marshall-586x494

Gli atolli del Pacifico sono a rischio di sopravvivenza a causa dei cambiamenti climatici: lo ha denunciato Christopher Loeak, presidente delle isole Marshall, 70000 abitanti che vivono su 34 atolli con altezza media di due metri sul livello del mare. La denuncia giunge in occasione dell’ apertura del 44° meeting del Forum delle isole del Pacifico. Le isole potrebbero diventare inabitabili già nei prossimi decenni a causa dell’innalzamento del livello dei mari: ben prima delle inondazioni arriverebbe la salinizzazione della falda. Quest’anno gli atolli hanno già sperimentato una letale combinazione di siccità e inondazioni: il 10% della popolazione è sopravvissuta , che ha portato all’innondazione con un litro d’acqua pro capite al giorno, mentre la violenza delle onde ha distrutto al cune barriere con allagamento della pista dell’aeroporto della capitale, Majuro. In occasione dell’apertura del Forum, verrà presentata oggi la dichiarazione di Majuro: le isole del Pacifico intendono assumere la leadership climatica, chiedendo interventi immediati per la riduzione di inquinamento da gas serra. La dichiarazione verrà presentata al meeting delle Nazioni Unite sul clima , che si terrà in Novembre a Varsavia. L’immagine in alto riporta quattro foto satellitari di atolli delle Marshall. In senso orario dalla prima in alto a sinistra: atolli di  Bikini, Taka, Eniwetak e Pokak. Bikini è stato il triste teatro di 23 test nucleari USA, tra cui in particolare la famigerata operazione Castle Bravo, che ha visto esplodere un ordigno a fusione da 15 Mt. Si tratta della seconda più potente esplosione della storia, dopo la Tsar Bomba. Il primo test nucleare americano a Bikini si svolse il 1° luglio del 1946. Quattro giorni dopo l’ingegnere francese Louis Réard dava il nome dell’atollo al suo nuovo e succinto costume da bagno femminile. Questo slittamento semantico ha messo in pace la coscienza del mondo facendoci dimenticare ciò che è avvenuto su quelle lontane isole.  La minaccia dei cambiamenti climatici potrebbe farle ritornare al centro dell’attenzione mondiale.

 

Fonte: ecoblog

Met Office: il riscaldamento globale non è in pausa, ma ora scalda di più gli oceani

Secondo il Met Office inglese il global warming non è per nulla in pausa: il leggero rallentamento nella crescita della temperatura dell’aria è dovuto ad un maggiore assorbimento di calore da aprte degli oceani, per cui il livello del mare salirà di piùVariazione-energia-interna-oceani-e-terra-586x390

Nell’ultimo decennio le temperature globali dell’atmosfera sono aumentate un po’ più lentamente che in precedenza (anche se il trend di lungo periodo è sempre in crescita, come si vede nella gallery in fondo), al punto che persino illustri climatologi si sono spinti a ritenere che il global warming sia in pausa. Parlare solo di riscaldamento dell’aria tuttavia è riduttivo, dal momento che solo il 2,3% del forcing radiativo (1) contribuisce a scaldare l’atmosfera: il grosso dell’energia (93,4%) va a riscaldare gli oceani, come si può vedere dal grafico in alto (2).

Il 60% dell’energia finisce nei primi 700 m d’acqua, mentre il resto scalda gli oceani in profondità. Questo non è senza conseguenze per noi, perchè il riscaldamento degli oceani porta naturalmente ad un aumento di volume dell’acqua che contribuisce all’innalzamento dei mari più della fusione dei ghiacciai. Secondo i ricercatori del Met Office inglese, il rallentamento nella crescita della temperatura dell’aria è dovuto ad un leggero spostamento dei flussi di calore verso gli oceani, come daltronde avevano già affermato all’inizio dell’anno:

Le piccole fluttuazioni di anno in anno sono dovute alla variabilità naturale del sistema vlimatico e nonhanno alcun impatto significativo sul global warming di lungo periodo.

Secondo il Met Office,  l’attuale rallentamento delle temperature atmosferiche potrebbe spostare in là al massimo di una decina d’anni il momento di superamento dei 2°C, un’inezia sul piano planetario, ma forse una benedizione per l’umanità che  avrà un poi più di tempo per la transizione dai fossili alle rinnovabili.

Commento alla gallery:

Immagine 1: dove finisce l’energia extra intrappolata sul pianeta.

Immagine 2: variazione delle temperature degli ultimi 260 anni con il confronto tra le tre ricostruzioni dei dati, dovute alle americane NASA e NOAA e all’inglese CRU.

Immagini 3 e 4: come viene analizzato l’andamento delle temperature globali dai negazionisti e dagli scienziati.

(1) Il forcing radiativo rappresenta l’energia extra che non abbandona il nostro pianeta

(2) L’ordinata del grafico non è una temperatura, ma l’energia accumulata (se positiva) o ceduta (se negativa) dagli oceani anno dopo anno; la scala è espressa in 10^22 joule. Tanto per fare un confronto,  nel 2012 il consumo globale di energia da parte dell’umanità è stato pari a circa 5*10^20 J, cioè 200 volte più piccolo. Mi duole notare che nel grafico gli autori dell’articolo hanno usato scorrettamente l’espressione “contenuto di calore” (heat content) invece che il corretto “flusso di calore”, oppure meglio ancora “variazione dell’energia interna”.  Il calore è un flusso (conduttivo, convettivo o radiativo) ai confini del sistema che fa variare il contenuto di energia del sistema (detta appunto interna). Parlare di “contenuto di calore” è un nonsense, perchè il calore (come il lavoro) è un flusso e non uno stock. Mannaggia, la termodinamica andrebbe insegnata a tutti fin dalle elementari!!dove-finisce-il-global-warming

Fonte: ecoblog