La Regina premia Rod King, l’uomo delle strade a 30 km/h

Il fondatore del movimento 20’s Plenty for Us è sato insignito del titolo di Member of the Order of the British Empire451022777-586x390

Mentre in Italia gli attivisti delle zone 30 ottengono i primi successi presso le amministrazioni comunali, in Gran Bretagna un sostenitore delle zone a velocità ridotta per favorire gli spostamenti in bicicletta è stato insignito, lo scorso 28 novembre del titolo di Member of the Order of the British Empire, una delle maggiori onoreficenze inglesi. Se nel Regno Unito il limite delle 20 miglia all’ora (i nostri 30 km/h) sta diventando la norma nelle aree urbane e nelle strade residenziali, il merito è di Rod King, il fondatore di 20’s Plenty for Us, il movimento pro-ciclisti che gli ha consentito di uscire da Buckingham Palace con la medaglia al collo.20’s Plenty for Us è un’organizzazione di volontari che sostiene tutte le comunità che desiderano basse velocità. Dal 2007 l’associazione di Rod King ha ottenuto numerosi successi visto che ad adeguarsi al limite sono state Portsmouth, Oxford, Cambridge, Brighton, Warrington, Liverpool, Bristol, Bath, ManchesterBirmingham, Lancashire, York, Newcastle, St Helens, Sefton, Oldham, Wigan, Rochdale, Middlesbrough, Edimburgo, Chichester, Bolton, Nottingham, come nonché i quartieri di Londra di Camden, Islington, Waltham Forest, Haringey, Lambeth, Greenwich e la City di Londra, ovverosia tutti i principali centri urbani di Inghilterra, per un totale di circa 12 milioni di abitanti interessati dalla riforma della viabilità. Attualmente 20’s Plenty for Us coordina 216 campagne locali, fra cui Time for 20, in cui si chiede al Dipartimento dei Trasporti di modificare la segnaletica in modo che non sia più necessaria nelle strade 20 miglia all’ora, ma solo in quelle a 30 mph (i nostri 45 km).

Un grande successo quello di King, specialmente se si pensa che la sua associazione è nata solamente sei anni fa:

In passato si accettava che i veicoli a motore facessero da padroni dove la gente viveva, lavorava e faceva la spesa. Ora stiamo passando a condividere le strade più equamente e a consentire alle persone di scegliere di andare a piedi o in bicicletta senza la paura di un traffico veloce,

ha dichiarato dopo avere ritirato il premio.

Fonte: 20’s Plenty for us

Legge pro ciclisti in Gran Bretagna: la proposta acchiappa-voti dei LibDem

Se dovesse passare la proposta del LibDem Julian Huppert, in caso di incidente gli automobilisti verranno ritenuti presunti colpevoli fino a prova contraria 175574024-586x379

Sarà che da due anni vincono il Tour de France(prima con Bradley Wiggins, poi con il “kenyano” Chris Froom), sarà che i movimenti di  rotafissati e di ciclisti urbani spuntano come funghi, sarà, soprattutto, che il vulcanico sindaco di Londra Boris Johnson ha stilato un cycling action plan che ha rimodellato la viabilità della capitale, ma in Gran Bretagna la bicicletta sta diventando una cosa terribilmente seria. Favoriti dalle piste ciclabili frotte di ciclisti invadono la città rinunciando ad auto, metro e bus per muoversi e rilassarsi con una sana pedalata. La cyclingmania è contagiosa, basta farsi un giro sui social media o analizzare i dati delle importazioni di biciclette (molte dal Belpaese). All’Eroica, la gara che si disputa in Chianti su biciclette d’epoca, ci sono più stranieri che italiani e la parte del leone la fanno sempre gli inglesi. La rivoluzione ciclistica britannica ormai ha fatto il grande salto: le due ruote non sono più viste come strumento di svago, ma come mezzo di trasporto alternativo al traffico motorizzato. La politica, dunque, si sta accorgendo che politiche per la ciclabilità possono garantire un bacino sempre più ampio di voti. Julian Huppert, deputato dei LibDem che sostengono i Tory al governo ha lanciato una proposta: gli automobilisti che abbiano un incidente con un ciclista saranno ritenuti responsabili a meno che non possano provare il contrario. Una presunzione di colpevolezza che i ciclisti sconteranno nei confronti dei pedoni che dovessero investire. Ma non ci si fermerà alla regola del “presumed guilty”:  verrà chiesta al governo una maggiore repressione contro le auto che invadono le piste ciclabili, ma, allo stesso tempo, anche le ingiunzioni ai ciclisti a rispettare fedelmente le regole del codice della strada. In parlamento si è creato un gruppo interpartitico a favore della bicicletta: ne fa parte il campione olimpico ed ex primatista dell’Ora Chris Boardman che invita a seguire il modello del cycling action plan londinese di Boris Johnson. Da Londra alla Gran Bretagna, la bicicletta tenta di riprendersi le strade, d’altronde è questo uno dei primi Paesi in cui il mezzo si è diffuso e la Storia, si sa, è fatta di corsi e ricorsi.

Fonte: The Times

Mission Possible, la bio-economia spiegata ai bambini in mostra a Museo dei Bambini di Roma dal 12 aprile 2013

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Non sempre conosciamo il significato corretto dei termini che utilizziamo e “bioeconomia” è sicuramente uno fra questi. Ricercatori ed esperti di musei e science centre europei – Austria, Estonia, Germania, Italia e Gran Bretagna – hanno collaborato al progetto “Mission Possible”: una mostra, finanziata dalla Commissione Europea, ad Explora, il museo dei bambini di Roma per 6 mesi.

L’iniziativa parte dalla considerazione che la bio-economia ci riguarda molto più di quel che immaginiamo, soprattutto in vista della Strategia Europa 2020: l’UE, infatti, si propone di diventare un’economia intelligente, sostenibile e solidale e auspica che ognuno di noi diventi un attore consapevole di questo indispensabile cambiamento. Mission Possibile, attraverso workshop scientifici e attività interattive, mostrerà a grandi e piccini come la bio-economia potrà venirci in soccorso per rendere più vivibile il nostro futuro, partendo dal presente.

Agricoltura e Pesca‚ Alimentazione e Benessere‚ Biotecnologie e Scienze della Vita, sono le tre grandi  aree tematiche in cui si articola  la mostra. La parola chiave di questo progetto è “partecipare” e non solo osservare: gli operatori condurranno le attività laboratoriali per i bambini, mentre degli info-terminali con link, immagini e video, consentiranno di approfondire e osservare le conseguenze delle scelte applicate.

Ecco alcuni degli interessanti laboratori che attendono bambini dai 7 anni in su.

  • Agricoltura e Pesca: “la vita di una goccia d’acqua” per far scoprire il bambini al mondo delle scienze naturali con particolare attenzione ad alcune fasi del ciclo dell’acqua.
  • Alimentazione e Benessere: “misuriamoci” – Partendo dall’indagine sul proprio corpo i bambini saranno stimolati a fare un parallelo con lo stato di salute della terra di cui sono protagonisti.
  • Biotecnologie e Scienze della Vita:“lemon light”- Come creare, utilizzare e sperimentare delle bio-batterie per entrare in contatto diretto con il tema delle energie rinnovabili.

Al termine, i visitatori sono invitati a lasciare un proprio feedback e potranno tornare alla loro vita quotidiana, con la speranza che questa esperienza sia servita a risvegliare la loro coscienza ambientale e si siano resi conto che anche i piccoli gesti contribuiscono a migliorare il mondo intero.

Per maggiori info: https://www.mdbr.it/it/component/k2/item/177-mission-possible-%E2%80%93-la-bioeconomia-salver%C3%A0-il-mondo?.html

 

Fonte:tuttogreen

Eolico off-shore, brusco aumento installazioni nel 2013

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Con 400 MW connessi alla rete elettrica tra gennaio e giugno, London Array ha contribuito in massima parte al boom dell’eolico offshore nel primo semestre 2013. Come evidenzia l’ultimo rapporto dell’EWEA (European wind energy association, la lobby continentale delle fattorie del vento), la parte iniziale dell’anno ha visto complessivamente1.045 MW di nuova potenza installata negli impianti marini. È quasi il doppio dei 523 MW registrati nello stesso periodo del 2012, grazie soprattutto a due progetti. C’è London Array, la centrale offshore più grande del mondo, realizzata nell’estuario del Tamigi e appena inaugurata (175 turbine per 630 MW cumulativi, in parte già collegati alle linee di trasmissione lo scorso anno); poi c’è l’impianto danese di Anholt, con i suoi 350 MW. In totale sono 277 gli aerogeneratori finora entrati in funzione nel 2013; 254, invece, quelli costruiti ma non ancora attivi. Quindi è bastato un semestre per quasi raggiungere la capacità installata nell’intero 2012; all’appello mancano, infatti, appena 121 MW, che con tutta probabilità saranno ampiamente superati nei prossimi mesi. È chiaro, però, che l’eolico offshore continua a dipendere da pochi, complessi e costosi progetti di vastissime dimensioni. Così potrebbe presto esaurirsi la spinta impressa da alcuni maxi investimenti: tanto che nel primo semestre 2013 si è chiusa soltanto un’operazione di copertura finanziaria in questo settore delle fonti rinnovabili, per i 288 MW della centrale di Butendiek in Germania. Con meno capitali all’orizzonte, l’incertezza su regole e incentivi e un rallentamento degli ordini per nuove turbine,l’eolico marino non può assolutamente adagiarsi sugli allori, nemmeno nei mercati più maturi di Gran Bretagna e Germania. Eppure i lavori stanno proseguendo in 18 centrali, che quando saranno terminate sommeranno altri 5.000 MW alla potenza totale installata in Europa, pari attualmente a circa 6.000 MW. Dal rapporto EWEA emerge la crescente concentrazione dell’eolico offshore: non solo a livello geografico, con la Gran Bretagna sempre in testa alla maggior parte delle classifiche (numero di turbine installate e connesse), ma anche per quanto riguarda le aziende coinvolte. Dong Energy è lo “sviluppatore” che ha collegato la quota più consistente di MW nel primo semestre 2013, poco più di 400, assorbendo il 39% del totale. Siemens, invece, ha fornito quasi il 90% delle turbine definitivamente installate nel medesimo periodo, ben 244 aerogeneratori per 866 MW complessivi.

Fonte: Energia24Club.it

Sacchetti, è ancora la Gran Bretagna a opporsi al bando italiano: la decisione slitta a settembre

La Gran Bretagna ha formalmente depositato presso la Commissione Europea un parere motivato in opposizione alla legge italiana 28 del 2012 che mette al bando i sacchetti di plastica non biodegradabili. Il termine ultimo per esprimersi sul bando slitta quindi a settembre 2013375028

La Gran Bretagna lo rifà: dopo le obiezioni sollevate a luglio 2011 quando il “decreto sacchetti” era stato presentato a Bruxelles per la prima volta, ora è tornata alla carica: il 17 maggio 2013 sui tavoli della Commissione Europea è arrivato un parere motivato contro il bando italiano, che fa slittare di altri 90 giorni il periodo di sospensione dell’entrata in vigore del decreto.

La Commissione ha tempo ora fino al 13 settembre per esprimersi. Parallelamente, slitta anche l’entrata in vigore delle sanzioni, che non potranno essere applicate prima dello scadere dell’ier procedurale.

Fonte: eco dalle città

La fine del carbone in Gran Bretagna

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La chiusura della miniera di Daw Mill nel centro dell’Inghilterra, segna simbolicamente la fine della storia del carbone inglese, prima risorsa fossile sfruttata su larga scala fin dall’inizio della rivoluzione industriale. La produzione mineraria è cresciuta fino a 292 Mt nel 1913 per poi calare inesorabilmente nel corso del 20° secolo. Nonostante tutte le innovazioni tecnologiche introdotte, gli inglesi, non solo non hanno aumentato le estrazioni, ma non sono nemmeno riusciti a tenerle costanti. Perchè?

E’ un fenomeno fisico molto semplice ben descritto dal modello di Hubbert. Detto in breve, i giacimenti più grandi, accessibili e di migliore qualità vengono sfruttati per primi; e solo dopo si estrae da miniere più piccole, più scomode e pericolose e con carbone di minore qualità. Questo fa sì che quando la domanda è all’apice, la produzione non riesce più a reggere il ritmo degli anni precedenti. (1) Le innovazioni tecnologiche hanno aumentato la produttività dell’industria mineraria (infatti la curva blu degli occupati è scesa più in fretta della curva di produzione), ma non possono andare contro la geologia e la fisica. E’ una lezione che dovremmo tenere tutti  bene a mente. Se qualcuno si fosse chiesto nel 1913 quanto a lungo sarebbe durato il carbone, dividendo le riserve stimate per la produzione annua avrebbe detto che il carbone inglese sarebbe finito negli anni ‘60. Nella realtà, è invece durato oltre 40 anni in più perchè non è stato possibile mantenere la produzione costante. E’ durato di più, ma è stato meno disponibile fin da subito.

Questo è il problema del peak coal e del peak oil, non che le risorse fossili finiscono (questo è ovvio), ma che dopo il picco non è possibile estrarle come la domanda economica vorrebbe. Il picco del carbone ha segnato anche il picco dei lavoratori che da oltre un milioni sono scesi a poche migliaia. Dopo il picco sono peggiorate le condizioni di lavoro, come testimoniano i grandi scioperi del 1921 e 1926, ben visibili nel grafico. Quando M.Thatcher (su di lei l’oblio) intraprese la sua ignobile guerra contro i minatori (sciopero del 1984) sapeva di poter vincere perchè anch’essi ormai erano nella parte calante della curva di Hubbert.

(1)     Esiste una bellissima teoria matematica per descrivere tutto questo, ma lo spazio di questo post è troppo esiguo per poterla descrivere… Dico solo che la produzione annua  p(t)(curva rossa qui sopra) è la derivata della curva logistica P(t) soluzione dell’equazione p=dP/dt = rP(1-P/K). Chiaro, no?

Fonte:ecoblog