Giornata della Terra: l’appello del WWF contro la deforestazione

In occasione dell’Earth Day 2015, WWF lancia una campagna per la salvaguardia delle foreste. Il 22 aprile è, in tutto il mondo, l’Earth Day, la Giornata della Terra. Quest’anno il WWF ha deciso, in concomitanza con la giornata che celebra il nostro Pianeta, di lanciare un appello contro la deforestazione. Il 38% della superficie forestale originaria del Pianeta è già stata persa. Attualmente soltanto il 31% della superficie del Pianeta è ricoperto di foreste e ogni anno ne vengono persi 13 milioni di ettari. Secondo il World Resource Institute vengono persi 50 campi da calcio ogni minuto. Ecco perché con la Giornata della Terra WWF ha deciso di avviare una campagna che durerà un mese e si concluderà domenica 24 maggio con la Giornata delle Oasi. Come detto in precedenza, attualmente l’area forestata globale è solamente il 62% della copertura originaria. Soltanto negli ultimi quindici anni (dal 2000 a oggi) sono stati tagliati 230 milioni di ettari di foresta e, qualora non si intervenga, ne spariranno altrettanti entro il 2050.1463975341-586x375

I 10 Paesi che deforestano di più

Nella graduatoria dei 10 paesi che nel decennio 2000-2010 hanno deforestato di più stupisce, dopo il primo posto del Brasile, il secondo dell’Australia che supera l’Indonesia, terra di conquista per le aziende produttrici di olio di palma e di carta. Le nazioni che seguono nella top ten si dividono fra Africa (Nigeria, Tanzania, Zimbabwe e Repubblica Democratica del Congo) Asia (Birmania) e Sud America (Bolivia e Venezuela). I dieci paesi che subiscono la perdita netta maggiore di area forestale sono, rispetto ai dati del decennio 2000 – 2010:
1) il Brasile
2) l’Australia
3) l’Indonesia,
4) la Nigeria,
5) la Repubblica di Tanzania,
6) lo Zimbabwe,
7) la Repubblica Democratica del Congo,
8) la Birmania (Myanmar),
9) la Bolivia,
10) il Venezuela.Ecuador-giungla-Yasuni-586x390

Deforestazione: cause e conseguenze

Aumentano i crimini forestali che secondo l’UNEP alimentano un mercato il cui giro d’affari oscilla fra i 30 e i 100 milioni di dollari l’anno. Le maggiori cause sono la crescente domanda di polpa e carta, la “fame” di terra per un agricoltura che deve soddisfare la richiesta di una popolazione crescente, la legna per le abitazioni e la filiera che produce soia, olio di palma, carne e pelli da trasformare. Le foreste servono come materia prima e lo spazio che “liberano” serve alle industrie multinazionali. L’Europa, anche se non è presente nei quartieri alti di queste poco onorevoli classifiche sulla deforestazione, ha comunque le proprie responsabilità visto che i maggiori consumatori mondiali di prodotti derivati da processi di deforestazione illegali arrivano sui mercati dell’Unione Europea. Ma c’è un altra percentuale allarmante fornita da Global Forest Watch: solamente il 15% delle foreste che rimangono nel pianeta si troverebbero in buone condizioni ecologiche. Le conseguenze sono risapute: la minaccia della desertificazione non è solo un dato ecologico, ma spinge le popolazioni a migrazioni verso climi più temperati, con tutto ciò che ne consegue e gli esiti drammatici di cui, purtroppo, sono piene le cronache di questi giorni. Ogni anno 12 milioni di ettari di terra fertile viene desertificata. E a rischio è anche l’acqua dolce visto che i serbatoi dell’acqua continentale sono i grandi ecosistemi forestali, su tutti la Foresta Amazzonica che custodisce 100mila km di corsi d’acqua.

Fonte:  WWF

Giornata della Terra e green cities: la sfida del risparmio energetico

Il progetto dell’Earth Day o Giornata della Terra dopo 44 edizioni punta alle Green Cities, ossia alle città che risparmiano energia. La sfida è complessa ma non imbattibile.

Nella Giornata della Terra oltre un miliardo di persone in 192 paesi in tutto il mondo sta esprimendo in azioni concrete il proprio impegno nel voler proteggere il Pianeta, ad esempio ripulendo aree inquinate o invase dai rifiuti, andando al lavoro in bicicletta, diffondendo le buone pratiche per il riciclo, o acquistando cibi prodotti localmente. Ma c’è un impegno più complesso e globale che riguarda le Green Cities, ossia l’obiettivo che vuole coinvolgere le comunità urbane al fine di diffondere informazioni e buone pratiche, sostanzialmente educazione ambientale, su come non sprecare sopratutto energia. Il movimento verso le Green Cities è particolarmente attivo in Europa e infatti nel nostro continente le città stanno prendendo provvedimenti per rendere gli edifici più efficienti e per riconvertire verso il risparmio i sistemi energetici e le infrastrutture dei trasporti. Le città che maggiormente incarnano questi sforzi sono Reykjavik e Londra. La città di Reykjavik ottiene appena il 19% della sua energia primaria, per trasporti e riscaldamento, da combustibili fossili. Il resto dell’energia è di fonte geotermica e dall’idrogeno – entrambe fonti rinnovabili. Cosa ancora più impressionante, tuttavia, è che Reykjavik ottiene il 100% della sua elettricità da energia geotermica e dall’idrogeno. Certo l’energia geotermica in Islanda è un dono della natura ma altrove come a Londra le soluzioni individuate usano il fotovoltaico.Daily Life In Reykjavik

Il tetto del ponte che attraversa il Tamigi alla stazione Blackfriars a Londra è stato coperto con 4.400 pannelli solari fotovoltaici che si prevede possano generare 900.000 kilowatt di energia ogni anno pari a circa la metà del fabbisogno energetico della stazione ferroviaria. Altrove, sopratutto in Asia e Australia si progettano città che consumano pochissima energia come Songdo nella Repubblica della Corea e Bhubaneswar in India. A Songdo quello che prima era un vasto deserto di zone fangose è diventato una città completamente verde, con il 100 % dei suoi edifici che rispondono alla certificazione LEED e il 40% della superficie destinato al verde urbano. E’ una città per i pedoni e le auto saranno praticamente inutili, i rifiuti saranno raccolti e riciclati e sarà recuperato il 40% delle acque reflue. La città di Bhubaneswar in India, invece punta sulla ciclabilità anche per il trasporto merci e in più in tutti gli edifici saranno installati sistemi di riscaldamento solare per acqua sanitaria.

Fonte: OurPlanet

Giornata della Terra 2013: la difesa dell’agricoltura e la scommessa delle agro-energie in Italia

L’Earth Day 2013 è l’occasione per riflettere sulla salvaguardia del suolo agricolo e sullo sviluppo dell’energia da biomasse 1584987361-594x350

La Giornata mondiale della Terra 2013 è stata l’occasione per ricordare a tutti il rispetto che si deve alla medesima, specialmente a noi occidentali e sedicenti Paesi sviluppati che abbiamo ribaltato il concetto di appartenenza delle (sagge) religioni primitive, per le quali è l’uomo ad appartenere alla Terra e non il contrario. L’agricoltura è un settore strategico, Carlin Petrini, anima di Slow Food, lo ha ribadito per l’ennesima volta in un suo intervento su Repubblica di qualche giorno fa:

Ovunque si vada, la terra oggi è un problema. Risorsa di cui c’è gran fame. Su cui ci si scontra per come usarla: spremerla come un limone o farla fruttare in maniera rispettosa. Anche in Italia è elemento critico: gli affitti sono sempre più cari per la grande domanda da parte dell’agro-industria, un giovane che voglia tornare alla terra fa una fatica immane a permetterselo, tra prezzi insostenibili, poca disponibilità di terreni liberi, trafile burocratiche al limite del kafkiano.

La cementificazione, in Italia, nonostante la crisi, viaggia a 8 mq al secondo, con scelte che sono irreversibili: dove viene posato il cemento il terreno sarà infertile per mille anni. La fame crescente di terra si scontra con l’aumento degli affitti e i labirinti della burocrazia che ostacolano l’iniziativa di chi vuole coltivarla. Secondo Petrini:

La Terra produce, per questo fa gola. Ma non produce soltanto cibo. Per restare in Italia, o se volete in Europa, produce bellezza, esistenze felici, paesaggi con un immenso potenziale turistico e produttivo. Diamo fiducia a chi vuole tornare a coltivarla, curarla, amarla in virtù di un rapporto più stretto e simbiotico di quello che ha la media di ognuno di noi. Sì, perché è inaudito che si continui a fare finta di nulla di fronte allo scempio che sta subendo il nostro Paese. Accade a un ritmo esponenziale, folle, si consuma suolo fertile, si cementifica, si deturpa il paesaggio e si pregiudicano tutti i valori, materiali e immateriali di cui la terra, bene comune, è portatrice.

I frutti della terra e le attrattive turistiche non sono l’unica ricchezza della Terra. Secondo la Confederazione Italiana Agricoltori(CIA) se verranno rispettati gli obiettivi europei, entro il 2020 il 45% delle rinnovabili verrà dalla rivalutazione energetica degli scarti di campi e stalle. Le biomasse e i biogas sono un’opportunità per riconvertire i rifiuti in energia. Il vantaggio sarebbe doppio: 20 miliardi di euro annui in meno di costi e 240 milioni di tonnellate in meno di Co2 nell’aria. Utopia? Pare proprio di no: materiali che andrebbero smaltiti con pesanti oneri economici e non pochi problemi logistici diventano una risorsa. Dal 2008 a oggi la produzione di energia da biomasse agroforestali è cresciuta del 60% all’anno. Un esempio? La potatura degli uliveti pugliesi è in grado di fornire 700mila tonnellate all’anno di biomassa da trasformare in cippato e pellet, fonti di energia termica con una resa altissima. È bene rifletterci su: tutto l’anno e non soltanto il 22 aprile.

Fonte:  Slow Food | CIA