Survival: «Boicottare il turismo nelle riserve delle tigri in India se non si garantiscono i diritti per i popoli tribali»

Survival International ha lanciato il boicottaggio mondiale del turismo nelle riserve delle tigri dell’India. L’iniziativa continuerà fino a quando i diritti dei popoli tribali che vivono al loro interno non saranno pienamente ripristinati e rispettati.9702-10477

Survival International ha deciso di lanciare una campagna per boicottare il turismo nelle riserve delle tigri in India fino ache non sarà garantito il rispetto dei diritti dei popoli tribali. Le autorità indiane preposte alla conservazione hanno infatti finora vietato il riconoscimento dei diritti tribali nelle riserve delle tigri, suscitando una vasta condanna. Decine di migliaia di persone sono state sfrattate illegalmente dai loro villaggi situati all’interno delle riserve e sono oggi costretti a vivere in povertà e miseria ai margini della società dominante. Il Forest Rights Act indiano garantisce ai popoli indigeni il diritto a vivere e proteggere la propria terra ancestrale, ma gli sfratti sono appoggiati da grandi organizzazioni della conservazione, come la Wildlife Conservation Society (WCS). La WCS ha portato avanti la richiesta di “trasferimento” delle tribù delle riserve delle tigri per decenni. Molti popoli indigeni non sono consapevoli di avere il diritto di restare nella loro terra, perché le autorità forestali non li informano. Madegowda, un attivista per i diritti indigeni della tribù dei Soliga, nell’India meridionale, ha condannato il divieto, definendolo una violazione dei “diritti umani e dei diritti indigeni perpetrata nel nome della conservazione della tigre. Le tribù, le tigri e la fauna selvatica possono vivere insieme, la coesistenza è possibile perché i popoli indigeni hanno una profonda conoscenza della biodiversità e sanno come proteggere la foresta e la fauna”. Alcuni membri della tribù dei Jenu Kuruba, molti dei quali sono stati sfrattati dal Parco Nazionale di Nagarhole, hanno protestato contro l’ordinanza; se non sarà revocata, minacciano di bloccare la strada che conduce al parco. “Ci hanno sfrattato con il pretesto che facevamo rumore, che disturbavamo la foresta” ha dichiarato un Jenu Kuruba. “Ma ora ci sono molte jeep e veicoli turistici – e questo non è un disturbo per gli animali?”

Secondo il conservazionista Brajesh Dubey, “molte altre persone saranno trasferite perché il governo vuole dimostrare il suo interesse per le tigri. Ma è stato dimostrato che le comunità indigene contribuiscono a prevenire il bracconaggio e sono di aiuto ai progetti di conservazione.”

Al contempo, migliaia di turisti ogni anno visitano le riserve delle tigri e all’interno di alcune sono stati approvati progetti industriali, come la costruzione di dighe e l’esplorazione mineraria per l’uranio.

“Un numero sempre maggiore di turisti è oggi consapevole che le riserve delle tigri in India celano un’ingiustizia profonda: lo sfratto illegale delle tribù operato nel nome della conservazione” ha dichiarato Stephen Corry, Direttore generale di Survival. “Vietando il riconoscimento dei diritti indigeni nelle riserve, il governo sta aggravando questa ingiustizia che colpisce coloro che vivono ancora al loro interno. Ecco perché chiediamo il boicottaggio di tutte le riserve delle tigri. Le autorità devono rendersi conto che le tigri possono essere salvate solo ottemperando alla legge e riconoscendo i diritti delle tribù – e che i turisti non vorranno recarsi in riserve che sono state svuotate dei loro legittimi proprietari.”

Fonte: ilcambiamento.it

Auto elettriche, in India il mercato più grande del mondo?

Il Governo di Narendra Modi accelera verso il divieto di circolazione di auto tradizionali: entro il 2030 solo auto elettriche. E l’India potrebbe diventare il primo mercato al mondo.http _media.ecoblog.it_6_6b9_auto-elettriche-cop

L’India ha talmente tanto bisogno di dire addio alle auto diesel e benzina che il Governo di Narendra Modi potrebbe imporre per legge il passaggio alle auto elettriche già entro il 2030, facendo così del paese asiatico il primo mercato al mondo per i veicoli elettrici. E’ quanto ipotizza Quartz India in un articolo in cui si snocciolano i dati di quello che è oggi il mercato dell’auto indiano e di quello che potrebbe essere tra pochi anni. L’India, già oggi, con 21 milioni di immatricolazioni l’anno è il quinto mercato del mondo per il settore automotive. Modi ha già annunciato la data del 2030 come termine ultimo per la transizione all’elettrico e, secondo Quartz, è pronta ad usare la forza per rispettare la scadenza.

Dobbiamo andare verso i combustibili alternativi – ha affermato recentemente il ministro del Trasporti indiano Nitin Gadkari – Lo farò, che vi piaccia o no. E non chiederò il permesso, sarò un bulldozer“.

L’India non ha speranza di raggiungere gli obiettivi di Parigi se non passa in fretta alle auto elettriche. Ma a prescindere da ciò una diffusione di massa dell’automobile, in un paese con 1,3 miliardi di abitanti, non è pensabile se le auto non saranno elettriche. Perché già oggi l’India importa l’82% del petrolio che consuma, spendendo 85 miliardi di dollari l’anno, ed è appena all’inizio dell’era dell’auto per tutti. Già dal 2015 l’India ha lanciato un piano di incentivi per la diffusione e la creazione in patria di auto elettriche e auto ibride. Ma con scarsi risultati. Gli incentivi, a quanto pare, non bastano. Per questo il Governo annuncerà entro dicembre la linea dura in favore delle EV. Già da qualche tempo, inoltre, si vocifera di un enorme interesse degli investitori nazionali ed esteri nei confronti della gigafactory di batterie. Si parla di Tesla, di Panasonic e della cinese Byd. Il Governo, a breve, sostituirà 10.000 veicoli del proprio parco auto governativo con veicoli elettrici. I singoli Governi dei singoli Stati che compongono la Federazione stanno elaborando politiche locali simili. Il Governo del Karnataka ha approvato politiche per promuovere la ricerca sulla mobilità elettrica. Il Maharashtra ha ridotto alcune tasse per i veicoli elettrici. Tra le priorità c’è quella di abbattere i costi delle batterie per auto elettriche. Sono troppo care per il mercato indiano di massa. Oggi in India si vendono 2000 auto elettriche l’anno, il Governo vuole raggiungere i sei milioni (tra ibride ed elettriche) già nel 2020. Poi c’è il nodo, fondamentale, dell’infrastruttura di ricarica per le auto elettriche, le colonnine sparse per il territorio che oggi sono appena 100 in India. L’altro gigante asiatico, la Cina, ha un piano per 100.000 colonnine di ricarica entro il 2020 su tutte le 11 principali direttrici viarie al fine di toccare 202 città. Per fortuna, come riporta Quartz, i primi segnali si iniziano a vedere: il 14 settembre Suzuki ha annunciato l’interesse a investire 600 milioni di dollari in una fabbrica di batterie. Mahindra, altro grosso produttore locale, vuole investire 6 miliardi di rupie (pari a circa 78 milioni di euro) per potenziare la sua divisione EV e lanciare la variante elettrica dei suoi SUV, come lo Scorpio e lo XUV500. Il costruttore di motori Cummins India potenzia, invece, la ricerca sui motori elettrici. Il produttore di autobus Ashok Leyland, in partnership con SUN Mobility, vuole realizzare un sistema di scambio batterie per i bus elettrici. JSW Energy vuole investire 623 milioni di dollari in auto elettriche, batterie e infrastrutture di ricarica. Insomma, i segnali ci sono ma la sfida è enorme. E gli indiani sono pronti? Non è solo un problema di costi, secondo Quartz India. L’autonomia media delle auto elettriche in commercio in India non supera i 120 km con una carica, la velocità massima non supera gli 85 km/h. Troppo poco per essere attrattive.

Senza dubbio l’upper class indiana avrà voglia e soldi per comprare una Tesla Model 3, e già la stanno prenotando in massa, ma per il resto del mercato c’è ancora moltissimo da fare.

Fonte: ecoblog.it

 

India: tribù cacciata e parte la ricerca di uranio

Una tribù indiana cacciata dal Governo con la “scusa” di salvare le tigri; ma poi per quell’area arriva il sì alle esplorazioni per la ricerca di uranio.9584-10349

I Chenchu vivono a fianco delle tigri nella Foresta di Nallamala, che comprende la Riserva della tigri di Amrabad, da tempi immemorabili, spiega l’organizzazione Survival International, che difende i diritti dei popoli nativi.

«Ora nel nome della conservazione, i funzionari indiani minacciano di sfrattare i Chenchu da una riserva delle tigri – spiegano dall’organizzazione – Tuttavia hanno anche appena approvato l’esplorazione per la ricerca di uranio all’interno della stessa riserva. La mossa ha fatto infuriare gli attivisti, che accusano le autorità di ipocrisia. La tribù dei Chenchu, nella Riserva delle tigri di Amrabad, supplica di poter restare nella terra che ha gestito e abitato per millenni».

“Il Dipartimento alle Foreste vuole sfrattarci da qui. Ma noi non vogliamo andare da nessun altra parte. Noi proteggiamo la nostra foresta. Andar via sarebbe come mettere un pesce fuor d’acqua: morirebbe…” hanno dichiarato. “Ma ora il governo, per suo profitto, sta separando i Chenchu dalla foresta ed è come separare un figlio dalla madre.”

E hanno aggiunto “Il governo sta vendendo la foresta alle compagnie minerarie. Se andremo nelle pianure, diventeremo dipendenti dall’alcool, berremo e moriremo. In futuro, i Chenchu esisteranno solo in fotografia o nei video.”

“Noi viviamo nella foresta e lì moriremo. La foresta è nostra madre e la nostra vita. La fauna è la nostra vita: senza non possiamo vivere.”

«Le autorità indiane – spiega Survival – giustificano gli sfratti forzati dei popoli tribali, che sono illegali secondo la legge nazionale e internazionale, sostenendo che ogni presenza umana nelle riserve è dannosa per le tigri. Tuttavia, in India, in molte riserve delle tigri, ai turisti paganti è consentito entrare in grandi gruppi, e sono state condotte anche attività come l’esplorazione mineraria, la costruzione di strade e persino alcuni scavi minerari».

“Questo è il colmo dell’ipocrisia: le autorità sfrattano le tribù che hanno gestito questo ambiente per millenni, con il pretesto che la popolazione delle tigri ne risentirà se gli indigeni resteranno, e poi permettono l’ingresso ai prospettori di uranio” ha commentato Stephen Corry, Direttore generale di Survival International. “È una truffa. E sta danneggiando la conservazione. I turisti della Riserva di Amrabad dovrebbero rendersi conto che stanno sostenendo un sistema che potrebbe portare allo sfratto dei popoli tribali – i migliori conservazionisti – dalle loro terre ancestrali, e che un giorno le miniere di uranio potrebbero prendere il loro posto.”

Chi sono i Chenchu

– I Chenchu sono solo una delle molte tribù dell’India che rischiano lo sfratto dalla terra ancestrale. Molte comunità Baiga sono già state sfrattate nell’India centrale, per essere poi abbandonate a se stesse oppure trasferite dal governo in campi di reinsediamento dove le condizioni di vita sono spesso tremende.

– La legge indiana prevede che ogni sfratto debba essere volontario e che le comunità siano risarcite. Tuttavia, le tribù raramente sono consapevoli di avere il diritto di restare, e di frequente ricevono minacce. Raramente il risarcimento in denaro è sufficiente a permettere loro di adattarsi a una vita fuori dalla foresta e spesso non ricevono quanto gli è stato promesso.
– La riserva delle tigri di Amrabad si trova nello stato di Telengana, nell’India meridionale.

– I Chenchu hanno vissuto come cacciatori-raccoglitori nell’India meridionale e centrale per millenni, fino quando la caccia è stata vietata negli anni ‘70. Gli sforzi del governo per farli iniziare a coltivare la terra hanno generalmente incontrato l’opposizione della tribù stessa.

– I Chenchu possiedono un’incredibile conoscenza della loro foresta e degli animali con cui la condividono. Raccolgono 20 diversi tipi di frutti e 88 diversi tipi di foglie. Considerano tutti gli animali sia come loro parenti sia come divinità. I loro costumi impongono che non si prenda mai più dello stretto necessario, e che non si sprechi nulla. Un Chenchu ha dichiarato: “quando gli esterni vengono nella foresta, tagliano tutti gli alberi e portano via tutti i frutti… Noi invece non tagliamo gli alberi, e prendiamo solo i frutti che ci occorrono.”

Fonte: ilcambiamento.it

India, sui treni il pasto si ordina con un click

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In India ogni giorno 23 milioni di passeggeri viaggiano su 65mila chilometri di ferrovia, uno dei mezzi di trasporto più usati nel Paese soprattutto per coprire lunghe distanze. Milioni di passeggeri spesso affamati, a causa della scarsa presenza di vagoni ristorante e della cattiva qualità del cibo proposto, problemi che da qualche tempo è possibile aggirare con un click. Un nuovo servizio permette di scegliere fra una selezione di ristoranti: si ordina il cibo e dopo qualche click il piatto viene fatto trovare alla stazione desiderata e consegnato di persona.

“Ho appena scaricato l’app, e stavo pensando di ordinare e provare il servizio per la prima volta”, dice un nuovo cliente. Un nuovo mercato in cui stanno entrando ristoranti internazionali e locali che si appoggiano per la distribuzione ad una piattaforma specializzata, TravelKhana, fondata da Pushpinder Singh.

“Ero ad una stazione dove c’era stato un incidente e i treni erano fermi. Per molte ore i passeggeri dei treni sono rimasti senza cibo e acqua”, racconta spiegando come è nata l’idea. A causa dei frequenti problemi di connessione è possibile ordinare il cibo anche via sms. Il prossimo passo sarà installare alcune cucine direttamente nelle stazioni per preparare i pasti.

Fonte:  Askanews

L’India sorpassa la Cina: è la nazione più inquinata del mondo

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L’aria dell’India è la più inquinata del mondo, più di quella cinese. Lo storico e poco onorevole sorpasso è stato certificato da Greenpeace che ha analizzato i dati satellitari della Nasa sulle polveri sottili relativi al 2015. Fino al 2011 l’inquinamento atmosferico è aumentato sia in India che in Cina, ma mentre quest’ultima nel 2013 ha adottato un piano nazionale anti-inquinamento, l’India ha proseguito sulla strada di uno sviluppo incontrollato superando il paese più popolato del mondo per quanto riguarda i dati sull’inquinamento atmosferico. Secondo i dati di questo studio, infatti, fra il 2010 e il 2015 i livelli delle polveri sottili sono diminuiti del 17% in Cina e del 15% negli Stati Uniti. New Delhi è stata giudicata dall’Oms come la città più inquinata del mondo, con concentrazioni di polveri sottili più elevate rispetto a Pechino. Oltre alla capitale, altre città devono fare i conti con l’inquinamento atmosferico: Varanasi, Lucknow, Patna, Ahemdabad. Mentre in Cina il Governo si è rimboccato le mani, in India il premier Modi non vede nell’inquinamento un problema per il suo Paese: di un piano nazionale anti-inquinamento non se ne parla, mentre per quanto riguarda il monitoraggio delle concentrazioni di polveri sottili basta dire che in India ci sono 39 centraline di controllo a fronte delle 1500 della Cina. Un recente studio dell’Università della British Columbia ha dimostrato che 3 milioni di persone muoiono prematuramente a causa di patologie dovute all’inquinamento atmosferico in India (1,6 milioni) e Cina (1,4 milioni).

Fonte: ecoblog.it

India, una tassa sulle auto nuove per limitare lo smog

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Il ministro delle Finanze indiano Arun Jaitley ha annunciato l’introduzione di una tassa sulle auto nuove tesa a disincentivare l’acquisto delle auto più inquinanti. Le ultime statistiche hanno sancito il sorpasso dell’India nei confronti della Cina per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico e sono proprio i fumi che escono dai tubi di scappamento la principale causa di questo problema. L’aria di New Delhi supera regolarmente di 15-20 volte i livelli di sicurezza in vigore nell’Unione Europea e negli Stati Uniti e ben 13 delle 20 città più inquinate del mondo si trovano in India. La nuova tassa annunciata da Jaitley rappresenta un importante punto di svolta. La tassa sarà differenziata a seconda della tipologia dell’automobile acquistata: chi acquisterà un auto piccola pagherà una tassa dell’1%, chi comprerà un’auto diesel inquinamento atmosferico

sarà tassato al 2,5% e chi sceglierà un SUV o un’auto con un motore più grande pagherà una tassa del 4%. Una strategia per “correggere” le distorsioni di un mercato dell’auto che, finora, ha favorito auto alimentate con combustibili inquinanti come il gasolio.

Fonte:  CNN Money

 

La Coca Cola si sta “bevendo” l’India

Tre gli stabilimenti della Coca Cola che in India hanno sospeso le operazioni di imbottigliamento della bibita, compreso uno in una zona del nord dove i contadini stanno da tempo protestando per l’uso indiscriminato che la multinazionale fa delle riserve d’acqua.proteste_cocacola

C’è anche lo stabilimento di Kaladera nel Rajasthan tra quelli in cui la Coca Cola ha sospeso l’imbottigliamento della bibita oggetto di una intensissima campagna di marketing in tutta l’India. In totale risultano tre gli impianti dove sono state sospese le attività (gli altri due sono nel nordest, a Meghalaya, e nel sud, nell’Andra Pradesh; nel 2005 Cica Cola aveva già chiuso uno stabilimento nel Kerala); ufficialmente la Hindustan Coca-Cola Beverages, azienda della Coca Cola con sede ad Atlanta negli Usa, ha spiegato che si tratta di una riorganizzazione ai fini della domanda del mercato, ma in tutto il paese si pensa che invece abbiano avuto un grande peso le proteste che da una decina d’anni i contadini portano avanti accusando la multinazionale di utilizzare in maniera indiscriminata le riserve d’acqua privandone cittadinanza e agricoltura. Il portavoce della Coca Cola, Kamlesh Sharma, ha dichiarato che in due impianti l’acqua non è un problema, eppure l’Andra Pradesh sta affrontando una significativa crisi idrica. In questi anni le proteste di cittadini e agricoltori si sono indirizzate non solo alla Coca Cola ma anche alla rivale Pepsi, che ha sede a Purchase negli Stati Uniti. La situazione idrica in India è preoccupante, come spiegano dall’India Resource Center. Le falde acquifere si stanno prosciugando più velocemente rispetto a quanto avviene in altre nazioni. Alcuni studi hanno stimato che nel 2030 il sud dell’Asia potrà contare su metà dell’acqua che sarebbe necessaria e non ci sono all’orizzonte pianificazioni o programmi per affrontare la situazione. L’India Resource Center si sta adoperando per sensibilizzare la popolazione e i media sulla situazione ed entra nel merito della situazione attuale. «Le comunità che vivono nei pressi degli stabilimenti della Coca Cola affrontano una grave scarsità d’acqua e ciò è conseguenza diretta dell’estrazione massiccia di acqua che la multinazionale effettua dalle riserve sotterranee” spiegano dal Centro. «Gli studi, compresi quelli delCentral Ground Water Board in India, hanno confermato l’importante sfruttamento. Quando l’acqua viene estratta dalle falde scavando in profondità, l’acqua stessa puzza e ha un sapore strano. La Coca Cola sta scaricando senza controllo le acque di scarico delle lavorazioni nei campi intorno agli stabilimenti inquinando i suoli e le falde stesse. Le autorità hanno segnalato i siti inquinati avvisando la popolazione che quell’acqua non è adatta al consumo umano. In due comunità, PlachimadaMehdiganj, la Coca-Cola sta distribuendo i propri rifiuti solidi agli agricoltura definendoli “fertilizzanti”. Test condotti dalla BBC hanno trovato cadmio e piombo nei rifiuti e la multinazionale ne ha fermato la distribuzione solo di fronte ad un ordine del governo. Altri test condotti da diverse agenzie, oltre al governo indiano, hanno confermato che i prodotti della Coca Cola contengono un elevato livello di pesticidi .

QUI PER APPROFONDIMENTI

Fonte: ilcambiamento.it

La storia di Aruna, il potere di trasformazione dell’amore e del servizio

“Seeds” è il bellissimo film che racconta la storia di Aruna Chauhan, cresciuta in una comunità di lebbrosi in India. La regista, Ellie Walton, da anni si dedica a raccontare storie significative di cambiamento e di amore.elliewalton_aruna_seeds

La storia di Aruna Chauhan è tutta da scoprire e racconta il potere di trasformazione dell’amore e del servizio. Aruna è cresciuta in una comunità di lebbrosi in India, ha trascorso l’infanzia nella durissima realtà delle periferie più povere, aveva abbandonato la fede nei suoi sogni e si era rassegnata ad un matrimonio combinato. Poi ha incontrato Jayeshbhai Patel, co-fondatore di Manav Sadhna, una ONG con sede al Gandhi Ashram ad Ahmedabad.

E’ stato lui a riconoscere le potenzialità di Aruna, che ha cominciato ad impegnarsi nella propria educazione assumendo un ruolo sempre più attivo nella gestione della comunità. Oggi è la prima donna della sua comunità ad essere stata ammessa all’università, fa volontariato e istruisce ed educa le ragazze e le giovani donne ad una prospettiva di vita completamente differente. Il film di Ellie Walton, “Seeds”, racconta questa storia e ci racconta anche che non importa da dove veniamo e cosa eravamo: tutti possiamo passare attraverso un cambiamento ed uscirne con la compassione che ci porta a metterci al servizio del prossimo e a crescere nell’amore e nella gratitudine. Ellie Walton, americana di Washington, da anni è impegnata a raccontare storie di impatto e grande profondità. Tra i suoi lavori troviamo Fly by light, che parla di quattro adolescenti con un passato burrascoso che entrano in un programma di educazione alla pace e ne escono trasformate. E ancora, Voices from within, sui malati di mente ospitati in alcune strutture cui viene data una telecamera per creare la loro storia di “redenzione”. “Seeds” è una storia personale e collettiva di grande trasformazione a fronte di grandi sfide, raccontata dalla prospettiva di Aruna. Il film la segue nella sua giornata nella comunità, attraverso le interazioni quotidiane, per far comprendere quanto il suo “essere lì in quel modo” ha arricchito una comunità che era priva di punti di riferimento positivi. Un grazie a Ellie e ad Aruna, il cui impegno diviene strumento affinché altri trovino la forza interiore per essere il cambiamento. Anche se sono una minoranza.

Fonte: ilcambiamento.it

India: il paese in via di sviluppo che inquina di più

Le emissioni di anidride carbonica dell’India sono cresciute dell’8,1% nel 2014, facendone il paese in via di sviluppo più inquinante. L’equivalenza è chiara: ciò che per noi oggi significa progresso-sviluppo, per il nostro pianeta significa inquinamento-morte. Eppure la corsa non si ferma; tutti ambiscono a “occidentalizzarsi” negli sprechi, nella “ricchezza” (per pochi) e nell’elevatissimo impatto ambientale.india_inquinamento

Le emissioni di anidride carbonica dell’India sono cresciute dell’8,1% nel 2014, arrivando a costituire una fetta ingente delle emissioni globali; di fatto è il paese in via di sviluppo più inquinante. A dirlo è l’ultima edizione della Statistical Review of World Energy redatta, niente di meno che, dalla British Petroleum.
Le nazioni che nel 2014 hanno visto crescere le loro emissioni di CO2, ne hanno aggiunte 572 milioni tonnellate nell’atmosfera in soli 12 mesi. L’India ne ha aggiunte 157 milioni di tonnellate, la Cina 85, gli Usa 53: i leader dell’inquinamento globale. L’Europa, pur con tutti i suoi limiti, resistenze e interessi, nel 2014 ha tagliato le proprie emissioni (211 milioni di tonnellate) per una quantità maggiore di quella che l’India ha aggiunto (ovviamente partiva da altri livelli). Ciò che emerge da questi numeri deve far riflettere: l’India insegue il progresso, ma insegue questa idea di progresso: consumo di energia, crescita, emissioni inquinanti. L’India ha portato il suo consumo di energia ad un picco  storico e ha aumentato le sue emissione, portandole ad un altro picco storico. Nel resto del mondo la crescita è in stallo, nel 2014 la media globale è sullo 0,9%, il livello più basso dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso. Ma non potrebbe essere che così. Mentre paesi e continenti tagliano le emissioni e persino la Cina punta sulle rinnovabili (ormai soffocata da carbone e combustibili fossili), l’India invece si affaccia ora a marcia innestata in maniera quanto mai energivora.
Ed è nel consumo di carbone che sta forse la differenza più significativa con il resto del mondo. Mentre la maggior parte degli altri paese sta diminuendo il ricorso al carbone, in India questo indice è cresciuto dell’11% ed è la principale fonte di energia oggi sia in India che in Cina, oltre ad essere la più sporca. E questa resta la realtà malgrado il governo indiano di Modi abbia annunciato di voler realizzare uno dei più ambiziosi progetti al mondo di sfruttamento delle energie rinnovabili. Il carbone oggi resta il cuore della politica energetica indiana, con 455 delle 1199 nuove centrali che sorgeranno nel mondo. Naturalmente, per avere un’idea di ciò che accade in una nazione, occorre valutare più fattori. Se, in termini assoluti e in confronto ad altri paesi occidentali già fortemente industrializzati, il consumo energetico e le emissioni in India appaiono più bassi, è anche vero che questo paese sta aumentando consumi ed emissioni a fortissima velocità e si stima che avrà una crescita tra le più veloci al mondo nei prossimi anni nello stile cinese, cioè fortemente impattante. Negli ultimi cinque anni i dati indicano un rallentamento nella crescita delle emissioni cinesi (dopo un picco nel 2011 a 7,9%) e un’accelerazione nell’aumento per l’India. E l’impatto cumulativo delle ulteriori tonnellate di anidride carbonica porta sempre di più verso un cambiamento climatico irreversibile. E per l’India, con le sue popolose coste, l’agricoltura dipendente dalle piogge e le riserve d’acqua sotto forma di ghiacciai, ciò può rappresentare una tragedia immane. E il resto del mondo, ovviamente, non rimarrà immune.

Si ringrazia Sajai Jose di IndiaSpend

Fonte: ilcambiamento.it

Piombo negli spaghetti Maggi, Nestlé India ordina il ritiro

La vendita degli spaghetti Maggi è stata bloccata dopo il risultato di un test effettuato a Calcutta. E lo scandalo arriva persino a Bollywood.spaghetti-maggi-piombo

Gli alti quantitativi di piombo riscontrati negli spaghetti Maggi hanno costretto Nestlé India a ordinarne il ritiro dal mercato. Durante un controllo effettuato dall’ispettorato dello stato dell’Uttar Pradesh a Barabanki è stata riscontrata la presenza di glutammato monosodico, un succedaneo del sale non indicato negli ingredienti. Nestlé si è opposta al risultato del test e ha richiesto una nuova analisi in un centro specializzato di Calcutta. La scorsa settimana anche i risultati dell’ultimo test sono stati resi pubblici, confermando non solo la presenza del glutammato, ma anche quantitativi di piombo decisamente superiori ai limiti consentiti dalle norme vigenti. Secondo la legge indiana il limite di piombo negli alimenti è fissato a 0,001 parti su un milione, ma gli spaghetti Maggi contenevano addirittura 17 parti per milione. La notizia si è diffusa in tutto il Paese visto che questi noodles sono uno dei piatti più diffusi sul territorio indiano. Lo stato del Kerala è stato il più rapido nel ritirare gli spaghetti Maggi da circa 2000 punti vendita, una misura che è stata successivamente presa anche dal governo di New Delhi che ha ordinato il ritiro dello stock incriminato. Altri stati (Uttarkhand, Jammu, Kashmir e Gujarat) hanno esteso il blocco della vendita fino a data da destinarsi. Il caso degli spaghetti Maggi ha creato un vero e proprio effetto domino e ora anche prodotti analoghi di altre marche vengono testati per capire se i consumatori possono stare tranquilli nel consumarli. Per Nestlé India si è trattato di un duro colpo: nella sola giornata di ieri il titolo ha perso sei punti percentuali alla borsa di Mumbai. E la polemica si sta allargando anche a Bollywood: una corte dello Stato del Bihar ha infatti citato in causa i dirigenti della Maggi e tre attori (Madhuri DixitPreity Zinta e Amitabh Bachchan) “rei” di avere prestato il loro volto per pubblicizzare un prodotto alimentare potenzialmente cancerogeno.

Fonte:  Times of India