Biometano: in Italia il limite è tutto legislativo

Il biometano viene definito da molti “il carburante del futuro”: come suggerisce il suo stesso nome, il biometano è il metano di origine biologica prodotto dalla fermentazione batterica in anaerobiosi (assenza di ossigeno) dei residui organici provenienti da residui vegetali o animali. biometanoday_001

Senza additivi chimici il biometano garantisce una maggiore autosufficienza energetica e la possibilità di essere utilizzato nei veicoli a gas naturali già in commercio. La scelta di utilizzare il biometano come carburante è, oggi, sempre più una scelta di tipo ambientalista: nell’ottica di emissioni di CO2 in atmosfera infatti un’auto spinta da biometano può essere quasi paragonabile ad una vettura elettrica, con appena il 3% di emissioni se rapportato al 100% di un benzina e al 69% del metano classico: come ricordano i nostri colleghi di Blogo Motori infatti, se al momento è il metano il carburante fossile meno inquinante sul mercato – esso riduce del 23% le emissioni di CO2 rispetto ai motori a benzina – ma il biometano potrebbe rappresentare una nuova e più efficace svolta in termini di emissioni di inquinanti. Proprio oggi questo carburante è protagonista di una convention organizzata a Bologna da Legambiente, al centro del quale ci sarà il quadro normativo sul biometano e i suoi sottoprodotti, il funzionamento degli impianti di produzione di biogas e biometano e un’occasione per fare il punto con stakeholders e addetti ai lavori sullo stato dell’arte e il ruolo delle bioenergie nel nuovo sistema energetico italiano e nell’ambito della bioeconomia europea:

“La produzione di biometano è un anello fondamentale per il corretto trattamento dei rifiuti biodegradabili nell’ambito del nuovo scenario dell’economia circolare europea. A tal proposito, è fondamentale costruire impianti di digestione anaerobica, in particolare nel centro sud Italia che ne è ancora sprovvisto. Questi impianti sono, purtroppo, ancora poco noti e molto osteggiati ed è fondamentale attivare adeguate campagne d’informazione. Anche il settore agricolo può dare il suo contributo, tenendo conto però dell’efficienza dell’uso del suolo, dando priorità agli scarti agricoli e alle biomasse di integrazione rispetto alle colture dedicate, e senza entrare in conflitto con la produzione di cibo. Migliorando la propria competitività sul mercato, il biometano può contribuire a ridurre significativamente le emissioni del settore agricolo che in Italia rappresentano oltre il 7% delle emissioni complessive di gas climalteranti. […] La possibilità di sfruttare le infrastrutture esistenti per la distribuzione del biometano, come la rete gas che attraversa il nostro Paese è un aspetto particolarmente interessante di questo biocombustibile in quanto dà la possibilità di utilizzarlo facilmente e subito nella copertura dei fabbisogni domestici. È necessario, però, completare definitivamente il quadro normativo che ancora oggi vieta l’immissione del biometano in rete, pratica utilizzata invece da molti anni in diversi paesi europei. Anche l’autotrazione ne beneficerebbe, perché il biometano potrebbe essere utilizzato nei camion per trasporto merci di lunga percorrenza, in sostituzione del gasolio, ben più inquinante”

ha dichiarato in un comunicato stampa il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani. I nostri colleghi di Blogo Motori sono stati in visita al Polo Ecologico di Pinerolo, in Piemonte, dove hanno potuto osservare il processo di generazione del biometano dalla materia organica: il processo inizia con il recupero dei rifiuti organici, come l’umido raccolto dalle abitazioni e da ristoranti, mense e mercati. Tramite il setaccio – un macchinario industriale composto da una serie di rulli – la materia viene selezionata per separare il contenuto organico dalla plastica. Successivamente avviene la trasformazione in liquido e il materiale viene pompato in serbatoi da 180 metri cubi, per portarlo infine nei digestori, dove subisce un processo di decomposizione che avviene ad opera dei batteri. Il biogas viene depositato in un gasometro da 3300 m3.

A questo punto, il biogas viene utilizzato per produrre energia elettrica o termica, oppure viene trasformato in biometano grazie ad un lavaggio ad acqua, che elimina CO2, e una serie di filtraggi per separare gli altri gas dal metano. Il quale è distribuito come “bio” se puro al 99%.  Come sottolinea Legambiente il problema legato al biometano, in Italia, non è tanto relativo alla produzione quanto più agli impianti di distribuzione: oggi gli impianti a biometano nel nostro Paese sono soltanto 7, di cui 6 a scopo dimostrativo, eppure il potenziale producibile all’anno 2030 potrebbe raggiungere gli 8,5 miliardi di metri cubi. Ad oggi in Italia il biometano è utilizzabile solo da chi lo produce e questo rappresenta un limite legislativo enorme per lo sviluppo di questo carburante.

Fonte: ecoblog.it

Limite di 30 km/h a Milano, Torino e Bologna

Le tre città del Nord Italia adottano il limite di velocità di 30 km/h. Soltanto le principali arterie di scorrimento conserveranno gli attuali limiti. Milano, Torino e Bologna hanno deciso di adottare il limite di 30 km/h in ambito urbano. Si tratta del primo risultato concreto ottenuto dagli Stati Generali della Mobilità che si sono tenuti negli scorsi giorni a Bologna e che nel 2016 si svolgeranno a Torino. Al Governo e agli enti locali era stato chiesto di compiere una serie di azioni volte a decongestionare le città e a rendere efficienti gli spostamenti, migliorando anche la sicurezza. Gli Stati Generali sono stati organizzati dalla Rete Mobilità nuova che riunisce 200 associazioni e hanno visto la partecipazione di 520 persone tra amministratori nazionali e locali, imprese, enti di ricerca, urbanisti, associazioni, organizzazioni di categoria e cittadini. Al termine della tre giorni conclusasi ieri è stata redatta la carta di Bologna che individua una serie di priorità utili a rendere moderna, sicura ed efficiente la mobilità, innanzitutto l’elaborazione di un piano nazionale per la mobilità urbana, quindi l’adozione a livello nazionale di target atti a portare sotto il 50% gli spostamenti compiuti in auto dentro il territorio urbano. Ma il primo importante passo è il limite dei 30 km/h, con eccezione delle principali arterie di scorrimento. Milano, Torino e Bologna dopo gli esperimenti positivi compiuti negli ultimi anni cambieranno la loro viabilità. Nel piano è compresa anche l’adozione dell’ISA (Intelligent Speed Adaption) come standard di sicurezza per il controllo e la limitazione della velocità delle automobili.
Passare da una città dove i 50 chilometri orari sono la regola e i 30 l’eccezione all’esatto contrario, introducendo il limite di 30 nei centri abitati e l’eccezione a 50 sulle principali arterie di scorrimento è un atto di grande coraggio da parte di queste tre grandi città. La loro scelta può davvero aprire la strada a un nuovo modello di mobilità urbana con gerarchie completamente capovolte: non più soprattutto auto e poi tutto il resto, ma pedoni, ciclisti, trasporto pubblico e pendolari al primo posto in un’ottica di reale efficienza, qualità e sicurezza dello spostamento. Peraltro limitare la velocità a 30 all’ora non è una penalizzazione per gli automobilisti i cui tempi di percorrenza urbana resterebbero praticamente invariati, è invece un modo per far sì che tutti gli utenti della strada possano fruire al meglio dello spazio pubblico,
spiega Legambiente dati alla mano. Ma gli automobilisti capiranno che andare ai 50 km/h fa solamente arrivare più velocemente al prossimo semaforo rosso?

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Fonte:  Legambiente

Smog da polveri sottili, AMAT “certifica” i 35 giorni di superamento limite PM10 a Milano

Smog e polveri sottili (PM10). I dati AMAT certificano che lunedì 9 marzo è stato il 35° giorno di superamento dei 50 ug/m3 di PM10 che rendono la città “fuorilegge” sullo smog. Decisivi quindi i 57 ug/m3 della stazione di rilevamento “Città Studi/Pascal”, sita in via Ponzio 34/36382201

Smog a Milano. Dopo le incertezze degli scorsi giorni, oggi si sa che anche a Milano si sono “ufficialmente” già raggiunti i 35 giorni di superamento del limite dei 50 ug/m3 di PM10, quel “bonus” previsto dalla normativa in materia di inquinamento che, una volta superato, rende la città “fuorilegge” sullo smog. La rilevazione che ha fatto registrare il 35° giorno sono i 57 ug/m3 di PM10 della stazione di rilevamento “Città Studi/Pascal”, in realtà sita invia Ponzio 34/36.  Come abbiamo scritto negli scorsi giorni, infatti, secondo AMAT Milano non aveva ancora raggiunto il 35° giorno di superamento dei PM10, anche se altri organi d’informazione avevano dato la notizia. Il motivo, ci avevano spiegato, è che il conto si fa sui superamenti della centralina “coi valori più alti”, ossia quella che era più vicina ai 35 giorni in questo inizio di 2015, ossia quella di via Ponzio (Pascal/Città Studi).  Una notizia non proprio positiva per Milano, considerando che nel 2014 il 35°giorno lo si era raggiunto solo il 9 ottobre. Tuttavia il 2014 era stato un anno eccezionale in positivo, per lo smog, soprattutto a causa delle particolarissime condizioni climatiche e dei livelli record di pioggia. Il raggiungimento dei 35 giorni di superamento ad inizio marzo porta Milano indietro, al periodo 2006-2013, anni in cui il bonus si è sempre esaurito appunto nei primi 60, massimo 90 giorni dell’anno.  Dov’è sita la stazione che ha fatto scattare i 35 giorni di superamento limite PM10 a Milano? E’ la stazione di rilevamento definita “Città Studi/Pascal”, in realtà sita in via Ponzio 34/36, come si legge nella sezione ARPA dedicata all’ubicazione delle stazioni (o centraline di rilevamento). Ossia una delle zone più verdi e meno trafficate dalla città (vedi foto allegata): in via Ponzio c’è una delle sedi del Politecnico di Milano, la via è a traffico limitato, la zona è ricca di verde, grazie anche alla presenza del centro sportivo Giuriati.

 

AMAT Milano, il “bollettino aria” del 10 marzo relativo al 9 marzo [0,54 MB]

 

Fonte:  ecodallecitta.it