Risorse genetiche, l’Europa fa un passo avanti verso la ratifica del Protocollo di Nagoya

Nella votazione del 12 settembre il Parlamento europeo ha dato il via al corso per la ratifica del protocollo di Nagoya, una convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità104138638-594x350

Il protocollo di Nagoya è un accordo che disciplina la tutela della biodiversità, impostando limiti sulla quantità di una risorsa genetica, sia essa vegetale o animale, che le aziende possono sfruttare per i loro prodotti. Le regole del Protocollo stabiliscono anche che le proprietà delle risorse genetiche appartengono anche alle comunità indigene in cui si trovano le risorse genetiche. Il tentativo di diluire queste regole è stato manifestato anche nell’ultima votazione ma il rischio è stato allontanato come a riferito a Euractiv perché come ha rilevato un parlamentare:

Il 90 % delle risorse genetiche sono nell’emisfero meridionale e il 90 % dei brevetti sono nell’emisfero settentrionale

Il punto è che la regolamentazione è necessaria per i tanti casi di biopirateria, ad esempio con Enola un fagiolo giallo del messico o una varietà di geranio del SudAfrica , il Pelargonium sidoides, già sfruttati da tempo per le loro proprietà antimicrobiche e espettoranti.

Piante : come il ” Enola ” , un fagiolo giallo originaria del Messico , e sidoides Pelargonium , una varietà di geranio sudafricano noto per le proprietà antimicrobiche e qualità espettoranti, sono stati i soggetti di casi di biopirateria di lunga durata.

Un certo numero di aziende ha già iniziato di propria iniziativa a compensare le comunità indigene per lo sfruttamento delle risorse genetiche ma attualmente in Europa solo 16 Paesi hanno ratificato il protocollo (l’Italia ha aderito nel 2011).Il termine per la ratifica del protocollo di Nagoya è luglio 2014 e ne occorrono 50 per renderlo valido. Al momento sono state attivate 20 ratifiche.

Fonte: Euractiv

Perù, allarme per la tribù “perduta” dei Mascho-Piro

Il clan di cacciatori-raccoglitori vive nella giungla e non ha contatti con la nostra civiltà. In questi giorni ha cercato di entrare nel territorio degli Yino sotto la pressione dei deforestatori o dei cercatori di petrolioClan-Mascho-Piro-586x392

Nei giorni scorsi si è creata una certa apprensione in Perù quando un gruppo di un centinaio di Mascho-Piro hanno tentato di attraversare il fiume Las Piedras per prendere contatto con i locali del remoto villaggio di Monte Salvado I Mascho-Piro vivono nell’Amazzonia peruviana, al confine con il Brasile e fanno parte delle cosiddette tribù mai contattate, ovvero popolazioni di cacciatori-raccoglitori che hanno avuto pochi o nessun contatto con la nostra “civiltà” (1). La politica del governo peruviano è di scoraggiare ogni contatto con le società tradizionali per evitare che vengano in contatto con i nostri germi patogeni (2) contro cui non hanno difese e per evitare il genocidio culturale legato all’incontro con la modernità. La tribù ha cercato contatto con gli Yino per la seconda volta dal 2011 per chiedere banane, funi e machete; ci sono stati momenti di tensione con i rangers quando hanno tentato di attraversare il fiume che separa i territori. Non si sa esattamente cosa abbia sconvolto la vita dei Mascho-Piro tanto da spingerli al contatto, ma si ipotizza che la deforestazione illegale e i voli a bassa quota associati alle esplorazioni petrolifere abbia disturbato i loro tradizionali terreni di caccia. La sorte di queste popolazioni è quanto mai incerta se non verrà frenato l’appetito energetico dell’occidente e della Cina.

(1) I Mascho-Piro hanno conosciuto il lato peggiore della nostra “civiltà” essendo stati decimati verso la fine dell’ottocento dall’avventuriero e barone della gomma Carlos Fitzcarrald.

(2) Chi ha letto lo straordinario Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond sa che le popolazioni indigene americane sono state sterminate dai germi degli spagnoli e portoghesi almeno quanto dalle loro armi.

 

Fonte:ecoblog