Turismo accogliente e solidale per scoprire le aree montane

“Valli Accoglienti e Solidali” è il nome del circuito, sostenuto da Fondazione Cariplo grazie al programma AttivAree, che ha l’obiettivo di far scoprire le valli Trompia e Sabbia attraverso strutture ricettive che affiancano alla scoperta del territorio progetti di inclusione sociale. Se passate per queste valli e decidete di fermarvi in una delle strutture ricettive di cui vi vogliamo parlare, noterete subito qualcosa di particolare. Non solo la bellezza dei luoghi e il piacere di scoprirli a ritmo lento ma anche quel valore aggiunto dato dalle persone che gestiscono posti come Casa Maer o il Co.ge.s.s. Bar.

Ma partiamo dall’inizio. Tutto è stato possibile grazie al sostegno di Fondazione Cariplo e del suo programma Valli Resilienti, che ha l’obiettivo di rivitalizzare e far conoscere le valli bresciane Trompia e Sabbia. Nell’ambito del progetto si inserisce “Valli Accoglienti e Solidali”, un circuito turistico che unisce alla scoperta del territorio l’inclusione sociale.

La proposta turistica del Circuito si sviluppa lungo tre filoni esperienziali, che la responsabile innovazione sociale del progetto AttivAree Valli Resilienti Claudia Pedercini ci illustra: «Il primo filone riguarda la parte culturale e punta a valorizzare i siti culturali e turistici già presenti sul territorio, come ecomusei e biblioteche. Il secondo è quello enogastronomico, che vuole far conoscere ai viaggiatori le eccellenze e i prodotti tipici locali. Il terzo filone è quello relativo all’outdoor: camminare lento, trekking con gli asini, cicloturismo e tutto ciò che consente di stabilire un legame con la natura». 

Il Circuito non è fatto solo di proposte turistiche responsabili; parte della sua forza è data dalla costruzione di uno “stile” di ricettività turistica etico e solidale. Ne è un esempio il Co.ge.s.s. Bar. Ma di cosa si tratta esattamente? Ce lo spiega Ester Colotti, coordinatrice del laboratorio di inclusione sociale: «Il Co.ge.s.s. Bar – Non solo bar si trova nel borgo di Lavenone ed è un bar solidale. Qui lavorano persone disabili seguite dalla nostra cooperativa sociale che ogni giorno hanno la possibilità di imparare il mestiere dal punto di vista tecnico e di costruire una relazione con i clienti della nostra piccola comunità».

La cooperativa gestisce anche Casa Maer, sempre a Lavenone, la nuova casa d’Artista del progetto Borghi Italiani promosso da Airbnb Italia, che è stata inaugurata ad ottobre 2018 grazie al contributo di Fondazione Cariplo. Casa Maer si affianca all’offerta turistica dell’Ostello sociale Borgo Venno. In entrambe le strutture, come ci spiega la referente Federica Bacchetti, i ragazzi della cooperativa possono sperimentare esperienze finalizzate all’inclusione sociale, come la cura degli ambienti e della casa, la manutenzione e il contatto con la clientela. «Sono tutte abilità che qui possono acquisire grazie al supporto di tutor – sottolinea Federica – per poi portarsele a casa e sfruttarle nella vita quotidiana». 

L’obiettivo della cooperativa è proporre ai visitatori un’offerta ricettiva accogliente e capace di offrire esperienze che consentano di stabilire un legame con il territorio e i suoi abitanti. Per fare questo Co.ge.s.s. si occupa anche di enogastronomia e organizza cene in luoghi insoliti. Questa estate, per esempio, si è tenuto un primo evento nel borgo di Presegno, che ha visto anche l’inclusione sociale di persone disabili. A pochi chilometri da Lavenone, nel Comune di Marmentino, si trova Casa Saoghe. È una vecchia abitazione contadina trasformata in casa di accoglienza solidale e affidata alla cooperativa Fraternità Impronta. Questa casa vacanze è gestita dai minori della Cascina Cattafame che, accompagnati dagli educatori della cooperativa, si occupano dell’accoglienza e della cura del verde. Possiamo parlare a tutti gli effetti di accoglienza solidale, dal momento che gli ospiti sono persone del territorio con fragilità o bisogni particolari. Qui vengono organizzati anche eventi per la scoperta del territorio come il trekking a passo d’asino che rappresentano il fiore all’occhiello della proposta turistica di Casa Saoghe. Non mancano anche qui i rapporti con il territorio e in particolare con le malghe e le aziende agricole della zona che propongono prodotti tipici facendo scoprire agli ospiti e alle loro famiglie i processi produttivi tradizionali grazie ai quali si supportano i progetti di inclusione sociale.

«Il circuito Valli Accoglienti e Solidali contiene molti aspetti su cui punta il Programma AttivAree», sottolinea Viviana Bassan di Fondazione Cariplo. «Dentro troviamo un forte lavoro di rete realizzato nei mesi scorsi, l’attenzione alla valorizzazione in modo innovativo delle risorse locali, la crescita di ruolo degli attori del territorio, in particolar modo delle realtà non profit, che mantengono allo stesso tempo salde la loro mission e l’attenzione verso le persone più fragili. Importante occasione offerta dal circuito, lavorando sul turismo, è anche l’apertura delle valli e di tutti gli attori coinvolti verso nuove comunità di “fruitori” e nuove partnership con l’esterno, come testimonia anche la collaborazione con Airbnb, con l’attenzione nel promuovere un turismo sostenibile e quindi rivolto a persone interessate alla tutela dell’ambiente, alla solidarietà, all’incontro autentico con la comunità locale».

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/12/turismo-accogliente-solidale-aree-montane/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Valorizzare le competenze per combattere la disoccupazione

Falegnameria, fablab, ecosartoria. Sono solo alcune delle proposte del CESP di Nuoro, un luogo di inclusione pensato per la formazione, l’apprendimento esperienziale e la valorizzazione delle competenze. Uno spazio di condivisione dove incontrarsi, scambiarsi saperi e trovare così anche nuove opportunità di inserimento nel mondo del lavoro. La Sardegna è una terra piena di iniziative, che vanno oltre i sei mesi della stagione estiva. C’è tanta voglia di crescere e di creare opportunità. E questo ce lo conferma un’esperienza che va avanti dal 2013: il CESP (Centro Etico Sociale Pratosardo). Gestito dalla cooperativa Lariso e finanziato dal Comune di Nuoro e dall’Aspal, il CESP di Nuoro è un centro dagli spazi ampi (1200 metri quadri) dove vengono proposti percorsi formativi, laboratori, momenti di aggregazione, condivisione di conoscenze.

 «L’idea era quella di creare un luogo di inclusione e quindi di abbandonare l’idea dello ‘svantaggio’ per aprirsi ad un discorso basato sulle competenze», ci spiega Salvatore Sanna, referente del CESP. «Abbiamo strutturato questo spazio pensando che ogni persona ha diverse competenze su differenti livelli, ma porta comunque con sé il suo bagaglio di esperienza». 

Quando il centro è nato, nel 2013, era ancora all’inizio ma la direzione era già molto chiara: creare un luogo dove ci si potesse scambiare competenze e dove si potesse imparare a relazionarsi con gli altri, a stare in società. «Molto spesso si pensa che soltanto perché si ha un titolo di studio o un’esperienza lavorativa allora si è pronti per un lavoro; in realtà, ci vogliono anche quelle competenze trasversali che ci permettono di vivere e relazionarci con gli altri», racconta ancora Sanna.

L’ecosartoria del CESP

Passano gli anni e il CESP si arricchisce: da «spazio diventa luogo», in cui l’ecosostenibilità ha un ruolo strutturale. Nascono diverse sale, ognuna dedicata a qualcosa: la Cukina per i laboratori di cucina, lo Spazio Performance dedicata alla ciclomotricità e quindi a tutti quei corsi che prevedono una connessione fra il corpo e la mente (yoga e tai chi, ad esempio), la Sala Relax, la Falegnameria, l’Aula Informatica. Fra questi c’è un luogo importante, che è l’eco-sartoria, che ha esteso i propri confini anche al di fuori del CESP ed è riuscita a diventare una piccola azienda aprendo un microcredito: un gruppo di donne, infatti, hanno occupato questo spazio nel 2015 e hanno cominciato a lavorare come sarte, con grande attenzione all’ecosostenbilità e alla qualità dei loro prodotti. All’interno di un luogo così ampio e diversificato non poteva mancare l’Agorà. Il nome dice tutto: l’agorà è quello spazio dedicato all’incontro, che può essere di qualsiasi tipo, ma che produce inevitabilmente scambio e conoscenza. Ed è proprio grazie a questa apertura che il CESP è riuscito a calamitare l’interesse sia del settore pubblico che di quello privato.

Il FabLab del CESP

Da una parte, infatti, è finanziato dal Comune di Nuoro, grazie ad un bando, e dall’Aspal (Agenzia Sarda Politiche Attive del Lavoro). Dall’altra diversi privati si sono avvicinati proponendo corsi e nuove forme di scambio. Un esempio? Un’associazione che ha bisogno di uno spazio lo chiede al CESP e invece di pagare un affitto in soldi, lo paga restituendo un corso gratuito ai cittadini. Nel tempo, infatti, i laboratori e la formazione proposti dal CESP sono diventati sempre più corposi, proprio perché la voglia di collaborare è ricominciata e ha dato nuova spinta all’iniziativa di associazioni e singoli. 

«Questo è un luogo prezioso per la comunità», aggiunge Valeria Romagnoli, assessora per le Politiche sociali, giovanili, delle pari opportunità e politiche per la casa. Valeria rappresenta quella pubblica amministrazione che «ha deciso di scommettere sul progetto», facendolo diventare uno strumento attivo nel campo del lavoro. « Mantenendo questa filosofia delle competenze trasversali di vita, abbiamo voluto scommettere su questo progetto innovativo dando la possibilità di creare laboratori più corposi e che potessero dare accesso alla qualifica delle competenze, che restituissero ai partecipanti qualcosa di spendibile nel mondo del lavoro, sempre mantenendo attenzione all’inclusione sociale (per ogni corso c’erano quindi dei posti riservati alle persone con disabilità, ai soggetti svantaggiati, a disoccupati e inoccupati)». 

Non mero assistenzialismo, ma inclusione attiva, capace di valorizzare le competenze del singolo e dare quella spinta in più verso il mondo del lavoro. Una direzione «giusta»: ad esempio ai primi corsi attivati il CESP riceve 400 domande per soli 66 posti disponibili. Un segno che la voglia di fare c’è. Dal CESP, infatti, passano circa 1500 persone l’anno, ci lavorano 90 associazioni e ogni giorno ci sono almeno 6 ore impegnate in diversi corsi o laboratori.

Il laboratorio di ecodesign

«Questo ultimo anno questi percorsi formativi sono stati estesi al territorio: noi facciamo parte di un distretto di 20 comuni ed è stata data la possibilità anche agli altri comuni di poter iscrivere attraverso i loro servizi i cittadini per usufruire dei nostri corsi. L’idea è che questo centro diventi un luogo che possa dare risposte a tutto il territorio, non solo alla città di Nuoro», spiega ancora Valeria Romagnoli. E in effetti, oltre ad essere benvoluto dal territorio e dai cittadini, il CESP qualche soddisfazione concreta l’ha avuta: 3 persone su 8 hanno avuto la possibilità di continuare a lavorare, grazie ai corsi da loro proposti, oltre la stagione estiva. Qualcuno, dopo aver partecipato ai laboratori, ha capito la sua strada e ha deciso di ricominciare a studiare. Qualcun altro è diventato falegname e grazie ai contatti del CESP ha iniziato a lavorare nel campo. Ora, l’obiettivo è «capitalizzare questa esperienza, lavorare sulle tematiche importanti come ecosostenibilità e lavoro, rafforzare l’innovazione sociale e recuperare il senso di comunità anche attraverso lo scambio competenze». Nella speranza che la collaborazione fra pubblico e privato continui e che il CESP diventi una realtà solida per molti lunghi anni.

Intervista e realizzazione video: Paolo Cignini

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/11/valorizzare-competenze-per-combattere-disoccupazione/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Nuove terre, l’agricoltura come strumento di inclusione sociale

Il documentario di Francesca Comencini e Fabio Pellarin è in concorso a Cinemambiente 2016nuove-terre_backstage-2

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Nuove terre, il documentario di Francesca Comencini e Fabio Pellarin in programma mercoledì 1° giugno, alle 21.30, al cinema Massimo 3, nella seconda giornata di Cinemambiente 2016, racconta cinque storie raccolte nel mondo dell’agricoltura sociale e sostenibile e si addentra in realtà nelle quali l’attività agricola diventa il mezzo per riscattare esistenze spinte ai margini della società dalla povertà, dalla tossicodipendenza, dalla disabilità fisica e psichica. Il film si apre nel torinese, all’Orto dei ragazzi che accoglie profughi politici provenienti dall’Africa e dall’Asia. A parlare sono giovani che arrivano dall’Afghanistan, dalla Costa d’Avorio e da altri Paesi africani. Il sogno è quello di imparare un mestiere per poterlo poi mettere in pratica quando potranno finalmente tornare a casa. Alla Cascina Carlo Alberto, in Val Pellice, due ragazzi decidono di investire nel “bio” di qualità, alla Tenuta della Mistica di Roma, invece, altre persone ritrovano nel lavoro agricolo un ruolo nella società che sembrava averli respinti ai margini. C’è poi l’azienda Le Agricole di Lamezia Terme che opera su di un terreno confiscato alle mafie e accoglie donne con disabilità o in condizioni di fragilità sociale. Una delle storie più toccanti è quella dell’azienda agricola Paterna di Arezzo che anni fa ha accolto Moreno, un uomo che era stato precedentemente ospite di una struttura psichiatrica. Nel corso degli anni la cooperativa agricola ha dato la possibilità a Moreno di esercitare la propria fisicità e di ottenere una propria indipendenza grazie al lavoro. Ora che per lui si avvicina il momento della pensione, la famiglia della quale è divenuto progressivamente parte si interroga sul proseguimento di questo lungo percorso di inclusione. Se per Francesca Comencini, regista una quindicina d’anni fa del bel Carlo Giuliani ragazzo, si tratta di un’altra tappa di un convincente percorso di documentarista, per Fabio Pellarin si tratta di un interessante esordio nel doc; cinque storie di inclusione asciutte e antiretoriche, storie che bastano da sole, senza inutili fronzoli e sottolineature.

Fonte:  Cinemambiente