Iran, emergenza inquinamento a Teheran: “Uscite solo se necessario”

Le autorità iraniane hanno lanciato l’allerta rosso chiedendo alla popolazione di uscire solamente in caso di necessitàFracking In California Under Spotlight As Some Local Municipalities Issue Bans

Teheran, capitale dell’Iran, è sotto assedio. Il nemico è invisibile, ma fa ammalare, quando non uccide e così le autorità della capitale iraniana hanno deciso di emanare un “allerta rosso” e, a causa della qualità “malsana” dell’aria di Teheran hanno consigliato alla cittadinanza di non uscire a meno che non vi siano urgenze. Una metropoli di quasi otto milioni di persone è sotto scacco: non è certo inusuale in Asia, mentre lo è abbastanza in Iran. Secondo Hassan Abbasi, capo del Servizio centrale delle emergenze, circa 400 persone sono state trattate negli ospedali di Teheran a causa dell’inquinamento nella sola giornata di lunedì 29 dicembre. Il numero ha iniziato a salire da venerdì 26 dicembre. L’Organizzazione per la difesa dell’ambiente sostiene che l’allerta rosso riguarda soprattutto le categorie deboli: donne incinte, bambini, persone con problemi cardiaci e respiratori. La attività delle fabbriche sono state sospese per due giorni e anche gli scolari sono stati trattenbuti all’interno degli edifici anche negli intervalli. Anche la circolazione delle auto provate è stata limitata all’interno del centro di Teheran. Qualora la situazione non dovesse migliorare, il Ministero della Salute potrebbe decidere di tenere chiuse le scuole situate a Teheran. Oltre all’orografia – Teheran si trova inh una sorta di conca attornata dalle montagne – l’inquinamento è determinato da altri fattori quali la cattiva qualità delle emissioni delle raffinerie, la quantità di auto, l’insufficienza si infrastrutture per il trasporto pubblico fanno sì che, a oggi, un abitante su tre muoia per problemi imputabili all’esposizione all’inquinamento atmosferico.

Fonte:  Le Monde

© Foto Getty Images

Auto a metano, spopolano sempre più in Pakistan, Iran e Cina

La domanda di veicoli e stazioni di rifornimento a metano sta crescendo costantemente in questi Paesi, e in particolare in Cina, dove il problema delle emissioni di CO2 è sempre più grave. Ma le auto a metano sono sempre più ecologiche? Occhio alla categoria…381139

La Cina potrebbe presto diventare la nazione con il maggior parco circolante di veicoli a metano al mondo. Oggi, rende noto l’Osservatorio Federmetano – la Cina, con 3,3 milioni di autovettureautobus autocarri a metano, è terza nella graduatoria mondiale dei paesi con il parco circolante di vetture a metano, dietro Pakistan Iran. Nel Paese della Grande Muraglia il grave problema relativo alle emissioni di CO2 sta incentivando la diffusione di veicoli a metano per ridurre lo smog. Per accelerare lo sviluppo del parco circolante di veicoli a metano, poi, è previsto un ulteriore incremento della rete di rifornimento, che già oggi può contare su circa 3.700 stazioni di rifornimento di metano gassoso e su circa 1.600 stazioni di rifornimento di metano liquido. “La rapida crescita prevista in Cina per il parco circolante di veicoli a metano e per il numero delle stazioni di rifornimento – dichiara Dante Natali, presidente dell’Osservatorio Federmetano – rappresenta una opportunità commerciale che l’Italia non può perdere, dal momento che il nostro Paese è leader mondiale nella tecnologie del comparto del metano per autotrazione ed esporta i suoi prodotti in tutto il mondo. Il comparto industriale del metano per autotrazione è una delle eccellenze italiane di maggior successo al mondo, ed una sua ulteriore crescita può contribuire ad accelerare la ripresa economica italiana“.
Metano: la categoria conta

Un’automobile GPL Euro0 emette 28 mg di PM10 a km percorso: relativamente poco, e praticamente la stessa quantità di un Euro4 benzina (27 mg/km). Ma vediamo gli ossidi di azoto: un Euro0 metano o gpl ne emette 2103 mg a km: più del doppio di un diesel Euro0, il nemico pubblico numero 1 di tutti i blocchi del traffico! Tutto cambia invece già a partire dagli Euro 1: un veicolo alimentato a gpl o a metano produce meno della metà delle emissioni di NOx di un diesel (360 mg/km contro 715), e il divario cresce in maniera esponenziale man mano che si sale di categoria: un Euro3 gpl produce 84 mg/km di NOx. Un Euro3 diesel 803…

Fonte: ecodallecitta.it

Troppi fondi alle energie fossili: l’Earth Policy Institute fa i conti ai governi

Piattaforma-Shell-Alaska-586x263   Secondo l’Earth Policy Institute (EPI), un’organizzazione ambientale neoliberista fondata dall’analista ambientale Lester Brown nel 2001, nel 2011 i fondi garantiti dai governi mondiali alle fonti energetiche convenzionali ammontano a 623 miliardi di dollari, mentre per le rinnovabili appena a 88. EPI, che ha basato il suo studio su alcuni dati dell’International Energy Agency (IEA), l’organizzazione intergovernativa dell’OCSE, sottolinea quanto l’evidente sproporzione sia figlia delle politiche energetiche retrograde dei vari governi, che a parole sono tutti d’accordo nel combattere i cambiamenti climatici ma che, nella sostanza, erogano alle fonti fossili molti più sussidi che a quelle rinnovabili. EPI parla chiaramente di un gioco truccato in favore delle energie non rinnovabili, anche perché vengono omessi i costi ambientali e sanitari del carbone ardente, del petrolio e del gas naturale dai loro prezzi di mercato. Dei 623 miliardi di dollari garantiti alle fonti energetiche fossili, circa 100 sarebbero assegnati per la produzione mentre i restanti sono per il consumo: il 20% in più rispetto al 2010, anche per colpa dell’aumento del prezzo del petrolio che, invece di disincentivare i combustibili fossili ne ha visto crescere i sussidi. Dei 523 miliardi dollari garantiti per il consumo, 285 miliardi sono andati al mercato del petrolio, 104 miliardi al gas naturale e 3 miliardi per il carbone; un ulteriore supplemento di 131 miliardi è stato suddiviso tra le tre fonti di energia fossile appositamente per il loro utilizzo nella produzione di energia elettrica.

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Gli Stati che hanno avuto maggior peso in questa insostenibilità delle politiche energetiche mondiali sono Iran, Arabia Saudita, Russia, India e Cina: solo il regime iraniano degli Ayatollah ha garantito 82 miliardi di dollari alle fonti fossili, l’equivalente del 17% del Pil; allo stesso modo, anche tutti gli altri paesi hanno garantito incentivi miliardari alle fonti non rinnovabili. Secondo il rapporto tuttavia, la cifra spaventosa dei 623 miliardi non rappresenta tutte le misure di sostegno per questo tipo di fonti energetiche: le agevolazioni fiscali, che variano da paese a paese, i fondi investiti nella ricerca, sono tutti elementi di forte criticità nella gestione dei fondi energetici. Degli 88 miliardi erogati a livello mondiale per le fonti rinnovabili invece la maggior parte vengono pagati al produttore di energia: la cifra è equamente distribuita tra solare, fotovoltaico, eolico, biomasse e biocarburanti.

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Secondo l’EPI tuttavia l’industria dei combustibili fossili non necessita di questi ingenti aiuti, anzi: nel 2012 le Big-Five Companies petrolifere (Royal Dutch Shell, ExxonMobil, BP, Chevron e Conoco-Phillips) hanno rastrellato un totale di 137 miliardi di dollari di profitti a fronte di 285 miliardi di dollari di “sostegno” al petrolio. Cifre che fanno girare la testa e la calcolatrice.

Fonte:  EPI