Caso Volkswagen, Genitori Antismog: “I test attuali sono farlocchi, troppa differenza tra il laboratorio e la strada”

Marco Ferrari dell’associazione che si batte contro l’inquinamento atmosferico: “9 auto diesel su 10 di ultima generazione su strada non rispettano i limiti di legge per le emissioni di ossidi di azoto, eppure tutte hanno passato i test”vigile

“Chiediamo che cada l’ipocrisia denunciata da anni sulla discrepanza tra i cicli di test e la strada. La Commissione europea e i singoli Governi nazionali attuino al più presto la revisione delle prove e perseguano le industrie automobilistiche che adottano pratiche elusive, se non fraudolente, così come fatto dalle autorità statunitensi”. Marco Ferrari di Genitori Antismog non ha dubbi: lo scandalo sulle emissioni delle auto diesel Volkswagen vendute negli USA è solo la punta dell’iceberg di una truffa “di sistema” che riguarda tutta l’Europa e probabilmente il mercato automobilistico nel suo complesso.

“In Europa – denuncia l’associazione attiva da oltre 10 anni nella difesa della qualità dell’aria – ben 9 auto diesel su 10 di ultima generazione provate su strada non rispettano i limiti di legge riguardo le emissioni di Nox, ossidi di azoto, eppure tutte hanno passato i test. Secondo l’organizzazione europea Transport & Environment i consumi reali sono fino al 40% più alti di quelli dichiarati e le emissioni di NOx arrivano ad essere superiori di 20 volte rispetto ai limiti di legge”.

“Per alcuni modelli la differenza è così alta che Transport & Environment sospetta che le auto siano in grado di capire quando si svolge il test utilizzando un dispositivo di manipolazione che abbassa artificialmente le emissioni durante la prova. Per esempio, una Audi A8 diesel su strada produce 21,9 volte più NOx rispetto ai limiti di legge, una BMW X3 diesel 9,9 volte, la Opel Zafira Tourer 9,5 volte, la Citroen C4 Picasso 5,1 volte. Tutte queste auto hanno però superato i test in laboratorio. (Per approfondire clicca qui http://www.transportenvironment.org/publications/vw%E2%80%99s-cheating-just-tip-iceberg).

“Abbiamo sempre sostenuto che le emissioni dei motori diesel, ossidi di azoto e polveri sottili, sono pericolose per la salute. L’Organizzazione mondiale della sanità ha stabilito nel 2012 che i loro fumi sono cancerogeni. È quindi inaccettabile che le cause automobilistiche imbroglino sulle emissioni mettendo a rischio la salute dei cittadini”.

La Commissione Europea ha chiesto già da anni che i diesel fossero sottoposti al Real Driving Emissions (RDE), ovvero il test di emissione in condizioni di guida realistiche e non in laboratorio, ma come ci spiega Ferrari “le cause automobilistiche hanno fatto sì che la decisione venisse rimandata al 2017. Tra le righe hanno detto che se dovessero utilizzare le prove stradali arriverebbero a non vendere più”. In realtà la Commissione Ue, per voce della portavoce dell’esecutivo comunitario al mercato interno Lucia Caudet, ha appena annunciato di aver deciso per i test su strada: la nuova procedura è stata adottata da Bruxelles nel maggio 2015 ed entrerà in vigore nel gennaio 2016. “Tutti gli addetti ai lavori sanno che i test attuali sono una farloccata – sostiene Ferrari – ma adesso lo sta scoprendo anche l’opinione pubblica e si spera che questo faccia cadere il velo di ipocrisia in tutto il vecchio continente. Negli Stati Uniti sono andati più a fondo un po’ per una serie di condizioni contingenti ma anche perché sono più rigorosi e soprattutto perché i diesel per loro non dovrebbero proprio esistere. Rappresentano solo l’1% del loro mercato automobilistico complessivo, mentre in Europa il 55%, una differenza abissale”.

Inoltre c’è un’altra differenza non da poco: “Gli Stati Uniti hanno un’unica autorità di controllo sulle emissioni, mentre l’Europa ne ha 28 diverse”. La proposta di far riferimento ad una sola agenzia, più volte avanzata nel corso degli anni, ha sempre incontrato l’opposizione dei costruttori per potersi muovere più facilmente sui differenti sistemi di verifica dei 28 paesi dell’Unione.

Fonte: ecodallecitta.it

 

Pm10, vicini a rispettare le direttive? “Neanche per sogno” Intervista ad Anna Gerometta, Genitori Antismog

Genitori Antismog risponde alle domande di Eco dalle Città sulla riduzione dell’inquinamento festeggiata e sbandierata da tanti Comuni, e lancia un appello ai parlamentari italiani: “L’Italia ha davanti a sé la guida del semestre europeo in piena revisione delle direttive smog. Vogliamo impegnarci per abbassare questi limiti obsoleti, che non proteggono la salute di nessuno?”

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Seppur lentamente, la qualità dell’aria in Italia sembra progressivamente migliorare: negli ultimi tre anni almeno, nelle città più inquinate d’Italia, Torino e Milano in testa, il numero di sforamenti e medie annuali di tutti gli inquinanti monitorati sono sempre stati in leggero calo rispetto all’anno precedente, con medie annuali che si avvicinano sempre più ai 40 mcg/m3 previsti dalla normativa, e spesso scendono al di sotto. (Non i superamenti però, che restano sempre tre – quattro volte tanto il limite di legge). Siamo vicini a rispettare le direttive europee?
Siamo molto lontani, direi. I dati recenti sono l’effetto di un miglioramento che purtroppo ha molto a che fare con la contingenza di fattori metereologici particolarmente favorevoli e con una crisi potente che riduce i consumi. Si produce meno, si emettono meno emissioni inquinanti. Ma questi non sono risultati duraturi: la ripresa economica può facilmente portare con sé nuove ondate di smog, se non cambiamo modelli.

E’ stata molto sottolineata, dal Comune di Milano, l’importanza di Area C nell’impatto avuto sulla riduzione del traffico a Milano e sul miglioramento della qualità dell’aria. Con un po’ di confusione a dire il vero: il 30% di traffico e black carbon in meno riguardano la Cerchia dei Bastioni, non l’intera città, come alcuni comunicati lasciavano erroneamente intendere. E nel resto della città com’è la situazione?

Area C andrebbe estesa come hanno chiesto i cittadini, ma la situazione è in stallo. Rispondendo alla domanda inoltre, lo stesso dato del 30% in Area C ormai andrebbe ricontrollato. E’ noto che al primo periodo di sorpresa e grande efficacia di questo tipo di provvedimenti, segue solitamente una ricaduta verso il basso, che tende poi a stabilizzarsi. Ed empiricamente è proprio questo che ci sembra di percepire: in Area C il traffico è tornato.

A causa di cosa?

L’accordo con i garagisti sicuramente ha avuto un forte impatto, forse anche più forte di quanto non ci si aspettasse. E poi il prezzo della tariffa, che non è poi così alta.

Andrebbe aumentata?

Sì. Cinque euro non è un prezzo così inaccessibile, soprattutto per le famiglie che si spostano assieme ai bambini, e che in autobus tra tutti quanti, e magari con più spostamenti nella stessa giornata, finirebbero per spendere la stessa cifra se non di più. E’ vero che alcune agevolazioni sui mezzi pubblici ci sono, ma in troppi casi l’auto sembra ancora la maniera più conveniente per spostarsi.

Andrebbe abbassato il prezzo dei mezzi pubblici, allora?

In ogni caso no. Le tariffe di Milano sono assolutamente in linea con quelle europee. Il problema non è il costo, è l’efficienza. (NdR: sullo stesso argomento si veda anche l’intervista a Dario Balotta, “Rincaro abbonamenti a Milano, è questa la migliore offerta?).

E i trasporti di Milano non lo sono abbastanza?

Non ancora, e sicuramente non dappertutto. I mezzi di superficie in particolare sono un disastro per chi esce dagli uffici dopo le cinque e mezza. Troppe poche corse, e troppo lente. Dove sono le corsie preferenziali per i soli mezzi pubblici? Biciclette ed autobus dovrebbero averle, è giusto. E oltretutto così si renderebbero i trasporti davvero efficienti e competitivi rispetto all’automobile. Guadagneremmo in tutto: meno tempo sprecato, meno soldi buttati, meno inquinamento, meno malattie.

Ecco: proprio il legame tra lo smog e patologie di varia natura – respiratorie,cardiovascolaritumoraliinfantili…- accertato ormai da decine e decine di studi epidemiologici ha portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a chiedere a gran voce un ulteriore restringimento dei limiti delle direttive internazionali. Tuttavia, la proposta di revisione delle direttive sulla qualità dell’aria presentata a dicembre dalla Direzione Ambiente della Commissione Europea non contempla un abbassamento di queste soglie massime di concentrazione, che permangono quelle note…

Ma la discussione è appena cominciata. La Commissione ha fatto una sua proposta, che non prevede la revisione dei limiti, è vero, ma la partita è ancora tutta da giocare. Anzi, ne approfitto per lanciare un appello da queste pagine: invito i parlamentari italiani che hanno a cuore il problema dello smog a unirsi in un forte movimento di opinione interno. L’Italia ha davanti a sé la guida del semestre europeo, e può spingere affinché questi limiti vengano rivisti come richiesto dall’OMS.
C’è da dire che fino ad ora l’Italia ha remato in direzione opposta: attraverso l’Air Quality Initiative of Regions ha chiesto se mai che venisse tenuto conto delle particolari condizioni geografiche del Nord Italia per allentare la presa su possibili sanzioni. Pensa che con il cambio di governo cambierà qualcosa?

Lo speriamo davvero. Lo spazio in sede europea c’è. D’altronde, la stessa Commissione per sua natura deve mediare, ma ciò non significa che l’inserimento di nuovi limiti non possa avvenire nell’ Europarlamento. Insomma, l’Environment Protection Agency americana ha appena abbassato il limite del Pm2.5 a 12,5 microgrammi al metro cubo… E noi che facciamo, ce lo teniamo doppio?

Fonte: ecodallecittà.it