La terra dei Masai rischia di diventare riserva di caccia per i reali del Dubai

Il Governo della Tanzania pronto a espropriare la terra dei Masai per realizzare una riserva di caccia per i reali del Dubai. Il Governo della Tanzania è accusato da 40mila pastori Masai di non avere mantenuto la promessa di non “svendere” la propria terra per la realizzazione di una riserva di caccia della famiglia reale del Dubai. L’ultima follia dei petrodollari arriva dall’Africa profonda, da un “corridoio della fauna selvatica” di1500 kmq in cui vivono i Masai e in cui, appunto, una società commerciale di caccia e safari con sede negli Emirati Arabi vorrebbe realizzare una sorta di parco di divertimenti riservato ai reali ultramiliardari del Golfo Persico. Domani alcuni rappresentanti del popolo Masai incontreranno il primo ministro Mizengo Pinda, per esprimere la loro rabbia per un’iniziativa che, entro la fine dell’anno, potrebbe derubarli della loro terra. In ballo c’è un’area fondamentale per il pascolo del bestiame che permette la sussistenza di 80mila persone. Il Governo sta offrendo un risarcimento di 1 miliardo di scellini circa 462mila euro, cifra che i Masai hanno seccamente respinto, anche perché un anno fa il Governo tanzaniano aveva detto che non avrebbe permesso un simile “scippo”. Samwel Nangiria, coordinatore dell’associazione locale Ngonett, ha dichiarato di sentirsi tradito e che “un miliardo è molto poco e non si può confrontare con quella terra” nella quale sono sepolte “le loro madri e le loro nonne”. La terra, insomma, come un bene che non si può comprare, almeno nel sistema di valori dei Masai. Il Governo tanzaniano non la pensa allo stesso modo e dopo la messinscena dello scorso anno ha fatto dietrofront. A pagarne le conseguenze sono stati numerosi attivisti uccisi dalla polizia negli ultimi due anni. Lo stesso Nangiria ha subito numerose minacce di morte. Lo scorso anno una campagna contro la riserva di caccia era stata condotta sul sito Avaaz.org con il titolo Stop the Serengeti Sell-off: 1,7 milioni le firme raccolte. Ora a un anno di distanza le promesse del Governo di Pinda sembrano essersi sbiadite e la moneta sonante del Golfo Persico sembra essere in grado di cacciare i Masai dalle loro terre.KENYA-CULTURE-TRADITION-MAASAI

Fonte:  The Guardian

© Foto Getty Images

Abu Dhabi: inaugurata la più grande centrale solare a concentrazione da 100 MW

Ad Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, è entrata in funzione una centrale solare a concentrazione da 100 MW. Anche se produce più petrolio del Messico, Il piccolo paese del golfo Persico guarda con interesse alle rinnovabili

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Abu Dhabi è il più grande dei sette Emirati Arabi Uniti. Grandi come il nord Italia, gli Emirati hanno una produzione di petrolio di 150 Mt all’anno, superiore a quella di Messico e Iraq, tanto per intenderci, e riserve dichiarate superiori a quelle della Russia. Ciò nonostante, gli Emirati si preoccupano per il futuro e iniziano ad investire in energie rinnovabili. In questi giorni è stata inaugurata dopo 3 anni di lavoro la centrale solare termodinamica  Shams-1 (che in arabo significa sole). La centrale copre un’area di 2,5 km² ed ha una potenza di 100 MW: 250 000 specchi parabolici forniscono energia termica al vapore che alimenta le turbine. Con un irraggiamento di 5,5 kWh/m² anno, non occorre infatti una grande superficie per sostenere i consumi di 20 000 famiglie. Secondo i progetti, Shams 1 verrà seguita da Shams 2 e 3 con l’obiettivo di produrre il 7% dell’energia elettrica da fonti rinnovabili nel 2020, il che non è poco per un paese che galleggia sul petrolio.

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Fonte: Ecoblog