«Pulisci gli argini dei fiumi e ti tieni la legna»: ed è stato il taglio selvaggio. Esposto in Procura

A denunciarlo è la Lipu nel dossier “Fiumi in fumo”: in Emilia Romagna gli enti locali hanno chiesto a ditte private di “ripulire” gli argini dei fiumi permettendo loro di tenersi la legna ricavata. Il risultato? Secondo la denuncia dell’associazione: distruzione di habitat ed ecosistemi fluviali e taglio selvaggio.9752-10530

Hanno tagliato oltre 417 ettari di vegetazione su una lunghezza totale di quasi 200 chilometri di aree demaniali. Senza rispettare le prescrizioni e distruggendo habitat ed ecosistemi fluviali di elevato valore conservazionistico. E, infine, ricavando oltre 76mila metri cubi di biomassa, da cui sono derivati profitti privati ai danni della collettività. La Lipu-BirdLife Italia denuncia nel nuovo dossier Fiumi in fumo quanto successo dalla fine del 2012 al mese di marzo 2016 in cinque ambiti fluviali dell’Emilia-Romagna, dal torrente Parma al Savena, dal Sillaro al Rio Acqua Chiara ai corsi d’acqua minori nel modenese (cui si aggiungono i dati raccolti in altri fiumi tra parmense e modenese) dove «ditte private hanno effettuato tagli lungo i fiumi, entrando in possesso del legname ricavato a compensazione delle spese sostenute spesso senza pagare alcun canone per l’utilizzo di area demaniale. Le aziende hanno realizzato interventi che vanno ben oltre le prescrizioni fornite degli enti preposti effettuando, a causa della disattenzione generale e di controlli insufficienti, tagli indiscriminati per massimizzare i guadagni».

Il dossier Fiumi in fumo – che la Lipu ha realizzato col l’aiuto dei propri volontari e di quelli di altre associazioni ambientaliste, comitati e singoli cittadini – offre una dettagliata analisi dei cinque casi oggetto di studio, dalla descrizione dei danni ambientali alle norme violate fino alle interferenze con rete Natura 2000, completata da una vasta documentazione cartografica e fotografica che testimonia gli scempi effettuati.

«Si tratta di un fenomeno preoccupante e in costante aumento non solo in Emilia-Romagna, ma su tutto il territorio nazionale e al quale contribuiscono – oltre all’insufficienza dei controlli – politiche europee che incentivano la produzione di energia da biomasse legnose (le bioenergie rappresentano il 65% al mix di energie rinnovabili della Ue) e, inoltre, la spesso anacronistica politica di gestione dei nostri fiumi» spiegano dalla Lipu. Nel dossier – per il quale la Lipu ha consegnato, limitatamente al caso di Parma, un esposto alla Procura della Repubblica della città emiliana – si denunciano le gravissime conseguenze di questi interventi in termini di perdita di biodiversità, distruzione di habitat ripariali (protetti dalla Direttiva comunitaria “Habitat”), compromissione della funzione dei fiumi come corridoi ecologici, perdita di fondamentali servizi ecosistemici come la limitazione dell’erosione, il rallentamento della corrente, la mitigazione delle piene, la ricarica delle falde acquifere sotterranee.

“E’ preoccupante – afferma Claudio Celada, direttore Conservazione natura della Lipu – vedere come norme, linee guida, studi e ricerche vengano disattesi senza nemmeno fornire adeguate spiegazioni, in nome di una presunta sicurezza idraulica e della necessità di agire d’urgenza, bypassando la buona pratica della programmazione e pianificazione. Abbiamo inoltre spesso riscontrato la mancanza di una Valutazione d’incidenza, obbligatoria anche quando gli interventi sono stati eseguiti al di fuori (di pochi chilometri) dai siti Natura 2000, in quanto gli effetti negativi dei tagli ricadono sulle specie e sugli habitat protetti.

“Con questo dossier – prosegue Celada – vogliamo sensibilizzare ai temi della biodiversità e della tutela delle specie e degli habitat ripariali tutti i soggetti coinvolti nella gestione idraulica dei fiumi. Ma anche favorire l’avvio di un processo di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua che in tutta Europa, tranne che nel nostro Paese, sta portando incoraggianti risultati, sia in termini di protezione della natura sia di aumento della sicurezza idraulica”.

FIUMI IN FUMO: I NUMERI DEI 5 CASI ANALIZZATI

Corso d’acqua /Tratti interessati dai tagli /Area disboscata/Biomasse tagliate
Rii Acqua Chiara e Lavezza/2,6 Km / 6,7 ha / 1.200 mc
Corsi d’acqua minori nel modenese/ 61,9 Km / 131,5 ha / 24.306 mc
Torrente Parma / 7 km / 55,6 ha / 7.000 mcTorrente Savena / 12 km / 25 ha / 2.850 mc
Torrente Sillaro / 7,1 km / 36,5 ha / 7.100 mc

IL DISBOSCAMENTO DEI CORSI D’ACQUA EMILIANO-ROMAGNOLI

Tratti interessati al taglio : 197,2 chilometri
Area disboscata : 417,3 ettari
Biomassa estratta: 76.259 metri cubi

Fonte: ilcambiamento.it

 

Come costruire una stufa a massa termica e prepararsi per tempo per la prossima stagione fredda

Scaldarsi con la legna è uno dei modi più antichi per proteggersi dal freddo ma nel corso del tempo l’utilizzo di questa tecnica si è ottimizzata ed evoluta, puntando ad una maggiore efficienza, comodità, resa, comfort, sicurezza e semplicità. Una delle avanguardie è la stufa a massa termica ed ecco come fare per imparare a costruirla.stufa_a_legna

Tra le varie tipologie di stufe, quella a massa termica (o stufa in muratura) si è evoluta e perfezionata nel tempo soprattutto nel centro e nord Europa e, in base alla tipologia e alla zona, ha preso nomi diversi come Kachelofen, Grundofen, Stube, dalle caratteristiche leggermente diverse ma con un concetto comune: scaldare una massa opportunamente progettata e dimensionata in modo che questa riscaldi l’ambiente circostante utilizzando poco combustibile, sfruttando efficientemente il calore dei fumi prima della loro uscita dal comignolo. Ora, con l’avvicinarsi della stagione calda, non si è più nell’emergenza di doversi scaldare nell’immediato, quindi ci si può prendere tutto il tempo per imparare le tecniche di costruzione di una stufa a massa termica per poter poi essere pronti per la prossima stagione fredda. L’occasione è data da un corso che si terrà a Massa Marittima (GR), dal 7 all’11 maggio: un vero e proprio laboratorio didattico con Axel Berberich per la costruzione di una stufa a massa termica (su due piani e due serpentine radianti) ed una stufa cucina con forno. Le stufe verranno costruite in un casa solare passiva (serra solare in luce a sud) tamponata in balle di paglia. L’elevato isolamento e traspirabilità dell’edificio (paglia, grassello di calce e argilla) si abbina quindi perfettamente con l’alta efficienza della stufa ed in linea con la tipologia di edificio a basso consumo energetico. La massa termica per “intrappolare” e “rilasciare” il calore può essere di varia natura. Tra i tanti materiali, la terra cruda, ovvero l’argilla, è tra i migliori, semplici da usare e naturali. Le stufe in muratura infatti vengono generalmente costruite con mattoni crudi di argilla o, alternativamente, in mattoni refrattari, legati tra loro da una malta di allettamento a base di argilla, sabbia e acqua. I materiali utilizzati sono quindi naturali, largamente diffusi sul territorio, relativamente economici e di facile reperibilità o autoproduzione.
VANTAGGI
Tra i vantaggi principali troviamo:
 Il calore viene diffuso per IRRAGGIAMENTO, esattamente come il sole scalda la terra. La massa termica, una volta riscaldata da una combustione ad elevata temperatura, rilascia nel tempo il calore nell’ambiente. Non scalda l’aria, come i tradizionali sistemi di riscaldamento a convezione o circolazione, ma scalda solamente la “massa” di ciò che i raggi incontrano: il nostro corpo, le pareti, il mobilio etc etc. Non scaldando l’aria si eliminano problemi di circolazione di polveri e pulviscolo e perdita di calore quando l’aria calda esce (spifferi, porte e finestre aperte, cattivo isolamento).
 Il calore da irraggiamento e’ benefico e salutare sul corpo in quanto riproduce l’effetto del sole all’interno della casa e riesce a penetrare maggiormente all’interno del corpo rispetto alla sola aria calda.
 L’alta efficienza della stufa comporta un ridotto utilizzo di combustibile (legna), una carica ogni 12/24 ore nei giorni più freddi o una carica ogni 48 ore nei periodi meno freddi. Questa maggiore efficienza implica minore taglio di legna, minore spazio di stoccaggio, minore impegno e lavoro nell’approvvigionare la legna e caricare continuamente la stufa durante il giorno. Un notevole risparmio energetico.
 Le stufe a massa termica opportunamente progettate possono a loro volta inglobare altri elementi: serpentina/e per acqua calda sanitaria o per scaldare ambienti lontani dal corpo centrale della stufa attraverso, ad esempio, dei muri radianti.
La particolarità di questo tipo di stufe è che vengono progettate e dimensionate su misura tenendo in considerazione l’ambiente in cui si trovano, quanto e cosa devono scaldare, la capacità isolante dell’edificio, eccetera. Non rappresentano quindi una soluzione fissa, ma una modularità che può adattarsi ad ambienti o edifici diversi (case nuove o esistenti – es: case in pietra o muratura; su uno o più piani o locali). In base a tutti questi fattori viene calcolata la resa in KW che la stufa dovrà generare e come questa viene distribuita nell’ambiente. Questo tipo di stufe possono quindi includere delle serpentine ad acqua calda a bassa temperatura per scaldare ambienti chiusi (il bagno ad esempio) o il riutilizzo dei fumi ancora molto caldi tramite opportuni “girofumi” per scaldare altri ambienti. Con questo tipo di “progettazione” e “tecnologia” la stufa risulta essere un elemento importante dell’abitazione, vivo e presente ed indipendente dall’energia elettrica.
Per informazioni sul laboratorio di maggio nel Grossetano:
Alberto Tesio
334 7983854
albertotesio@yahoo.it

fonte: il cambiamento.it

Riscaldamento Naturale della Casa

Voto medio su 1 recensioni: Da non perdere

€ 18.5

L’impatto ambientale delle stufe a legna

La legna da ardere è una fonte di energia rinnovabile, ma non necessariamente pulita, per gli alti livelli di emissione di particolato e sostanze inquinanti. E’ importante arrivare a definire nuovi standard che riducano l’inquinamento.stufa-a-legna-586x435

Le stufe a legna sono alimentate da una fonte rinnovabile, ma non sono necessariamente una fonte di energia pulita, poichè hanno un livello piuttosto preoccupante di emissioni di particolato e fuliggine, anche se non contribuiscono alle emissioni nette di CO2 (il carbonio che finisce in atmosfera era stato precedentemente catturato dalla fotosintesi).

Un’analisi canadese dei fumi di alcune comuni stufe a legna mostrano una produzione di particolato che varia da 4 a 20 grammi per kg di legna secca, con un tasso orario da 3 a 50 grammi all’ora, oltre a CO, NOx, SO2, benzene, e una quantità impressionante di altri composti organici. Questi numeri vanno confrontati con il limite di emissione di PM 10 che è pari a 50 milligrammi per m³ di aria. Se il fumo da legna non si disperde adeguatamente la concentrazione di particolato può raggiungere livelli molto alti. Secondo altri studi, il fumo da legna può causare problemi respiratori e cardiaci, come l’esposizione all’inquinamento da traffico oppure al fumo passivo. In Australia, la vendita di stufe è aumentata del 20% per fare fronte ai maggiori costi del riscaldamento a gas o elettrico. Le stufe a legna sono così diventate una fonte più inquinante del traffico automobilistico, essendo responsabili di una quota di emissioni tra il 50 e l’85% del totale. Il governo australiano sta studiando nuovi limiti per le emissioni delle stufe, in modo far calare la quantità totale di particolato da 40000 a 30000 tonnellate. In Italia ci sono oltre 5 milioni di stufe e si consumano ogni anno circa 23 Mt di legna da ardere o assimilati, pari all’incirca a 10 Mtep; per fare un confronto, i consumi di petrolio sono pari a 64 Mt. Sarebbe opportuno iniziare a porre il problema di definire migliori standard di emissione anche per il nostro paese, visto che l’aumento dei prezzi del gas spingeranno sempre più persone verso un riscaldamento di origine vegetale.

Fonte: ecoblog

Un forno collettivo per la ‘Casetta Rossa’ di Roma

Il quartiere romano della Garbatella avrà fra pochi giorni un suo forno popolare. Merito della Casetta Rossa, centro culturale popolare della zona, che sta costruendo il forno ed è pronto ad inaugurarlo il 1 maggio. Con la consapevolezza che “fare il pane insieme” non significa solo risparmiare, ma riappropriarsi del proprio tempo, scambiarsi saperi, conoscersi a vicenda.forno

Nel verde della Garbatella c’è una Casetta Rossa. Se entrate sarete accolti da un piacevole profumo di incenso che più che di orientale sa di antico. Maya mi accoglie sorridendo, dietro di lei una coppia di abitanti del quartiere è appena venuta a ritirare la frutta che aveva richiesto attraverso il Gas, il gruppo di acquisti solidale, che qui alla Casetta Rossa conta oltre 200 persone. Fuori, seduti ad un tavolino, due ragazzi conversano in inglese: fanno parte del Language Exchange Meeting, una serie di incontri per chi vuole imparare o praticare una lingua diversa dalla propria. Dal 2002 – anno in cui è nato il progetto – ad oggi il centro ha portato avanti una serie incredibile di attività che hanno coinvolto in larga misura gli abitanti del quartiere. Il parco circostante, prima poco più che un campo pieno di sterpaglie, è stato ripulito, attrezzato e restituito ai cittadini. “La stessa casetta”, mi racconta Luciano “quando siamo arrivati noi era poco più di un rudere, senza tetto, inabitabile”. Siamo seduti ad un tavolino all’aperto, Maya, Lucia, Luciano ed io, è una delle prime giornate di sole dopo mesi di pioggia. Dietro di me a pochi metri dall’edificio, sorge un parallelepipedo in muratura, la vera ragione della mia visita: è la base di un forno comunitario che è in corso di costruzione da quasi un anno e verrà ultimato con ogni probabilità entro il 1 maggio, data in cui è prevista l’inaugurazione. “Sarà un forno aperto a tutti, chiunque potrà venire qui e fare il pane, la pizza, i taralli, quello che vuole. Non chiederemo niente in cambio, o al massimo un piccolo contributo per la legna”, mi spiega Maya. “Poi, parallelamente, vogliamo portare avanti un laboratorio di panificazione, che è già iniziato, per insegnare alle persone come autoprodurre il proprio pane, utilizzando il lievito madre, le farine giuste. E Vincenzo, il nostro mastro pizzaiolo, insegnerà a tutti i segreti di una buona pizza”. Corsi del genere la Casetta Rossa li ha già tenuti in passato, in collaborazione con l’Università del saper fare, e c’è sempre stato il tutto esaurito. “Non siamo mai stati in grado neppure di soddisfare tutte le richieste di partecipazione”. Ora si vuole fare un passo in più e mettere a disposizione del quartiere uno strumento concreto di autoproduzione. Il forno comunitario è qualcosa di molto antico, storicamente presente nei paesi, nei borghi, ma anche nei vari quartieri delle città più grandi. Cancellato dall’avvento della modernità. Fare il pane assieme rappresentava, e rappresenta, un’attività complessa, ricca di significati. “Non si tratta solo di risparmio – aggiunge Luciano – perché fare il pane insieme è anche un atto sociale. Significa riappropriarsi del proprio tempo, scambiarsi conoscenze e saperi, conoscersi a vicenda. Certo, c’è la crisi e tutto, è vero che ogni euro risparmiato è prezioso, ma non credo che sarà questo motivo a spingere gli abitanti del quartiere a usare il forno. Piuttosto sarà la consapevolezza che un’ora trascorsa a fare il pane in compagnia è un utilizzo del proprio tempo di gran lunga preferibile ad un ora persa tra gli scaffali di un supermercato”. Fabio è uno degli esperti che si sta occupando di costruire il forno. Manca ancora la parte superiore, la cupola, che poi sarebbe il forno vero e proprio. Per adesso c’è solo la base. Ma non ci vorrà molto, dicono gli “abitanti” della Casetta. Il 1 maggio, in occasione della festa che ogni anno viene organizzata, il forno sarà inaugurato con una enorme “pizzata”.

Fonte: il cambiamento

Il Grande Libro del Pane
€ 14.9