Impariamo dagli animali a stare bene con noi stessi e con gli altri

La ricerca del benessere interiore e di un modo sano e appagante di relazionarci condiziona la vita di moltissimi ma spesso porta risultati effimeri. E se invece che a corsi, guru e rimedi miracolosi ci ispirassimo ai nostri amici non umani e alla loro capacità di trovare la felicità liberandosi dai condizionamenti sociali e valorizzando loro stessi?

Per stare bene con noi stessi, vivere e relazionarsi con altri individui occorre avere innanzitutto una chiara consapevolezza di sé. Soprattutto quando questi individui appartengono a specie non umane, quindi naturalmente meno cariche di informazioni strutturate e sovrastrutture mentali che alterano la percezione di situazioni, emozioni ed esperienze.

Stare bene con sé: facile a dirsi, difficile a farsi, soprattutto di questi tempi. Per anni nemmeno avevamo capito cosa volesse dire, questa affermazione, di preciso. Adesso imperversano metodi salvifici di benessere, tecniche per ottenere risultati strabilianti, metodi e “pochi semplici passi” per stravolgere la propria vita; strumenti e prodotti per anestetizzare ogni tipo di fastidio.

Un’esperienza di benessere è quella che abbiamo vissuto alcuni giorni fa, quando insieme ad alcune persone e ad animali non umani abbiamo condiviso una passeggiata, ciascuno sui propri piedi, zampe e zoccoli, nelle campagne toscane. Durante la passeggiata abbiamo smarrito il sentiero e ci siamo trovati a camminare nell’erba alta, ad aver fame e a esser ancora ben lontani dal punto di arrivo e per noi umani dal ristorante. Ci ha sorpresi anche la pioggia. Eppure, come siamo stati bene!

Proprio così, siamo stati molto bene, senza seguire nessuna tecnica per il raggiungimento del benessere e, soprattutto, senza nessuno che ci dicesse cosa fosse giusto o sbagliato fare. Perché questo è il ben-essere, almeno per come lo intendiamo noi: è stare centrati su cosa è buono, bello, nutriente; su cosa dà pace, cosa fa sorridere, cosa dà energia a ognuno di noi, in maniera soggettiva. Ciascuno ha il suo benessere. Se proprio volessimo trovare qualcosa di oggettivo potremmo approdare alle emozioni che condividiamo, ai meccanismi di empatia, al riappropriarsi della propria capacità di scelta, alla valutazione critica di ciò che è buono per noi stessi, al sostenere il proprio valore. Gli animali non umani lo fanno; noi, spesso, cadiamo nelle trappole del pensiero come quando ci diciamo “se faccio, cosa fa/dice lei/lui, starò bene”. E così ci snaturiamo sempre più. Tornare a noi stessi è possibile. Gli animali non umani ce lo mostrano. I cani, ancora una volta, ne sono un esempio evidente. Nel relazionarsi con gli umani, o con altre specie, non perdono mai loro stessi. Il loro sviluppo emotivo è influenzato dall’ambiente naturale in cui vivono e dagli individui di ogni specie che lo popolano. Questo ambiente e questi individui amplificano e valorizzano le loro caratteristiche di specie e grazie a questo processo si rafforzano le soggettività e le determinazioni. Sarà capitato a tanti di sentire che i cani vivono nel qui e nell’ora. Questa è una verità parziale: i cani, quali magnifici esseri sociali, vivono anche proiettandosi in avventure fantastiche, dove ogni odore e ogni ambiente diventa occasione di esplorazione, così da maturare consapevolezze, scoprire nuove sensazioni, ritrovarne di vecchie. Amano crearsi immagini del mondo grazie al passaggio nell’ambiente di altri individui depositari di odori e informazioni, intenzioni e stati d’animo. Hanno il desiderio di lasciare a loro volta tracce di sé che diventeranno rappresentazioni per chi arriverà dopo di loro, in un dinamismo non frenato da sovrastrutture, un dinamismo che è vita. Nel far questo i cani non si giudicano e non hanno paura di essere giudicati. La manifestazione del sé è sempre qualcosa che non dipende dal giudizio, è una naturale espressione delle loro soggettività. Le loro azioni, grazie alla consapevolezza delle loro emozioni e al desiderio di comunicazione, nutrono un senso di appartenenza e socialità, senza mettere in secondo piano i loro bisogni.

E allora, ancora una volta, dobbiamo constatare come gli animali sociali non umani ci forniscono un’invidiabile finestra di osservazione per capire come la nostra socialità stia diventando distorta, appesantita dal bisogno mai appagato di accettazione da parte degli altri. Dimenticandoci oramai troppo spesso chi siamo, l’accoglienza che dobbiamo a noi stessi, ai nostri bisogni, avendo paura di portare il valore dei nostri talenti nelle relazioni con gli altri, ci perdiamo l’essenza del fare esperienza di noi e degli altri. Trasformiamo le relazioni, molte volte inconsapevolmente, da opportunità di scambio e di crescita, in gabbie capaci di allontanarci dalle nostre vere passioni, dal nostro vero essere e, di conseguenza, dalla nostra felicità. Il cambiamento per ritrovare il benessere è una via che molte persone scelgono con sempre maggiore frequenza, consapevoli che la socialità è la manifestazione e integrazione delle nostre peculiarità con quelle degli altri. Questa scelta si può fare in ogni momento della nostra vita, a ogni età, e si compie vivendoci: vivendo le nostre perfette imperfezioni, amandole come unicità, svincolandoci dalla logica dell’apparenza che genera solo un crescente senso di inadeguatezza, fondato su paragoni che non hanno ragion di esistere perché ogni soggetto è unico e speciale. Ecco allora che tornare a una logica della soddisfazione del sé è possibile grazie a scelte indipendenti frutto di un dialogo sincero con noi stessi, all’ascolto e valorizzazione del nostro sentire unite alla condivisione di esperienze, alla voglia di scoprire l’altro, senza che l’altro diventi metro di paragone con noi. A nostro avviso è l’unica strada per un reale cambiamento e per il ritorno ad un benessere personale e sociale. Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/06/animali-stare-bene-con-noi-stessi/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

L’Alveare che dice Sì! La spesa a km 0 social e innovativa

Una rete di vendita di prodotti locali per promuovere la filiera corta, permettendo ai cittadini di produrre, distribuire e consumare in modo sano e sostenibile. Il tutto con il supporto di internet e dei social network. Nato nel 2014 a Torino, il progetto “L’Alveare che dice Sì” si sta espandendo in tutta Italia contribuendo alla transizione verso un nuovo modello di produzione e distribuzione più umano, ecologico e giusto.

La filiera corta si evolve e la spesa a km 0 diventa sempre più social con “L’Alveare che dice Sì!” , un progetto nato a Torino e ideato da Eugenio Sapora. L’idea che ne sta alla base è semplice: creare, attraverso internet e social network, strumenti innovativi per permettere ai cittadini di produrre, distribuire e consumare in un modo più sano e giusto. Con l’obiettivo di produrre senza distruggere l’ambiente, consumare in modo consapevole e realizzare una più ampia transizione sociale ed economica verso un nuovo modello di produzione e di consumo.11224205_1633617243578402_8799665457441323169_n1

Nel settembre 2014 “L’Alveare che dice Sì!” viene incubato dal Politecnico di Torino ed è qui che a novembre dello stesso anno nasce il primo Alveare d’Italia, detto “Alveare Madre”. Il 4 dicembre 2015, grazie ai risultati positivi ottenuti dell’Alveare Madre, l’idea di Eugenio si trasforma in una start-up vera e propria e gli Alveari cominciano a moltiplicarsi in tutta Italia. Il loro funzionamento è semplice: chiunque – privato cittadino, produttore locale o associazione – può mettersi in contatto con l’Alveare Madre per diventare Gestore di un Alveare locale. Il Gestore, attraverso una piattaforma online intuitiva e facile da utilizzare, promuove presso i propri concittadini i prodotti di qualità che si trovano “sotto casa” e dei quali spesso non si conosce l’esistenza. Dell’Alveare fanno parte i produttori che si riconoscono nei principi della Carta Etica della rete e che credono nella transizione ecologica: contadini che hanno scelto un’agricoltura sana, non intensiva e non estensiva, e artigiani che hanno puntato su qualità e salvaguardia ambientale. Fare una reale spesa a km 0 richiede maggiore impegno di una spesa al supermercato e non tutti (o non sempre) abbiamo tempo, voglia o fondi a disposizione per farlo in prima persona. I residenti in una certa zona, detti “Membri” dell’Alveare, possono accedere alla piattaforma online dedicata e ordinare comodamente da casa prodotti locali come frutta, verdura, pane, vino, birra, carne, ecc. La spesa si ritira una volta alla settimana e la consegna avviene presso l’Alveare – che può essere una libreria, un bar, un ristorante o gli spazi di un’associazione – sempre nello stesso giorno e alla stessa ora, in modo che i Membri possano organizzarsi al meglio.Alveare3

Una differenza con le altre filiere corte sta nel fatto che l’Alveare chiede ai produttori di essere presenti alla distribuzione degli ordini in prima persona, insieme al Gestore, affinché i cittadini possano fare domande sui prodotti e sulla lavorazione e i fornitori, a loro volta, possono conoscere le opinioni e le aspettative dei consumatori. Un’altra importante differenza è che, in tutta la rete, ogni produttore è pienamente libero di fissare i prezzi di vendita e la quantità minima ordinabile, perché è solo lui a possedere tutti gli elementi per valutare qual è la giusta remunerazione del suo lavoro, cioè quella che gli permette di lavorare dignitosamente e coprire tempi e costi. Solo quando la somma dei singoli ordini raggiunge la quantità richiesta dal produttore, l’ordine viene confermato e l’Alveare… dice sì! A questo punto il Gestore organizza la logistica e la distribuzione degli ordini presso l’Alveare, ma non è un intermediario. Il produttore vende ai Membri dell’Alveare, incassa direttamente da loro e ogni vendita è seguita da un servizio di fatturazione automatico messo a diposizione dall’Alveare Madre. Oltre alla piattaforma internet e ad un servizio di social dedicati, infatti, l’Alveare Madre fornisce a tutta la rete supporto tecnico e commerciale 7 giorni su 7, l’emissione automatica di fatture, buoni d’ordine, buoni di consegna e qualsiasi documento contabile e la loro archiviazione a tempo indeterminato e, soprattutto, la certezza e rapidità nei pagamenti: 15 giorni tra la distribuzione della merce presso i locali dell’Alveare e l’arrivo dei soldi sul conto corrente del fornitore. Per tutti questi servizi, i fornitori pagano una spesa fissa e contenuta: una percentuale del 16.7% sul fatturato esentasse realizzato con l’Alveare locale. Una metà di queste spese (cioè l’8,35%) va al Gestore dell’Alveare, che ha il dovere di garantire i locali, la logistica e la distribuzione delle consegne, coordinare gli ordini, organizzare incontri di (info)formazione e visite alle aziende per far conoscere ai cittadini le realtà produttive locali e le loro problematiche. L’altra metà va all’Alveare Madre di Torino, dove un team di 5 persone (compreso Eugenio Sapora) si occupa della gestione della piattaforma e di tutti i servizi online, del supporto tecnico e commerciale e del corretto sviluppo della rete degli Alveari nel rispetto della Carta Etica.12316400_1655609074712552_7582079981506147641_n

Oggi “L’Alveare che dice sì!” conta una trentina di Alveari sparsi in tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia, più di 2500 membri iscritti e oltre 200 produttori locali. Inoltre, fa parte del movimento europeo “The Food Assembly” – nato in Francia tra il 2010 e il 2011 col nome di “La Ruche qui dit Oui!” – e presente anche in Germania, Spagna, Belgio e Regno Unito con circa 900 Alveari. Abbiamo raggiunto Eugenio Sapora e gli abbiamo chiesto di parlarci della sua esperienza con gli Alveari italiani: “Il progetto”, ci spiega, “è semplice e sostenibile dal punto di vista economico e sociale: si tratta di rimettere al centro i produttori e i consumatori e reinventare il nostro approccio con il cibo e la sua produzione. Oggi il modello agro-industriale dominante ha dimostrato i suoi limiti, i suoi rischi e la sua ingiustizia nei confronti di produttori e consumatori. I problemi e i temi legati all’alimentazione e alla produzione di cibo sono complessi e di fondamentale importanza: la salute, l’ambiente, il territorio, il lavoro, i legami sociali… “L’Alveare che dice Sì!” persegue il duplice obiettivo di produrre senza distruggere l’ambiente e consumare consapevolmente. Sostiene l’agricoltura sana, non intensiva e non estensiva e l’economia locale che rispetta l’ambiente”. “Ogni giorno”, continua, “le comunità degli Alveari agiscono concretamente a livello locale per affrancarsi dall’agricoltura intensiva, dall’industria alimentare e dall’economia globale. Fare la spesa a km 0 e in modo consapevole sostenendo i piccoli produttori locali e virtuosi, permette loro di farsi conoscere, vivere dignitosamente e tenere aperta l’attività. L’Alveare che dice Sì! ricolloca il produttore nel cuore della relazione commerciale e, al tempo stesso, permette ai consumatori di riappropriarsi della propria alimentazione accettando i cicli e i tempi della natura, di capire le realtà e le difficoltà del mondo rurale e artigiano e di apprendere mille cose utili sulla catena di produzione che prima ignorava. Se ognuno di noi mangia meglio e mangia giusto, tutta la comunità ne trae beneficio: le aziende agricole restano ‘umane’, l’allevamento persegue il rispetto degli animali e le pratiche agricole proteggono i suoli, i paesaggi e la biodiversità.

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“Credo fermamente nell’impresa sociale e che l’imprenditorialità possa essere messa al servizio della collettività. Credo che lo spirito imprenditoriale debba avere come obiettivo l’interesse generale e che debba mettere il successo sociale e ambientale alla pari di quello economico. Ma anche la creatività oggi è importante e l’innovazione è una leva fondamentale per il successo della spesa a km 0 e della filiera corta in generale. Vorrei dire a tutti i lettori di ItaliaCheCambia”, conclude Eugenio, “che oggi non è più possibile restare indifferenti, ma è necessario che ognuno di noi faccia la sua parte, che faccia un gesto concreto, anche piccolo, per migliorare le cose. Personalmente sono ottimista: credo che, anche attraverso la rete degli Alveari, i cittadini, gli agricoltori e gli artigiani italiani daranno il loro contributo a creare un nuovo modello economico di produzione e distribuzione più umana, più ecologica e più giusta”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2016/02/alveare-che-dice-si-spesa-a-km-0-social-innovativa/