L’apprendimento non va in vacanza: cronaca di un’estate da homeschooler

Non solo pensieri e programmi per l’anno che verrà, ma anche un vero e proprio flusso di apprendimento analogo a quello sperimentato durante l’anno, solo… un po’ diverso. Alessia Valmorbida, referente LAIF – Associazione Istruzione Famigliare per la Calabria, ci racconta come trascorrono il periodo estivo i genitori e i figli che fanno homeschooling.

Con l’arrivo del mese di giugno e la fine del periodo dell’accertamento, anche per la famiglia in Istruzione Parentale inizia l’estate! Ma non è una classica estate la nostra…

Il periodo finalmente permette e ti chiama a passare il più della giornata fuori casa e questo significa che ci sono paradossalmente ancora più stimoli, domande, curiosità che fanno sprizzare le menti di piccoli e grandi, ma anche dei vetusti. Allo stesso tempo però proprio i vetusti (i genitori) si ritrovano a pensare al prossimo anno scolastico, senza rendersi conto che è un ciclo continuo, senza inizio o fine, ma con una serie di passaggi. Per chi fa homeschooling la stagione estiva porta con sé una riflessione interiore consuntiva, che spesso esula dal momento di accertamento con la scuola. La mente del genitore homeschooler inizia a raccogliere tutte le opere e le attività da tempo immemore (settembre magari) e le osserva una per una: ricorda ogni istante e ogni conquista, iniziando a creare dentro di sé un racconto. “Quante cose vissute in questo periodo?! … Chi l’avrebbe mai detto? Mi sembrava di aver fatto nulla!”.

Parte di questo momento consuntivo inizia a marzo-aprile, quando si prepara il Progetto Didattico-Educativo (implementazione normativa del 2021), che presenterà in allegato alla richiesta di idoneità o accertamento presso una scuola statale o riconosciuta dal Ministero. A giugno quindi, scatta inevitabile il pensiero del prossimo anno. Avete vissuto insieme così tanti bei momenti che vi hanno nutrito, come famiglia e come individui, e ricordi ancora gli occhi brillanti di tua figlia mentre seguiva quell’attività, che ti iniziano a frullare in mente così tante idee, progetti e spunti… E ti ritrovi a passare gran parte dell’estate a progettare il prossimo anno, fra uno studio delle Indicazioni Nazionali e un approfondimento sulle 8 Competenze Europee. Spoiler: Solo una parte di questo lavoro ti servirà veramente il prossimo anno! Nel frattempo, loro – i tuoi figli – si godono le meritate vacanze. Un giorno si organizzano per andare all’avventura intorno a casa e tornano con penne, piume e bastoncini vari, magari iniziando a catalogarli. Altre volte ciondolano fra un divano e il letto perché fa così caldo che anche il sudore si rifiuta di muoversi, eppure le loro menti stanno compiendo viaggi mirabolanti senza che da fuori trapeli qualche cosa. Anche loro stanno facendo un consuntivo, ma non del periodo passato, bensì del loro presente. Vivere nel presente richiede questi momenti di “noia apparente” per poter ricontrollare tutte le connessioni che si sono create fra i vari ricordi, fra le emozioni e gli interessi. Questo porta all’organizzazione autonoma di: esperimenti con il ghiaccio, creazione di opere artistiche o strutture abitative improvvisate, ma anche di richieste di uscite semiorganizzate di varia natura.

Le famiglie che fanno homeschooling in Italia vivono l’estate in modo particolare agli occhi di molti, ma si rivela sempre essere una stagione importante. Per chi ancora non è in istruzione parentale, il periodo estivo rappresenta una ricerca continua: informazioni, esperienze, video, incontri… La decisione sembra cruciale perché chiama a sé una responsabilità che mai ci saremmo sognati di prendere: istruire in prima persona i nostri figli.

Quello che arrivi a capire nel primo anno di istruzione parentale, in cui hai vissuto la rincorsa di qualcosa che nemmeno tu riuscivi a identificare bene, è che sei perfettamente in grado di seguire questo percorso, anzi ti chiedi perché non l’hai fatto prima e ti riprometti che il prossimo anno sarà anche meglio. Come fare?

Ti sarai resa conto che in questo periodo – corto o lungo che sia stato – il vostro equilibrio, le vostre abitudini sono cambiate. È ciò che succede fisiologicamente a tutte le famiglie che fanno homeschooling: si inizia mettendo in pratica ciò che ci viene spontaneo (a volte è una trasposizione della “scuola a casa”), ma a un certo punto si sperimenta qualcosa di nuovo o si valuta di modificare qualcosa… L’equilibrio cambia di conseguenza e viene spontaneo farlo ancora, ancora e ancora. Dopo qualche mese, un anno o due, ci si guarda indietro e ci si stupisce del percorso fatto, esattamente come succede durante il consuntivo per il PDE (Progetto Didattico-Educativo).

Cos’è successo? Abbiamo attivato in noi un evoluzione. Probabilmente abbiamo iniziato con una lettura sommaria delle Indicazioni Nazionali, che ci hanno mostrato quale cornice poter creare per i nostri figli, all’interno della quale muoversi nel percorso di apprendimento. Sarà venuto spontaneo, nel testo, anche soffermarsi sui “Traguardi per lo sviluppo delle competenze” al termine del ciclo di studi di nostra figlia. Ultimo, ma non meno importante, anche se sempre meno importante, è stata di sicuro la lettura degli “Obiettivi di apprendimento” al termine del ciclo di studi in cui è nostra figlia; l’importanza di questo passo nel primo periodo in istruzione parentale ci ha aiutato a fare il salto di visione fra le vecchie discipline, sempre più obsolete, e la chiave di lettura, più moderna e sostenibile, delle 8 Competenze Europee. Questi passaggi non ci sono ancora molto chiari a volte, ma sentiamo che ci attirano, perchè rappresentano anche lo snodo attraverso cui si articola più agilmente il nostro apprendimento, la libertà di scelta sulle modalità e soprattutto l’obiettivo della personalizzazione del percorso.

Cosa può succedere quindi nel periodo estivo? In misura diversa e unica per ogni famiglia homeschooler, succederà che ogni componente si concentrerà su qualcosa: i bambini a godersi le belle giornate e l’energia dirompente, accumulando interessi, domande e risposte, che tireranno fuori quando uno stimolo esterno riattiverà quella connessione mnemonica o emotiva creata; i genitori a progettare l’anno scolastico a venire, tornando a studiare come forse avevano fatto nemmeno per l’università e attivando anche loro delle connessioni fra i ricordi ed i progetti futuri. Sarà proprio dall’incontro di tutte queste connessioni che si assisterà inconsapevolmente assieme alla nascita del nuovo equilibrio della famiglia, nel mese di settembre. Inevitabilmente succederà anche che durante un confronto con altri genitori, non necessariamente in istruzione parentale, la famiglia racconti di queste scoperte e dei progetti estivi, creando nel proprio interlocutore quella curiosità, quella scintilla o quella domanda interiore che porterà a nuove connessioni. È un frattale in tre dimensioni!

Ci si perde a raccontarla, figuriamoci a viverla per ogni singolo figlio! Eppure è ciò che, a grandi linee, succede nelle famiglie che hanno scelto l’homeschooling in Italia ed è solo uno dei risvolti di questa scelta. A questo vanno aggiunti anche gli stimoli sociali, culturali, enogastronomici, che in estate popolano le cittadine dove viviamo. L’apprendimento non va in vacanza!

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/07/estate-da-homeschooler/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Seven on the road: storia di una famiglia che ha cambiato vita!

Sono in 7, tra i 6 e i 45 anni. Si erano trasferiti in Brasile perché l’Italia non era il luogo migliore nel quale far crescere dei bambini. Ora che sono tornati e la girano tutti insieme a bordo di un camper, si sono resi conto che il loro paese non è solo quello di cui si parla in TV e sui giornali. Non c’è mai un solo modo di guardare alle cose, alle persone, ai luoghi. Una decina di anni fa, per esempio, Massimo e Virginie – lui pugliese, dipendente statale; lei italo-belga, geologa e mamma – si domandarono se l’Italia, il paese in cui si erano conosciuti e sposati, quel paese in preda alla crisi economica, lacerato dalle divisioni politiche, violentato da speculatori d’ogni genere, meritasse davvero di veder crescere i loro piccoli Tommaso, Alice, Asia e Mattia, all’epoca di 6, 5, 3 e 1 anni. Fu durante un viaggio in Brasile per visitare degli amici. Si accorsero di quanta gioia di vivere animasse i bambini di Bahia e di come questa fosse inversamente proporzionale alla quantità di giocattoli e vestiti che possedevano. E così decisero di lasciare il lavoro e di vendere la casa dove vivevano in Toscana per comprarne una in campagna, in una cittadina non distante da Belo Horizonte, dove aprirono un negozio di preparati naturali a km zero in parte autoprodotti nel loro orto.Negozio

Il negozio di Massimo e Virginie in Brasile

Otto anni e un’altra figlia dopo (Sofia, nata in Brasile), i limiti del sistema li raggiungono anche lì. Nella scuola pubblica brasiliana – che spesso è più somigliante a un fornito megastore di droghe – a volte il loro primogenito passava le giornate senza neanche poter ascoltare gli insegnanti, visto il caos che regnava. L’unica alternativa possibile, la scuola privata, avrebbe significato veder diventare i loro figli dei grassi polli da batteria a stelle e strisce. E così riuniscono tutta la famiglia e prendono la prima di una lunga serie di decisioni collegiali. Ritorno in Europa. Il tempo di affittare la loro casa brasiliana e il negozio ed eccoli lì, sul volo di ritorno per il Vecchio Continente. La destinazione finale avrebbe dovuto essere il Portogallo ma, un po’ per il fatto che i piccoli Asia, Mattia e Sofia non avevano ancora mai visto il loro paese d’origine – un po’ per evitare di imbattersi nelle stesse esperienze che li avevano spinti ad abbandonare sia l’Italia che il Brasile – finiscono per posticipare di qualche mese il raggiungimento della campagna lusitana. Trovano dunque un camper di seconda mano abbastanza grande per ospitarli tutti, lo battezzano Jatoba (un albero enorme che era sul loro terreno in Brasile), aprono il blog Seven on the road  e iniziano a girare per la penisola.dsc_7812

Il camper Jatoba

Tra le sfide che Massimo e Virginie si trovano ad affrontare ce ne sono almeno un paio decisive. La prima è trovare il modo di sfamare sette bocche con i soli mille euro di affitto della casa e del negozio in Brasile. E, visto che uno stipendio mensile difficilmente si concilia con una vita nomade, per arrivare a fine mese scelgono, da un lato, di ricorrere a forme di scambio diverse da quelle mediate dal denaro; e dall’altro di fare downshifting, praticando cioè la semplicità volontaria per ridurre al minimo i propri bisogni. Ecco dunque che iniziano a vestirsi di seconda mano, a riciclare cose che altri regalano o buttano, a ricorrere il più possibile all’autoproduzione e al baratto, comprando solo quando non ne possono fare a meno. Soprattutto, grazie a Workaway – la più grande comunità di scambio di lavoro del mondo – e alla fanpage di Permacultura Italia, si fermano per qualche settimana solo quando e dove vengono accettati come volontari part time, per lavori agricoli ma non solo, in cambio di cibo per tutta la famiglia.Famiglia-in-orto

Alle prese con un orto

Se una voce superficiale obiettasse che queste sono scelte di inutile privazione, specie per i piccoli, la nostra famiglia on the road risponderebbe all’unisono che, al contrario, la loro è un’esperienza altamente formativa, che serve a misurare e abbandonare l’inutile eccesso al quale la vita tradizionale ci ha tutti abituati in Occidente. E se per i due adulti non è stato semplice re-imparare a fare cose – dal pane alle conserve – che per decenni erano state relegate nel cassetto delle memorie d’infanzia, per i bimbi adattarsi è stato molto più naturale. Per esempio, Tommaso ha un ottimo computer portatile che senza battere ciglio ha scambiato con una bici da corsa ricevuta mesi prima da un signore che non la usava. Anche l’alimentazione è più curata di quanto sembri. Scrive Virginie sul blog: “Nonostante le poche risorse, riusciamo a mangiare 100% bio! Non bio certificato, ma bio del piccolo contadino, della piccola azienda, dei produttori di Genuino Clandestino. Certo, ci vuole un po’ di tempo per trovare dove comprare i prodotti, ma è tempo speso bene!” Comprano quindi agrumi e olio da un ragazzo calabrese (1,50 euro/kg e 8 euro/lt compresa spedizione), farina di grani antichi a 1,20 euro/kg da una famiglia laziale, riso a 1,4 euro/kg da un’azienda piemontese, ecc. Insomma, “non è vero che per mangiare bene e bio bisogna essere ricchi”, continua Virginie; “bisogna solo che diventi una priorità.”Bambine-in-cucina

Mangiare bene apprendendo

La seconda sfida che Massimo e Virginie devono affrontare all’inizio del loro viaggio riguarda l’istruzione. Come conciliare lo stile di vita nomade con la necessità di educare i loro figli, che sono tutti in età scolare? Anche stavolta la soluzione sarà originale. Con l’entusiasta consenso di tutti i membri della famiglia, decidono di sperimentare la scuola parentale, una cosa che aveva sempre affascinato i due genitori fin dai duri anni in cui erano alle prese con i limiti della scuola pubblica brasiliana. Eccoli dunque organizzarsi per fornire ai propri figli una base di tutte le materie più comuni, per poi lasciarli liberi di approfondire quello che gli interessa di più, anche con l’aiuto di persone esterne, assecondando la naturale curiosità e le attitudini di ciascuno e lasciandogli la libertà di organizzarsi il tempo senza vincolo di orari e impegni che, spesso, limitano i momenti di svago e rendono meno stimolante l’apprendimento. Una sorta di Captain Fantastic all’italiana? si chiederebbe qualche amante del cinema recente. Più o meno, ma senza l’isolamento e il compromesso finale, direbbero loro.Tommaso

Tommaso e la sua passione: la fotografia

Certo, nonostante gli aspetti romantici e avventurosi una vita sulla strada non è priva di problemi e di decisioni dolorose. E se a volte sono i bambini a chiedere di fermarsi un po’ di tempo in più in questo o quel luogo per non dover salutare l’ennesimo amichetto appena conosciuto, altre volte sono gli adulti a concedersi un periodo di riposo, magari per racimolare un gruzzoletto e poter rifornire il camper durante il viaggio successivo. È per questo che da un po’ di mesi i nostri si sono fermati a Pettinengo, in Piemonte. Massimo ha infatti trovato un impiego temporaneo presso un’associazione che si occupa di accoglienza ai migranti. Per poter lavorare ha barattato con un collezionista un vecchio giradischi in cambio di uno smartphone. Ma anche in questo periodo più stanziale del loro percorso, i nostri non hanno cambiato il loro stile di vita. In cambio di confetture e prodotti del loro orto, un’artista locale mette a disposizione dei bimbi un pomeriggio a settimana e gli insegna a dipingere, scolpire, lavorare la terra cotta, seguendo come sempre le inclinazioni di ciascuno.c2a9-ezyecc82-moleda-all-rights-reserved_singular-escape_creative-solutions_family-seven-on-the-road-3797

Sul lago d’Orta

Non c’è mai un solo modo di guardare alle cose, alle persone, ai luoghi. Dopo due anni di scoperte, incontri, solidarietà, scambi e cooperazione, abbiamo chiesto a Massimo e Virginie se l’Italia, quel paese in preda alla crisi economica, lacerato dalle divisioni politiche, violentato da speculatori d’ogni genere, meritasse di nuovo di veder crescere i loro figli. La risposta non ce l’hanno ancora data, ma intanto i loro figli sono cresciuti un altro po’.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/10/seven-on-the-road-famiglia-cambiato-vita/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

“Non c’è obbligo, solo felicità. E’ la nostra non-scuola”

Tutti siamo abituati a considerare l’obbligo scolastico una cosa da non mettere in discussione. In realtà in Italia l’obbligo di andare a scuola non c’è. Obbligatoria è l’istruzione. Differenza, questa, nient’affatto secondaria, come ci spiega Erika Di Martino che, partendo da lì, ha costruito la sua “home school”, divenendo punto di riferimento in Italia.erikadimartino01

Eppure il fatto che ai bambini non piaccia andare a scuola dovrebbe generare mille interrogativi. Ai genitori, ma anche agli insegnanti e agli educatori. Non sarà che la scuola tradizionale non rispetta i tempi e i modi di apprendimento naturale del bambino? Non sarà che gli ambienti inadatti, gli obblighi dei banchi, degli orari rigidissimi, dell’apprendimento sempre affidato ai libri non risponde alle esigenze dei bambini? Quanti sanno che esistono alternative?

Dell’educazione parentale si sa ancora pochissimo ma in Italia è stata già scelta da almeno mille famiglie che hanno deciso di avvalersi di un modo nuovo di fare scuola. E’ una scelta di libertà e di rispetto dei tempi di apprendimento e dei talenti dei propri figli. I bambini non frequentano la scuola tradizionale. La loro scuola è il mondo che li circonda, la vita stessa, la società in cui vivono. E ogni occasione è buona per imparare. Erika Di Martino, mamma di cinque figli che non sono mai andati a scuola, si occupa di educazione parentale da anni. E’ la fondatrice del network italianowww.educazioneparentale.org e ha scritto il libro Homeschooling. L’educazione parentale in Italia. La famiglia di Erika è un esempio di come il cambiamento nell’educazione sia realizzabile, soddisfacente e porti felicità.

Che cosa si intende per educazione parentale? E di cosa si parla quando più precisamente si parla di homeschooling e di unschooling?

L’educazione parentale è l’istruzione impartita ai figli dai genitori o da altre persone scelte dalla famiglia. Si può coinvolgere nell’educazione chiunque abbia la voglia e la capacità di trasmettere conoscenza e abilità, sfruttando tutte le fonti di conoscenza e competenza che sono disponibili nell’ambiente circostante alla famiglia. Alcune famiglie preferiscono seguire orari giornalieri, utilizzando i testi e programmi scolastici, altre desiderano affidarsi a un apprendimento più naturale e spontaneo dove si assecondano i bisogni, le interesse e capacità dei figli in veste di aiutanti e guide. Homeschooling, educazione parentale, home education, educazione paterna sono tutti sinonimi e definiscono la situazione in cui il genitore si prende la responsabilità di educare i propri figli a casa e informa annualmente il dirigente della propria zona della scelta fatta. Quando parliamo di homeschooling ci riferiamo a quelle famiglie che insegnano utilizzando un curriculum ben preciso. Essi in parte ricreano la scuola in casa proponendo determinati argomenti a seconda delle fasce d’età, utilizzando libri di testo simili a quelli scolastici (ma non è detto!) e dedicando un momento specifico della giornata allo studio. Per essere più esplicativa direi che in questo metodo la nave della conoscenza è pilotata dal genitore (o dal tutor) che indica al bambino la via da seguire. Con Unschooling ci riferiamo a quelle famiglie che lasciano i propri figli liberi di decidere come, dove, quando e soprattutto cosa imparare. In questo caso la nave è pilotata in toto dal bambino, ma egli non è solo: i genitori sono parte attiva di questo apprendimento offrendo fonti di studio e sostenendolo nei suoi percorsi naturali. Le famiglie che fanno unschooling fanno un grosso cambiamento perché devono dimenticare tutto quello che è stato loro insegnato sull’apprendimento e imparare a fidarsi dei propri figlia 360°. I genitori offrono gli strumenti per trovare le informazioni rispettando le scelte e i tempi del bambino. Queste due categorie non sono a tenuta stagna e esistono tanti metodi di fare scuola familiare quante sono le famiglie che lo praticano.erikadimartino02

Perché scegliere l’educazione parentale? Tu, in particolare, come sei arrivata alla decisione di non mandare a scuola i tuoi figli? Avevi sfiducia nel sistema scolastico o hai avuto brutte esperienze in questo senso?

Noi lo abbiamo scelto per dare maggiore libertà ai nostri figli, sia fisica che mentale (consideriamo il banco e le 4 mura della classe alquanto restrittive), per offrire loro un percorso di studi personalizzato e per mantenere un unione familiare che con i tempi dettati dalla scuola non avremmo potuto avere. Le motivazioni di questa scelta sono molteplici: possono essere di natura religiosa, linguistica, di salute, oppure semplicemente perché si vuole dare ai propri figli un’educazione personalizzata che soddisfi le necessità, le passioni e i tempi del singolo. Alcune famiglie educano a casa per evitare che i propri figli subiscano il bullismo e l’esposizione al clima oppressivo e competitivo della classe. Altre ancora scelgono l’homeschooling perché non vogliono delegare ad altri il compito fondamentale di educare i propri figli.Le famiglie che scelgono l’Educazione Parentale istruiscono i propri figli con amore e dedizione, il loro lavoro è da considerarsi alla pari con quello svolto dagli insegnanti nelle scuole, e proprio per questo vanno accolte con rispetto e apprezzamento. Sia queste famiglie che le istituzioni stanno lavorando al nobile compito di aiutare le nuove generazioni a ottenere un successo formativo, promuovendo lo sviluppo della personalità nelle sua integralità.

I genitori che vivono già questa esperienza come possono essere preparati a insegnare tutte le materie necessarie in modo adeguato? Ad esempio per la musica o la lingua straniera.

Oggi si pensa che per poter insegnare bisogna passare molti anni della propria vita preparandosi a farlo, passando innumerevoli test che spesso non sono in grado di valutare la reale abilità del candidato a insegnare; questo processo crea “insegnati qualificati” che però troppo spesso non lavorano per vera vocazione. Per trasmettere conoscenza bisogna innanzitutto stabilire un rapporto positivo con la persona alla quale ci si sta relazionando, infatti mostrare come si fa qualche cosa è meglio di raccontarlo e la pratica diretta è ancora più utile. Quanti insegnanti non hanno la possibilità di seguire il ritmo dei propri alunni a causa dei ritmi pressanti del programma e delle valanghe di lavoro aggiuntivo? Insegnando a un bambino che vuole apprendere si deve innanzitutto ascoltare e poi imparare a rispondere alle domande che arrivano direttamente da lui, garantendo un clima di rispetto e calma. Nelle classi invece ci si ritrova ad interagire in un ambiente caotico, rumoroso e stressante dove a essere interrogati senza sosta sono proprio i bambini e non gli adulti, sottoposti poi a un giudizio pressante che ne invalida le capacità cognitive. Questi argomenti purtroppo non vengono trattati nei libri per insegnanti, ma le conseguenze del sistema sono sotto gli occhi di tutti.

Com’è la vostra giornata tipo con cinque bambini di età diversa? Ci puoi fare un esempio?

Io e mio marito non riproduciamo la scuola a casa, non giochiamo a fare gli insegnanti dei nostri figli attorno al tavolo da pranzo. Non imponiamo sveglie e programmi, non decidiamo cosa essi devono studiare e non li obblighiamo a fare i compiti. Noi ci fidiamo di loro, sappiamo che essi sono in grado di imparare ciò che vogliono, come e quando lo desiderano. Con una famiglia che conta 5 bambini (una appena arrivata), il nostro approccio educativo stravolge completamente le linee guida tradizionali, significa fare tabula rasa della propria forma mentale (e quella della maggior parte della gente che ci sta attorno) e provare qualcosa di completamente nuovo. Noi privilegiamo un percorso da autodidatti da subito, quindi non proponiamo loro alcuna nozione preconfezionata e non li sottoponiamo ad alcun tipo di esaminazione. Stiamo imparando accanto ai nostri figli, osservandoli e sostenendoli nelle loro ricerche e scoperte. Il fatto di essere i protagonisti di un cammino la cui direzione è sconosciuta, rende l’avventura ancora più emozionante e imprevedibile.

Ti ispiri a uno stile preciso? Ad esempio quello della scuola steineriana, montessoriana o, invece, il vostro è uno stile del tutto originale?

Abbiamo costruito un percorso assolutamente originale, che non riprende nessuno schema già in uso. Una qualità che riteniamo fondamentale per il cittadino del futuro è di avere una mente inquisitiva e la capacità di imparare in autonomia. Ogni bambino ha un bagaglio di domande infinito e il nostro compito è semplicemente quello di mantenere viva la fiamma della conoscenza. Lo facciamo in molte maniere, per esempio facendoci in primis noi tante domande e poi valutando con loro le possibili risposte. Tutti i bambini hanno questo spirito di ricerca ma, troppo spesso, esso viene soffocato in nome del sistema educativo tradizionale che non incoraggia il pensiero divergente e riempie le teste degli studenti con nozioni già pronte. Le lezioni vengono assimilate temporaneamente per poi essere rigurgitate nel momento del test. Questo tipo di esercitazione sterile uccide il pensiero critico. Questo continuo esercizio, unito a una grande libertà, li porta inevitabilmente a scoprire le proprie passioni. Noi genitori siamo presenti per stimolarli in svariate maniere, senza mai giudicare il loro percorso, anzi offrendo possibilità sempre differenti e interessanti. Trovo che il centro della vita di un individuo dovrebbe essere la passione per il lavoro svolto, non c’è nulla di più triste di un essere umano che non possa perseguire la propria vocazione. Un’altra qualità a cui teniamo molto è l’indipendenza. Diamo loro l’esempio su come fare numerose attività quotidiane: dal preparare un pasto, a pulire il bagno, ad andare a fare una commissione e controllare poi il resto al negozio. All’inizio ci affianchiamo a loro aiutandoli e correggendo gli errori, sicuramente lodandoli per i successi. Li lasciamo sbagliare un numero infinito di volte, ricordandoci che sbagliando s’impara. Infine crediamo nella compassione per il prossimo, nell’empatia e nella felicità reciproca come fonte di benessere. La compassione è anche la chiave a un ambiente lavorativo positivo. Cerchiamo di parlare di compassione, fornendo esempi concreti, ogni giorno. La cosa che più conta in quest’aspetto dell’educazione è l’esempio di noi genitori, infatti ci preoccupiamo di essere sempre compassionevoli verso i nostri figli e il prossimo. Se incontriamo qualcuno che è infelice cerchiamo sempre di aiutarlo, se la persona è lontana allora inviamo degli auguri e dei pensieri felici. Sperimentiamo come il dare felicità, porti sempre benessere a noi e ai nostri cari. Basta veramente poco. La tolleranza va di pari passo con la compassione, e si allena conoscendo persone di diverse etnie, gruppi sociali e stati fisici. Noi cerchiamo di esporre i nostri figli a quante più forme di diversità ci sia possibile. Mostriamo loro quanto ci sia da imparare gli uni dagli altri e che essere diversi è un pregio, come dice il proverbio: “Il mondo è bello perché è vario”.erikadimartino03

Come rispondi a chi dice che i bambini vengono privati di un aspetto importante della loro vita: la socializzazione?

Questa è una domanda frequente. In effetti la socializzazione dei ragazzi che fanno scuola a casa è molto diversa da quella di coloro che passano la maggior parte del loro tempo a scuola o a fare i compiti. Gli homeschoolers passano le loro giornate aiutando in casa, sbrigando commissioni, facendo gite d’istruzione, andando a trovare altri familiari o amici, aiutando le persone del vicinato, facendo volontariato, facendo sport di gruppo, ecc… Mentre i loro compagni scolari socializzano in un ambiente controllato, chiusi in un edificio con altri della loro stessa età, i bambini educati a casa vengono in contatto con la società, con il mondo e interagiscono in prima persona. Un homeschooler interagisce con persone di tutte le età, tipico è vedere bambini di età completamente diverse giocare insieme. Essi sperimentano, coltivando la fiducia e la stima in loro stessi e nelle loro capacità senza essere continuamente valutati ed etichettati. Questo significa che non sapranno inserirsi nella società? Ma come? Essi sono già parte della società, non si stanno preparando per essere inseriti (manco fossero bulloni), essi sono una parte assolutamente attiva della vita della loro comunità. Nella socializzazione scolastica risiedono anche il bullismo, le violenze sessuali, il razzismo, il vandalismo, il teppismo, il sessismo e le cattive abitudini quali fumare e usare un linguaggio volgare. Questi sono anche alcuni dei motivi per i quali non manderei i miei figli a scuola. La pressione psicologica esercitata dalla massa può avere effetti devastanti sia sullo studente che sulla sua famiglia. Chi non ricorda lo sfigato, il ciccione, il secchione, il gruppo di quelli “in” e quelli “out” della classe? Per far parte del gruppo cool più gettonato della scuola quali sono le qualità necessarie? L’educazione? L’intelligenza? Avere sani principi morali? Non mi risulta. E fino a dove si può spingere un giovane per farsi notare dai suoi coetanei? La domanda si risponde da se, sfogliando le pagine di cronaca di un giornale.

Se qualcosa non dovesse funzionare i bambini possono rientrare in un percorso scolastico tradizionale in qualunque momento?

I bambini possono rientrare in un percorso di studi tradizionale a metà anno come uditori e a settembre dopo aver passato un esame di idoneità.

E’ necessario disporre di un ambiente particolare e con attrezzature specifiche o si può realizzare in qualsiasi casa? Come si organizzano praticamente le lezioni?

Ogni famiglia decide come affrontare questo impegno: possono essere famiglie che si organizzano sole o che condividono alcune attività con altri gruppi, possono avvalersi di un tutor e/o creare un curriculum personalizzato, possono seguire il programma ministeriale o meno. La cosa fondamentale è che la famiglia sia al centro dell’educazione: il genitore non delega il compito di educare benché possa avvalersi dell’aiuto di altri genitori o insegnanti privati per alcune materie di studio. Tutto questo avviene tra le mure domestiche o in qualsiasi altro luogo in cui la famiglia decida di essere protagonista attiva dell’apprendimento (musei, parchi, palestre, ma anche il supermercato o la banca…!). Scuola familiare: mi soffermo ancora su questo termine poiché sempre più spesso in Italia lo sento utilizzato per definire una situazione in cui più famiglie ingaggiano un insegnante speciale, magari con una formazione Montessoriana o Steineriana, trovano un locale adatto e iniziano una scuola. Questo può avvenire nel caso in cui si crei un’associazione e/o che si tengano presenti le norme assicurative, ma non solo, che regolano questo tipo di progetto. Personalmente trovo che questa metodologia abbia poco a che fare con l’educazione parentale e che sia semplicemente un altro tipo di scuola: in effetti se ci pensate si crea sempre una routine e il bambino lascia genitori e casa per “essere educato” da un insegnante esterno. Il ruolo del genitore qui rimane marginale.

Ci sono spese aggiuntive che una famiglia deve affrontare quando decide di educare i propri figli a casa?

Economicamente l’HS è una scelta vincente, trovo che si risparmi molto rispetto al mandare un figlio a scuola. Ovviamente con ogni bambino il risparmio cresce, se facessi un lavoro full-time con uno stipendio medio e mandassi i miei 4 figli a scuola non avrei nessun risparmio da mettere da parte e probabilmente dovremmo utilizzare anche parte dello stipendio di mio marito. Quando si è all’inizio del cammino di homeschooling, oppure si sta ponderando l’idea di iniziare, non è consigliabile investire soldi su materiale extra. Educare a casa può essere decisamente più economico che mandare i propri figli a scuola: non avete spese di benzina, non dovete comprare tutto l’occorrente per la scuola (zaini, astucci, un’infinità di libri, ecc), potete evitare le ultime mode del momento e risparmiare in vestiti e gadget. Utilizzate internet e le biblioteche, gli anziani sono meglio dei libri di storia, il supermercato offre diverse varianti di problemi matematici da risolvere, tutte queste sono possibilità di apprendimento a costo zero, ma vedrete che il tempo ve ne suggerirà molte ancora. Invece di acquistare giocattoli per le feste fate ai vostri figli regali intelligenti: un abbonamento a una rivista educativa, ingressi per il teatro o a una mostra particolarmente interessante, libri oppure abbonamenti per programmi didattici online.

Le vostre famiglie e i vostri amici vi hanno sostenuto in questo percorso?

Si, entrambe le nostre famiglie ci hanno sostenuto nel percorso fin dall’inizio. La famiglia di mio marito era più titubante, ma una volta che hanno visto la felicità, curiosità e operosità dei bambini sperimentata al di fuori del sistema scolastico si sono ancora più convinti. La differenza con i loro coetanei scolarizzati in termine di serenità è lampante.

Conosci persone ormai adulte che sono state homeschoolers da bambini? Se sì, la loro esperienza è positiva alla luce poi del loro inserimento nel mondo del lavoro?

Conosco persone famose e di successo che sono cresciute senza scuola e conosco persone comuni che da bambini erano HS, che ora hanno più di 30 anni e magari hanno dei figli homeschoolers di seconda generazione e che sono altamente soddisfatte del proprio percorso. In generale sono adulti con una forte autostima, che hanno preferito creare la propria realtà seguendo i propri sogni e le proprie passioni piuttosto che omologarsi al sistema vigente.

Come rispondi a chi dice che il bambino non ha la possibilità di confrontarsi con un’autorità diversa da quella dei genitori?

I bambini HS non vivono in una relazione esclusiva con i propri genitori, non sono sotto una campana di vetro. A seconda dell’esperienza che stanno vivendo, che sia un’attività sportiva, una gita al museo, un’uscita indipendente con gli amici, il semplice atto di fare la spesa, essi intessono relazioni con altri adulti che innescano uno scambio di ruoli costante.

Cosa ti senti di consigliare a chi si sta avvicinando all’homeschooling o all’unschooling?

La prima cosa che dovete fare è mettervi in contatto con altre famiglie che stanno già educando a casa.

Che cosa serve Erika, secondo te, per essere felici? E c’è una relazione tra unschooling e felicità?

La felicità è il motore dell’esistenza e per vivere bene bisogna saper essere felici indipendentemente da ciò che accade: tra tutte le cose che insegno ai miei figli, questa è di sicuro una di quelle che mi sta più a cuore. Troppi genitori insegnano ai bambini che la felicità è al di fuori di essi e che dipende dagli oggetti o dal denaro che si possiedono, oppure ancora dalle amicizie che si hanno o dai voti che si prendono a scuola. Fin da piccolissimi noi lasciamo ai nostri figli la loro privacy, la libertà di intrattenersi da soli: giocando, leggendo, immaginando, costruendo. L’ozio creativo e solitario è da noi largamente valorizzato con risultati positivi. La felicità si raggiunge da soli. Non ho praticamente mai sentito i miei figli lamentarsi di essere annoiati. Piuttosto che algebra o il nome dei fiumi del centro America, si dovrebbe insegnare a essere felici. Il bambino che non sperimenta questo grado d’indipendenza rischia, una volta adulto, di attaccarsi in maniera morbosa ad un’altra persona, oppure di colmare il vuoto esistenziale con passatempi come i social o lo shopping, oppure peggio ancora, con il cibo.

Il 13 settembre 2015 a Vaiano (Prato) “Tutta un’altra scuola”: si parlerà di homeschooling, ma anche delle tante esperienze che in Italia stanno cambiando il modo di fare educazione

Fonte: ilcambiamento.it