In ambito di prevenzione e sicurezza, i campi elettromagnetici costituiscono una tipologia di rischio che suscita ancora perplessità nella popolazione, non sono in Italia ed in Europa, ma in tutto il mondo
I risultati delle ricerche portate avanti nel corso degli ultimi 10 anni non hanno fornito purtroppo risposte conclusive ed omogenee per quanto riguarda gli effetti della esposizione ai campi elettromagnetici sulla nostra salute.
E’ pertanto possibile affermare che ci si trova di fronte ad un fenomeno complesso caratterizzato da una rilevante incertezza dal punto di vista scientifico che richiede, oltre ad una continua integrazione delle conoscenze disponibili, anche una accurata e trasparente diffusione delle stesse, allo scopo di permettere una corretta valutazione e gestione del rischio.
Il problema pertanto non deve essere trattato unicamente da un punto di vista scientifico, soffermandosi esclusivamente sulle potenziali conseguenze sanitarie e biologiche della esposizione, ma anche da un punto di vista sociale, attraverso analisi approfondite che permettano di comprendere gli atteggiamenti e le percezioni delle persone nei confronti di tali effetti.
A tal proposito, nel 2003 l’agenzia australiana ARPANSA (Australian Radiation Protection and Nuclear Safety Agency) ha istituito un Registro in cui vengono riportati vari problemi alla salute lamentati da cittadini australiani e la cui comparsa potrebbe essere messa in relazione all’esposizione a campi elettromagnetici.
In tale Registro vengono considerate le esposizioni a campi con frequenze comprese tra 0 e 300 GHz. I cittadini che ritengono di soffrire o di aver sofferto di patologie correlabili all’esposizione ai campi elettromagnetici possono quindi compilare un questionario standard nel quale hanno la possibilità di descrivere in dettaglio le modalità della loro esposizione, sia residenziale che professionale, e gli eventuali sintomi o patologie da loro ritenuti associabili alla esposizione ai campi elettrici, magnetici o elettromagnetici.
Il Registro ancora non è molto utilizzato dai cittadini, infatti da quando è stato istituito, ha ricevuto in totale 55 report di cui 24 nel periodo Luglio 2003-Giugno 2004, 5 tra Luglio 2004-Giugno 2005, 1 tra Luglio 2005-Giugno 2006, 7 tra Luglio 2006-Giugno 2007, 3 tra Luglio 2007-Giugno 2008, 9 tra Luglio 2008-Giugno 2010 e 6 tra Luglio 2010-Giugno 2012.
Considerando nello specifico le segnalazioni giunte e le fonti di esposizione dichiarate per il periodo 2010-2012, si osserva che i campi elettromagnetici prodotti dai terminali mobili non vengono mai indicati come fonte associabile ad insorgenza di fastidi o patologie, mentre nel periodo 2003-2010 si trovavano al secondo posto.
L’analisi dei dati segnalati dai cittadini hanno permesso di costruire un quadro abbastanza dettagliato dei disturbi percepiti come legati alla esposizione a campi elettromagnetici.
Il quadro emerso varia a seconda degli anni: nel periodo 2010-2012 le patologie maggiormente segnalate consistono in dolori vari al corpo, vertigini, aritmia, insonnia, nausea, sensazione di tintinnio alle orecchie; non sono stati invece riportati emicranie, sensazione di bruciore diffuso, problemi a livello di concentrazione che nei periodi precedenti (2003-2010) avevano avuto un’incidenza elevata.
Si tratta in ogni caso di disturbi di lieve entità che possono essere ricondotti a sindrome idiopatica di ipersensibilità, fenomeno afferente al campo della psichiatria e non della medicina generale, per il quale non ci sono evidenze sperimentali di una possibile associazione tra esposizione ai campi elettromagnetici e sviluppo delle reazioni fisiche lamentate, ma con molta probabilità un effetto di tipo nocebo.
Oltre a queste statistiche, sono stati condotti numerosi altri studi sulla percezione del rischio, non solo in materia di campi elettromagnetici ma anche prendendo in considerazione tutte le tecnologie che fanno uso di radiazioni sia ionizzanti che non. Dall’analisi di tali studi si può affermare che le percezioni e le valutazioni della popolazione sono spesso eterogenee e possono subire influenze esterne ad esempio dai media.
Tra i vari risultati, infatti, è emersa una bassa percezione del rischio associato ai campi emessi dagli elettrodomestici, strumenti di uso comune e considerati innocui e, di contro, un’altissima percezione del rischio associato ai cavi di alta tensione delle linee elettriche; analogamente nel campo delle radiofrequenze, la percezione del danno alla salute derivante dall’utilizzo del terminale mobile è minore rispetto a quella associata alla presenza di stazioni radiobase negli ambienti di vita.
Si può perciò affermare che la percezione del rischio non dipende sempre dal valore reale del rischio stesso ma piuttosto dal modo in cui il pubblico lo percepisce e spesso anche dalla familiarità con una determinata situazione. Nel caso specifico dei campi elettromagnetici, l’impossibilità di percepirli a livello sensitivo e visivo e la mancanza di una risposta scientifica chiara ed esaustiva sui loro potenziali effetti biologici e sanitari, rendono questo agente fisico poco conosciuto e, di conseguenza, maggiormente temuto.
Da questa analisi emerge che la percezione del rischio può portare ad inutili allarmismi e arrivare a bloccare o rallentare il progresso o l’applicazione di determinate tecnologie, va pertanto affrontata in modo chiaro, trasparente e concertato, mettendo sempre in primo piano i risultati di una ricerca scientifica che deve venire aggiornata con continuità e rivolgersi alla popolazione in modo comprensibile e, ove possibile, univoco.
Fonte: Elettra2000