Sicilia, nuovi impianti e raccolta differenziata nelle parrocchie. Ecco il piano rifiuti

All’indomani dell’allarme lanciato dal ministro Galletti sulla gravità della situazione che affligge l’isola, il governatore Rosario Crocetta ha presentato il piano rifiuti che prevede nuovi impianti di valorizzazione, lo stop ai conferimenti in discarica di materia secca e accordi con le parrocchie per migliorare la differenziata386266_1

Nuovi impianti per la valorizzazione dei rifiuti e nuove azioni per incentivare la raccolta differenziata. Sono questi i punti cardine del piano rifiuti presentato dal governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, all’indomani dell’allarme lanciato dal ministro Galletti sulla gravità della situazione che affligge l’isola. Il ministro dell’ambiente aveva puntato il dito sulle discariche piene, dicendo che se non si risolve il problema dell’impiantistica carente tra sei mesi ci sarà una nuova emergenza. Ecco quindi la risposta di Crocetta e dell’assessora Vania Contrafatto: “Sulla valorizzazione dei rifiutiabbiamo previsto due impianti da 200 tonnellate a Palermo e Catania e altri cinque o sei da 60-80 tonnellate per garantire una distribuzione regionale abbastanza equa. Questi impianti potrebbero essere realizzati nelle discariche esistenti”. Crocetta sottolinea: “Non abbiamo messo la parola termovalorizzazione nel piano, perché i meccanismi di valorizzazione dei rifiuti sono molteplici: dalla gassificazione all’idro-soluzione. Vogliamo applicare la tecnologia più pulita”.

Secondo il documento l’iter sarà questo: gli ambiti territoriali decidono il numero di impianti necessari per smaltire i rifiuti, la Regione fa un avviso pubblico di concessione e alla fine, in base a costi, emissioni e posizione, sarà scelta l’impresa.

Per quanto riguarda le discariche invece, la Regione ha stabilito che dal primo novembre di quest’anno non si potrà conferire nelle vasche più del 50 per cento della frazione secca non riciclata (carta, cartone e plastica) e partire dal primo gennaio 2017 questa percentuale scenderà a zero. Il decreto dovrebbe servire per prolungare la vita utile delle discariche esistenti. Per i rifiuti in esubero si sceglierà, verosimilmente, la strada della spedizione fuori regione che però ha già creato diversi problemi nei mesi scorsi, quando ci fu il no di Torino nell’accogliere nel proprio termovalorizzatore i rifiuti dell’isola. Crocetta ha inoltre annunciato che per migliorare le percentuali di raccolta differenziata la giunta, in accordo con alcuni comuni, sta cercando di avviare “un progetto per coinvolgere le parrocchie”. Il governatore dice che a Gela è già stato fatto, così come in una parrocchia di Caltanissetta, dove sono state raccolte otto tonnellate di rifiuti differenziati. “Stiamo lavorando anche con l’arcivescovo di Monreale e con le parrocchie dei comuni dove la situazione è più critica”.

Fonte: ecodallecitta.it

“Termovalorizzatori a saturazione del carico termico”, lo dice il decreto Sblocca Italia | Il testo dell’articolo 35

termovalorizzatore

La norma dispone di dare priorità “al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale e a saturazione del carico termico”, che significa che alcuni impianti potranno bruciare fino al 30% in più di immondizia.  Fra le tante novità del decreto legge “Sblocca Italia”, l’articolo 35 introduce tra “le infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale” anche i termovalorizzatori. In particolare la norma dispone di dare priorità “al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale e a saturazione del carico termico”. Tradotto: alcuni impianti potranno bruciare fino al 30% in più di immondizia. Alcune amministrazioni del nord Italia, dove si trovano la maggior parte degli impianti della penisola, mettono le mani avanti e si oppongono a qualsiasi ipotesi di ricevere rifiuti dal sud, mentre diverse voci ambientaliste iniziano a mettere in guardia dal possibile aumento delle emissioni.

Ecco il testo dell’articolo in questione:

Art. 35 

(Misure urgenti per l’individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale)

1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, individua, con proprio decreto, gli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare per attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell’autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore. Tali impianti, individuati con finalita’ di progressivo riequilibrio socio economico fra le aree del territorio nazionale concorrono allo sviluppo della raccolta differenziata e al riciclaggio mentre deprimono il fabbisogno di discariche. Tali impianti di termotrattamento costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente.
2. Tutti gli impianti, sia esistenti che da realizzare, devono essere autorizzati a saturazione del carico termico, come previsto dall’articolo 15 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n.46. Entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti esistenti, le Autorita’ competenti provvedono ad adeguare le
autorizzazioni integrate ambientali.

  1. Tutti gli impianti di nuova realizzazione dovranno essere realizzati conformemente alla classificazione di impianti di recupero energetico di cui al punto R1 (nota 4), allegato C, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152.
    4. Entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti esistenti, le Autorita’ competenti provvedono a verificare la sussistenza dei requisiti per la loro qualifica di impianti di recupero energetico R1, revisionando in tal senso e nello stesso termine, quando ne ricorrono le condizioni, le autorizzazioni integrate ambientali.
  2. Ai sensi del decreto legislativo n.152 del 2006 e successive modificazioni non sussistendo vincoli di bacino per gli impianti di recupero, negli stessi deve essere data priorita’ al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale e a saturazione del carico termico, devono essere trattati rifiuti speciali non pericolosi o pericolosi a solo rischio sanitario, adeguando coerentemente le autorizzazioni integrate ambientali alle presenti disposizioni nei termini sopra stabiliti.
    6. I termini previsti per l’espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilita’, di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale degli impianti di cui al comma 1, sono ridotti alla meta’. Se tali procedimenti sono in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono ridotti della meta’ i termini residui.
    7. In caso di mancato rispetto dei termini di cui ai commi 2, 4, 5 e 6 si applica il potere sostitutivo previsto dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

 

Fonte: ecodallecitta.it

Il fracking potrebbe causare i terremoti

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Se ne parla da anni, ma di dubbi ormai sembrano essercene veramente pochi: il fracking potrebbe effettivamente causare terremoti. Gli ultimi indizi arrivano da un recente studio della Cornell University, pubblicato sulle pagine di Science, che ha messo in relazione l’attività dei quattro principali impianti di fracking dello stato americano dell’Oklahoma con oltre 100 terremoti di piccola e media entità registrati nella regione tra il 2008 e il 2013. Il fracking, o fratturazione idraulica, è una tecnica che consente di estrarre gas naturali e petrolio dal suolo utilizzando getti di liquidi ad alta pressione. Per i produttori è particolarmente conveniente, perché permette di evitare la costruzione dei più costosi impianti di estrazione tradizionali, ma negli ultimi anni in molti hanno sollevato dubbi sui rischi ambientali legati a queste procedure. L’acqua prodotta nel processo di fratturazione si disperde infatti nel terreno, e negli Stati Uniti, dove il fracking è particolarmente diffuso, sono state moltissime le segnalazioni di danni collaterali provocati da questi liquidi di scarto, come l’avvelenamento delle falde acquifere, o per l’appunto, terremoti. Guardando ai numeri, in Oklahoma la situazione è particolarmente eclatante. Stando ai dati raccolti dai ricercatori della Cornell University, tra il 1976 al 2007 nello stato veniva registrato non più di un terremoto di magnitudo 3 o superiore (abbastanza intenso cioè da essere percepito facilmente) ogni anno. Dal 2008 (anno in cui si sono intensificate le operazioni di fracking) fino al 2013 se ne sono registrati invece oltre 100, e dall’inizio di quest’anno l’attività sismica in Oklahoma si è intensificata ulteriormente, superando quella di una zona ad alto rischio come la California. Nel loro studio, i ricercatori hanno utilizzato un modello computerizzato per simulare il percorso compiuto dalle acque di scarto prodotte da quattro impianti di fracking nell’area della cittadina di Jones, dove ha avuto inizio il principale sciame sismico degli ultimi anni. I quattro impianti, tra i più grandi dello stato, riversano ogni giorno oltre20 milioni di litri di acqua nel terreno, liquidi che, dimostra il modello, potrebbero essere direttamente responsabili dei terremoti. Lo studio ha messo inoltre in evidenza come gli effetti degli impianti di fracking possano farsi sentire in zone distanti anche 35 chilometri dall’area di estrazione (molto più di quanto ritenuto fin’ora), e che con il passare del tempo la pressione accumulatasi produce eventi sismici di entità sempre maggiore. Nonostante i rischi emersi dallo studio, gli scienziati della Cornell University ricordano però come nell’area centrale degli Stati Uniti siano attivi migliaia di impianti di fracking, di cui la maggior parte opera senza provocare nessun tipo di attività sismica. Per questo, i ricercatori sottolineando la necessità di continuare gli studi sull’effetto delle acque di scarto, per comprendere meglio in quali casi questi impianti di estrazione possono diventare pericolosi.

Fonte:  Wired.it

Credits immagine: Joshua Doubek

Elettrosmog: nasce il catasto nazionale dei tralicci e degli impianti

Nasce il catasto nazionale dei tralicci e di tutte le sorgenti di emissioni elettromagnetiche: il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Non ci saranno più scuse: con questo strumento, e con i catasti regionali, chi dovrà autorizzare l’installazione di impianti che espongono la popolazione a inquinamento elettromagnetico avrà la possibilità di sapere se tale esposizione diventa eccessiva. Ora l’incognita è: verrà usato per garantire la popolazione oppure no?tralicci

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare il provvedimento che sancisce la “Istituzione del Catasto nazionale delle sorgenti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e delle zone territoriali interessate al fine di rilevare i livelli di campo presenti nell’ambiente”, un supporto informativo potenzialmente molto utile per le attività di monitoraggio e controllo ambientale.
Il Catasto Nazionale opererà in coordinamento con i catasti regionali, che forniscono al Catasto Nazionale i dati e le informazioni di competenza regionale. Il catasto potrà risultare utile per enti e istituzioni che dovranno valutare e autorizzare eventuali nuovi impianti o controllare l’attività di quelli esistenti, in modo da valutare correttamente l’impatto su ambiente e salute. Ma lo strumento sarà utile anche ai cittadini. Infatti attraverso il Catasto Nazionale sarà possibile conoscere l’ubicazione delle sorgenti sul territorio e le loro caratteristiche tecniche, nonché identificare i gestori degli impianti. Ancora, il Catasto sarà utile alla costruzione di mappe territoriali di campo elettrico e magnetico, per rappresentare lo stato dell’ambiente. Nell’Allegato al Decreto viene descritta la struttura della base di dati che costituisce il Catasto nazionale, con l’indicazione delle informazioni che devono essere contenute, relative a sorgenti a radiofrequenze quali impianti per telecomunicazione (stazioni radio base per telefonia mobile, trasmettitori radiotelevisivi, ponti radio ecc.) e radar, e sorgenti a frequenze ELF di maggiore interesse per l’impatto sull’esposizione della popolazione e, più in generale, sull’ambiente ed il territorio (linee elettriche di distribuzione e trasporto dell’energia elettrica ad alta ed altissima tensione). In particolare, per la struttura della base dati per le sorgenti a radiofrequenze si fa presente che la tipologia di dati da gestire e le strutture da costruire si riferiscono a dati anagrafici e legali dei gestori, dati anagrafici e geografici del sito, caratteristiche fisiche dei sistemi irradianti, compresi i diagrammi di irraggiamento orizzontale e verticale. Per le sorgenti a frequenze ELF le tipologie di informazioni si riferiscono ai dati anagrafici e legali dei gestori, ai dati anagrafici della linea, ai dati anagrafici e geografici, nonché alle caratteristiche fisiche di impianto, sostegno, tronco, tratta e campata. In entrambi i casi sono a disposizione modelli di tabelle utili a fornire le informazioni richieste per l’alimentazione del Catasto Nazionale.

Fonte: il cambiamento.it

Difendersi dall'Elettrosmog

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Due banche negli USA e in Europa scelgono di non finanziare più impianti a carbone

La banca pubblica USA per l’import-export e la banca europea per lo sviluppo hanno definito nuove linee guida per finanziare gli impianti di produzione di energia ponendo stretti limiti alle centrali a carbone. Per la prima volta si inizia a capire che le attività economiche non sono tutte ugualiCentrale-a-carbone-Asia-586x389

La Export-Import Bank degli Stati Uniti ha deciso di non finanziare più centrali elettriche a carbone nei paesi in via di sviluppo né impianti ad alta emissione di CO2. «Senza limiti o linee guida, un numero crescente di impianti continuerà a emettere inquinamento da carbonio nell’aria che respiriamo», ha detto Fred P. Hochberg, presidente della Ex-Im Bank, che è un organismo ufficiale del governo federale USA e che quindi ha recepito la politica dell’amministrazione Obama per la riduzione dell’inquinamento. La stessa cosa sta avvenendo in Europa dove la European Bank for Reconstruction and Development, una banca pubblica con larga partecipazione dell’UE, sta ponendo limiti stringenti al finanziamento di nuovi impianti inquinanti a carbone. Il suo amministratore, Riccardo Puliti (nomen omen?) ha così commentato: «“Non possiamo usare il carbonio senza pensare al suo impatto sui cambiamenti climatici. Sono un problema e dobbiamo  agire per risolverlo». In passato, questi istituti di credito sono stati piuttosto prodighi nel sostenere il carbone, con circa 3 miliardi di € negli ultimi 20 anni la Ex-Im Bank e con 800 milioni di € negli ultimi 7 la EBRD. Questo non significa che non si faranno più impianti a carbone, perchè le banche private continuano a finanziarli, ma è almeno il primo timido segnale che qualcosa sta cambiando: i banchieri non hanno improvvisamente scoperto un’anima verde, ma sono più che altro terrorizzati dalla bolla del carbonio. L’importante è che si smetta di usare risorse pubbliche per avvelenare il clima.

Fonte: ecoblog

Federutility, sull’acqua si pagano multe anzinché investire in impianti

L’associazione che riunisce le aziende del settore idrico ed energetico valuta positivamente l’incontro di ieri con il sottosegretario D’Angelis. E ripropone sei idee per far decollare il comparto idrico nazionalefederutility_logo_piccolo_web--400x300

“L’incontro convocato dal sottosegretario alle Infrastrutture, Erasmo D’Angelis, ha un dato certamente positivo: l’apertura di un tavolo in cui i soggetti del settore idrico avranno modo di ragionare su temi ambientali, economici, gestionali e tecnici. Speriamo che allo sforzo politico e alle buone intenzioni di governance, segua una maggiore fiducia nel settore idrico che ha bisogno di riavviare progetti per quasi 5 miliardi, fermi da anni, che potrebbero dar lavoro ad oltre 160 mila addetti”. Questo il commento di Adolfo Spaziani, coordinatore di Federutility, la federazione che riunisce le aziende del settore idrico e del settore energetico, al termine dell’incontro convocato dal Sottosegretario. Erano presenti tutti le componenti del settore: regioni, enti locali, ambiti territoriali ottimali e aziende idriche. Al centro dell’incontro, l’emergenza idrica e, in particolare, le sanzioni europee sulla depurazione che il nostro Paese si appresta a pagare. “Siamo nella situazione assurda – continua Spaziani – in cui si preferisce pagare 714.240 euro al giorno per ogni Comune che ha ritardi sugli impianti di depurazione, piuttosto che costruirne. Con danni ambientali incalcolabili sulle future generazioni e con alcuni gioielli del turismo balneare nazionale che rischiano tutti i giorni di diventare la vergogna del Paese anche sulla stampa estera, come avvenne per la vicenda dei rifiuti”. Nel corso dell’incontro Spaziani ha consegnato un documento riassuntivo degli interventi urgenti e un elenco di sei priorità di Federutility. Per la federazione serve semplificare le procedure per le autorizzazioni, rivedere il quadro normativo e di regolazione, incentivare gli investimenti, offrire incentivi e penalità per l’efficienza gestionale e gli standard di servizio, incentivare l’efficienza energetica, proteggere le fasce a basso reddito con il bonus idrico.

Fonte: eco delle città