Bonifiche dei siti inquinati, è solo la ‘burocrazia’ che rallenta i lavori?

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Secondo il ministro Galletti “è possibile bonificare bene, in tempi rapidi, con piena trasparenza” ma ci sono ancora troppe “lungaggini” dovute al “sistema decisionale che risente di una serie di complicazioni procedurali”. È davvero così? Ne abbiamo parlato con Luciano Manna di Peacelink

Qualche giorno fa il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha detto che nel campo delle bonifiche di siti inquinati italiani “negli ultimi anni c’è stata una fortissima accelerazione nelle attività”.  Secondo il ministro i numeri dimostrano che “è possibile bonificare bene, in tempi certi e rapidi, con piena trasparenza e rigorosi controlli” ma che ci sono ancora troppe “lungaggini” soprattutto dovute al “sistema decisionale che risente di una serie di complicazioni procedurali”. Ad esempio “solo per Taranto” ha detto “sono servite ben 40 Conferenze dei servizi per sottoporre ad indagini di caratterizzazione il 44% delle aree perimetrale e per approvare decreti per il 7% di quelle aree”. Per capire se effettivamente è solo un problema di lungaggini, senza le quali i territori dei 40 Siti di Interesse Nazionale tornerebbero puliti e salubri in poco tempo, abbiamo parlato con Luciano Manna, tarantino, giornalista e attivista di Peacelink, uno che conosce bene diversi siti di interesse nazionale.

Luciano cosa ne pensi di quello che sostiene Galletti?  Sembra che i lavori procedano bene secondo il ministro.

“Per quanto riguarda le bonifiche non voglio essere catastrofista, perché spesso gli ambientalisti vengono dipinti così, ma non sarei così tranquillo come Galletti. Io seguo i lavori di diversi Siti di Interesse Nazionale e conosco la documentazione delle relative conferenze dei servizi e posso dire senza paura di essere smentito che in alcuni di questi Sin dove insistono delle attività industriali siamo al punto zero. Cioè sono delle aree che non sono neppure state caratterizzate, oppure caratterizzate molti anni fa”. La caratterizzazione ambientale di un sito consiste nell’insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione ambientale, in modo da ottenere le informazioni necessarie alla messa in sicurezza e alla bonifica del sito stesso. “Che cosa si è fatto in tutti questi anni? In certi casi nulla. In alcune di queste aree la messa in sicurezza, che è la fase precedente alla bonifica, non è mai stata avviata”.

Dove ad esempio?

“Be’ in Sicilia nel tratto di costa tra i comuni di Priolo, Augusta e Melilli la situazione è drammatica”. In questo tratto della costa orientale siciliana le industrie petrolifere e quelle chimiche hanno devastato l’ambiente, tanto è vero che per l’alta incidenza di tumori e altre patologie la zona è stata ribattezzata il ‘triangolo della morte’. “A Taranto uguale. E sia a Priolo che a Taranto le ultime caratterizzazioni fatte dalle stesse aziende con le analisi dei campioni prelevati dai loro piezometri, che devono controllare anche acqua, aria e suolo, oltre alla falda, dicono che lo stato di quest’ultima è seriamente compromessa. I risultati sono abnormi, assurdi, e tra poco con Peacelink li pubblicheremo”.

Ecco, Taranto. Vera Corbelli, la commissaria straordinaria per la bonifica della città, nell’elencare alcune opere come l’eliminazione delle scorie radioattive dalla ex Cemerad ha detto nuovamente che Taranto deve diventare un laboratorio delle tecniche di bonifica. Cosa ne pensi?

“Vera Corbelli ha dato dimostrazione di essere una persona seria però mi rendo conto che è stata messa a lavorare in una situazione drammatica. La sua attività sta portando qualche risultato ma non si può vantare come un successo la rimozione dei fusti di Cernobyl, perché togliere quei fusti di scorie radioattive era una cosa più che doverosa. Non può diventare l’esempio di un effettivo lavoro di bonifica. La situazione di Taranto è molto seria, la zona contaminata è vastissima e per bonificarla serve una progettazione seria che può impegnare nel lavoro gli operai dell’ilva per almeno vent’anni. Non lo diciamo noi lo dicono studi applicati in altri contesti europei. A Bilbao la riconversione del siderurgico è partita nei primi anni 2000 e oggi si ritrovano a mangiare pane dalla cultura e non dall’acciaio”.

Peacelink adesso cosa sta facendo?

“L’anno scorso in una relazione trimestrale di Ilva rivolta al ministero dell’ambiente ho intercettato il nome di un documento, una relazione sulla caratterizzazione dell’area parchi dello stabilimento che conteneva dei dati sui terreni e la falda. L’abbiamo chiesta al ministero che ci ha quasi preso in giro scrivendoci di andare a Roma con la pennetta.  Dopo 7 mesi siamo riusciti ad ottenerla da Arpa Puglia. Nella documentazione non c’era solo la caratterizzazione fatta da Ilva ma anche quella in contraddittorio di Arpa Puglia, entrambe relative agli anni 2015/2016 quindi molto recenti”.

“Ebbene queste caratterizzazioni dicevano che i terreni e la falda, sia quella superficiale che quella profonda, erano contaminati. Mentre avevamo accesso a questi atti c’è stata una conferenza dei servizi in cui il ministero ha detto ad Ilva, che tra l’altro era sotto commissariamento, di adottare tutte le misure di prevenzione per circoscrivere e limitare la contaminazione citando l’articolo 40 del codice penale, secondo cui ‘non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo con tutte le conseguenze di legge’. E addirittura dice che questo deve farlo il proprietario o il gestore dell’area anche se non responsabile della contaminazione. Noi questa documentazione l’abbiamo depositata alla Procura della Repubblica e adesso c’è un esposto acquisito agli atti del processo Ambiente Svenduto e della nuova indagine penale che riguarda gli anni della gestione commissariale, cioè dal 2012 fino ad oggi”.

“Un’altra cosa che va detta su Taranto è che nel Sin non è mappata la discarica più grande d’Europa, oggetto d’infrazione europea, cioè la Mater Gratiae. Una cosa assurda. Va aggiunto infine che l’aggiornamento Ispra di maggio 2017 ci dice che tutte le prescrizioni dell’AIA non sono ottemperate da Ilva. I parchi minerali, un esempio su tutti, che si sarebbero dovuti chiudere nel 2015 non si possono coprire perché i terreni e la falda sono inquinati e bisogna prima mettere in sicurezza e bonificare. Non si può piantare neppure un palo”.

“La falda in quel punto va verso il Mar Piccolo dove si coltivavano le cozze e chissà quando si potranno coltivare di nuovo, perché la contaminazione è quasi sicuramente irreversibile. A chi dice che il lavoro va tutelato (i lavoratori dell’Ilva e dell’indotto, ndr) io rispondo ma a chi il lavoro lo ha già perso chi ci pensa? Fornaro (l’allevatore al quale tra il 2008 e il 2010 vennero abbattuti 600 ovini, tra pecore e capre, risultati contaminati da diossina e Pcb, ndr) non ha ancora visto un euro dopo i capi di bestiame abbattuti e smaltiti come rifiuti tossici”.

È notizia di ieri che Adriano Riva ha firmato la transazione per il rientro dalla Svizzera in Italia di un miliardo e 330 milioni di euro, somma in gran parte destinata alla bonifica dell’Ilva di Taranto e di cui 230 milioni verranno impiegati per la gestione ordinaria della società. Come riporta il Corriere del Mezzogiorno “la firma posta in uno studio legale milanese da Adriano Riva, imputato per bancarotta, truffa ai danni dello Stato e trasferimento fraudolento di valori, rende esecutivo l’accordo raggiunto lo scorso dicembre tra la famiglia Riva, le società del gruppo, e i commissari straordinari di Ilva”.

Fonte: ecodallecitta.it

 

Piove governo ladro

Se non ci fosse da piangere, ci si potrebbe anche fare una risata alla battuta ormai trita ma sempre attuale: piove governo ladro. Piove, non c’è dubbio alcuno: alla prima pioggia autunnale mezza nazione affoga, le scuole vengono chiuse in diverse regioni…piove_governo_ladro

Il resoconto è un bollettino di guerra urbana: Carrara sott’acqua, acqua alta a Venezia, Roma in allerta con scuole chiuse, Liguria in regime di terrore con le ferite ancora aperte dell’alluvione di qualche settimana fa, fiumi dovunque ai livelli limiti o già esondati, eccetera eccetera. Ma il governo ladro cos’ha a che fare con tutto ciò? «L’Italia sprofonda, manca la gestione del territorio» dicevano i geologi nel dicembre 2013 quando le alluvioni devastarono Abruzzo, Sardegna, Marche e Basilicata. Le Regioni avevano stimato in 40 miliardi le risorse necessarie per mettere in sicurezza i territori, il governo aveva stanziato 180 milioni…non è un refuso, è proprio così. E l’attuale decreto Sblocca Italia ha stanziato altri fondi insufficienti (il ministro parla di poco più di 2 miliardi che verranno sbloccati [sbloccati badate bene, non destinati ex novo: vuol dire che c’erano già ma non sono stati spesi per quello a cui dovevano servire], c’è chi annuncia cifre superiori, ma sempre lontanissime da quanto servirebbe), prevedendo tra l’altro che i lavori urgenti siano svolti senza gara pubblica; ciò permetterebbe da una parte di accelerare i cantieri e dall’altra presta evidentemente il fianco al rischio di infiltrazioni mafiose (che già peraltro sono massicciamente presenti anche con le gare pubbliche) e al rischio che la gestione dell’emergenza e della messa in sicurezza si costruisca sopra un sistema di deroghe ed eccezioni da schizofrenia. A Genova dovrebbero andare 100 milioni, peccato che solo la scorsa alluvione abbia generato danni per 300 milioni. In “compenso”, nello Sblocca Italia sono inserite anche tutte le norme che daranno il via libera al moltiplicarsi degli inceneritori e delle trivelle e alla privatizzazione dell’acqua. Come dire…se volete i soldi per i lavori delle emergenze, dovete cuccarvi anche tutto il resto! A un prezzo per nulla vantaggioso, dal momento che l’attuale governo annuncia tagli di tasse ma di fatto le aumenta. Ha fatto i conti Giacomo Zucco, blogger de Il Fatto Quotidiano: «Guardando l’insieme della slide (di Renzi, nda) e considerando come valide tutte le ipotesi più ingenuamente ottimistiche, abbiamo: 17,5 miliardi di tagli di tasse e 19,4 miliardi di aumenti di tasse, attuali o future (come minimo 2 miliardi di tasse in più);15 miliardi di tagli di spesa e 18,5 miliardi di aumenti di spesa(come minimo 3,5 miliardi di spesa in più)».

Piove, governo ladro!

Fonte: ilcambiamento.it

I lavori dell’orto del mese di aprile

Quanta fatica coltivare l’orto. Ma volete mettere la soddisfazione di mangiare prodotti assolutamente naturali. Solo quella vale l’intero sacrificio. Nell’ultimo post ci siamo fermati alla vangatura e alla concimazione del terreno, adesso, se tutto è stato fatto a dovere, l’orto è pronto per la semina. Iniziamo col dire che il periodo ideale per seminare gli spicchi d’aglio è aprile; li raccoglieremo poi verso la fine dell’estate. Gli esperti raccomandano di fare una piantagione a filari, distanti tra loro, con gli spicchi d’aglio immersi a una profondità di 15 cm.orto-aprile-e1301588675514-400x250

Anche la bietola da coste può essere piantata in questo periodo, ideale sia lessa sia stufata. È coltivata soprattutto nel Lazio, Liguria, Toscana e Puglia. Ha un buon contenuto di sali minerali e di vitamine. Amata soprattutto da chi sta costantemente a dieta. Aprile è il tempo adatto per le carote. Chi non le ha piantate nel mese di marzo fa ancora in tempo. Massima attenzione va data al terreno: sabbioso e leggermente argilloso. Anche  la semina della varietà tardiva del cavolfiore, a dimora, è consigliata in questo mese; mentre per le varietà precoci avremmo dovuto farla già a febbraio, interrandole nei cassettoni a migliore protezione.

In Aprile è possibile seminare le piantine di timo. In questo caso occorre un terreno che sia asciutto e ben soleggiato. Questa pianta aromatica ha bisogno di poche annaffiature; si raccoglierà fra maggio e giugno recidendo i fusti fioriti. Il timo è usato per aromatizzare pietanze a base di carne. Possiede diverse proprietà, di sicuro la più conosciuta è quella antisettica. Ma ha anche proprietà digestive, depurative, carminative, balsamiche e tonico-stimolanti. In più, è usato per fare gargarismi nel caso di infezioni del cavo orale. Sempre in tema di piante aromatiche, ad Aprile, in una posizione soleggiata e su un terreno ricco e fresco, si pianta l’erba cipollina. A differenza del timo ha bisogno di molta acqua; per questo sono necessarie continue e ripetute annaffiature. Ottima è la frittata.

In semenzaio all’aperto, e nelle zone più calde, si coltiva basilicopomodoromelanzana e cetriolo. Là dove la temperatura è ancora troppo fredda meglio ricorrere alle serre per piantare anche anguria, melone, peperone, pomodoro, zucca e zucchina. Tra aprile e agosto su in terreno abbastanza soffice si coltivano i fagiolini. Si raccomanda di sostenere le delicate piantine durante la crescita con degli appositi bastoncini di legno. Abbondare con acqua. E aspettare che la natura faccia il suo corso.

È tempo anche per coltivare i pomodori. Le tecniche agronome più accreditate richiedono di disporre le piantine in filari a una certa distanza le une dalle altre, interrandole a circa 1,5 cm di profondità. Quando crescono, andranno sorrette con alcuni bastoncini di legno per evitare che si rompano. La pianta di pomodoro non richiede troppe annaffiature perché si corre il rischio di spaccare quelle deliziose prelibatezze rosse.

Fonte: tuttogreen.it

I lavori dell’orto nel mese di settembre

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Cosa fare nel proprio orto una volta che l’estate è finita? Semplicemente preparare il terreno alle colture invernali e se il clima lo permette continuare a piantare. Si pianta all’aperto: cime di rapa, carote, cipolla, indivie, lattughe, scarola, spinaci. E ricordarsi che, seppure con minore intensità, a settembre ancora fa caldo, quindi mai dimenticarsi di irrigare con una certa frequenza. Continuate a raccogliere i frutti dalle piante e gli ortaggi estivi che ancora continuano a crescere. Man mano che le colture termineranno il loro ciclo vitale badate a estirparle dal terreno. L’orto, se non avete più nulla da raccogliere, a settembre va pulito e preparato alla vangatura. In ogni modo in questo periodo si possono mettere a dimora cicorie, lattughe, ravanelli, spinaci, carote e rape. All’aperto e con l’uso di un semenzaio si coltivano cavoli cappuccio e cipolle. Ricordatevi che andranno trapiantati tra novembre e dicembre. Seminare il finocchio in semenzaio invece richiede un’attesa di 30 e anche 40 giorni. Dopodiché quando avranno raggiunto i 10-15 cm di altezza si potranno piantare in pieno campo. Le piantine vanno disposte a 20 cm di distanza sulla fila, lasciando uno spazio di 60-70 cm tra le file. Per chi non lo sapesse il semenzaio è uno strumento davvero utile per chi vuole un prodotto naturale al 100%. Nessuno può impedirvi di costruire in casa un vero semenzaio degno dei migliori contadini. Alcuni lo comprano già pronto da chi vende prodotti per l’agricoltura; ma altri s’ingegnano in maniera diversa. Come chi usa il contenitore delle uova, lo fora nell’estremità più bassa e lo riempie con terreno fertile. Ma una volta piantati, i semini procedete sempre all’innaffiatura, senza mai esagerare. Anche sull’impiego delle sementi siate accorti, per non correre il rischio di mangiare prodotti modificati geneticamente. Ci sono poi quelle colture quasi abbandonate che rischiano l’estinzione se non si fa qualcosa per proteggerle. Magari nel nostro piccolo orto, se le caratteristiche del terreno lo permettono, potremmo coltivarci quelle varietà perdute per far posto a colture più intensive. A tal proposito esiste un’associazione Rete Semi Naturali che “sostiene, facilita, promuove il contatto, il dialogo, lo scambio e la condivisione di informazioni e iniziative tra quanti affermano i valori della biodiversità e dell’agricoltura contadina e si oppongono a ciò che genera erosione e perdita della diversità e all’agricoltura mineraria basata sulla monocoltura intensiva e/o sulle colture geneticamente modificate”. Una maniera intelligente e creativa di contribuire a salvaguardare l’ambiente in cui viviamo.

Fonte: tuttogreen