Enric Sala, esploratore del National Geographic, scienziato ed ecologista catalano, è giunto a Mosca per alcuni colloqui con la Società geografica russa, un’istituzione strategica sin dai tempi degli zar. Nel curriculum dell’esploratore spagnolo ci sono immersioni tra gli squali e sbarchi su isole inesplorate, ma soprattutto una missione speciale nella Terra di Francesco Giuseppe, un arcipelago situato a Nord della Russia (mare di Barents). L’esploratore si dice preoccupato per le sorti della calotta artica, la cui superficie si sta progressivamente assottigliando:
“Il ghiaccio si sta ritraendo e secondo le proiezioni nel 2040 non ci sarà più mare ghiacciato in estate. E questo riguarderà non solo gli orsi polari, ma anche chi vive nell’Artico. E potremmo aver conseguenze disastrose per il clima, con eventi atmosferici estremi. Perché quello che succede nell’Artico, non resta solo nell’Artico. Per questo è così importante che noi, comunità internazionale compiamo dei passi decisivi per prevenire il degrado di questo ambiente cruciale per tutti”.
Nelle zone polari l’aumento della temperatura media è il doppio di quella registrata altrove. Nel report del WWF, Ghiaccio bollente, viene tratteggiata una visione preoccupante di quanto sta accadendo non soltanto ai poli, ma su scala globale, con il riscaldamento che sta distruggendo ghiacci e manti nevosi. Secondo i climatologi se il trend dovesse proseguire come negli ultimi anni, prima della metà del secolo il mare Artico sarà privo di ghiaccio nei mesi estivi. Anche l’Antartide si è riscaldato di circa 3 gradi in 50 anni e ben l’87% dei suoi ghiacciai si sono ritirati. Anche i ghiacciai “alpini” sono in sofferenza: sulle Alpi, nella catena dell’Himalaya, in Patagonia, in Alaska e sul Kilimangiaro la riduzione dei ghiacciai arriva, in alcuni bacini, fino al 75%. Sulle Alpi si è passati dai 519 kmq del ’62 ai 368 kmq del 2012. Inutile aggiungere che i ghiacciai sono le nostre scorte di acqua dolce, quindi indispensabili per la vita umana e animale (in particolar modo quella di balene, pinguini, orsi polari e trichechi), per l’agricoltura, per la mitigazione del clima, per gli equilibri degli oceani e per le emissioni di gas serra. Il 60% della popolazione mondiale vive su città costiere e metropoli come Miami, New York, Shangai e Londra rischiano di essere sommerse. Nel suo report WWF definisce il 2015 come un anno cruciale, un anno in cui la comunità internazionale dovrà prendere decisioni fondamentali per il futuro, con due appuntamenti, il forum sul clima di Parigi e il Summit delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di sviluppo sostenibile per i prossimi 15 anni.
La regione desertica del Ladakh tornerà fertile grazie alla stupa di ghiaccio. Nel deserto del Ladakh, a cavallo dei due stati indiani del Jammu e del Kashmir, l’acqua scorre copiosa quando non serve e i contadini si ritrovano a secco nei mesi primaverili, quando si rende necessaria l’irrigazione dei campi di orzo, grano, frutta e verdura. Per ovviare a questo problema e trattenere nei mesi invernali l’acqua che si utilizzerà in primavera un ingegnere meccanico, Sonam Wangchuk, ha ideato un nuovo sistema che è in grado di trattenere l’acqua senza dover utilizzare dighe, vasche in cemento, centri di stoccaggi o serbatoi. Lo scorso inverno Wangchuk ha costruito una piramide di ghiaccio che ha permesso di conservare 150mila litri d’acqua a una quota di 3170 metri, la quota più bassa della valle di Leh. Con questo esperimento è stato dimostrato che le piramidi di ghiaccio possono essere costruite ovunque nella regione ai confini con il Nepal. Il cono congelato assomiglia a una stupa buddista di fango tanto che da questa immagine è nato il nome di questa nuova invenzione: stupa di ghiaccio, appunto. Nel 2014 il cono “sperimentale” è durato fino a maggio e questo successo ha spinto l’ingegnere indiano a tentare di costruirne una di 30 metri di altezza. Per farlo si è dovuto collegare il sito prescelto al vicino torrente Phyang con tubazioni costate 100mila euro. Per riuscire a finanziare il progetto, Wangchuk ha raccolto le risorse necessarie attraverso la piattaforma Indiegogo. Il sito di raccolta dell’acqua viene impermeabilizzato con argilla in modo che l’acqua non penetri nel terreno e l’acqua viene spruzzata dall’alto e si congela con il vento gelido prima di toccare terra. Creare la piramide di ghiaccio è, dunque, un processo molto lento ma consentirà di stoccare grandi quantità di acqua a prezzi ridottissimi. Grazie all’acqua stoccata con questa nuova modalità, Wangchuk prevede la creazione di frutteti e serre per ortaggi, nei prossimi anni dovrebbero essere realizzate fra le 80 e le 90 stupe di ghiaccio che potranno immagazzinare un miliardo di litri d’acqua, sufficienti per irrigare 600 ettari (1500 acri). Una volta posati gli acquedotti non ci sono spese supplementari visto che l’acqua viene gelata naturalmente dal freddo delle alte quote. Dopo l’esperimento dello scorso c’è grande attesa per l’imminente primavera che vedrà la valle di Phyang coprirsi di verde dopo molti anni. Ma per ora, il deserto attorno al 3.500 metri di altezza Phyang diventerà verde in estate, come scorre l’acqua per la prima volta in molti anni.
L’isola perde 300 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno e nel 2014 la superficie interessata a fusione e’ stata sopra la media degli ultimi trent’anni.
Vista dall’aereo, la calotta glaciale della Groenlandia appare come un formidabile mare di ghiaccio (vedi foto dell’autore) da cui spuntano come isole cime montuose alte piu’ di 2000 metri. Eppure ogni anno i ghiaccia della grande isola perdono oltre 300 miliardi di tonnellate e la velocita’ di fusione continua a crescere. E’ difficile immaginare una quantita’ cosi’ grande, ma per farsi un’idea basta pensare che si tratta di circa 40 tonnellate per ogni abitante del pianeta, ovvero un cubo di 3,6 m di spigolo. Secondo le analisi delle Snow and Ice Data Center, ogni anno la fascia di entroterra a quote piu’ basse sperimenta due o tre mesi di continua fusione del ghiaccio superficiale; contribuisce al processo la presenza di valli sottomarine, per cui il ghiaccio entra in contatto con l’acqua di mare da sotto. Quest’anno da giugno ad agosto circa il 30% della superficie ha presentato fenomeni di fusione, con punte del 40%, rispetto ad una media 1981-2010 che superava di poco il 20% tra giugno e luglio. Si tratta di valori significativi, anche se fortunatamente inferiori all’estate del 2012, quando la superficie interessata a fusione ha sempre superato il 40%con punte del 90%.
La fusione completa della calotta groenlandese non e’ ancora nell’agenda di questo secolo, visto che stiamo parlando di un ghiacciaio di due km di spessore, ma se dovesse avvenire farebbe alzare il livello dei mari di circa 7 metri. Il rapido disgelo dell’isola non stimola solo gli appetiti delle multinazionali minerarie, ma anche le velleita’ di crescita economica dei groenlandesi, che stanno immaginando nuove strade, porti e aeroporti.
Collassa il ghiaccio al Polo Sud e il fenomeno sembra inarrestabile: l’era dei cambiamenti climatici è iniziata
Il collasso della gran parte della calotta di ghiaccio in Antartide occidentale sembra iniziata e probabilmente sarà inarrestabile a causa dell’innalzarsi delle temperature. Il riscaldamento globale, secondo gli scienziati, starebbe accelerando il ritmo della disintegrazione della massa ghiacciata. I risultati di due studi sono stati presentati oggi durante una conferenza stampa che si è tenuta on line da un gruppo di scienziati della NASA, University of California e University of Irvine.Video streaming by Ustream
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La scoperta, temuta da alcuni scienziati per decenni, dimostrerebbe che un aumento dei mari di almeno 4 piedi, circa 1,2 metri su scala globale si potrebbe con ogni probabilità verificare entro il prossimo secolo o giù di li anche se il fenomeno sembra stia subendo una improvvisa accelerazione.
Thomas P. Wagner ricercatore per la criosfera alla Nasa ha detto:
Tutto ciò sta accadendo realmente e non possiamo fermarlo.
Le conclusioni saranno presentate in due ricerche in pubblicazione questa settimana su Science and Geophysical Research Letters e American Geophysical Union, dove gli scienziati, Eric Rignot, Ian Joughin della University of Washington, Richard Alley, provano a spiegare come mai negli ultimi anni i ghiacciai al Polo Sud hanno iniziato a fondere più velocemente. Entrambi i documenti concludono che è giunta acqua calda dalle profondità dell’oceano che ha probabilmente innescato una instabilità intrinseca tanto da rendere la calotta di ghiaccio dell’Antartide occidentale vulnerabile al collasso. Un altra ricerca conclude che non sarà possibile contrastare il fenomeno così come alcuni scienziati avevano ipotizzato di fare. Questa scoperta si aggancia alla previsione fatta nel 1978 da glaciologo John H. Mercer della Ohio State University che aveva sottolineato la natura particolarmente vulnerabile della calotta di ghiaccio dell’Antartide occidentale e aveva avvertito che la rapida liberazione di gas serra a causa delle attività umane avrebbe potuto rappresentare una minaccia. Gli scienziati dunque hanno chiarito che strato di ghiaccio non si scioglie a causa delle temperature più calde, ma piuttosto perché acqua relativamente calda giunge con le correnti dalle profondità dell’oceano e che salendo verso l’alto in prossimità degli strati di ghiaccio innesca la fusione aiutata anche dall’intensificazione delle correnti ventose più calde. Infatti, lo studio presenta elementi di prova, sulla base di 40 anni di osservazioni, che sei grandi ghiacciai nel Mare di Amundsen “hanno superato il punto di non ritorno”.
Per la prima volta, ci sono zone con meno del 70% della superficie coperta di ghiaccio, anche in prossimità del polo nord. In molti punti la calotta compatta lascia quindi posto a banchi di ghiaccio più o meno isolati
La fusione estiva della calotta artica procede come negli ultimi 5 anni, cioè molto al di sotto della media 1980-2010, ma senza raggiungere i livelli record delle scorso anno, quando per la prima volta nella storia si è toccato il minimo assoluto di 3,5 milioni di km² (a fronte di una media trentennale di oltre 6,5 milioni di km²). Quest’anno le condizioni meteorologiche hanno portato temperature un po’ più basse sull’artico rispetto alle condizioni di eccezionale “tepore” del 2012. Si aggiunge però un altro elemento di preoccupazione: quest’anno ci sono molte zone con meno del 70% dell’area coperta da ghiaccio (1), per cui la calotta compatta lascia il posto a banchi di ghiaccio più o meno isolati. Come si vede dalle immagini satellitari acquisite tramite sensore a microonde AMSR-2, la calotta è compatta solo nell’emisfero occidentale, a ridosso della Groenlandia e delle isole canadesi, mentre nell’emisfero orientale esiste un’ampia fascia che attraversa la calotta dallo stretto di Bering alle isole Svalbard in cui l’area coperta dal ghiaccio è minore del 70%. Ci sono alcune zone in prossimità del polo nord in cui la concentrazione è persino inferiore al 50%. E’ improbabile che la maggiore frammentazione della calotta possa portare ad un’accelerazione del disgelo in quest’ultimo mese, prima del recupero invernale, ma rappresenta in ogni caso un indice di cattiva salute del ghiaccio, come il suo scarso spessore e la costante diminuzione del volume complessivo della calotta.
(1) Ricordiamo che per il NSIDC una regione marina risulta coperta da ghiaccio, quando esso rappresenta più del 15% dell’area in questione.
Il ghiaccio fonde sia in Artide sia in Antartide: quali le conseguenze per il Pianeta?
Tra fine maggio e inizio di giugno vi abbiamo raccontato dei record di temperature elevate raggiunti in Lapponia, Norvegia e Finlandia, mentre nel centro Europa assistevamo a alluvioni e a inondazioni eccezionali. Li abbiamo definiti eventi climatici estremi, ma più realisticamente sono eventi legati ai cambiamenti climatici. Qualche giorno prima la Russia aveva annunciato di aver disposto l’evacuazione d’urgenza della stazione polare di Severny Polious 40, quarantesima stazione polare russa installata sui ghiacci del Polo Nord nell’ottobre del 2012 con l’obiettivo di sorvegliare l’ambiente dell’Oceano Artico e di effettuare osservazioni meteorologiche. L’evacuazione si è resa necessaria a causa della fusione anomala dei ghiacci:
Uno sviluppo abnorme dei processi naturali nel Bacino Artico che ha prodotto la distruzione dei campi di ghiaccio intorno la stazione.
Come appunto ha scritto il comunicato del Ministero russo delle Risorse naturali e dell’Ecologia. I ghiacci fondono anche al Polo Sud e il fenomeno si rivela principalmente attraverso il distacco di iceberg. Per la prima volta la NASA ha condotto uno studio su tutte le piattaforme di ghiaccio dell’Antartide e pubblicato su Science, mettendo a confronto misure e immagini ottenute a partire da satelliti e aerei. Gli scienziati hanno analizzato il tasso di fusione della base della massa di ghiaccio e le estensioni galleggianti sul mare che coprono una superficie di 1,5 milioni di chilometri quadrati. Sapevamo già che 190 milioni di tonnellate di ghiaccio ogni giorno si fondono in Antartide. L’ultimo studio della NASA, pubblicato sulla rivista Science il 14 giugno, mostra che la fusione delle diverse piattaforme è stata pari al 55% della perdita di massa totale del 2003 al 2008. Non si era arrivati a immaginare una stima simile. Le conseguenze di questa scoperta scientifica sono numerose: in Antartide si trova circa il 60% di acqua dolce del pianeta e le piattaforme studiate sono delle barriere naturali che in maniera naturale frenano il lento scivolamento dei ghiacciai verso il mare. Ma sciogliendosi a causa del caldo perdono la loro efficacia e tutta l’acqua dolce finisce nell’Oceano. Lo studio della NASA ha permesso di affinare i modelli relativi alla circolazione oceanica fornendo una più completa stima del volume di acqua dolce che proviene dalla fusione di queste piattaforme e che va a influisce sul riscaldamento marino. Peraltro lo studio contribuisce anche a meglio comprendere il meccanismo di fusione dei ghiacci, il che dovrebbe aiutare a comprendere meglio i tempi e gli impatti del riscaldamento globale.