Clima stravolto? «Al diavolo la razza umana se non riesce a proteggere l’unica casa che ha»

Di campanelli d’allarme sul clima e sull’aumento delle temperature ne sono suonati talmente tanti da indurci a sviluppare probabilmente una sordità riflessa…eppure c’è da preoccuparsi eccome! Perché le ricadute sul nostro quotidiano ci sono, non possiamo più starcene rinchiusi nelle nostre tane facendo finta di niente. E c’è chi parla molto chiaro…surriscaldamento_globale

Quando l’IPCC nel suo ultimo rapporto afferma che le temperature del pianeta aumenteranno di 3,7-4,8 gradi da qui alla fine del secolo se si continuerà su questa strada, dobbiamo chiederci cosa ciò comporterà per la nostra vita quotidiana. Questo fenomeno non sta accadendo lontano da noi, non possiamo continuare a fingere che non ci riguardi da vicino e che sia solo una campana che suona a morto in un altro campanile. L’Intergovernmental Panel on Climate Change ci sta dicendo che quando molti di noi saranno ancora in vita, e cioè a metà di questo secolo, le temperature potrebbero già essersi alzate di almeno 2 gradi, riportandoci a quelle del Pliocene. E’ interessante l’analisi proposta dall’australiano John James, che otto anni fa ha fondato Planet Extinction. «A quelle temperature gli alberi restituirebbero nell’ambiente anidride carbonica provocando ancora più calore e così avverrebbe per il suolo, in modo ancora più accentuato nelle grandi foreste dell’Amazzonia e del Congo – spiega James – La maggior parte dei terreni agricoli e dei pascoli diventerà meno produttiva, proprio nel momento in cui l’umanità, giunta probabilmente a 9 miliardi di persone, ne avrà più bisogno. Artide e Antartide inizieranno a collassare e il livello dei mari si alzerà. Nel Pliocene i mari erano più alti di 25 metri rispetto ad ora. Quasi tutte le grandi città diventeranno inabitabili e gli oceani acidi e stagnanti. Cosa può significare tutto ciò per l’umanità? Per le nostre famiglie? Carestie terribili, guerre ed epidemie. Le popolazioni, quando sono minacciate e affamate, si lasciano travolgere dal panico e dalla violenza, cercano di sopravvivere ad ogni costo e questo si tradurrà in guerre per la sopravvivenza e per l’utilizzo di materie prime sempre più scarse». Le zone più basse in Bangladesh e in Cina saranno sommerse, intere nazioni affronteranno migrazioni senza precedenti con milioni di persone alla ricerca di terre fertili, spiega ancora James. E ci saranno guerre spietate per il cibo, l’acqua e la terra; per combatterle non si esiterà a usare le armi nucleari e…proviamo a immaginarci le conseguenze. Poi i cicloni, intensi e devastanti, che raggiungeranno anche l’entroterra, mentre regioni su regioni andranno verso la desertificazione. Come potranno sfamarsi le persone? E come potrà essere trasportato il cibo da una parte all’altra del pianeta se le acque sommergeranno le vie di comunicazione? «Ci saranno forse governi che alzeranno le tasse per ricostruire ponti, scuole e ospedali? – si chiede James – La vita diventerà brutale e pericolosa e non farà eccezioni, nemmeno per i ricchi. Non ci saranno possibilità di ricorrere ad aiuti internazionali, di trovare luoghi dove rifugiarsi, ci sarà soltanto una lotta disperata per cibo e acqua. E’ questo il mondo in cui ci ritroveremo a vivere molto presto se non smetteremo di inquinare il pianeta. Alla Terra non importerà se noi tutti moriremo». «E tutto ciò accadrà perché non riusciamo ad essere abbastanza intelligenti per cambiare il nostro modo di vivere. Allora…al diavolo la specie umana, incapace di proteggere l’unica casa che ha».

Si ringrazia John James

Fonte: ilcambiamento.it

Democrazia e poteri occulti: “la Terra è sotto scacco”

“Un gruppo di golpisti ha preso il potere e ormai domina il pianeta. Legalmente: perché le nuove leggi che imbrigliano i popoli, i governi e gli Stati se le sono fatte loro, per servire i loro smisurati interessi, piegando le democrazie con l’aiuto di ‘maggiordomi’ travestiti da politici”. A riflettere sull’ascesa della cosiddetta “autorità illegittima” è la sociologa franco-statunitense Susan George.pianeta__mano

Se avete a cuore il vostro cibo, la vostra salute e la stessa sicurezza finanziaria, la vostra e quella della vostra famiglia, così come le tasse che pagate, lo stato del pianeta e della stessa democrazia, ci sono pessime notizie: un gruppo di golpisti ha preso il potere e ormai domina il pianeta. Legalmente: perché le nuove leggi che imbrigliano i popoli, i governi e gli Stati se le sono fatte loro, per servire i loro smisurati interessi, piegando le democrazie con l’aiuto di “maggiordomi” travestiti da politici. La grande novità si chiama: “ascesa di autorità illegittima”. Parola di Susan George, notissima sociologa franco-statunitense, già impegnata nel movimento no-global e al vertice di associazioni mondiali come Greenpeace. I governi legali, quelli regolarmente eletti, ormai vengono di fatto “gradualmente soppiantati da un nuovo governo-ombra, in cui enormi imprese transnazionali (Tnc) sono onnipresenti e stanno prendendo decisioni che riguardano tutta la nostra vita quotidiana”. L’Europa è già completamente nelle loro mani, tramite i tecnocrati di Bruxelles, i subdoli “inventori” dell’aberrante euro. Ma anche nel resto del mondo la libertà ha le ore contate. I nuovi oligarchi, spiega la George nell’intervento pronunciato al Festival Internazionale di Ferrara, ottobre 2013, possono agire attraverso le lobby o oscuri “comitati di esperti”, attraverso organismi ad hoc che ottengono riconoscimenti ufficiali. Talvolta operano “attraverso accordi negoziati in segreto e preparati con cura da ‘executive’ delle imprese al più alto livello”. Sono fortissimi, arrivano ovunque: “Lavorano a livello nazionale, europeo e sovranazionale, ma anche all’interno delle stesse Nazioni Unite, da una dozzina di anni nuovo campo di azione per le attività delle ‘corporate’”. Attenzione, avverte la George: “Non si tratta di una sorta di teoria paranoica della cospirazione: i segni sono tutti intorno a noi, ma per il cittadino medio sono difficili da riconoscere”. Questo, in fondo, è il ‘loro’ capolavoro: “Noi continuiamo a credere, almeno in Europa, di vivere in un sistema democratico”. Non è così, naturalmente. Le sole lobby ordinarie, rimaste “ai margini dei governi per un paio di secoli”, ormai “hanno migliorato le loro tecniche, sono pagate più che mai e ottengono risultati”. Negli Stati Uniti, le lobby devono almeno dichiararsi al Congresso, dire quanto sono pagate e da chi. A Bruxelles, invece, “c’è solo un registro “volontario”, che è una presa in giro, mentre 10-15.000 lobbysti si interfacciano ogni giorno con la Commissione Europea e con gli europarlamentari”. Che fanno? “Difendono il cibo-spazzatura, le coltivazioni geneticamente modificate, prodotti nocivi come il tabacco, sostanze chimiche pericolose o farmaci rischiosi”. In più, “difendono i maggiori responsabili delle emissioni di gas a effetto serra”, oltre naturalmente ai loro clienti più potenti: le grandi banche. Meno conosciuti delle lobby tradizionali, cioè quelle favorevoli a singole multinazionali, sono in forte crescita specie nel comparto industriale le lobby-fantasma, solitamente definite “istituti”, “fondazioni” o “consigli”, spesso con sede a Washington. Sono pericolose e subdole: pagano esperti per influenzare l’opinione pubblica, fino a negare l’evidenza scientifica, per convincere i consumatori del valore dei loro prodotti-spazzatura.unione__europea

A Bruxelles il loro dominio è totale: decine di “comitati di esperti” preparano regolamenti dettagliati in ogni possibile settore. “Dalla metà degli anni ’90 – accusa Susan George – le più grandi compagnie americane dei settori bancario, pensionistico, assicurativo e di revisione contabile hanno unito le forze e, impiegando tremila persone, hanno speso 5 miliardi dollari per sbarazzarsi di tutte le leggi del New Deal, approvate sotto l’amministrazione Roosevelt negli anni ’30”, tutte leggi “che avevano protetto l’economia americana per sessant’anni”. Un contagio: “Attraverso questa azione collettiva di lobbying, hanno guadagnato totale libertà per trasferire attività in perdita dai loro bilanci, verso istituti-ombra, non controllati”. Queste compagnie hanno potuto immettere sul mercato e scambiare centinaia di miliardi di dollari di titoli tossici “derivati”, come i pacchetti di mutui subprime, senza alcuna regolamentazione. “Poco è stato fatto dopo la caduta di Lehman Brothers per regolamentare nuovamente la finanza. E nel frattempo, il commercio dei derivati ha raggiunto la cifra di 2 trilioni e 300 miliardi di dollari al giorno, un terzo in più di sei anni fa”. Quello illustrato da Susan George, nell’intervento tenuto a Ferrara e ripreso da “Come Don Chisciotte”, è un viaggio nell’occulto. “Ci sono organismi come l’International Accounting Standards Board, sicuramente sconosciuto al 99% della popolazione europea”. È una struttura di importanza decisiva, di cui non parla mai nessuno. Nacque con l’allargamento a Est dell’Unione Europea, per affrontare “l’incubo di 27 diversi mercati azionari, con diversi insiemi di regole e norme contabili”. Ed ecco, prontamente, l’arrivo dei soliti super-consulenti, provenienti dalle quattro maggiori società mondiali di revisione contabile. In pochi anni, il gruppo “è stato silenziosamente trasformato in un organismo ufficiale, lo Iasb”. È ancora formato dagli esperti delle quattro grandi società, ma adesso sta elaborando regolamenti per 66 paesi membri, tra cui l’intera Europa. Attenzione: “Lo Iasb è diventato ‘ufficiale’ grazie agli sforzi di un commissario Ue, il neoliberista irlandese Charlie MacCreevy”. Commissario dell’Ue, cioè: “ministro” europeo, non-eletto da nessuno. E per di più, egli stesso esperto contabile. Naturalmente, ha potuto agire sotto la protezione di Bruxelles, cioè “senza alcun controllo parlamentare”. L’alibi? Il solito: la Iasb è stato presentato come un’agenzia “puramente tecnica”. La sua vera missione? Organizzare, legalmente, l’evasione fiscale dei miliardari. “Fino a quando non potremo chiedere alle imprese di adottare bilanci dettagliati paese per paese, queste continueranno a pagare – abbastanza legalmente – pochissime tasse nella maggior parte dei paesi in cui hanno attività”. Le aziende, aggiunge la sociologa, possono collocare i loro profitti in paesi con bassa o nessuna tassazione, e le loro perdite in quelli ad alta fiscalità. Per tassare in maniera efficace, le autorità fiscali hanno bisogno di sapere quali vendite, profitti e imposte sono effettivamente di competenza di ciascuna giurisdizione. “Oggi questo non è possibile, perché le regole sono fatte su misura per evitare la trasparenza”. E quindi: “Le piccole imprese nazionali o famigliari, con un indirizzo nazionale fisso, continueranno a sopportare la maggior parte del carico fiscale”. Susan George ha contattato direttamente lo Iasb per chiedere se una rendicontazione dettagliata, paese per paese, fosse nella loro agenda. Risposta: no, ovviamente. “Non c’è di che stupirsi. Le quattro grandi agenzie i cui amici e colleghi fanno le regole, perderebbero milioni di fatturato, se non potessero più consigliare i loro clienti sul modo migliore per evitare la tassazione”.dollari3

L’altro colossale iceberg che ci sta venendo addosso, dal luglio 2013, si chiama Ttip, cioè Transatlantic Trade and Investment Partnership. In italiano: protocollo euro-atlantico su commercio e investimenti. “Questi accordi definiranno le norme che regolamenteranno la metà del Pil mondiale – gli Stati Uniti e l’Europa”. Notizia: le nuove regole di cooperazione euro-atlantica “sono in preparazione dal 1995”, da quando cioè “le più grandi multinazionali da entrambi i lati dell’oceano si sono riunite nel Trans-Atlantic Business Dialogue”, la maggiore lobby dell’Occidente, impegnata a “lavorare su tutti gli aspetti delle pratiche regolamentari, settore per settore”. Il commercio transatlantico ammonta a circa 1.500 miliardi di dollari all’anno. Dov’è il trucco? In apparenza, si negozierà sulle tariffe: ma è un aspetto irrilevante, perché pesano appena il 3%. Il vero obiettivo: “Privatizzare il maggior numero possibile di servizi pubblici ed eliminare le barriere non tariffarie, come per esempio i regolamenti e ciò che le multinazionali chiamano ‘ostacoli commerciali’”. Al centro di tutti i trattati commerciali e di investimento, c’è “la clausola che consente alle aziende di citare in giudizio i governi sovrani, se la società ritiene che un provvedimento del governo danneggi il suo presente, o anche i suoi profitti ‘attesi’”. Governi sotto ricatto: comandano loro, i Masters of Universe. Il Trans-Atlantic Business Dialogue, la super-lobby che ha incubato il trattato euro-atlantico, ora ha cambiato nome: si chiama Consiglio Economico Transatlantico. E non si nasconde neppure più. Ammette qual è la sua missione: abbattere le regole e piegare il potere pubblico, a beneficio delle multinazionali. Si definisce apertamente “un organo politico”, e il suo direttore afferma con orgoglio che è la prima volta che “il settore privato ha ottenuto un ruolo ufficiale nella determinazione della politica pubblica Ue-Usa”. Questo trattato, se approvato secondo le intenzioni delle Tnc, includerà modifiche decisive sui regolamenti che proteggono i consumatori in ogni settore: sicurezza alimentare, prodotti farmaceutici e chimici. Altro obiettivo, la “stabilità finanziaria”. Tradotto: la libertà per gli investitori di trasferire i loro capitali senza preavviso. “I governi – aggiunge la George – non potranno più privilegiare operatori nazionali in rapporto a quelli stranieri per i contratti di appalto”, e il processo negoziale “si terrà a porte chiuse, senza il controllo dei cittadini”. E come se non bastasse l’infiltrazione nel potere esecutivo, in quello legislativo e persino nel potere giudiziario, le multinazionali ora puntano direttamente anche alle Nazioni Unite. Già nel 2012, alla conferenza Rio + 20 sull’ambiente, i super-padroni formavano la più grande delegazione, capace di allestire un evento spettacolare come il Business Day. “Siamo la più grande delegazione d’affari che mai abbia partecipato a una conferenza delle Nazioni Unite”, disse il rappresentante permanente della Camera di Commercio Internazionale presso l’Onu. Parole chiarissime: “Le imprese hanno bisogno di prendere la guida e noi lo stiamo facendo”. Oggi, conclude Susan George, le multinazionali arrivano a chiedere un ruolo formale nei negoziati mondiali sul clima. “Non sono solo le dimensioni, gli enormi profitti e i patrimoni che rendono le Tnc pericolose per le democrazie. È anche la loro concentrazione, la loro capacità di influenzare (spesso dall’interno) i governi e la loro abilità a operare come una vera e propria classe sociale che difende i propri interessi economici, anche contro il bene comune”. È un super-clan, coi suoi tentacoli e i suoi boss: “Condividono linguaggi, ideologie e obiettivi che riguardano ciascuno di noi”. Meglio che i cittadini lo sappiano. E i politici che dovrebbero tutelarli? Non pervenuti, ovviamente.

Articolo tratto da LIBRE

Fonte: il cambiamento