Stromboli, eruzione d’agosto: le immagini spettacolari (foto e video)

Le spettacolari immagini dello Stromboli in piena attività: i turisti delle Eolie meravigliati da tanta magnificenza.

Questa mattina su Twitter ho notato che molti amici cinguettavano fotografie meravigliose dell’attività vulcanica dello Stromboli, nelle isole Eolie: a parte la sana (seppur bruciante) invidia per i miei amici, che si trovano in uno dei posti più belli del Mediterraneo al contrario del sottoscritto, la meraviglia delle immagini che arrivano dai social network e dalle agenzie stampa (e da qualche amico) è davvero unica. Il fuoco che si fa acqua del vulcano Stromboli, quando la lava tocca la superficie delle acque saline delle Eolie, le nubi che salgono per chilometri nel cielo, la magnificenza del vulcano: l’eruzione dello Stromboli da diversi giorni sta continuando ad affascinare turisti provenienti da ogni angolo del mondo.ITALY-VOLCANO-STROMBOLI

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Da lunedì scorso infatti lo Stromboli si mostra ancor più magnifico grazie alla nuova bocca eruttiva apertasi nella parte alta della Sciara del fuoco, a una quota di circa 650 metri, da dove fuoriesce un’abbondante quantità di lava che molto lentamente scende a valle verso il mare. Il monitoraggio da parte dei vulcanologi INGV non mostra segnali di pericolo per turisti ed abitanti delle Eolie:

“Lo Stromboli sta facendo un’attività particolarmente importante con una colata che arriva fino al mare ma che è costantemente monitorata. Abbiamo un sistema incrociato tra protezione civile nazionale, regionale e Comune di Lipari e c’è un centro di osservazione efficiente e molto all’avanguardia. E’ un fenomeno naturale che ha elementi di imprevedibilità ma che è molto monitorato”

ha spiegato al quotidiano online Tempostretto il sindaco di Lipari Marco Giorgianni. La lava che scende dallo Stromboli si incanala lungo il ripidissimo pendio della Sciara del Fuoco, raggiungendo lentamente il mare del basso Tirreno (il fondale sprofonda sotto i 2000 metri) e provocando una nube di vapore acqueo bianca e causando uno degli effetti ottici più imponenti degli ultimi anni. Ma le giornate di sole su tutto il Mediterraneo regalano uno spettacolo ancor più emozionante per chi arriva alle Eolie via mare da nord: l’Etna e lo Stromboli lungo l’orizzonte, fumanti e contemporaneamente in eruzione. Uno scenario non facile da vedere perchè non si verifica spesso, che rende quel tratto di mare unico al mondo: non è facile infatti poter osservare due grandi vulcani in piena attività contemporaneamente.

L’eruzione dei due vulcani dovrebbe proseguire copiosa anche nei prossimi giorni, per la gioia dei turisti giunti alle Eolie.016-600x350

fonte: ecoblog.it

© Foto Getty Images

Riti e simboli nella società. Il ritorno della civetta

“Il consumismo globalizzato, ultima fase di una società di dominio e divisione, riducendo tutto a merce sta distruggendo riti e simboli ovunque nel mondo ‘sviluppato’ e si dà da fare per distruggerli anche nel mondo assoggettato”. Eppure oggi c’è chi ritorna alla terra è chi torna a fare il pane, a ritrovare i gesti e la calma concentrazione, gli odori e il tatto, il cibo sacro.simboli

Nella stanza da letto delle mie zie c’era una campana di vetro, proteggeva Maria Bambina: una piccola bambola di porcellana e stoffa che rappresentava una neonata in fasce, circondata di fiori. Era il simbolo della Dea Madre nella sua espressione primaverile: la rigenerazione della vita. Nessuno ne era più consapevole ma non aveva importanza; rimaneva un simbolo sacro e pur sempre un simbolo di (ri)nascita e di amore.

… Signora, a casa nostra nessuno mai parlava di te

così come non dicevamo “respiro per vivere”,

solo respiravamo,

e quando a volte l’amarezza ci sigillava la bocca

ti vedevamo a un tratto risplendere alle spalle della madre

così come un mattino scendendo un impervio pendio

diretti ai campi

vediamo il mandorlo riarso dal gelo illuminarsi dei suoi

fiori… (Ghiannis Ritsos, “La Signora delle vigne”)

Simboli, come le lenticchie a Capodanno, piccoli semi color della terra per l’augurio, nel letargo invernale, di una rinascita primaverile; riti e simboli, come immergere la mano nell’acquasantiera e poi farsi il segno della croce: l’acqua sacra e il segno del sole per il riprodursi della vita.

Riti e simboli che ci hanno accompagnato dalla notte dei tempi, che facevano parte della condizione umana e ci legavano a tutta la vita, al suo fluire completo. Facevano parte della nostra coscienza e del nostro inconscio, scorrevano attraverso il tempo e permettevano che anche noi scorressimo nel grande flusso. Riti e simboli che appagavano e davano pace. Venivano da lontano, dal neolitico e alcuni addirittura dal paleolitico, da quando nasce la cultura umana, dai tempi dei disegni nelle grotte e delle piccole figure femminili di pietra, di terracotta, sicuramente di legno e di stracci per i giochi dei bambini: le figure della Dea Madre, che non era altro che la Vita in tutte le sue forme.

Le religioni e le culture sono cambiate nella storia dell’uomo, ma tutte hanno dovuto assumere quei simboli e quei riti, anche tentando di deformarne il significato a volte, ma senza poterli escludere dalla quotidianità umana. Tralci di vite, alberi frondosi, agnelli, sirene, colombi e tori nelle cattedrali gotiche. Bambole sedute tra i cuscini del letto matrimoniale, Sacre Famiglie appese a capoletto nella mia infanzia. Lumi accesi e fiori davanti alle immagini dei morti, in augurio e omaggio alla loro rinascita, ancora oggi. Ancora oggi?carrello_consumismo2_2

Il consumismo globalizzato, ultima fase di una società di dominio e divisione, riducendo tutto a merce sta distruggendo riti e simboli ovunque nel mondo “sviluppato” e si dà da fare per distruggerli anche nel mondo assoggettato. Sembra che questo sia anzi uno degli scopi a cui tende con perseveranza e, se non addirittura consapevolmente, certo con istinto sicuro, il capitalismo globale. Del resto, la civiltà del dominio si adoperò fin dalla sua nascita per distruggere culture, religioni e riti legati alla Vita, alla Grande Dea pacifica e amorevole, alla natura in tutte le sue forme. Del resto, il dominio e la divisione cominciano, nella storia umana, assieme al distacco dalla natura e alla sua rapina. La società dei dominatori e dominati vuole dominare anche la vita e l’universo. Ma è un’impresa impossibile e conduce solo all’autodistruzione, come abbiamo visto e vediamo ogni giorno. Così come la distruzione di tutti i nostri riti e simboli distrugge anche la nostra anima. Sulle brocche di terracotta pugliesi era dipinto il galletto. Come su quelle minoiche erano dipinti i delfini, la spirale, la cerva, il polpo. Immagini dei nostri compagni nella vita e simboli di vita, rigenerazione, flusso degli elementi e dell’energia vitale. In Sud-Tirolo si usa ancora tenere appese nelle case le sculture della donna-pesce, dell’uomo-cervo. Nei mercati dei contadini, almeno fino agli anni settanta, si vendevano partite di cereali, sementi e bestiame suggellando l’accordo con un’energica stretta di mano. Non serviva altro: era un pegno, la parola data. Nessuno si sarebbe sognato di cambiare idea dopo quella stretta di mano, che era un rito e un simbolo e di questi aveva la forza. Una forza che ci sosteneva. Senza che ce ne rendessimo conto, riti, simboli, usanze costituivano il terreno su cui ci muovevamo, la ragnatela sospesa in cui trovavamo le nostre strade anche nella bufera. Erano una rete che ci univa tra esseri umani e nello stesso tempo ci univa all’universo intero.

… Sull’abete hanno scolpito la tua colonna quelli che hanno

per cinture i monti

sulla pietra hanno scolpito il tuo silenzio i mietitori… (G. Ritsos – La Signora delle vigne)

C’era una filastrocca da recitare mentre spezzavamo i gambi dei soffioni per farne delle trombette, la filastrocca avrebbe propiziato la riuscita dell’operazione. C’era un desiderio da esprimere quando vedevamo cadere una stella. C’era un bicchiere sotto cui mettere il dente da latte che si era staccato, perché qualche essere magico ci risarcisse. I bambini vivevano nella magia quotidiana, ne erano circondati e, anche quando smettevano di crederci, si attenevano ai suoi “precetti”. Diventati riti e simboli. Senza tutto questo, senza riti, usanze, simboli che ci manifestino la sacralità della vita, della natura, dei rapporti coi nostri simili, che cosa siamo? Gente persa e confusa, perennemente in competizione con sé stessa, con gli altri esseri umani, col mondo intero. Perennemente insoddisfatta, perché la competizione non ha limiti e non raggiunge mai mete definitive. Sballottata tra una pubblicità e l’altra, una merce e l’altra, una moda e l’altra. Subissata di notizie e stimoli che si affastellano nella mente alla rinfusa, poiché non abbiamo con che misurarli e discernerli. Gente alla disperata ricerca di usanze e riti che riempiano il suo spirito e che trova solo le “usanze” e i “riti” imposti dalla macchina industrial-consumistica, i “simboli” di effimere vittorie nella competizione infinita. Senza più dei, senza tribù, gens, comunità, senza più un’idea della vita e della morte.

Ti vedevamo nella mano che mostrava i campi dicendo “la

terra è buona” o “Dio sia con te”,

nella mano della nonna che si segnava mormorando “per

grazia dei Padri Santi”

nella mano che fa la croce sul pane col coltello, sicura

e onesta… (G. Ritsos – La Signora delle vigne)grano__mano

Ed ecco che c’è chi ritorna alla terra: un istinto forte e saldo gli dice che lì c’è la realtà, il necessario e il sacro. E c’è chi torna a fare il pane, a ritrovare i gesti e la calma concentrazione, gli odori e il tatto, il cibo sacro. E su ogni pane, prima di infornarlo, si incideva il simbolo del sole: la croce. E cosa cambia se lo si considera il simbolo di Dio? E c’è da un po’ di tempo chi colleziona ninnoli che rappresentano rane o civette. E sono solo donne a farlo, senza sapere che la rana e la civetta erano due simboli della Dea onnipresenti in tutta l’Europa neolitica; potenti simboli di fertilità, nascita, morte e rigenerazione. Che ritornano da un inconscio ancestrale proprio quando la nostra società dissipatrice e distruttrice sta facendo scempio della vita in ogni sua forma. Consciamente o inconsciamente sentiamo tutti il bisogno di riannodare i fili della vita, della nostra appartenenza all’universo. Ma, come i simboli e i riti che sancivano la nostra appartenenza all’universo erano simboli e riti di amore, rispetto, venerazione nei confronti di ogni essere vivente, così è solo attraverso tutto ciò che possiamo recuperarli. Cominciando anche da piccoli gesti come curare un orto o un giardino, come una tisana bevuta la sera coi vicini “a veglia”, come il ritrovarsi per fare assieme il pane. O una partita a carte, o una passeggiata coi bambini, o per cantare in coro: ritrovarsi per fare, non per consumare, né tantomeno per competere. Perché il contatto con la natura e le cose fatte liberamente insieme, in spirito di amicizia e solidarietà, diventano spontaneamente riti. Appagano e danno pace, ci fanno sentire parte di una comunità o di qualcosa di più grande ancora. Le piccole cose di cui è fatto il mosaico scintillante che è la vita. Le cose che spontaneamente seguono il suo flusso, perché dove non c’è dominio, avidità, divisione e competizione, non c’è nemmeno spreco e distruzione, e la consapevolezza persa ritorna poco a poco a riformarsi e a crescere, assieme al nostro legame con la natura.

…Signora grande, come sommesso il primo buongiorno del

cedrangolo

sommesso il tuo passo e il respiro del pesce accanto alla luna

sommesso il chiacchiericcio della formica davanti alla

chiesetta della margherita.

Ah, quanto oro deposita un raggio sulla goccia di rugiada

quando le pleiadi ti appendono sulla fronte i sette ramoscelli

di mimosa,

ah, quanto polline stipato in bocca all’ape per il miele,

quanto silenzio nel tuo cuore per il canto… (G. Ritsos – La Signora delle vigne)

L’antica civiltà del neolitico, da cui discende il culto della Dea ormai dimenticato, ma che si manifesta persino oggi continuamente, anche nei fiori raccolti in campagna o in giardino e messi al centro della tavola o sull’altare della Madonna, era una civiltà pacifica, ugualitaria, consapevole. Profondamente consapevole. In quella civiltà le donne erano pari agli uomini ma erano nello stesso tempo più importanti degli uomini, come dovrebbe essere logico per qualsiasi specie sessuata, dato che più importante è il loro ruolo nella riproduzione e conservazione della specie. Le donne erano sacre, sacre le loro mani che trasformavano il cibo, tessevano gli indumenti, allevavano bambini, curavano ammalati. E questo dovrebbe far riflettere anche sui motivi per cui, in una società fondata sulla rapina della natura, sul dominio e la competizione, nel tempo del suo degrado e della sua disgregazione finale, e quindi nel massimo esprimersi di rapina e dominio, le donne siano oggetto di quotidiane, feroci, gratuite violenze. Alle donne gli uomini baciavano le mani (ancora oggi in alcune luoghi della Polonia contadina gli ospiti baciano la mano della padrona di casa che ha preparato il cibo); alle donne si offrivano fiori, come alla Dea, fino a poco tempo fa: in particolare alle puerpere. Era una civiltà, quella del neolitico, che non conosceva le armi, che adorava piante e animali; una civiltà felice. Durata, in alcuni luoghi, anche diecimila anni. Molto più della nostra civiltà di guerra e dominio. Per questo non bisogna credere a chi cerca di convincerci della “naturale” aggressività umana verso i propri simili, della “naturale” divisione e diseguaglianza, della “naturale” supremazia dell’uomo sugli altri esseri viventi. Sono invece artificiali: gli artifici di una civiltà squilibrata che si deve puntellare su una cultura di guerra per sopravvivere: guerra in tutte le accezioni e in tutti i campi. Fino ad oggi, quando quella stessa guerra, in forma di competizione non solo militare ma economica, la sta distruggendo. E possiamo solo ritornare alla civetta, alla rana; alla terra e ai suoi frutti; cercando di ricomporre e proteggere la vita frammentata e sacrilegamente degradata dalla civiltà del dominio.

… Prepara ancora un materasso largo con cartocci freschi

immergi profondi gli occhi nelle stelle

come s’immerge la mano nella madia con le mandorle,

ah, offrici qualcosa, Signora, che aspettiamo nel tuo cortile

offrici la danza per far schiattare la morte. (G. Ritsos – La Signora delle vigne)

fonte: il cambiamento

Il potere delle parole e delle immagini

Partendo dalle sue esperienze con bambini ed adolescenti, l’insegnante di lingue Claudia Bousquet sottolinea l’importanza di selezionare in maniera adeguata il linguaggio e le immagini da offrire ai più piccoli affinché questi possano trarne nutrimento per l’immaginazione e per la loro esistenza, nonché per costruire solide radici per il loro divenire.bambino_tv

Sono un’insegnante di lingue che sviluppa anche progetti basati sul racconto, la poesia e le immagini (foto, video, disegni). Da alcune esperienze fatte con bambini ed adolescenti, mi sono accorta di quanto sia importante selezionare sempre in maniera adeguata il linguaggio ed altresì, le immagini da offrire. A tal proposito, molte trasmissioni televisive non rappresentano un buon esempio da seguire. Troppo spesso infatti, esse ci propongono modelli negativi di relazioni umane, non più basate sul rispetto reciproco e sulla gentilezza, ma sull’arrivismo e sulla prevaricazione del più forte. Generalmente quindi, i media non offrono una sana educazione (non solo visiva) ai nostri figli e non collaborano alla realizzazione di un’umanità migliore. Purtroppo proprio quella “scatola animata” esercita una grande influenza “culturale”, sui più giovani, ed in special modo sui più piccoli, i quali, nudi davanti allo schermo (privi cioè di protezioni mentali ed emotive), s’impregnano di quel “sapere”. Frequentemente a scuola, mentre ascolto gli scambi verbali dei miei alunni di 14-18 anni (spesso volgari anche in presenza degli insegnanti) mi sembra di rivivere in classe la trasmissione di “Uomini e donne”. Infatti , anziché esprimere con calma i propri pareri, troppo spesso discutono in forma accesa, infuocandosi e usando, con poca consapevolezza, espressioni sin troppo intense e colorite. Questi tipi di scambi non denotano alcun interesse e rispetto per se stessi e per gli altri; si tratta di conversazioni prive di vero ascolto, in cui la mente e la parola non sono più a stretto contatto con il cuore, dando così vita a una forma di squilibrio interiore. Gli spot televisivi, i cartoni animati, molti film di fatto invadono il nostro mondo immaginario, spesso influenzandolo a tal punto da causare persino dipendenza.bambini8

Ciò significa che quel rapido susseguirsi di immagini e parole, può sostituirsi alle nostre immagini interiori, a quelle immagini cioè che tessono il filo sacro dell’esistenza. Questo magico filo, se non tutelato, spesso rischia di spezzarsi, ostacolando la comprensione e la scoperta del vero significato della nostra stessa vita. E noi quanto di tutto questo “materiale invasivo ” selezioniamo giornalmente per i nostri figli, nipoti e ragazzi? Perché misurare e usare bene le parole e perchè non sovraccaricare i bambini di immagini esterne eccessive lo spiega bene la scrittrice A.Sepilli, nel suo libro “Poesia e magia” (p.52): “Esprimere parole equivale a suscitare immagini nella fantasia anche senza corrispondenza con una realtà esteriore… Le parole come il sogno o la visione, quando siano accompagnate da forte carica emozionale , possono apparire forme intensificate di realtà, o di una ‘soprarrealtà’, misteriosa, esistente in un qualche modo o in qualche dove”. Se le parole possono avere questo potere e, insieme alle immagini, possono creare una “realtà altra” nel individuo, chi controlla questa realtà? Che forme prenderanno certe fantasie? Che esseri simbolici diverranno certi personaggi nella mente del bambino? Noi questo non possiamo saperlo, allora ecco perchè tutelare i minori, selezionando accuratamente il materiale visivo e sonoro da offrire loro. Proponendolo come se fosse un pasto, considerando che proprio di questo si tratta: di offrire ai più piccoli nutrimento per l’immaginazione e per la loro esistenza; affinchè semplicemente possano vivere più sereni e riescano ad avere delle radici solide su cui poggiare il loro divenire. “Ogni parola che proferiamo va scelta con cura, perchè il prossimo la udrà e ne sarà influenzato, nel bene o nel male” Buddha[1] Ed ancora Emily Dickinson scriveva: “Una parola è morta quando è pronunciata, dicono alcuni. Invece io dico che inizia a vivere proprio in quel momento” [2].

1. Dal testo “ I dieci comandamenti della saggezza” di Hal Urban (pag 62)

2. Tratto da : “L’incanto di un prato fiorito”

Tratto da EcoInArte

Fonte: il cambiamento