Groenlandia: nel 2014 prosegue la perdita di ghiaccio anche se con ritmi piu’ contenuti

L’isola perde 300 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno e nel 2014 la superficie interessata a fusione e’ stata sopra la media degli ultimi trent’anni.

Vista dall’aereo, la calotta glaciale della Groenlandia appare come un formidabile mare di ghiaccio (vedi foto dell’autore) da cui spuntano come isole cime montuose alte piu’ di 2000 metri. Eppure ogni anno i ghiaccia della grande isola perdono oltre 300 miliardi di tonnellate e  la velocita’ di fusione continua a crescere. E’ difficile immaginare una quantita’ cosi’ grande, ma per farsi un’idea basta pensare che si tratta di circa 40 tonnellate per ogni abitante del pianeta, ovvero un cubo di 3,6 m di spigolo. Secondo le analisi delle Snow and Ice Data Center, ogni anno la fascia di entroterra a quote piu’ basse sperimenta due o tre mesi di continua fusione del ghiaccio superficiale; contribuisce al processo la presenza di valli sottomarine, per cui il ghiaccio entra in contatto con l’acqua di mare da sotto. Quest’anno da giugno ad agosto circa il 30% della superficie ha presentato fenomeni di fusione, con punte del 40%, rispetto ad una media 1981-2010 che superava di poco il 20% tra giugno e luglio. Si tratta di valori significativi, anche se fortunatamente inferiori all’estate del 2012, quando la superficie interessata a fusione ha sempre superato il 40% con punte del 90%.

La fusione completa della calotta groenlandese non e’ ancora nell’agenda di questo secolo, visto che stiamo parlando di un ghiacciaio di due km di spessore, ma se dovesse avvenire farebbe alzare il livello dei mari di circa 7 metri. Il rapido disgelo dell’isola non stimola solo gli appetiti delle multinazionali minerarie, ma anche le velleita’ di crescita economica dei groenlandesi, che stanno immaginando nuove strade, porti e aeroporti. Ghiacciaio-Groenlandia

Fonte: ecoblog.it

La fusione dei ghiacci della Groenlandia sta spostando l’asse di rotazione terrestre

Lo spostamento naturale dei poli dovuto agli aggiustamenti della crosta ha subito una brusca variazione e accelerazione dal 2005 ad oggi per la fusione del ghiaccio della Groenlandia, causato dall’effetto serra.Spostamento-polo-nord

Stiamo spostando l’asse di rotazione terrestre: questa è una notizia che va aggiunta all’elenco dei fatti che hanno portato il premio Nobel Paul Crutzen a battezzare come Antropocene la nostra era corrente. Uno studio effettuato da Janli Chen e colleghi dell’università del Texas e presentato all’incontro della American Geophysical Union mostra infatti che lo spostamento dell’asse di rotazione terrestre (1) ha subito una brusca variazione nel 2005 (grafico a sinistra): se prima era diretto verso sud ad una velocità di 10 cm/anno, ora si sta muovendo verso est  a 20 cm/anno (2). NOTA BENE: Le frecce nel planisfero di destra ovviamente non sono in scala. Cosa sta accadendo? Gli spostamenti passati sono dovuti a raggiustamenti della crosta terrestre, mentre secondo Chen, il ben più rapido spostamento verso est dell’ultimo decennio è dovuto alla massiccia fusione della calotta di ghiaccio della Groenlandia (250 Gt/anno). Questa spostamento di massa, prima localizzata ed ora ridistribuita negli oceani, ha cambiato il momento di inerzia del pianeta ed ha portato l’asse di rotazione ad allinearsi con il nuovo asse principale di inerzia. Meno rilevante sembra invece l’effetto della fusione dei ghiacciai delle montagne (194 Gt/anno) e dell’Antartide (180 Gt/anno). Non solo stiamo spostando l’asse di rotazione, ma lo stiamo facendo con una velocità doppia rispetto a quello che era il trend naturale. Se da un lato lo spostamento del polo è un utile strumento scientifico per la valutazione dei cambiamenti climatici, esso rappresenta anche un evento altamente simbolico che dovrebbe farci riflettere sulla portata delle nostre azioni.

(1) Questo spostamento noto come true polar wander è relativo alla superficie terrestre e riflette una redistribuzione delle masse attorno all’asse di rotazione e non va confuso nè con lo spostamento del polo nord magnetico, nè con i movimenti di precessione e nutazione dell’asse di rotazione che sono invece riferiti al piano dell’eclittica.

(2) Le unità del grafico in alto sono in mas, cioè millisecondi d’arco, cioè un angolo di un millesimo di un secondo che è a sua volta 1/3600 di un grado sessagesimale. Date le dimensioni del nostro pianeta, un millisecondo equivale a circa 3 cm sulla superficie.

Fonte: ecoblog

6. I rifiuti in Groenlandia

Dalle città più popolose agli insediamenti più remoti, ovunque viviamo, generiamo rifiuti. Avanzi di cibo, rifiuti elettronici,  batterie, carta, bottiglie di plastica, vestiti, vecchi mobili: tutte queste cose vanno smaltite. 14

Alcune finiscono riutilizzate o riciclate; altre vengono bruciate per produrre energia oppure avviate alle discariche. Non  esiste un unico modo di gestire i rifiuti che vada bene ovunque. Il modo in cui gestiamo i rifiuti deve tener conto delle condizioni locali. Dopo tutto, i rifiuti nascono come una questione locale. Considerando la scarsa densità di popolazione, le lunghe distanze fra i centri abitati e l’assenza di infrastrutture stradali, vediamo come la Groenlandia affronta la questione della gestione dei rifiuti.

Intervista a Per Ravn Hermansen

Per Ravn Hermansen vive a Nuuk, la capitale della Groenlandia. Vi si è trasferito dalla Danimarca per occuparsi della gestione dei rifiuti presso il ministero degli Interni, della Natura e dell’Ambiente groenlandese.

Come si vive in Groenlandia?

«Vivere a Nuuk non è molto diverso dal vivere in qualsiasi altra città di medie dimensioni, come lo sono le città danesi. Ci sono gli stessi tipi di negozi e gli stessi servizi. Nuuk ha circa 15.000 abitanti. Mentre qui la popolazione parla sia groenlandese che danese, gli abitanti dei piccoli centri conoscono quasi esclusivamente il groenlandese. Vivo qui dal 1999 e penso che le persone consumino lo stesso tipo di prodotti che nel resto del mondo, come ad esempio i computer e i telefonini. Penso inoltre che le persone stiano diventando più consapevoli del problema dei rifiuti.»

Dove risiede l’unicità del problema dei rifiuti in Groenlandia?

«In Groenlandia vivono circa 55.000 persone e, come avviene nel resto del mondo, le persone generano rifiuti. Sotto molti punti di vista, il «problema» dei rifiuti in Groenlandia è piuttosto banale. Le aziende e le famiglie groenlandesi generano vari tipi di rifiuti e quello che dobbiamo fare è gestirli in modo tale da non recare danno all’ambiente. Per altri versi, il problema dei rifiuti in Groenlandia è unico nel suo genere per via dell’estensione del suo territorio, o meglio della dispersione geografica degli insediamenti. In Groenlandia ci sono sei città relativamente grandi, 11 centri minori e una sessantina di insediamenti fra i 30 e i 300 abitanti, disseminati lungo la costa. La maggioranza della popolazione è concentrata sulla costa occidentale, ma si trovano alcuni piccoli insediamenti e centri abitati anche sulla costa orientale.

Solo sei città dispongono di impianti di incenerimento, il che non è sufficiente a garantire un trattamento adeguato in termini ambientali dei rifiuti inceneribili. Inoltre, non esistono strade di collegamento fra le città e gli insediamenti e quindi non è facile trasportare i rifiuti agli inceneritori. Le merci vengono trasportate principalmente via mare. Al momento, abbiamo solo una vaga idea della quantità di rifiuti urbani prodotti in Groenlandia e riteniamo che sia in aumento. Una metà degli insediamenti dispone di quelli che definirei «forni inceneritori»; per il resto, abbiamo solo discariche e roghi all’aria aperta.15

In ultima analisi, penso che tutti i problemi in materia di rifiuti abbiano alcuni elementi in comune ma che ciascuno sia

unico nel suo genere. Quella dei rifiuti è una questione locale con ripercussioni più ampie. Qualsiasi soluzione deve tener conto di questo dualismo.»

Cosa succede ai rifiuti pericolosi e ai rifiuti elettronici?

«Gli impianti delle maggiori città disassemblano le apparecchiature elettriche ed elettroniche e gestiscono i rifiuti pericolosi, che sono quindi stoccati in loco in attesa di essere trasferiti in Danimarca. La Groenlandia importa ogni genere di merce, inclusi i generi alimentari, i capi di abbigliamento e gli autoveicoli, in gran parte in arrivo via mare da Aalborg. I rifiuti pericolosi e quelli elettrici ed elettronici sono trasferiti sulle navi che fanno ritorno in Danimarca.»

Ultimamente le multinazionali minerarie sono alla ricerca di riserve petrolifere o minerarie ancora intatte. Cosa ne è dei

rifiuti minerari?

«In Groenlandia applichiamo la politica «dello sportello unico», che consente alle imprese estrattive di ottenere dallo stesso ente pubblico tutti i permessi necessari. Ciò significa che le domande di autorizzazione, in cui sono contemplati

tutti gli aspetti dell’attività, inclusi i rifiuti, devono essere presentate all’Ufficio dei minerali e del petrolio. Quasi tutte le attività delle imprese minerarie si svolgono lontano dalle città e dai centri abitati. Per quanto riguarda i rifiuti inceneribili, le imprese possono stipulare accordi con gli enti locali per avere accesso agli impianti di incenerimento. Questo aumento della domanda esercita ulteriori pressioni sulla capacità di incenerimento locale.»

Come state affrontando questo problema?

«Una delle opzioni attualmente sul tavolo consiste nel costruire impianti di incenerimento regionali e nel trasferire lì i rifiuti. È chiaro che non possiamo costruire impianti di trattamento dei rifiuti in ogni città. Stiamo anche valutando la possibilità di produrre calore, di riscaldare le case bruciando rifiuti. Nelle città più piccole, abbiamo dato il via alla costruzione di impianti per lo smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici e la gestione dei rifiuti pericolosi. Negli insediamenti minori stiamo invece mettendo a disposizione alcuni contenitori per la raccolta dei rifiuti elettronici e pericolosi, che possono essere successivamente trasportati agli impianti di smaltimento delle varie città. Sono attualmente in corso due progetti pilota per il trasferimento dei rifiuti inceneribili nelle città dotate di impianti di incenerimento. Il governo groenlandese dispone di un piano nazionale di gestione dei rifiuti e le attività a cui mi riferivo fanno parte di Fonte: EEA (agenzia europea ambiente)

questo piano.»

Fonte: EEA (agenzia europea ambiente)

Scoperto un mega-canyon paleofluviale sotto i ghiacci della Groenlandia

Il canyon scorre da sud verso nord, è lungo 750 km e profondo 800 m e si è formato milioni di anni fa prima delle ere glaciali. La sua presenza convoglia le acque di fusione verso il mare Artico e rallenta il movimento dei ghiacciai verso il mare perchè riduce lo strato di acqua tra ghiaccio e roccia che funge da lubrificante.

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La Groenlandia è in gran parte coperta da una calotta di ghiaccio di oltre due kilometri di spessore, ma sotto al ghiaccio si trovano valli e montagne come in tutti i continenti. Recenti rilevazioni radar satellitari hanno permesso di identificare un gigantesco canyon sotto la calotta glaciale. Le rilevazioni precedenti non avevano la risoluzione sufficiente per identificare una simile struttura. Il canyon corre da sud verso nord (la mappa in alto ha il nord a sinistra) ed è lungo 750 km (oltre una volta e mezza il Grand Canyon degli USA) e profondo circa 800 m. Si tratta di un canyon paleofluviale, formatosi cioè per erosione prima dell’inizio delle glaciazioni e della crescita della calotta groenlandese, circa 3,5 milioni di anni fa. I tre profili A,B e C in alto si riferiscono alle sezioni blu, nera e rossa sulla mappa in basso. Il canyon agevola il drenaggio dell’acqua verso il mare e questo spiega l’assenza in  Groenlandia di laghi subglaciali come in Antartide. Questo fatto non è solo una curiosità scientifica, perchè ha anche implicazioni significative sulla fusione della calotta e sull’innalzamento dei mari. La rapidità della fusione della calotta dipende anche dal suo scorrimento dalle montagne verso il mare, fenomeno che è agevolato dalla presenza di uno strato di acqua tra il fondo del ghiacciaio e la roccia sottostante che riduce l’enorme attrito all’interfaccia. Il  canyon convoglia una maggiore quantità di acqua verso il mare artico,riducendo lo scorrimento della calotta e rallentandone quindi la fusione. Una buona notizia, ma su cui è meglio non contare troppo.

Fonte: ecoblog

L’Artico è un bene comune e occorre un trattato internazionale per salvarlo da petrolieri e militari

Occorre un trattato artico che protegga la regione polare dagli appetiti dei petrolieri e dei militari. L’Artico è un bene comune perchè i suoi ghiacci proteggono il clima temperato quale noi lo conosciamo oggi.Artico-Greenpeace-586x389

Questa performance artistica è stata realizzata qualche settimana fa da< Greenpeace: un mosaico di un migliaio di fotografie è stato portato fino al polo Nord dagli attivisti con una settimana di trekking come parte del progetto Save the Arctic. L’artico deve essere salvato, non c’è dubbio; i suoi ghiacci rappresentano una sorta di “patrimonio climatico” che è un bene comune di tutta l’umanità. L’enorme perdita estiva dei ghiacci polari rappresenta infatti una minaccia per la stabilità delle correnti a getto e quindi del clima delle correnti temperate. Esiste infatti una crescente evidenza sperimentale del legame che sussiste tra la riduzione del ghiaccio estivo e l’aumento dei fenomeni climatici estremi quali siccità, inondazioni e ondate di freddo/caldo. Difendere il poco ghiaccio che è rimasto dovrebbe quindi essere una sorta di imperativo categorico per tutte le persone dotate di ragione. Non è questo il caso dei militari USA che nella loro roadmap parlano di rischi e opportunità legati all’apertura di nuove rotte navali nell’Artico. Non si sta parlando naturalmente di rischi per il clima, ma di rischi geopolitici o economici, cioè di non arrivare abbastanza in fretta ad accaparrarsi il petrolio artico (1). Il massimo dell’apertura mentale dei militari è invocare una cooperative partnership tra gli stakeholders artici (USA, Russia, Canada, Norvegia e Danimarca) per spartirsi le risorse. No signori, l’artico non appartiene ai paesi confinanti (2), ma a tutta l’umanità. Occorre un trattato internazionale, come da tempo chiedono i Verdi Europei, per proteggere la calotta del mondo dagli appetiti minerari e militari, in modo analogo a quanto si è fatto per l’Antartide oltre cinquant’anni fa.

(1) Spesso si sostiene che il mare artico contenga il 25% delle risorse di petrolio e gas ancora non esplorate. E’ una valutazione che manca di una buona base sperimentale e inoltre occorre capire quanto siano davvero estraibili queste risorse: gli incidenti che hanno costretto Shell a sospendere le trivellazioni nel mare di Beaufort dovrebbero insegnarci qualcosa.

(2) La Danimarca vorrebbe sedere al tavolo artico per il suo ex status coloniale in Groenlandia, ma la grande isola di ghiaccio è (purtroppo) abbastanza adulta per fare da sola.

Fonte: ecoblog

 

Come il voto in Groenlandia cambierà la corsa alle risorse naturali

Le recenti elezioni che si sono tenute lo scorso 12 marzo in Groenlandia e per cui hanno votato 30 mila elettori su 57 mila abitanti, costringono a rivedere a politica di approvvigionamento dei minerali come terre rare e uranio.

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Le elezioni in Groenlandia sono state vinte con il 43% delle preferenze dalla signora che vedete nella foto in alto, la 47enne Aleqa Hammond. La calotta di ghiaccio si sta sciogliendo a causa dei cambiamenti climatici al Polo Nord e rende facilmente accessibili risorse naturali quali terre rare e uranio. La Groenlandia è pronta grazie alla socialdemocratica Aleqa Hammond a sfruttare tutte le risorse serbate nel sottosuolo e sopratutto di quei minerali che sono indispensabili per l’elettronica. La prima mossa della Hammond sarà togliere il divieto di estrazione dell’uranio poiché le terre rare sono spesso mescolati con l’uranio e la sua estrazione è vietato in Danimarca, che ha ancora voce in capitolo in molte delle vicende della sua ex colonia. Ha anche proposto che le imprese minerarie debbano pagare royalties più consistenti, il che evidentemente è stato apprezzato dagli elettori, molti dei quali ritenevano che il governo precedente fosse stato troppo generoso con le imprese straniere desiderose di sfruttare le risorse del paese. Se i piani della signora Hammond andranno avanti allora la Groenlandia vedrà decollare le estrazione di terre rare tanto da dare una scossa al mercato dei metalli preziosi. Al momento il mercato è dominato dalla Cina che negli ultimi ha limitato le sue esportazioni di terre rare dicendo: per preservare l’ambiente. L’estrazione di questi metalli è piuttosto inquinante per l’ambiente ma sembra che plausibilmente la Cina abbia limitato le esportazioni per controllare meglio il mercato  alcuni vedono un ulteriore motivo di tagli della Cina: controllando l’offerta di materiali ad alto valore, la Cina può anche controllare il loro utilizzo nei prodotti finiti. Se la Groenlandia diventa un grande fornitore di questi minerali allora la presa della Cina sul mercato potrebbe rallentare e i prezzi mondiali potrebbero abbassarsi notevolmente.

Fonte: The Economist