Cina, emergenza inquinamento: il 90% delle città oltre i limiti

Nove dei dieci centri urbani più inquinati della Cina si trovano in prossimità della capitale. Il 90% delle città cinesi sfora i limiti di inquinamento atmosferico consentiti dalla legge. A scriverlo sono gli organi di informazione di Pechino che citano uno studio realizzato su 161 città della Repubblica Popolare dal Ministero della Protezione dell’Ambiente. Lo stesso report ha, inoltre, dimostrato che solo nove città (fra le quali Shenzhen, Zhuhai, Haikou, Sanya e Lhasa) restano al di sotto dei limiti consentiti dai nuovi standard di qualità dell’aria, mentre ben 152 non li rispettano. La top ten delle città più inquinate (Xingtai, Shijiazhuang, Baoding, Tangshan, Handan, Hengshui, Jinan, Langfang, Xìan e Tianjin) ci dice che ben 9 di queste dieci città si trovano nei pressi della capitale. Secondo i nuovi valori stabiliti dal Ministero della protezione dell’Ambiente, il tasso a metro cubo di PM2,5 deve essere sotto le 100 particelle per metro cubo, ma sia a Shanghai che aPechino, negli ultimi anni, è stata addirittura raggiunta la soglia di 900, mentre l’Oms fissa in 25 microgrammi per metro cubo il limite per la concentrazione di PM 2,5. L’unica notizia positiva arriva dalle 74 città cinesi nelle quali l’aria è migliorata nella prima metà del 2014, rispettando, per più di 60 giorni, gli standard attesi dalle autorità. Con la circolazione a targhe alterne, la chiusura temporanea delle autostrade e un investimento di 30 miliardi di euro, la Cina ha avviato un piano per ridurre lo smog del 25%. La svolta della politica riguardo all’ambiente è colossale, recentemente Pechino ha riconosciuto la presenza di almeno 400“villaggi del cancro”. Non è più tempo di Far East e la Cina sta prendendo coscienza di tutti i rischi connessi a uno sviluppo incontrollato.Inquinamento-aria-Cina-586x389

fonte: ecoblog.it

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Inquinamento, alzati i limiti delle sostanze pericolose

Nel Decreto Competitività previsti innalzamenti dei limiti per gli sversamenti delle sostanze inquinanti in mare e delle tolleranze di sostanze tossiche nei siti militari. Qual è il prezzo da pagare per tornare a essere competitivi? Ancora una volta le ragioni del profitto avranno la meglio su quelle della natura? Fra le pieghe del Decreto Competitività, nella sezione Ambiente protetto, spettante al dicastero retto da Gian Luca Galletti, si dà il via libera all’innalzamento dei limiti per gli sversamenti delle sostanze inquinanti in mare e delle tolleranze di sostanze tossiche nei siti militari. La denuncia parte dalle associazioni ambientaliste che sottolineano come, per risolvere l’oneroso problema delle bonifiche, i livelli di inquinamento siano stati equiparati a quelli delle aree industriali, quindi molto più alti rispetto ad aree verdi e residenziali. I valori dei cianuri potranno essere centuplicati (da 1 a 100 mg/kg), così come il benzopirene o la sommatoria dei composti policiclici aromatici (etilbenzene, stirene, toluene e xilene), lo stagno potrà avere una concentrazione nel suolo di 350 volte superiore rispetto alle vecchie tolleranze, mentre i fluoruri potranno essere rilasciati in quantità venti volte superiori, così come il benzene. Per Angelo Bonelli, co-portavoce dei Verdi, si tratta di “un evidente regalo al Ministero della Difesa, che in questo modo potrà evitare di intervenire sui numerosi siti di propria competenza”. Senza infrazioni ai nuovi limiti non ci saranno bonifiche, secondo la logica della polvere scopata sotto il tappeto. Cambiano anche le regole per gli impianti industriali di grandi dimensioni come acciaierie, centrali elettriche e a carbone, cementifici, raffinerie, stabilimenti chimici, rigassificatori e inceneritori: d’ora in poi più si produrrà e più alto sarà il quantitativo di reflui che si potranno scaricare in mare. Il profitto prima della salute, l’industria prima dell’ambiente. La sezione ambientale del Decreto Competitività è una beffa ad anni di conquiste nell’ambito della salute pubblica. Come se le pagine oscure di Taranto e Casale Monferrato non fossero mai state scritte. In poco più di un anno ben quattro decreti sulle bonifiche sono stati emanati da tre diversi governi. All’inizio del 2013, nelle ultime settimane del Governo Monti, il ministro Corrado Clini portò Siti di interesse nazionale (quelli maggiormente inquinati e pericolosi per la salute) da 57 a 39, affidandone 18 alla competenza delle Regioni. Il Decreto del Fare del Governo Letta previde che le bonifiche potessero essere compiute “ove economicamente possibile”. Con Destinazione Italia è stato previsto un condono, con contributi pubblici erogati anche per finanziare le bonifiche a carico dei responsabili dell’inquinamento. Nessuno dei tre decreti ha sortito gli effetti sperati, anzi, il margine di operatività è stato ridotto al minimo e il Decreto Competitività l’ammissione di una sconfitta per la collettività e una vittoria per le aziende coinvolte nella stagione dei veleni che possono assistere compiaciute alla progressiva riduzione della chiamata alle proprie responsabilità a opera della politica.top8-586x389

Fonte:  L’Espresso

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Ozono fuori dai limiti in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Valori più bassi in Piemonte

Le prime giornate di caldo intenso sono arrivate portandosi dietro il consueto carico d’ozono. I valori hanno superato la soglia di informazione (e talvolta di allarme) in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Primi superamenti anche per il Piemonte, ma con valori medi più contenuti e senza picchi allarmanti379462

L’estate a pochi passi, e le prime giornate di caldo intenso arrivano portandosi dietro il consueto carico d’ozono. I valori registrati dalle centraline dell’Arpa hanno superato la soglia di informazione – e in alcuni casi di allarme – in LombardiaEmilia Romagna e Veneto. (Le soglie limite per l’ozono fissate dalla normativa europea sono tre: 120 mcg/m3 è il valore massimo giornaliero della media calcolata su 8 ore consecutive, da non superare più di 25 volte l’anno;180 mcg/m3 di media oraria è la soglia di informazione; 240 mcg/m3 di media oraria è la soglia di allarme).
Resta un passo indietro il Piemonte, che quest’anno sembra aver ritardato il suo ingresso nella stagione dello smog estivo, che pure non ha mancato di tormentare la regione fino all’anno scorso. I valori degli ultimi giorni sono tutt’altro che buoni, con medie orarie spesso superiori ai 140-150 microgrammi per metro cubo, specie nelle ore più calde della giornata, ma per il momento non sono stati raggiunti i picchi registrati in Lombardia, che hanno fatto sforare perfino la zona d’allarme (240 mcg/m3). Il picco più alto segnalato a Torino è stato registrato proprio oggi, 183 mcg/m3.
Restano valide in ogni caso le stesse raccomandazioni diffuse nelle altre Regioni, di cui ci siamo già occupati in un precedente speciale: Ozono e alte temperature: come difendersi e tutto quel che c’è da sapere | ECOPEDIA

Fonte: ecodallecittà.it

Smog, il Rapporto 2013 dell’AEA: sforamenti in calo, ma per l’OMS i limiti sono obsoleti

Pm 2.5, Pm10 e ozono ancora in cima alla classifica degli inquinanti fuori legge. Secondo le soglie limite vigenti nell’Unione Europea, il 30% circa dei cittadini vive esposto a livelli di particolato dannosi per la salute. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità però, la percentuale sale a 90. E i limiti vanno rivisti376623

European Environment Agency: “Nonostante la riduzione delle emissioni e delle concentrazioni di alcuni inquinanti in atmosfera osservata negli ultimi decenni, il Rapporto 2013 (Air quality in Europe — 2013 report) mostra come il problema dell’inquinamento atmosferico in Europa sia ben lungi dall’essere risolto. Particolato e ozono continuano ad essere causa di troppi problemi respiratori, malattie cardiovascolari e di una minore aspettativa di vita”.
Sforamenti e popolazione esposta

La fotografia scattata dall’AEA sulla qualità dell’aria nel 2013 si presta a letture molto diverse: se prendiamo in considerazione i limiti attualmente in vigore nei Paesi dell’UE, il quadro – per quanto disomogeneo e con ampi margini di miglioramento – non è catastrofico: il dato peggiore riguarda il Pm10, per il quale l’AEA stima che la percentuale di cittadini esposta a livelli di particolato fuorilegge si attesti fra il 22 e il 33%. Leggermente più bassa la stima per il Pm2.5 (Tra 20 e 31%) e per il benzo(a)pirene (22-31%). Meglio l’ozono (14-18%) e il biossido d’azoto – nonostante la questione dei motori diesel (tra il 5 e il 13%). Al di sotto del 2% benzene, piombo, biossido di zolfo e monossido di carbonio.

Se però facciamo riferimento alle soglie limite più recenti individuate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la musica cambia: oltre il 90% dei cittadini europei vivono esposti a livelli di particolato considerati dall’OMS dannosi per la salute. In particolare, la fascia di popolazione esposta sarebbe compresa tra il 91 e il 96% per il Pm2.5, e tra l’85 e l’88% per il Pm10. Percentuali ancora più alte per l’ozono, che raggiunge addirittura il 97-98%, e un po’ più basse per il benzo(a)pirene76-94%. La stima del biossido d’azoto non può che coincidere con quella dei parametri UE, visto che i limiti sono rimasti gli stessi. Sale invece in modo significativo il biossido di zolfo, che passa da una percentuale inferiore a 1 al 46-54%.

Inquinanti e salute: ecco chi è responsabile di cosa

Mal di testa: indiziato numero 1, il biossido di zolfo, che tende a provocare anche ansietà e sensazione di irrequietezza. Condizioni su cui influisce anche il particolato, che impatta sul sistema nervoso centrale.
Problemi respiratori: il particolato fine è il principale responsabile dei disturbi respiratori, dall’asma alle infezioni polmonari, fino ad arrivare al cancro ai polmoni. Un altro fattore aggravante è il benzo(a)pirene, come dimostra purtroppo il caso Ilva in Italia.

Disturbi cardiovascolari: ozono, particolato e biossido di zolfo possono compromettere il buon funzionamento della circolazione sanguigna, aumentando il rischio infarti.

Intossicazioni al fegato: il biossido d’azoto è invece il principale responsabile dei disturbi epatici. Causa stanchezza, mal di testa, nausea e vertigini.

Ozono, particolato, biossido d’azoto e di zolfo sono inoltre responsabili dell’irritazione di occhi, gola e naso, provocando bruciori e arrossamenti.

Danni alla salute, ma non solo: c’è l’Eutrofizzazione…

Oltre alle preoccupazioni di natura sanitaria, il rapporto analizza i problemi ambientali legati all’inquinamento atmosferico, come l’eutrofizzazione, e cioè una sovrabbondanza di nitrati e fosfati che provoca mutamenti rischiosi negli ecosistemi, in grado di mettere a rischio la biodiversità. Nonostante nell’ultimo decennio le emissioni di ossidi di azoto e di ammoniaca siano scese del 27% e del 7% rispettivamente rispetto al 2002, l’eutrofizzazione è ancora un problema molto diffuso che riguarda la maggior parte degli ecosistemi europei.

I commenti

Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’AEA, afferma: “L’inquinamento atmosferico sta causando danni alla salute umana e agli ecosistemi. Un’ampia parte della popolazione non vive in un ambiente sano secondo gli standard attuali. Per avviare un percorso che porti alla sostenibilità, l’Europa deve essere ambiziosa e rendere più severa l’attuale normativa”. Il commissario all’Ambiente Janez Potočnik aggiunge: “Per molte persone la qualità dell’aria costituisce una della maggiori preoccupazioni. Gli studi dimostrano che un’ampia maggioranza dei cittadini è consapevole dell’impatto della qualità dell’aria sulla salute e chiede alle istituzioni di intervenire a livello europeo, nazionale e locale, anche in tempi di austerità e difficoltà. Sono pronto a dare una risposta a queste preoccupazioni attraverso il prossimo Riesame della qualità dell’aria della Commissione”.

Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente: “I dati diffusi dall’EEA confermano quello che Legambiente sostiene da anni: l’inquinamento dell’aria resta uno dei principali problemi per la salute delle persone e per la salvaguardia dell’ambiente. Una vera e propria emergenza che colpisce anche e soprattutto il nostro Paese. I dati relativi allo scorso anno di ‘Mal’aria’ confermano la stessa situazione critica: su 95 città italiane monitorate da Legambiente, 51 hanno superato il bonus di 35 giorni di superamento stabilito dalla legge per il PM10. L’area della Pianura Padana, come risulta anche dal report dell’Agenzia europea dell’ambiente, si conferma come una delle più critiche. Le cause dell’inquinamento sono chiare e conosciute da tempo. Sono il trasporto su strada, i processi industriali e di produzione di energia e i riscaldamenti domestici. Per arginare l’emergenza smog serve una nuova strategia – evidenzia – che intervenga sui settori più inquinanti, a partire da quello dei trasporti. Su questo in Italia serve una nuova capacità politica che invece di guardare alla realizzazione di inutili infrastrutture punti, attraverso interventi immediati e mirati, su una mobilità sostenibile basata su trasporto pubblico efficiente, mobilità pedonale e ciclabile e trasporto su ferro per ridurre il parco auto circolante, che nel nostro Paese raggiunge da sempre livelli da primato rispetto al resto d’Europa”.
Scarica il rapporto AEA 2013

Fonte: eco dalle città

Negli USA l’EPA inizia a porre limiti per l’inquinamento delle centrali a carbone

Gli standard di emissione per le nuove centrali sono quasi dimezzati ed entreranno in vigore entro l’anno. E già si parla di introdurre limiti per le centrali a carbone esistenti.Emissioni-centrale-a-carbone-586x346

Il piano di azione per il clima annunciato da Obama Georgetown University come un vero e proprio  new deal ambientale inizialmente era stato accolto con un po’ di scetticismo sulla sua efficacia, ma ora inizia a concretizzarsi. L’Environmental Protection Agency ha annunciato nuovi limiti per le emissioni inquinanti delle centrali a carbone. I nuovi impianti a carbone dovranno avere emissioni inferiori a 500 kgdi CO2 per MWh prodotto. Le emissioni attuali si situano tra i 700 e i 950 kg di CO2 per MWh, quindi le nuove centrali dovranno avere una riduzione tra il 30 e il 50%. Gli oppositori naturalmente lamentano il fatto che questi nuovi standard non sono raggiungibili con le tecnologie esistenti e farebbero crescere enormemente i costi. Bloomberg parla di “guerra al carbone”. D’altra parte le centrali a carbone sono la principale fonte di inquinamento negli USA e non possono pensare di continuare il business as usual; Lashoff, responsabile del programma climatico del NRDC ha giustamente commentato: «Sostanzialmente l’EPA ha dichiarato che i giorni dell’inquinamento senza limiti sono finiti.» I nuovi standard dovrebbero entrare in vigore entro fine anno, ma l’EPA ha già fatto sapere che entro giugno 2014 proporrà nuovi standard per le centrali a carbone esistenti. Se questa linea riuscirà a prevalere potrebbe essere un passo decisivo per la riduzione delle emissioni, in modo analogo a quanto ha fatto il Clean air act per l’inquinamento atmosferico.

 

Fonte: ecoblog

 

Ultima chiamata ovvero le ragioni non dette della crisi globale

The last call – Ultima chiamata vuole andare alle radici dell’attuale crisi globale ripercorrendo la straordinaria storia della ricerca nata intorno al rapporto “I limiti dello sviluppo”. E’ un progetto crowdfunded che ha bisogno anche del tuo aiutoMeadows-limits-to-growth-586x309 (1)

[Nell’immagine: Donella Meadows, Dennis Meadows e un diagramma di flusso originale usato per costruire il modello di Limits to growth.]

Ultima chiamata – le ragioni non dette della crisi globale è un progetto cinematografico straordinario di Enrico Cerasuolo che vuole rendere giustizia ad alcuni protagonisti dimenticati del movimento ambientalista: Aurelio Peccei, Jay Forrester, Donella Meadows, Dennis Meadows e Jorgen Randers , ovvero gli ispiratori ed autori del celebre rapporto su I limiti dello sviluppo uscito nel 1972. Se non avete mai letto questi nomi significa che la macchina della disinformazione dell’establishment economico finanziario ha compiuto molto bene il suo lavoro…Con l’aiuto dei primi supercomputer e della giovane dinamica dei sistemi, per la prima volta nella storia fu allora possibile simulare scenari futuri per le società umane prendendo in considerazione l’evoluzione congiunta di un gran numero di variabili, tra cui popolazione, risorse, produzione agricola, inquinamento. Il rapporto afferma con forza che la crescita ha dei limiti ben precisi , o dal lato del consumo di risorse o dal lato dell’eccesso di inquinamento; non tenerne conto significa correre verso il baratro a occhi chiusi.(1)

Le conclusioni del rapporto non sono piaciute a petrolieri e banchieri che hanno fatto di tutto per screditarlo e farlo scivolare nell’oblio; ma per fortuna in giro per il pianeta ci sono abbastanza persone che non se ne sono dimenticate. Nel video qui sotto il regista Cerasuolo e il produttore Arvat spiegano le ragioni della loro scelta; potrete poi vedere delle straordinarie immagini di repertorio degli anni ‘70 dove un giovane Dennis Meadows spiega che i limiti alla crescita mostreranno i loro effetti già nella vita dei nostri figli ( i figli del ‘72…) e un già maturo Jay Forrester (2) che afferma: questa crescita è sul punto di finire, deve finire e finirà. Ultima chiamata è un progetto crowdfunded e ha bisogno anche del tuo sostegno. Pensaci.

(1) “Limiti ben precisi” significa che i limiti esistono, anche se non possiamo sapere con assoluta precisione a quanto ammontano le risorse fossili realmente estraibili oppure quale livello di CO2 in atmosfera segnerà il punto di non ritorno. E’ come dire che stiamo giocando bendati nei pressi della scogliera: non sappiamo esattamente se si trova a un metro o a due metri dai nostri piedi, ma sarebbe bene rallentare il ritmo delle danze…

(2) Jay Forrester, classe 1918 e ancora in buona salute è stato uno dei primi ingegneri di computer e fondatore della Dinamica dei Sistemi; nato in una fattoria senza elettricità, negli anni trenta costruì uno dei primi generatori eolici per poter illuminare la sua casa.

Fonte: ecoblog

Acqua potabile: limiti più restringenti per l’arsenico.

 

A rischio 91 comuni del Lazio, 8 in Lombardia, 10 in Trentino-Alto Adige e 19 in Toscana. L’acqua dei rubinetti di 800 mila italiani contiene arsenico oltre la soglia di 10 microgrammi per litro. Ma chi ha bevuto quell’acqua fino adesso corre dei rischi oppure è solo una convinzione amministrativa? La risposta del prof. Vitali (La Sapienza) e Zampetti (Legambiente)

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Dal 1 gennaio è scattato in 40 comuni della Provincia di Roma, Viterbo e Latina il divieto di poter utilizzare come potabile l’acqua dei rubinetti. Ma le zone sottoposte a rischio ordinanza sindacale in particolare per l’arsenico secondo i dati dell’Unione Europea, sono concentrate anche in Toscana, in Lombardia e in Trentino Alto Adige. Nel 2009 secondo l’Ue erano a rischio in Italia circa 1 milione di residenti. Per la trasmissione “Fuori Tg” di Rai Tre sono calate a 800.000. Per Legambiente invece il rischio arsenico è più contenuto e coinvolge solo i comuni della regione Lazio.
La questione dell’arsenico (As) che esce dai rubinetti delle nostre case fu trattata per la prima volta in Europa, dall’OMS all’incirca vent’anni fa. Il suo limite di concentrazione è stato stabilito per la prima volta dalla Direttiva 80/778/EC in 50 microgrammi per ogni litro d’acqua (microgrammi/litro). Ridotto a 10 microgrammi/litro dalla direttiva corrente 98/83/CE (Drinking Water Directive, DWD) recepita in Italia nel 2001 con la legge n. 31. Di deroga in deroga, il divieto però non è mai entrato in vigore, almeno fino al 2013. Infatti quest’anno l’Unione Europea non ha accettato nessuna proposta di deroga, così dal primo gennaio sono scattate le ordinanze dei sindaci delle province di Roma e Viterbo e Latina che, secondo le indicazioni dell’Istituto superiore di Sanità, vietano di bere l’acqua del rubinetto, di usarla per cucinare, lavarsi i denti e fare la doccia a persone con patologie cutanee. Ma chi ha bevuto quell’acqua fino adesso corre dei rischi oppure è solo una convinzione amministrativa? A questa domanda ha risposto durante la trasmissione“Fuori Tg” del 4 marzo 2013 di Rai Tre, il Prof. Vitali docente di Igiene dell’Università “La Sapienza” di Roma. Vitali ha dichiarato che innanzitutto la presenza dell’arsenico nelle acque è un fenomeno naturale. “L’arsenico si trova nel sottosuolo – ha spiegato –soprattutto nei luoghi di origine vulcanica. L’acqua come solvente scioglie l’arsenico dalle rocce e se lo trascina. D’altra parte la sua presenza è un grave fattore di rischio: è una sostanza considerata pericolosa soprattutto nella forma inorganica” cioè se sciolta nell’acqua. Ma come si sviluppa il cancro nella popolazione? “La pericolosità dell’arsenico – ha spiegato Vitali – si è scoperta lentamente nel tempo. I primi casi studio si sono avuti all’estero dove la concentrazione dell’arsenico nell’acqua superava i 500-1000 microgrammi/litro. In queste zone la statistica aveva messo in evidenza un picco di tumori legato alla presenza dell’arsenico nell’acqua potabile. Nel 2004 l’Agenzia Internazionale sul Cancro, anche grazie agli studi riportati nella monografia “L’Arsenico nell’acqua potabile”, ha classificato l’arsenico come cancerogeno di primo livello, cioè sicuramente cancerogeno per l’uomo”.
Ma il nuovo limite entrato in vigore nel 2013, ha chiesto la giornalista Rai Margherita De Medici, tutela il diritto alla salute o il principio di precauzione? Secondo il professore Vitali con un livello di 10 microgrammi/litro “si è nella sfera del principio di precauzione perchè il rischio tumore, legato ad una sostanza cancerogena, dipende dalla quantità della sostanza che si assume e dalla durata nel tempo dell’esposizione. Al di sotto dei 10 microgrammi si ritiene che il rischio di insorgenza tumore nella popolazione sia estremamente raro da poter essere considerato vicino allo zero. Il rischio diventa concreto se la concentrazione è maggiore sopra il livello 50 μg/litro. Di deroga in deroga per nove anni (dal 2004-2006, dal 2006-2009, e dal 2009 al 2012). A seguito del recepimento della dir 98/83/CE, l’Italia, tra tutti gli Stati Membri, nel 2004 ha emanato il maggior numero di deroghe, soprattutto in relazione a parametri di origine naturale e geologica: la situazione al tempo della prima deroga riguardava 10 parametri di rischio e coinvolgeva 13 regioni. Il periodo 2003-2009, grazie agli interventi di investimenti nel settore delle acque potabili , ha visto una sostanziale diminuzione dei casi di deroghe. Nell’ottobre del 2010 la richiesta per la terza deroga si riferisce ad Arsenico, Boro e Fluoro e coinvolge 5 Regioni (in particolare Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Umbria) e 2 Province Autonome (PA Trento, PA Bolzano). La popolazione interessata dalla deroga era pari a 1.020.173 e il valore fissato per deroga Arsenico 50 μg/litro. Nel 2013 il limite di concentrazione dell’arsenico è stato portato a 10 microgrammi/litro. “Le deroghe, inizialmente previste solo come misura transitoria, sono diventate purtroppo un espediente per non fare i necessari interventi di potabilizzazione , ha affermato Giorgio Zampetti, responsabile scientifico Legambiente . Dopo dieci anni dall’entrata in vigore della legge e a due dalla bocciatura dell’Unione Europea, in quasi tutte le regioni il problema è stato risolto, l’unica inadempiente è il Lazio. Un ritardo del tutto ingiustificato e dal 1 gennaio le centinaia di migliaia di cittadini che abitano nei territori coinvolti, non possono utilizzare l’acqua del rubinetto. Al momento la Regione stessa prevede altri due anni per gli interventi, inutile dire però che i tempi devono essere molto più rapidi per garantire un’acqua buona e di qualità che esca dai rubinetto di casa”.

 

 DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 28.10.2010 [0,31 MB]

sulla deroga richiesta dall’Italia ai sensi della direttiva 98/83/CE del Consiglio concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano

Fonte: eco dalle città