Beeopak, la pellicola naturale che si prende cura del cibo e dell’ambiente

Clarien e Monica, all’interno del loro laboratorio nel cuore di Torino, hanno ideato Beeopak, una pellicola riutilizzabile e biodegradabile per avvolgere e conservare gli alimenti nel totale rispetto dell’ambiente. Una soluzione 100% naturale per sostituire gli imballaggi in plastica che quotidianamente utilizziamo nelle nostre cucine e promuovendo gli ingredienti biologici del territorio piemontese. Vi ricordate la vecchia carta cerata, proprio quella con cui le nostre nonne avviluppavano il formaggio prima che la plastica invadesse le nostre tavole? È un ricordo conservato nella memoria di molti di noi, di quell’attenzione e di quella cura per il cibo che ora è nostro compito far sopravvivere.

STOP USA E GETTA! IL FUTURO E’ ADESSO!

E se plastica e stagnola usa e getta immancabilmente occupano un posto fisso nel nostro cassetto o sul ripiano della nostra cucina, esistono delle soluzioni con le quali possiamo far rivivere quelle antiche abitudini messe in pratica proprio dalle nostre nonne. Proprio come Beeopak, la soluzione nuova ed ecosostenibile ideata a Torino come sostituto alla pellicola di plastica. Beeopak deriva dall’unione dei termini “bee” (ape) e “pack” (impacchettare, avvolgere) ed è il risultato di una lunga amicizia nata dall’incontro tra due sognatrici: Monica Fissore e Clarien van de Coevering. Si tratta di una pellicola alimentare riutilizzabile e biologica per conservare gli alimenti e portare colore e bellezza in tavola e in cucina, riducendo il quantitativo di rifiuti.

“Questo progetto – mi racconta Monica – nasce da un’idea condivisa in un pomeriggio dell’estate del 2018, durante una passeggiata nel noccioleto dell’Azienda Agricola di Clarien. Confrontandoci sull’argomento ci siamo rese conto che l’idea di una pellicola alimentare riutilizzabile era già presente in diversi Paesi del mondo ma non in Italia. Così abbiamo pensato di crearla noi e da quel momento, all’interno dell’azienda, abbiamo dato vita a quello che sarebbe diventato il nostro primo laboratorio e iniziato a sperimentare”. 

Beeepak nasce con una sola condizione: quella di essere realizzata in modo artigianale con ingredienti 100% naturali. Per questo sono stati scelti cotone biologico impregnato in cera d’api, resina di pino e olio di nocciole, ovvero alimenti autoctoni piemontesi totalmente a chilometro zero. Si tratta di cera biologica e quando possibile biodinamica, che viene fornita a Monica e Clarien direttamente dai produttori locali. “Abbiamo iniziato a conoscere delle realtà piccole sul territorio del torinese, dell’astigiano e del cuneese e abbiamo quindi provveduto a mapparle, per costruire delle relazioni che vedessero protagonisti proprio i produttori del luogo, che sono per noi i veri custodi della terra, della natura e dell’ecosistema”, mi spiegano.

Piccole realtà, che testimoniano la volontà di favorire più produttori che, proprio come Clarien e Monica, stanno crescendo sul territorio e cercano di proporre un’agricoltura sana e naturale che valorizzi le tipicità locali. “Nel complesso abbiamo riscontrato molta curiosità e interesse da parte dei produttori agricoli, proprio perché il nostro è un prodotto nuovo ed insolito che anch’essi hanno voluto testare e scoprire”. 

Beeopak ha delle proprietà antibatteriche che permettono di conservare il cibo fresco e più a lungo. La cera è infatti ricca per natura di propoli e altre sostanze con cui la plastica non potrà mai competere. “È traspirante e modellabile – mi spiega Clarien – perfetta per avvolgere cibi perché, scaldandola con le mani, si adatta alla forma dell’alimento. Inoltre, contiene resina di pino al suo interno, che conferisce una perfetta capacità aderente, ottimale per conservare gli alimenti”, aggiunge Monica. Insomma, un prodotto versatile che funziona proprio come una seconda pelle: “Ha mille utilizzi, c’è chi lo usa come se fosse un piano di lavoro per far lievitare la pasta del pane, chi ci avvolge la saponetta da portare in viaggio al posto della custodia di plastica, chi incarta il panino da mangiare a scuola o a lavoro, chi conserva formaggi, frutta e verdura facilmente deperibili”, mi raccontano.

“Beeopak è per noi un’alternativa alla pellicola, ma non solo”. Come mi spiega Clarien, è un modo diverso per prendersi cura del cibo. “Nel momento in cui una persona compra un alimento, lo avvolge, lo conserva, lo presenta in tavola, ne gode e se ne nutre, dando così valore ai doni che la natura ci offre”.  

L’idea di una pellicola naturale riutilizzabile vuole ricordarci l’importanza di introdurre alternative sostenibili nella nostra quotidianità, a cominciare da subito. Beeopak rappresenta una delle sempre più numerose ed innovative soluzioni contro lo spreco e la cultura dell’usa e getta, che trova la sua soluzione ideale in una dimensione locale proprio perché capace di valorizzare i prodotti caratteristici di un territorio.

“Da quando abbiamo avviato il progetto nel 2018, l’attività è cresciuta molto. Abbiamo sempre più richieste da piccoli negozi locali che prediligono il biologico e la spesa sfusa senza imballi oppure gruppi di acquisto collettivi o i privati, nonché realtà che stanno intraprendendo percorsi virtuosi. Ci accorgiamo che le persone sono curiose, vogliono cambiare e sono pronte a cambiare, cercando delle alternative più sostenibili”, mi raccontano.

Oltre ad una finalità ambientale, tramite Beeopak, Monica e Clarien stanno promuovendo intorno al progetto una dimensione sociale legata allo sviluppo di comunità. “Abbiamo avviato un rapporto di collaborazione con un’agenzia formativa sul territorio attivando degli stage nel nostro laboratorio per lavoratori svantaggiati, con l’idea che alcuni di questi stage si trasformino poi in tirocini e rapporti di lavoro. Stiamo inoltre sviluppando una dimensione educativa e pedagogica attraverso collaborazioni con musei, bioparchi e realtà attive nell’ambito dell’educazione, accompagnando i bambini, i ragazzi e i futuri cittadini del nostro domani verso la scoperta di soluzioni che, proprio come Beeopak, possono aiutarci a vivere in maniera più consapevole”. 

Intervista: Lorena di Maria e Paolo Cignini

Realizzazione video: Paolo Cignini

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/07/beeopak-pellicola-naturale-cura-cibo-ambiente-io-faccio-cosi-256/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Imballaggi e cibo: focus sulla plastica

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Intervista a Luca Stramare, progetti speciali e rapporti con le associazioni Corepla

Tutti gli alimenti possono essere conservati negli imballaggi in plastica?

Oggi, salvo casi veramente particolari, non esiste alimento che non possa essere confezionato in plastica. Le eccezioni sono legate a processi produttivi particolari come nel caso della sterilizzazione dove sarebbe difficile trovare un polimero resistente ad altissime temperature. Nelle condizioni di confezionamento normalmente utilizzate dall’industria alimentare, invece, non c’è nessun problema.

In generale qual è la shelf-life (vita sullo scaffale) dei prodotti conservati negli imballaggi in plastica?

La shelf-life è conseguenza dell’abbinamento tra le caratteristiche del prodotto, le prestazioni dell’imballaggio e il tipo di distribuzione, normale o attraverso la catena del freddo. Le aziende hanno a disposizione più scelte. Facciamo l’esempio della frutta sciroppata. L’utilizzo di un barattolo in acciaio permette di conservare il prodotto per lungo tempo, il che per l’azienda può rappresentare un vantaggio quando il prodotto viene confezionato a migliaia di chilometri di distanza da noi, deve essere trasportato su lunghe distanze e viene tenuto molto a lungo in magazzino prima di essere distribuito al supermercato. Ma l’azienda può anche scegliere di utilizzare un barattolo di plastica. In questo caso, a fronte di una shelf-life inferiore, si può realizzare un barattolo trasparente che permette al consumatore di vedere il prodotto contenuto, con un design personalizzato che faciliti il riconoscimento sullo scaffale e con un coperchio che è più facile da aprire per il consumatore (non richiede un apriscatole e non c’è il rischio di tagliarsi) e che può essere richiuso. Sono entrambe scelte possibili, sta all’azienda valutare e decidere.

Come avviene allora la scelta di un imballaggio in plastica piuttosto che in un altro materiale?

Come dicevo all’inizio, quasi tutti gli alimenti possono essere confezionati in imballaggi in plastica. Tocca poi all’azienda fare la scelta opportuna in base all’ottimizzazione del sistema “imballaggio – prodotto – logistica e shelf-life desiderata”.

Agli imballaggi viene richiesto di soddisfare requisiti normativi, prestazionali, di costo e di marketing. Questi sono i quattro pilastri che guidano la scelta di un’azienda. I primi sono cogenti, non puoi farne a meno. Gli altri tre, invece, un’azienda li bilancia. Ad essi si aggiunge la tutela dell’ambiente, che sta diventando sempre più importante nelle scelte delle aziende e dei consumatori. Lo dimostra il numero crescente di aziende che contattano COREPLA chiedendo informazioni su come possono intervenire migliorare la riciclabilità dei propri imballaggi, utilizzare plastica riciclata per produrre nuovi imballaggi e comunicare queste informazioni ai consumatori. Le materie plastiche presentano numerosi vantaggi. Gli imballaggi in plastica sono leggeri, resistenti, versatili, possono essere realizzati in una ampia varietà di forme e dimensioni, adatte alle più svariate tipologie di prodotti, offrono elevati livelli di protezione e quindi evitano la perdita o il danneggiamento del contenuto, e al termine del loro ciclo di vita possono essere riciclati se conferiti nella raccolta differenziata. Nel 2050 su questo pianeta saremo nove miliardi di persone, la maggior parte delle quali vivrà in grandi città, lontano dai luoghi di produzione del cibo. Senza il contributo degli imballaggi sarà difficile, se non impossibile, far arrivare tutto il cibo necessario dai luoghi di produzione ai consumatori, nella massima efficienza, sicurezza e senza sprechi. Vista la continua evoluzione nel mondo degli imballaggi, c’è da credere che gli imballaggi di domani saranno ancora più performanti e rispettosi dell’ambiente di quelli di oggi.

Nei mesi scorsi abbiamo affrontato il tema della birra conservata nelle bottiglie di plastica che in Italia hanno una diffusione molto marginale. In questo caso pesa il fattore shelf-life?

Occorre ricordare che la birra è un alimento estremamente sensibile al contatto con l’ossigeno. Basta una parte per milione di ossigeno per alterare il gusto della birra. Il contenitore deve quindi avere particolari proprietà barriera. Se l’esigenza prioritaria dell’azienda è la shelf-life, la bottiglia in vetro permette di conservare la birra per un anno. Nel caso in cui leggerezza, infrangibilità, maggiore sicurezza (si pensi ad esempio alle bottiglie che vengono vendute nel corso di manifestazioni ed eventi) e la possibilità di richiudere la bottiglia siano esigenze importanti per l’azienda, questa può decidere di accettare una shelf-life inferiore (e comunque adeguata), optando una bottiglia per birra in plastica. Esistono soluzioni tecniche che permettono la realizzazione di queste bottiglie in plastica ad elevata barriera senza comprometterne la riciclabilità. Infatti in alcuni paesi esteri in cui i tempi di commercializzazione e consumo della birra sono più rapidi e di conseguenza la shelf-life richiesta dal mercato è inferiore, le bottiglie in plastica per birra hanno una diffusione maggiore che da noi.

Qual è il comportamento dei polimeri a contatto con cibo e bevande? Ci sono casi o situazioni che possono alterare le caratteristiche organolettiche del cibo o della bevanda contenuta all’interno dell’imballaggio?

“L’imballaggio non deve alterare il prodotto”. È quanto recita l’articolo 3 della normativa europea per i materiali e gli oggetti destinati al contatto con gli alimenti. Un vero e proprio comandamento per gli addetti ai lavori. Per quanto riguarda l’utilizzo delle plastiche a contatto con gli alimenti, si tratta del materiale più normato che esista. Esiste un corpus di normative che è estremamente esteso. Si va dalla composizione della plastica stessa, che deve essere fatta secondo una “lista positiva” di ingredienti approvati a livello europeo, ai test di migrazione (obbligatori) per l’utilizzo delle plastiche a contatto con alimenti.

In cosa consistono questi test?

Faccio un esempio. Per le bottiglie d’acqua minerale si fanno test di migrazione che le sottopongono a condizioni estreme. La bottiglia viene riempita e mantenuta per dieci giorni a 60°C. Al termine si procede all’analisi del contenuto e si verifica che la concentrazione delle sostanze eventualmente rilasciate dal contenitore sia inferiore ai limiti stabiliti dalle autorità europee. Questo test serve per simulare la conservazione a temperatura ambiente per un tempo molto lungo, cioè quello indicato sulla bottiglia. Nessun consumatore sottoporrebbe infatti a quella situazione una bottiglia d’acqua.

Quindi il sole d’estate che batte sulla bottiglia di plastica non deve spaventarci…

Anche se lasciata per breve tempo sotto il sole, l’acqua non si altera. È proprio per questo che i test vengono fatti a condizioni così estreme. Servono a garantire l’integrità del prodotto anche nella stagione calda.

In chiusura vorrei chiederle qual è il contributo degli imballaggi in plastica per quanto riguarda la riduzione degli sprechi alimentari? E’ un tipo di materiale che si presta anche all’asporto di pietanze (ad esempio al ristorante)?

Sì. Lo abbiamo sperimentato in provincia di Padova nell’ambito dell’iniziativa “Family Bag – Non sprecare, un nuovo stile di vita”. Unioncamere Veneto ha individuato 100 ristoranti ai quali sono state recapitate le family bag. Si tratta di confezioni in plastica, realizzate grazie al riciclo di imballaggi post consumo, destinate ai ristoranti per conservare e portare a casa quanto avanzato nei locali pubblici, evitando che diventi inutile spreco di cibo. Ma sempre in tema di riduzione degli sprechi di cibo, occorre ricordare anche i vantaggi che la plastica offre in ambito casalingo. Quando acquistiamo o cuciniamo più cibo di quello che ci serve al momento e decidiamo che lo vogliamo congelare per poterlo consumare in un secondo tempo, cosa adoperiamo? La plastica. Non classici imballaggi ma sacchetti che vengono venduti al consumatore finale per la conservazione nel freezer. Anche questo è un modo con cui la plastica aiuta a ridurre lo spreco alimentare.

Fonte: ecodallecitta.it