Nasce il condominio degli uccelli: un sogno per la ricostruzione di un habitat

Andrea Rutigliano è un giovane antropologo che nella cascina Caccesca di Borgolavezzaro, in provincia di Novara, ha dato vita a un sogno: costruire una torre rondonaia per la salvaguardia delle numerose specie di uccelli che popolano la zona, favorendone la nidificazione e soccorrendo le specie più vulnerabili, col fine di ricostruire un habitat per la biodiversità e la valorizzazione del ricco patrimonio faunistico locale.

A Novara esiste una casa speciale, un luogo senza porte e senza arredi, ma con tante piccole finestrelle da cui arrivano e partono in ogni stagione nuovi inquilini. No, non stiamo parlando di alcun tipo di struttura turistica o ricettiva, questa volta i protagonisti del racconto appartengono al mondo animale, sono le più svariate specie di passeri, storni e civette che trovano tutti i giorni un luogo per l’ospitalità e il rifugio. Nella Cascina Caccesca del comune di Borgolavezzaro le più disparate varietà di uccelli vengono accolte e salvaguardate all’interno della torre rondonaia, pensato per ospitare le diverse specie che, al suo interno, trovano un riparo e un luogo ideale per la nidificazione. A dare vita al progetto è Andrea Rutigliano, giovane e appassionato antropologo che ha fatto di Cascina Caccesca l’abitazione per la sua famiglia e trasformando la torre, di recente costruzione, in una vera e propria dimora per gli uccelli.

Obiettivo primario del progetto è quello di ricostruire un habitat per le tante specie animali del luogo: garantirne la salvaguardia attraverso uno spazio dedicato alla nidificazione, attivare convenzioni con i centri di recupero fauna presenti sul territorio per ricevere in custodia i piccoli che spesso cadono dai nidi e necessitano di cure ed aiutandoli nella conquista del volo, realizzare, negli spazi circostanti la cascina, un terreno che offre microhabitat ideali per gli uccelli. Nel caso dei rondoni, in particolare, il periodo della cova è uno dei più difficili in quanto, a causa delle frequenti ristrutturazioni delle abitazioni, si stanno progressivamente perdendo i siti necessari per la nidificazione. Ed è così che passeri, rondoni, storni, civette, gheppi e le tantissime varietà di fauna presenti nell’area trovano un luogo sicuro ed alternativo per favorire una ripopolazione e un ecosistema unico e variegato. Il territorio di Novara, secondo diverse indagini ornitologiche, rappresenta infatti una delle più ricche e floride aree per varietà e numero di specie, collocandosi tra le zone di maggiore rilievo a scala regionale, nazionale e, in alcuni casi, internazionale. Un vero e proprio patrimonio da valorizzare ed una biodiversità animale da preservare.

Nella torre, realizzata grazie al cofinanziamento della fondazione tedesca per la biodiversità Stiftung Pro Artenvielfalt, sono stati realizzati un totale di 400 fori nelle mura perimetrali, che permettono il libero passaggio dei volatili in base alle diverse stagioni. Dietro a ogni foro, inoltre, è posizionata una cassetta in legno che ospiterà gli animali durante la loro permanenza e che attualmente conta un totale di 50 nidi, in attesa di maggiori sovvenzioni che aiutino a finanziare e terminare il progetto. Appassionato amico degli animali ed attivista per la protezione della fauna, Andrea Rutigliano ha come missione la cura e tutela degli uccelli, da sempre portata avanti attraverso la partecipazione al Cabs – Committee against birds slaughter, l’organizzazione italo-tedesca nata nel 1975 per contrastare il bracconaggio e salvare gli animali vittime di trappole mortali.

Un bellissimo esempio di tutela e rispetto di un fondamentale patrimonio da preservare.

Foto copertina
Didascalia: Tutela fauna
Autore: Unsplash
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Fonte: piemonte.checambia.org

In Italia gli habitat ecologicamente intatti saranno presto un ricordo

È il Wwf a sottolinearlo nel suo rapporto “Caring for our soil – Avere cura della natura dei territori”: nel nostro paese gli habitat ecologicamente intatti sono in costante riduzione. E i suoli vengono costantemente erosi in fertilità e “resilienza”.9638-10410

Il nuovo rapporto del Wwf si intitola “Caring for our soil – Avere cura della natura dei territori” e i dati che emergono non lasciano molti dubbi. La presidente del WWF Italia Donatella Bianchi sottolinea: “Nel nostro paese gli habitat ecologicamente intatti sono in costante riduzione, solo l’11% dei fiumi alpini si salva da interventi artificiali e dallo sfruttamento; solo il 30% delle coste è rimasto nel suo stato naturale mentre il 50% risulta compromesso; l’80% delle dune è scomparso. Il suolo, risorsa non rinnovabile e bene comune, svolge funzioni vitali per l’ecosistema, la resilienza dei sistemi naturali, la produzione alimentare, la conservazione delle risorse idriche, lo stoccaggio del carbonio: contenere il consumo di suolo è fondamentale per limitare il rischio idrogeologico, garantire la resilienza dei sistemi naturali e favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici. È quindi indispensabile stabilire per legge quali siano le soglie da non superare”.

Dal report del WWF emerge che la quota di territorio italiano completamente artificializzato, sia per l’espansione urbana che per le infrastrutture, sale dal 7% al 10%. Molto diffuso anche lo sprinkling, ovvero la polverizzazione dell’edificato, a bassa densità, che favorisce necessariamente una mobilità su gomma; il nostro paese, infatti, è ai primi posti in Europa per motorizzazione privata, con 608 veicoli per 1000 abitanti. Dal secondo dopoguerra a oggi, si è avuta in Italia una repentina riduzione delle superfici agricole pari a più di 10 milioni di ettari, a causa dei mutamenti socioeconomici legati in particolare allo sviluppo della urbanizzazione. Solo negli ultimi 10 anni nel nostro Paese sono stati persi circa 1,5 milioni ettari di superficie agricola utilizzata (SAU) che oggi ammonta complessivamente a 12.885.000 ettari.

Il report WWF avanza proposte per le Green cities, per migliorare la pianificazione urbana, recuperare le aree dismesse e contaminate, diffondere i giardini condivisi e gli orti urbani, ridurre i consumi energetici delle aree edificate e promuovere la mobilità dolce (pedonale e ciclabile). Il primo luogo, il WWF chiede ai Comuni di adottare il bilancio del consumo di suolo per contenere il consumo di suolo attraverso meccanismi dinamici di controllo e governo delle trasformazioni in atto basate sul riuso di spazi ed edifici, su strumenti perequativi, di scambio di crediti, di incentivazione, di fiscalità e di sanzione che sono stati descritti in una proposta di legge depositata in Parlamento. Al momento il disegno di legge su “Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato” è stato approvato alla Camera dei Deputati ed è all’attenzione del Senato. Inoltre, sempre nell’ottica di ridurre la perdita di suolo e contenere il consumo di energia e le emissioni di gas serra nelle aree urbane, il WWF suggerisce di realizzare insediamenti a tendenziale autosufficienza energetica, con impronta energetica vicino allo zero o addirittura negativa, che favoriscano lo sviluppo di politiche integrate di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, contrastando la crescita della superficie urbanizzata pro capite e la dispersione insediativa e limitando la dispersione termica e i consumi di energia. Utili sono anche i giardini e orti condivisi, che consentono di recuperare territori dismessi, marginali o anche contaminati, si tratta di iniziative di impegno civico in campo ambientale e sociale delle comunità. I cittadini avviano percorsi di sostenibilità nelle città per la riqualificazione delle aree verdi, che permettono di reimmettere in un’economia circolare il valore del suolo e dei servizi ecosistemici da esso garantito. Nel rapporto si suggerisce anche di favorire la mobilità dolce, sostenibile, partendo dalla progettazione delle strade, che devono diventare uno spazio più equo, che favorisca la convivenza tra diversi mezzi di trasporto (senza dimenticare i pedoni) come accade in molte importanti città europee (Copenaghen, Berna, Basilea, Trondheim, ecc.).

Fonte: ilcambiamento.it

 

I servizi resi ogni anno dalla natura valgono il doppio dell’economia mondiale

Si tratta di circa 125000 miliardi di dollari all’anno. Negli ultimi 15 anni questo valore è diminuito del 14% a causa della distruzione degli habitat.

Occorrerà decisamente rivedere il detto il denaro non cresce sugli alberi, dal momento che l’economia della specie umana può funzionare solo grazie ai servizi resi ogni anno dall’ecosistema: assorbimento della CO2, purificazione dell’acqua, impollinazione, protezione dalle tempeste, prevenzione dell’erosione del suolo e molti altri. Si può dare un valore economico a questi servizi che la natura ci fornisce “gratuitamente”? Uno studio interdisciplinare realizzato da sei diverse università ha stimato questo valore in 125 T$all’anno (1 T$ = 1000 miliardi di dollari), otto volte il PIL USA, il doppio dell’economia mondiale(1). Il valore dei servizi marini è pari a 50 T$, di cui 22 dagli oceani e 28 dalle zone costiere; in questo gruppo le barriere coralline valgono ben 10 T$ per la loro straordinaria biodiversità, nonostante occupino una porzione minuscola del pianeta. Gli ecosistemi terrestri contribuiscono per 75 T$. A sorpresa, il contributo maggiore non viene dalle foreste (16 T$), ma dalle zone umide (26 T$) e dalle praterie (18 T$). Negli ultimi quindici anni la distruzione degli habitat naturali per fare posto a urbanizzazione, agricoltura e pascoli ha determinato una perdita di servizi naturali pari a 20 T$ all’anno, cioè il 14% del valore del 1997. Le perdite maggiori riguardano la distruzione delle barriere coralline e delle foreste costiere di mangrovie, causate dalla creazione di acquacoltura di gamberetti. Stiamo erodendo il capitale naturale della terra ad un ritmo assurdo e insostenibile. Dandogli un valore economico, è possibile parlare nel linguaggio degli economisti per sperare di fare loro capire che oggi ogni ulteriore crescita economica può solo avvenire a spese del capitale naturale. (2) Detto altrimenti, il costo delle esternalità che imponiamo alla natura determinerà, più prima che poi, il collasso dell’economia e della società.Servizi-economici-ecosistemi

(1) Dollari costanti del 2007. Questo lavoro aggiorna un precedente lavoro del 1997 che stimava il valore dei servizi naturali in 46 T$. Per l’inflazione questo valore sarebbe oggi cresciuto a 145 T$, ma la perdita di numerosi habitat terrestri e marini ha fatto calare il valore a 125 T$.

(2) Da un punto di vista fisico ed ecologico, avrebbe più senso valutare le basi materiali ed energetiche dell’economia, piuttosto che dare un valore monetario alla natura, ma dal momento che le decisioni a livello mondiale vengono prese sulla scorta di valutazioni che attengono solo alla sfera dell’economia, è necessario includere il valore dei servizi naturali nei bilanci delle aziende e delle nazioni.

Fonte: ecoblog.it

Camerun, l’habitat degli scimpanzé minacciato dalla diffusione dell’olio di palma

Greenpeace denuncia i progetti dell’americana Herakles Farm che vorrebbe deforestare in Camerun per piantare olio di palma, mettendo a rischio l’habitat di scimpanzé, babbuini e altre specie di scimmie rareScimpanzè-Camerun-586x318

La fame occidentale per l’olio di palma sembra non conoscere limiti: dopo aver devastato Malesia e Indonesia, ora ci si rivolge all’Africa. L’azienda americana Herakles farm vorrebbe distruggere lotti di foresta in Camerun per produrre il contestato olio pieno di grassi saturi (1). Lo denuncia Greenpeace, che contesta le affermazioni della Herakles secondo cui i terreni di coltura della concessione Nguti sarebbero già deforestati e di scarso valore naturalistico. Le rilevazioni aeree e le visite sul campo effettuate dall’associazione ambientalista mostrano invece che il territorio interessato (2) è ricchissimo di specie animali e vegetali, tra cui numerosi primati, in particolare lo scimpanzé, il mandrillo e il colobo rosso di Preuss. Il fatto è confermato anche da uno studio congiunto di un’università camerunense e tedesca. Negli ultimi 20 anni la domanda europea di olio di palma è cresciuta di circa 5 volte; è davvero una pia illusione pensare che tutto questo olio  possa esse prodotto nelle regioni equatoriali in modo “sostenibile” senza danneggiare l’ambiente.  (1) L’olio di palma contiene il 50% di grassi saturi, più o meno come il lardo suino. Lo si può vedere nel database nutrizionale USDA o semplicemente leggendo le etichette dei prodotti alimentari (biscotti, grissini, fette biscottate ecc), in cui i grassi saturi sono sempre la metà del totale. (2) L’area si trova nell’interstizio tra quattro parchi nazionali, di cui il più importante (”A” sulla mappa) è il parco di Korup, che si unisce al Cross River park nigeriano oltre confine.

Fonte: ecoblog