Frutta e verdura dai contadini biellesi: è tornato il mercatino di Let Eat Bi!

È ritornato – adottando tutti gli accorgimenti d’igiene e di distanziamento necessari – il punto vendita di Cittadellarte, con la partecipazione dei produttori partner di Let Eat Bi che proporranno le loro specialità naturali, territoriali e stagionali.

Sono passati oltre due mesi dall’ultimo mercatino di Let Eat Bi. Sembra passata un’eternità. Era un appuntamento fisso, ormai: ogni mercoledì i biellesi potevano rifornirsi con frutta, verdura, miele, formaggi, uova e prodotti trasformati di assoluta qualità. L’emergenza Coronavirus, infatti, non ha consentito, come da protocollo, l’apertura del punto vendita di via Serralunga 27 nelle ultime settimane. Un vero peccato, perché in un periodo come questo il cibo sano e locale che le aziende agricole presenti offrivano poteva rivelarsi un ottimo alleato per il benessere e le difese immunitarie.

Ma finalmente è giunto il tempo della rinascita: dopo gli allentamenti previsti dal decreto del consiglio dei ministri in vigore dal 4 maggio, il 6 maggio è ritornato il mercatino. Quello che contraddistingue il punto vendita, da sempre, è la qualità dei prodotti in vendita: cibo sano, locale e territoriale; molti dei partner Let Eat Bi presenti, inoltre, propongono frutta e verdura biologica. Insomma, gli acquisti del mercatino si rivelano un toccasana per la nostra salute e, allo stesso tempo, comprando dai produttori del territorio si sostengono le eccellenze locali, colpite economicamente dalla pandemia. Il mercatino sarà aperto dalle 10 alle 13 e si trova di fronte al parcheggio interno di Cittadellarte, con i banchetti che simbolicamente si dispongono davanti o alle spalle del giardino officinale del Terzo Paradiso. Per garantire la sicurezza di tutti i presenti, all’ingresso del punto vendita verrà misurata la febbre con il termometro digitale ai clienti, i quali dovranno obbligatoriamente indossare guanti e mascherina per accedere al mercatino.

Il commento di Armona Pistoletto

“Sono molto lieta di annunciare – ha affermato la presidente dell’associazione Let Eat Bi – la riapertura del mercatino, non vedevo l’ora di dare questa bella notizia, che ci dà buone speranze per la rinascita della fase due del Covid-19. Oggi, ancora di più, ci rendiamo conto di quanto sia importante stare in buona salute, quanto sia fondamentale prevenire invece di curare: questo possiamo metterlo in pratica da subito attraverso un’alimentazione sana, locale, stagionale e naturale. Siamo fatti di ciò che mangiamo, ormai è chiaro a tutti… peccato che ci voglia un tremendo virus a far capire questa banalità. Molte persone mi hanno chiamata in questo periodo chiedendo se e quando avremmo riaperto, perché hanno davvero capito l’importanza di essere più responsabili, mangiare cibo che arriva da “vicino”, aiutando i piccoli produttori locali che non utilizzano pesticidi chimici. Ci vediamo al mercatino tutti i mercoledì dal 6 maggio in poi – conclude Armona – con grandi sorrisi sotto le mascherine e con le dovute distanze da rispettare”.

Tutti i produttori presenti

La prima novità del mercatino – o meglio, ritorno – è l’Azienda Agricola Emanuele Bono, che proporrà, oltre agli asparagi, le fragole biologiche. Scopriamo ora tutti gli altri protagonisti: Cascina Bozzola di Marco Maffeo di Occhieppo Inferiore, erbette di campo, noci, polenta di mais antico e castagne essiccate; L’orto d’asporto di Cerrione, con ortaggi di stagione come spinaci, biete, lattuga, cipollotti, taccole; La Crava Cuntenta di Masserano, specializzata nei prodotti caprini, dai formaggi freschi fino allo yogurt; Frutteto di Bersej di Portula, azienda agricola che avrà sciroppo di fiori di sambuco, mele disidratate allo zenzero, confettura e gelatina di fiori di tarassaco; Cà Nel Bosco di Portula, con salami e formaggi stagionati di capra, bresaola e uova; l’Azienda Agricola Pellerei, con zucchine, lattughe,  uova, nocciole e olio; l’associazione Pacefuturo, con il ‘Miele del Terzo Paradiso’; Roero, un viticoltore biologico di Sostegno che venderà i suoi vini; l’Azienda Agricola Lavino Zona che propone birre artigianali; l’Azienda Agricola di Pralba con formaggi vaccini, salumi e burro. Ricordiamo, inoltre, che è possibile ordinare pane integrale (pasta madre), portato da EnoGood effettuando un’ordinazione entro oggi pomeriggio – due giorni prima di ogni mercatino – inviando un messaggio al numero 348.2106708.

Articolo tratto da: Journal Cittadellarte

Panacea, il progetto che recupera l’antica filiera del pane

Dalla materia prima ricavata dalle aziende agricole del territorio, passando per il mulino e arrivando al pane a lievitazione naturale e alla sua distribuzione nel forno cittadino. Andiamo oggi a Torino, alla scoperta di Panacea: un possibile esempio di una sana filiera del pane a chilometro zero auspicabilmente replicabile. Eccoci oggi in Piemonte, specificatamente tra Torino e Stupinigi, alla scoperta di un progetto che potrebbe rappresentare un esempio di sana filiera del pane a chilometro zero, auspicabilmente replicabile: si tratta del progetto Panacea, ideato dalla Cooperativa Articolo 4. Recuperando l’antica filosofia di produzione del pane a lievitazione naturale, Panacea è riuscita ad unire il produttore, l’intermediario e la distribuzione nel creare un forno che rappresenta un progetto imprenditoriale dove l’unione fa la forza e ognuno vince.

Come funziona Panacea

Il progetto Panacea è nato nel 2014: alcune aziende agricole di Stupinigi (una frazione del comune di Nichelino, in provincia di Torino), convertendo la propria produzione, cedono il proprio grano al Mulino di Candia Canavese, che a sua volta vende le varie farine ai forni Panacea che realizzano un pane a lievitazione completamente naturale.

“Con il progetto di Panacea abbiamo voluto creare un forno che producesse pane a lievitazione naturale solo con la pasta madre, perché era un prodotto raro da trovare qui a Torino” ci racconta Isabella de Vecchi, responsabile del forno Panacea. “Abbiamo pensato che, oltre a dotarci di uno spazio funzionale al forno e dell’attrezzatura necessaria, fosse anche importante lavorare con una buona materia prima”.

Da qui è nata l’idea imprenditoriale di Panacea: coinvolgere cinque aziende agricole di Stupinigi nella coltivazione sia dei grani classici che di alcune varietà di grani antichi che permettessero la produzione di un pane a lievitazione naturale, con poco glutine e ricco di nutrienti e fibre, capace di riequilibrare la flora batterica e stabilizzare in modo spontaneo e naturale il ph dell’intestino e il suo normale funzionamento fisiologico. Il progetto è riuscito ed è partito anche grazie alla collaborazione raggiunta con il Mulino Roccati di Candia Canavese, dando vita alla filiera della farina di Stupinigi, regolata da un patto composto da vari impegni a cui si conformano i vari attori della filiera e che valorizza il  lavoro degli agricoltori, riconoscendo un giusto reddito per il loro lavoro e garantendo la qualità del prodotto. Questo è stato un bel traguardo e una bella soddisfazione – ci spiega Enzo Bartolla, uno dei cinque agricoltori coinvolti nella filiera e socio Panacea – soprattutto perché la nostra era un’azienda intensiva prima della collaborazione con Panacea. La filiera ci ha permesso di cambiare il nostro approccio, investendo insieme a Panacea e ottenendo un importante riconoscimento anche a livello economico, perché nonostante produciamo meno grano, questo ci viene pagato di più”.19894944_774333876082723_5735282460279200684_n

Il Forno e il valore della sostenibilità

Le panetterie dove vengono trasformati e venduti i panificati di Panacea sono tre e si trovano a Torino. Nel corso di questi anni la richiesta del pane prodotto da Panacea è in costante aumento, tant’è che oggi è nata la cooperativa Panacea Social Farm che si occupa esclusivamente del progetto e le persone coinvolte lavorativamente sono circa quindici, con varie collaborazioni in termini di tirocini. Dall’ottobre 2017 Panacea ha sviluppato anche una parte educativa, organizzando dei corsi di panificazione con la pasta madre. “È un bel risultato e abbiamo anche un fatturato ormai solido che permette a Panacea di essere un progetto sostenibile dal punto di vista economico – spiega Isabella de Vecchi – secondo me però è importante sottolineare anche il ruolo della filiera: con questo percorso abbiamo cercato di avere tutti i prodotti che fossero vicino alla città, siamo riusciti a convincere i contadini a trasformare parte delle loro coltivazioni, con un impatto ambientale importante e questo secondo noi è un buon risultato. La gratitudine e l’affetto delle persone per questo progetto è importante perché stanno capendo, oltre al valore oggettivo di produrre un buon pane, l’importanza della sostenibilità delle relazioni che si sono venute a creare”.

Vi rimandiamo a questo link per un approfondimento sulla collaborazione tra Panacea e la Federazione dell’Economia del Bene Comune.

Intervista: Daniel Tarozzi
Riprese: Roberto Vietti e Daniel Tarozzi
Montaggio: Paolo Cignini

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/03/io-faccio-cosi-205-panacea-recupera-antica-filiera-pane/