Vota la peggior multinazionale del 2014

Monsanto, Koch Industries, Chevron, solo per fare qualche esempio. Queste multinazionali hanno provocato danni incalcolabili all’ambiente, come spiega bene la campagna dell’associazione Corporate Accountability International, che invita a votare la peggior multinazionale del 2014.chevron

«Queste multinazionali – spiega Patti Lynn, managing director di 
Corporate Accountability International (CAI) – mettono in pericolo la democrazia e hanno in comune il fatto di essere state inserite nella classifica della vergogna». Così il gruppo CAI ha lanciato l’edizione 2014 della Corporate Hall of Shame, la classifica delle peggiori multinazionali al mondo, quelle le cui scelte e azioni devastano l’ambiente e mettono a rischio la salute collettiva.

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«Ogni anno chiediamo di scegliere la peggiore multinazionale e cerchiamo di organizzare grandi mobilitazioni e pressioni affinché quella multinazionale modifichi le proprie pratiche». Il CAI quest’anno, per esempio, ha collaborato con Forecast the Facts e ha organizzato manifestazioni con decine di migliaia di persone perché fosse rimosso dai vertici della tv PBS un uomo di nome David Koch, convinto negazionista in fatto di cambiamenti climatici. Nella lista delle possibili “peggiori al mondo” c’è sicuramente Monsanto, cui si deve la produzione e la commercializzazione massiva di pesticidi e ogm che stanno mettendo fuori gioco i piccoli agricoltori. Poi troviamo la Bayer, dai cui stabilimenti escono, tra l’altro, i neonicotinoidi che stanno sterminando le api. Non manca la General Motors, che, per esempio, ha atteso decenni prima di richiamare oltre 2,6 milioni di veicoli malgrado almeno 13 morti conseguenza di un difetto di produzione. Sono dieci le nomination. Alle multinazionali già citate, vanno aggiunte Chevron, Mc Donald’s, Comcast, Philip Morris (che il premier Matteo Renzi ha invece appena ringraziato per l’apertura di uno stabilimento in Italia, inchinandosi alla magnificenza del soldo a prescindere), Credit Suisse, TransCanada e Veolia, con il suo corredo di inceneritori. A chi andrà la vergogna di essere il peggiore?

Fonte: ilcambiamento.it

Ricostruire una città a partire dagli scarti dell’industria automobilistica

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Detroit le case si costruiscono con gli scarti dell’industria automobilistica. Nel disperato tentativo di recuperare le aree urbane abbandonate della zona, è stato avviato un piano per la costruzione di case a partire da materiali di scarto.

Il progetto sarà avviato grazie al contributo della General Motors e dell’associazione no profit Michigan Urban Farming Initiative (MUFI) . L’azienda offrirà container dismessi da 40 piedi di lunghezza e altri materiali di recupero provenienti dallo stabilimento di Detroit Hamtramck, come, ad esempio: i contenitori delle batterie delle Chevrolet Volt, i pannelli insonorizzanti di alcuni tipi di auto, gli armadietti dismessi degli spogliatori, compensato di legno proveniente dalle casse di spedizione e pallet inutilizzati. I container saranno successivamente trasformati in abitazioni da 30 metri quadrati circa di superficie, con zona living, due camere da letto, cucina e bagno. I monolocali saranno poi allestiti con pannelli fonoassorbenti, scaffali, mensole e arredamenti ricavati dagli scarti.

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Il progetto ha il fine di risollevare dal degrado le numerose aree di Detroit, la capitale americana dell’automotive, abbandonate a causa della crisi del settore e di riportarle a condizioni di vivibilità e di sfruttamento sostenibile.

Il primo progetto pilota prenderà il via nei prossimi giorni. Il primo monolocale completato sarà installato su un terreno agricolo di Detroit e gestito per due anni, senza scopo di lucro, dall’associazione no profit Michigan Urban Farming Initiative (MUFI). All’interno troverà alloggio uno studente universitario, coinvolto nel progetto, che avrà il compito di vivere tutto l’anno nel prototipo della casa, fungere da custode e gestire un piccolo terreno per le attività di ricerca agricola. Questo gli permetterà di verificare sul campo la correttezza delle soluzioni progettate e mettere a punto i programmi di realizzazione delle coltivazioni agricole che potrebbero diventare una prospettiva di lavoro per i futuri abitanti di questa particolare città.  Darin McLeskey, co-fondatore e vicepresidente di MUFI ha dichiarato: “Il progetto di questa abitazione è iniziato in realtà come una visione a lungo termine e con l’aiuto della General Motors attraverso lo stabilimento di Detroit Hamtramck e della GM Foundation la concretizzazione di una casa costruita con materiali di riciclaggio su terreni abbandonati non solo è sostenibile per Detroit ma anche per una qualsiasi città che si trovi in una fase di rimonta. Speriamo che questo progetto sia fonte d’ispirazione e di dimostrazione per altre abitazioni di questo genere in tutta la città”.

Il progetto prevede inoltre di riutilizzare le fondamenta delle struttura  che sono già state demolite o che lo saranno in futuro.

(Foto in evidenza: cbsdetroit; foto interna: thedetroitbureau)

Fonte: ambientebio.it