Scoperto un mega-canyon paleofluviale sotto i ghiacci della Groenlandia

Il canyon scorre da sud verso nord, è lungo 750 km e profondo 800 m e si è formato milioni di anni fa prima delle ere glaciali. La sua presenza convoglia le acque di fusione verso il mare Artico e rallenta il movimento dei ghiacciai verso il mare perchè riduce lo strato di acqua tra ghiaccio e roccia che funge da lubrificante.

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La Groenlandia è in gran parte coperta da una calotta di ghiaccio di oltre due kilometri di spessore, ma sotto al ghiaccio si trovano valli e montagne come in tutti i continenti. Recenti rilevazioni radar satellitari hanno permesso di identificare un gigantesco canyon sotto la calotta glaciale. Le rilevazioni precedenti non avevano la risoluzione sufficiente per identificare una simile struttura. Il canyon corre da sud verso nord (la mappa in alto ha il nord a sinistra) ed è lungo 750 km (oltre una volta e mezza il Grand Canyon degli USA) e profondo circa 800 m. Si tratta di un canyon paleofluviale, formatosi cioè per erosione prima dell’inizio delle glaciazioni e della crescita della calotta groenlandese, circa 3,5 milioni di anni fa. I tre profili A,B e C in alto si riferiscono alle sezioni blu, nera e rossa sulla mappa in basso. Il canyon agevola il drenaggio dell’acqua verso il mare e questo spiega l’assenza in  Groenlandia di laghi subglaciali come in Antartide. Questo fatto non è solo una curiosità scientifica, perchè ha anche implicazioni significative sulla fusione della calotta e sull’innalzamento dei mari. La rapidità della fusione della calotta dipende anche dal suo scorrimento dalle montagne verso il mare, fenomeno che è agevolato dalla presenza di uno strato di acqua tra il fondo del ghiacciaio e la roccia sottostante che riduce l’enorme attrito all’interfaccia. Il  canyon convoglia una maggiore quantità di acqua verso il mare artico,riducendo lo scorrimento della calotta e rallentandone quindi la fusione. Una buona notizia, ma su cui è meglio non contare troppo.

Fonte: ecoblog

Sottraiamo e inquiniamo il 54% dell’acqua dolce per agroalimentare e tessile

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Di tutta l’acqua presente sul Pianeta poco meno dell’1% è potabile e solo il 2,5% è acqua dolce (fiumi, laghi, ghiacciai ecc.).Ne sottraiamo il 54% agli ecosistemi e dunque all’intero Pianeta per industria e agricoltura. Oggi è la giornata internazionale dell’acqua, ricorrenza voluta dall’ONU per ricordare quanto questa risorsa sia fondamentale per la vita sul Pianeta. Noi viviamo di acqua e gli ecosistemi che vivono di acqua dolce sono il 7% delle 1,8 milioni di specie conosciute, tra cui un quarto dei 60.000 vertebrati noti e si estinguono mediamente 5 volte in più rispetto alle specie terrestri. Infatti l’uomo si prende il 54% di tutta l’acqua dolce accessibile per usarne il 20% nell’industria e il restante in agricoltura. Secondo il rapporto WWF Living Planet Report 2012 la capacità di autorigenerarsi dell’acqua è diminuita del 37% e del 70% nelle zone tropicali. Ma nonostante la consistente diminuzione l’industria continua a prelevarne il 20%. L’unesco ha stimato che l’acqua che sarà usata per l’industria passerà dai 752 km3 l’anno del 1995 ai 1.170 km3 nel 2025 rappresentando così il 24% del prelievo totale di acqua dolce. E non restituirà solo merci ma anche acqua inquinata. Infatti nelle acque sono accumulate ogni anno dalle 300 alle 500 tonnellate tra metalli pesanti, solventi, fanghi tossici e di altri rifiuti. Le industrie che inquinano maggiormente sono quelle della trasformazione alimentare responsabile del 40% dell’inquinamento organico.  Ma anche l’industria tessile inquina e tanto. E’ Greenpeace international a portare avanti con la campagna Detox per avere industrie meno inquinanti e come ha spiegato l’attivista cinese Tianjie Ma a capo di Greenpeace East Asia’s Toxic Campaign: Lo scorso mese il governo cinese ha riconosciuto per la prima volta l’esistenza di” villaggi del cancro, legati all’inquinamento da sostanze chimiche pericolose e ha segnalato volontà di affrontare l’inquinamento delle acque in maniera aperta e trasparente. acqua in modo aperto e trasparente. D’altronde resta clamoroso il caso degli oltre 13 mila maiali trovati morti nel fiume Huangpu a Shanghai probabilmente per aver ingerito l’acqua inquinata. Per ora alla richiesta di disinquinare l’industria tessile, che ha le sue mille fabbrichette proprio in Cina e India, hanno risposto all’appello alcune tra le grandi multinazionali come Zara, H&M, Levi’s, Victoria’ Secret annunciando l’impegno di eliminare tutte le sostanze chimiche pericolose dalle loro catene di approvvigionamento e prodotti. In tutto il mondo un’ondata di modaioli, designer e attivisti si è unita insieme per chiedere vestiti la cui storia faccia sentire orgogliosi.

Fonte:  Comunicato stampa WWF, Comunicato stampa Greenpeace international

 

Allarme Artico, l’appello dell’ONU per la tutela dei ghiacci


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Secondo un rapporto pubblicato dall’ESA (l’Agenzia spaziale europea) il volume dei ghiacci nell’emisfero nord del pianeta è diminuito del 36% nei mesi autunnali e del 9% in quelli invernali.

Un secondo monito sui rischi correlati allo scioglimento dei ghiacci artici marini viene dall’Unep (il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente): nel suo rapporto annuale “Year Book 2013″ infatti le Nazioni Unite rilevano come la riduzione estiva della copertura di ghiaccio artica si sia intensificata, arrivando a perdere, nel 2007, fino a 3,4 milioni di chilometri quadrati di ghiaccio.

Secondo l’Onu i rapidi cambiamenti nell’Artico rappresentano una minaccia seria per l’intero ecosistema ma, parallelamente, anche una nuova opportunità “di sviluppo” anche se, in questo caso, l’uso del termine “di profitto” è decisamente più appropriato: in base al rapporto Unep infatti lo scioglimento dei ghiacci rappresenta una facile via d’accesso al petrolio ed al gas, nonché alle risorse ittiche fino ad oggi protette dai ghiacci.

Il rischio dunque di una nuova “corsa all’oro”, denunciano le Nazioni Unite, per accaparrarsi le risorse naturali artiche, è più che concreto, con il conseguente impatto negativo che tali attività umane potrebbero avere sull’ecosistema dell’intero pianeta, già di fatto compromesso.

Il mea culpa del Direttore Esecutivo dell’Unep Achim Steiner è certamente un primo passo:

Il cambiamento delle condizioni ambientali nell’Artico sono stati un motivo di preoccupazione per un certo tempo, ma fino ad ora questa consapevolezza non si è tradotta in un intervento urgente. Quello a cui stiamo assistendo oggi è come lo scioglimento dei ghiacci stia spingendo una corsa alle risorse di combustibili fossili, risorse che per prime sono la causa di questo scioglimento

Secondo i dati raccolti dall’Us Geological Survey il 30% delle risorse naturali di gas e il 15% del petrolio ancora non rilevato si trova nella regione artica: giacimenti così importanti fanno gola già a compagnie come la russa Rosneft e la norvegese Statoil, ma anche nomi più altisonanti come la statunitense Exxon-Mobil sono inevitabilmente ingolosite da queste ingenti risorse; tali compagnie infatti si sono già dette, più volte in passato, pronte ad iniziare le perforazioni in aree “ice-free” ma non solo: diverse compagnie di trasporti marittimi hanno già adocchiato quelle aree che, secondo l’Onu, vedrebbero un incremento del “traffico” navale di oltre il 40%.

Un rischio che il Pianeta non può proprio correre.

Fonte: Unep