Maivo, una rete virtuosa per valorizzare l’agricoltura pro-natura – Piccoli produttori

La natura abitua alla pazienza e alla lungimiranza. Lo impara ogni giorno sul campo Matteo Malavolta che insieme alla moglie e ad un amico, quasi per caso ma con una forte passione per la terra, ha dato vita all’azienda Maivo che nella Valle dell’Aso promuove un’agricoltura a basso impatto ambientale e l’educazione ad un’alimentazione di qualità. Matteo è una delle anime che sta dietroMaivo, un’azienda agricola nata quattro anni fa. La moglie Pamela e l’amico di una vita Alessandro lo affiancano in questo lavoro che Matteo non percepisce come tale: è difficile per lui staccarsi dalla terra anche solo per le ferie. Infatti Matteo ha scelto l’agricoltura, non come i suoi nonni che ci sono nati, nell’agricoltura. Lui ci è arrivato dopo aver percorso strade diverse: l’istituto tecnico, l’esperienza da parrucchiere e un tentativo – comunque andato bene – di vita all’estero, in Inghilterra. La prima sensazione che Matteo ha avuto dopo aver iniziato questo capitolo della sua vita è stata quella di sentirsi a casa, allora ha capito che forse la strada giusta sarebbe stata proprio quella della terra.

Dopo aver capito quale fosse la sua strada, Matteo ha anche compreso che avrebbe voluto fare agricoltura in modo diverso. Lui la chiama coltivazione pro-natura, caratterizzata da un metodo di coltivazione specifico che cerca di limitare al massimo l’impatto ambientale e da una chiara filosofia di vita che rispetti tutto ciò che circonda l’azienda: attenzione sugli imballaggi e riutilizzo delle risorse per dire solo alcune delle pratiche messe in pratica in questo senso.

Maivo ha una missione precisa: ci deve essere uno scambio e un rapporto reale tra produttore e consumatore perché, anche in questi tempi in cui siamo tutti di corsa e il supermercato ci tenta con la sua iper-disponibilità di prodotti, non ci devono essere scorciatoie per quanto riguarda la qualità. Per questo Maivo ha creato una rete di consegna interna, in cui tutto dalla raccolta alla consegna finale è autogestito. In questo modo chi consegna ha anche l’opportunità di raccogliere opinioni e consigli dei consumatori ma anche – e soprattutto – di raccontare la filosofia dell’azienda in modo diretto.

Il periodo iniziale dell’emergenza da Covid-19 non è stato facile per Matteo, che ha anche preso in considerazione l’idea di fermare il servizio di consegne – forse a causa del continuo bombardamento mediatico. Ma presto si è capito che nemmeno questa sarebbe stata la soluzione e quindi Maivo ha messo in campo tutte quelle norme cautelative per i clienti e per il personale ed ha continuato a lavorare come sempre (se non di più). Il lavoro nei campi è solitario e promuove naturalmente il distanziamento sociale, inoltre le richieste di cassette di prodotti sono aumentate. L’azienda, però, non è riuscita a soddisfare tutte le chiamate perché l’agricoltura è una pratica di lungimiranza e programmazione e non si può essere pronti in poco tempo. Non esiste un magazzino da chiamare per rifornirsi. Bisogna solo aspettare.  
Nelle parole di Matteo c’è tanta speranza di un futuro più sostenibile, tanto orgoglio di essere parte di un processo di cambiamento, di risveglio delle coscienze dato che forse, lentamente, stiamo capendo che il mondo ci è dato in prestito. L’idea di fondo è quella che tutti siamo legati alla natura in qualche modo, alla fine è un bisogno e un rapporto di cui tutti abbiamo bisogno. Per Matteo questa necessità è molto forte, per lui che sente tantissimo gli odori, che è inondato dalla felicità quando si trova all’aria aperta, per lui che si sente sé stesso in mezzo ad un campo.

La natura, per Matteo e per la sua azienda agricola Maivo, è stata ed è una grande maestra: oltre ad avergli donato benessere psicofisico gli ha insegnato la pazienza, la lungimiranza e gli ha regalato un obiettivo in cui credere e per cui lottare, un obiettivo fatto di tanti piccoli passi, alcuni quotidiani e altri pluriennali, l’idea che ci sia sempre qualcosa da raggiungere davanti a sé e la consapevolezza che quella sia proprio la direzione giusta. Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/09/maivo-rete-virtuosa-valorizzare-agricoltura-pro-natura-piccoli-produttori-6/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

I sindaci di 12 grandi città si impegnano a disinvestire dalle società di combustibili fossili, c’è anche Milano

La dichiarazione arriva dal network C40 e comprende tra le altre Londra, New York City, Berlino, Bristol, Città del Capo, Oslo: sostiene la finanza verde come strategia per ricostruire economie urbane eque e sostenibili e aumentare la resilienza alle crisi future

“Ora è il momento di disinvestire dalle società di combustibili fossili e intraprendere investimenti e politiche che diano priorità alla salute pubblica e del pianeta, per ricostruire una società più equa e affrontare questa emergenza climatica”. È questo l’impegno contenuto nella dichiarazione C40 lanciata oggi, cui Milano ha aderito. La dichiarazione di C40,  “Disinvestire dai combustibili fossili, investire in un futuro sostenibile”, riunisce i sindaci di 12 delle città più influenti del mondo, guidati dal sindaco di Londra, Sadiq Khan, e dal sindaco di New York City, Bill de Blasio. Oltre a Milano, anche Berlino, Bristol, Città del Capo, Durban, Londra, Los Angeles, New Orleans, New York, Oslo, Pittsburgh e Vancouver si sono impegnate a disinvestire dalle società di combustibili fossili e sostenere maggiori investimenti green, come parte del loro impegno per accelerare una ripresa verde e giusta post Covid-19. Annunciata nel corso di un evento virtuale della Settimana del clima a New York, la dichiarazione sostiene la finanza verde e senza combustibili fossili come strategia chiave per ricostruire economie urbane eque e sostenibili e aumentare la resilienza alle crisi future. I firmatari si impegnano a utilizzare la loro forza finanziaria per promuovere una transizione energetica giusta e pulita attraverso azioni concrete a livello cittadino, nazionale e internazionale.

Le città che aderiscono alla dichiarazione si impegnano a dare impulso a investimenti sostenibili e privi di combustibili fossili:
– adottando tutte le misure possibili per disinvestire le risorse cittadine dalle società di combustibili fossili e aumentando gli investimenti finanziari in soluzioni climatiche per contribuire a promuovere posti di lavoro dignitosi e un’economia giusta e verde;

– invitando i fondi pensione a disinvestire dalle società di combustibili fossili e aumentando gli investimenti finanziari in soluzioni climatiche per contribuire a promuovere posti di lavoro dignitosi e un’economia giusta e verde;

– promuovendo una finanza sostenibile e priva di fossili da parte di altri investitori e di tutti i livelli di governo, anche promuovendo l’importanza di politiche climatiche forti e a lungo termine e chiedendo maggiore trasparenza.

“Dobbiamo disinvestire dai combustibili fossili – ha commentato il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, vicepresidente di C40 a capo della task force C40 per la ripresa post-Covid-19 -. Non solo perché hanno impatti dannosi sull’ambiente e sulla salute pubblica, ma anche perché investire nei processi legati ai combustibili fossili ha un impatto negativo su tutti gli sforzi con cui in modo congiunto stiamo cercando di contrastare il cambiamento climatico. A causa della nostra legislazione, Milano ha una leva limitata sulle risorse finanziarie della città, ma ha la responsabilità di supportare tutti gli stakeholder della città nello spostamento delle risorse verso investimenti sostenibili e di richiedere un impegno ancora più forte da parte loro. Vorrei che i cittadini e le imprese si unissero a me nel chiedere ai livelli più alti di governo di fermare investimenti pubblici contraddittori che continuano a sostenere i processi dipendenti dai combustibili fossili. Dobbiamo richiamare la loro attenzione sulla necessità di spostare gli investimenti su soluzioni a favore del clima e dell’ambiente, al fine di promuovere posti di lavoro dignitosi e un’economia giusta e verde”.

Secondo Energy policy tracker, più di 200 miliardi di dollari in fondi per la ripresa da COVID-19 sono stati impegnati per i combustibili fossili, sebbene investimenti rischiosi in carbone, petrolio e gas siano i fattori chiave dell’emergenza climatica. I continui investimenti nei combustibili fossili guidano le emissioni che mettono in pericolo gli obiettivi dell’accordo di Parigi, mettono a repentaglio gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 °C e minacciano di bloccare pericolose emissioni di carbonio nelle economie, soprattutto perché i governi determinano i percorsi da preferire per la ripresa da Covid-19. Per fornire una ripresa verde e giusta, le città si stanno impegnando a utilizzare la loro sola influenza per promuovere investimenti ad alto rendimento nell’economia verde, che si stima possano già produrre rendimenti medi del 6,9% all’anno per i fondi sostenibili, rispetto al 6,3% all’anno per i fondi di investimento tradizionali. I sindaci riconoscono che queste strategie di investimento lungimiranti hanno un potenziale significativo per creare posti di lavoro, tutelare dal rischio climatico e facilitare un passaggio decisivo verso l’economia dell’energia pulita. Solo quest’anno, l’Agenzia internazionale dell’energia prevede che la domanda di petrolio diminuirà del 9%, dell’8% quella di carbone e del 5% di gas, mentre il solare dovrebbe crescere del 16% e l’eolico del 12%, rappresentando un’enorme opportunità di crescita. Negli ultimi anni, i leader delle città hanno portato avanti audaci iniziative di finanza sostenibile per aiutare ad accelerare la transizione verso l’energia pulita e allineare gli investimenti alle città resilienti del futuro. Nel 2018, il sindaco Khan e il sindaco de Blasio hanno istituito il Divest / Invest Fforum, una rete di partnership unica nel suo genere dedicata ad aiutare i leader cittadini ad accelerare disinvestimenti efficaci ed efficienti e investimenti verdi. All’inizio di quest’anno, i sindaci del network C40 hanno anche invitato i governi nazionali a porre fine agli investimenti pubblici nei combustibili fossili in risposta alla pandemia COVID-19. La dichiarazione “Disinvestire dai combustibili fossili, investire in un futuro sostenibile” segna un ulteriore e fondamentale passo verso la realizzazione della visione per un New deal verde globale, annunciato lo scorso ottobre al vertice dei sindaci mondiali C40 a Copenaghen, in Danimarca. Approvato da un’ampia coalizione di leader aziendali e sindacali, giovani attivisti e rappresentanti della società civile, il Global green new deal riafferma l’impegno a proteggere l’ambiente, rafforzare l’economia e costruire comunità più eque attraverso un’azione inclusiva per il clima.

Fonte: ecodallecitta.it

Orto in condotta: un percorso lungo tre anni per seminare un futuro sostenibile

Pier Carlo Albertazzi, fiduciario Slow Food e responsabile del progetto “Orti in condotta” per la zona di Asti, illustra il progetto. Tre anni di scuola per formare insegnanti, genitori e bambini sulla teoria e la pratica che sta dietro l’attività più preziosa in assoluto: la produzione del cibo. Sono più di 500 gli Orti realizzati in diverse scuole d’Italia. Tutto ebbe inizo nel 2004, anno in cui il progetto Orto in Condotta prese avvio in Italia, diventando un vero e proprio strumento educativo. Un progetto firmato Slow Food, messo in atto sul modello del primo grande School Garden, pensato e ideato negli anni ’90 da Alice Waters (vice-presidente Slow Food Internazionale) in California, per sensibilizzare i giovani studenti su tematiche riguardanti l’alimentazione e l’ambiente. L’Orto in Condotta prevede percorsi formativi per insegnanti, per studenti e per i genitori, proprio al fine di fornire una formazione a 360°. Le scuole che partecipano al progetto sono parte di una grande Rete. Il percorso formativo ha durata triennale. La prima annualità prevede la preparazione delle attività nell’orto, gli insegnanti vengono formati attraverso lezioni pratiche e teoriche sull’orticoltura. La seconda annualità prevede attività pratiche con gli studenti, sia in classe, sia all’aperto. La terza annualità prevede un percorso sulla storia dell’alimentazione e sull’origine del gusto.orto-in-condotta-piemonte-astigiano-1512985692

Lo scopo del progetto Orto in Condotta è di utilizzare l’orticoltura come strumento didattico per conoscere il territorio con i suoi prodotti e le sue ricette. Tutte le scuole possono entrare nella rete dell’Orto in Condotta, basta chiedere informazioni alle mail: educazione@slowfood.it . Unico requisito: avere a disposizione un orto con particolari caratteristiche. In primis, l’orto deve essere coltivato, per tutta la durata del progetto, con coltivazioni biologica o biodinamica. È fondamentale, inoltre, che le varietà coltivate siano quelle tipiche del territorio regionale ed è vietata la coltivazione di prodotti geneticamente modificati. I prodotti che possono essere raccolti e consumati durante l’anno scolastico saranno privilegiati. Anche l’uso dell’acqua ha un ruolo didattico: viene infatti insegnato il rispetto della risorsa e l’importanza di un utilizzo il più possibile oculato. Abbiamo incontrato Pier Carlo Albertazzi, fiduciario Slow Food e responsabile del progetto per la zona di Asti, per capire meglio come funziona il progetto. “Io mi occupo, principalmente, del progetto attivato nella Scuola Primaria Rossignoli di Nizza Monferrato” ci specifica Pier Carlo, “il progetto ha preso avvio 10 anni fa. Abbiamo individuato un appezzamento di terra adiacente alla scuola e il Comune di Nizza ha provveduto all’allestimento. Così abbiamo iniziato ad insegnare l’ortocoltura ai bambini”.orto-in-condotta-piemonte-astigiano-1512985702

Una svolta significativa è giunta 3 anni fa, quando il signor Sandro, nonno ortolano, ha deciso di dedicarsi all’orto giornalmente e di mettere le sue competenze a disposizione della comunità facendo, così, crescere l’orto stesso e l’interesse per l’ortocultura. Sono 450 i piccoli studenti della scuola Rossignone che curano e coltivano, insieme a nonno Sandro, l’orto didattico. Ogni classe ha un compito specifico. Le prime e le seconde si occupano della semina, le terze delle piante officinali, le quarte dei fiori e le quinte degli alberi da frutta. Inoltre, l’orto è dotato di un’aula a cielo aperto. L’aula è stata realizzata con materiale di riciclo, proprio per sensibilizzare i bambini anche sul tema del rispetto ambientale.  Tanti fiori, ortaggi, piante aromatiche e alberi da frutto, sono la cornice perfetta per le tante attività che vengono sviluppate durante l’anno scolastico. “Abbiamo fatto il pane, le torte, la pasta”, ci spiega Pier Carlo, “si sviluppano tante esperienze anche in base alle coltivazioni. Per esempio, tutti gli anni l’11 novembre Slow Food festeggia la Festa degli Orti; l’anno scorso i bambini avevano coltivato i ceci, quindi, quest’anno, abbiamo deciso di celebrare la festa cucinando la farinata”.orto-in-condotta-piemonte-astigiano-1512985714

La prossima festa in vista è il Terra Madre Day, che si celebrerà l’11 dicembre. Un progetto globale che unisce comunità del cibo di 160 paesi che hanno deciso di incentivare una produzione alimentare basata sull’economia locale, sulle biodiversità, sulle conoscenze tradizionali e sul gusto. Favorendo, appunto, il buono, il pulito e il giusto.

Ogni anno, la scuola Rossignoni aderisce alla manifestazione organizzando una colazione a scuola. Quest’anno la colazione per il Terra Madre Day avrà come protagonisti il latte e la mela. La festa, “Mela bevo e mela mangio” prevede, inoltre, una degustazione con test di gradimento finale. Gli studenti della quinta saranno chiamati in causa per scegliere la mela preferita tra 4 tipologie diverse.

“Lo scopo primario”, ci spiega Pier Carlo, “è di mostrare ai bambini che le mele crescono sul melo e non sugli scaffali del supermercato”. Un modo genuino e divertente per collegare i bambini alla natura.

Fonte: http://piemonte.checambia.org/articolo/orto-in-condotta-piemonte-astigiano/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

La Fattoria dell’Autosufficienza: un luogo per costruire un futuro sostenibile

Autosufficienza alimentare ed energetica, permacultura, ecoturismo, formazione all’ecologia e alla salute. Situata nell’appenino romagnolo, nel territorio del comune di Bagno di Romagna, la Fattoria dell’Autosufficenza rappresenta da anni un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono imparare a riconnettersi con la natura. Ce ne ha parlato Francesco Rosso, ideatore di questo progetto. Ho conosciuto Francesco Rosso in Romagna nel 2008. Era davvero giovanissimo e già allora mi colpì per la sua maturità al di fuori del comune. Pochi anni dopo il tempo ha dimostrato che la mia sensazione non era errata. Francesco, infatti, si è trovato in pochissimo tempo alla guida di un piccolo grande “colosso”, la Golden Books, nota soprattutto per il portale Macrolibrarsi, ma non solo. Ha deciso di sognare in grande, progettando una fattoria decisamente fuori dal comune, la Fattoria dell’Autosufficienza.

Tutto ha inizio nel lontano 2009 quando con la famiglia cercava una casa in campagna nei pressi di Cesena, nell’appenino romagnolo per la precisione, per poter coltivare un orto e allevare animali, con l’obiettivo – appunto – dell’autosufficienza alimentare ed energetica. “Cercando in queste zone – mi racconta Francesco – abbiamo ‘incontrato’ questa occasione: settanta ettari di terra coperti da bosco e pascoli e dieci di seminativo”.

Così è nato un progetto nuovo, la Fattoria dell’Autosufficienza che ha quattro obiettivi:
1. Autosufficienza alimentare: produrre ciò di cui necessitiamo per vivere in modo naturale, senza concimi o sostanze chimiche e riducendo al minimo l’uso di mezzi a petrolio;

  1. Autosufficienza energetica: attraverso fonti rinnovabili come vento, acqua, fotovoltaico, e legna;
  2. Formazione: all’ecologia e alla salute. La Macro Edizioni ormai da trent’anni propone uno stile di vita diverso, più naturale, e più salutare. Io sono nato in casa, sono stato allattato al seno, non sono stato vaccinato e non ho mai avuto problemi di salute. Insegnare alle persone a riappropriarsi dell’autosufficienza della salute;
  3. Ecoturismo: nelle foreste casentinesi, area ideale per camminate, escursioni, mountain bike”.NON-FARE-ASINO

Gli chiedo come sia stato ‘formarsi’. In effetti, ci ha investito molto. Mi racconta che i primi anni li ha trascorsi formandosi e studiando il luogo cercando di applicare i principi della permacultura, in particolare ‘osserva e agisci’.
Poi sono arrivati i primi lavori. “Abbiamo creato i contatti con l’acquedotto nuovo e poi abbiamo preparato i terreni, coltivando i primi orti, poi grani antichi, farro intervallati da legumi e così via. Nel 2014 abbiamo messo mano alle strutture. La ristrutturazione è stata impegnativa, avendo voluto e dovuto rispettare il vincolo storico e i principi di sostenibilità”. Alla fine, però, il progetto è riuscito, i lavori sono terminati (almeno questa parte dei lavori) e presto sarà inaugurato l’agriturismo che ha quattro camere e un ristorante.

La sfida

Essere coerente al 100% ha avuto un costo sia economico che energetico. Non è stata una ristrutturazione a basso costo. Hanno lavorato tante ditte, alcune che erano abituate ai materiali naturali, altre che hanno dovuto imparare. “Ne é valsa la pena – mi assicura Francesco – dal 2011 abbiamo iniziato a organizzare in fattoria corsi su permacultura, food fortest, agricoltura, costruzioni con materiali naturali, agricoltura sinergica. Mentre impariamo, trasmettiamo, miglioriamo”.

Gli chiedo come sia avvenuto il suo incontro con la permacultura. “Fin da quando ero più giovane vivevo immerso dai libri; me capitò tra le mani ‘Introduzione alla permacultura’; me lo portai a casa, iniziai a leggerlo e non me ne staccai più. In fondo al libro c’era scritto che esisteva una accademia che organizzava corsi di permacultura. Così, di lì a poco ne ho trovato uno intensivo di due settimane, dopo il quale… non avevo capito niente! Così, nei due anni successivi, ho fatto corsi su corsi. Ho continuato a informarmi, e da lì è stato evidente che quella era la mia strada”.14925414_1209082509154763_1152545948651825620_n

Nel problema la soluzione

Questo suo amore per la terra ha radici antiche. “A sette anni vivevo in una casa di campagna continua Francesco mentre fuori inizia a piovere – le istituzioni non mi permettevano di andare a scuola perché non ero vaccinato. Passavo le giornate con i miei cani nei boschi, così il bosco è diventata la mia casa”.

Dopo la terza media è quindi stato naturale iscriversi all’istituto professionale di agricoltura… Che però lasciò dopo due anni per iscriversi ad agraria. “Pensavo che non avrei mai fatto il contadino nella vita. In questi anni forse mi sono dimenticato della mia aspirazione di vivere nei boschi. Mi piaceva viaggiare e mi sono iscritto ad economia del turismo; poi, quando avevo venti anni mia madre mi chiese di dare una mano all’azienda di famiglia, lavorando al sito di Macrolibrarsi. L’anno dopo sono diventato amministratore ed è andata bene! Eravamo sette persone e oggi siamo più di sessanta. E questo mi ha reso possibile avere un capitale da investire in questo progetto”.

Si potrebbero dire molte altre cose su questa storia, si potrebbe entrare nel merito del cosa e del come. Ma per ora vi lasciamo alla visione del video. Nei prossimi giorni torneremo con il resto della storia!

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/03/fattoria-dell-autosufficienza-costruire-futuro-sostenibile/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Il Patto dei Sindaci per una vera rivoluzione energetica dal basso

In quanti conoscono il Patto dei Sindaci a sostegno delle politiche europee sul clima? Si fatica a trovarne traccia e informazioni, eppure potrebbe essere uno strumento molto efficace per agire concretamente.9464-10202

Nonostante il grande successo in Europa e il ruolo di leader dei Comuni italiani, è difficile trovare informazioni su questa iniziativa negli organi di informazione nazionale. Si presenta qui una breve analisi dello stato dell’arte del Patto dei Sindaci. In successivi articoli, nel corso delle prossime settimane, si presenteranno alcune delle azioni concrete in atto da parte degli Enti locali europei per mostrare come nei territori è sempre più viva la speranza e la convinzione di un futuro energeticamente diverso. Fu lanciato nel 2008 a sostegno delle politiche europee sul clima, subito dopo l’approvazione del “pacchetto clima ed energia” che vedeva l’orizzonte del 2020 quale tappa fondamentale per rivoluzionare il sistema energetico europeo. Gli obiettivi fissati allora dai governi europei per il 2020 riguardavano la riduzione delle emissioni climalteranti, l’aumento della quota di fonti rinnovabili e l’aumento dell’efficienza energetica, ognuno del 20% rispetto alla situazione vigente 30 anni prima (1990, considerato come anno base di riferimento a livello internazionale). Il messaggio era sintetizzato con lo slogan: 20-20-20 al 2020. Tali obiettivi, vincolanti sotto alcuni aspetti per gli Stati europei, furono appunto adottati nel 2008 dal Patto dei Sindaci al fine di coinvolgere fin da subito in questa sfida, seppur in modo volontario, gli Enti locali e regionali di tutta Europa, consapevoli che una vera rivoluzione energetica non si può intraprendere e portare a compimento senza un concreto coinvolgimento degli attori principali (cioè dei soggetti che presentano sui propri territori i maggiori consumi energetici), cioè le città e i sistemi urbani in generale. Il Patto dei Sindaci rappresenta quindi l’iniziativa territoriale più importante a livello europeo per la transizione da un sistema basato sulle fonti fossili ad uno basato sulle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Almeno in teoria è così, in quanto raramente le politiche nazionali, tengono conto del ruolo degli Enti locali. In Italia, al di là del coinvolgimento, a volte “forzato”, degli Enti regionali, non si è mai vista una politica energetica nazionale che valorizzasse il ruolo degli Enti locali, pur sapendo che oltre il 50% dell’energia viene consumata proprio in ambito urbano.

Da poco più di un anno il Patto dei Sindaci è stato rinnovato, inserendo al proprio interno anche il tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Come è ormai noto, ridurre i consumi energetici al fine di ridurre le emissioni di gas climalteranti potrebbe ormai non essere più sufficiente, almeno in alcuni specifici casi. Alcuni impatti (eventi meteorologici estremi) si verificheranno comunque, visto il ritardo con il quale si è deciso di affrontare il problema, ed è quindi necessario attrezzarsi per rispondere a tali impatti. Fare in modo che i rischi conseguenti a tali impatti siano minimi e, soprattutto, che le popolazioni in zone a rischio sappiano cosa fare in caso di emergenza. Per un breve periodo il tema dell’adattamento è stato gestito “in parallelo” nell’ambito del Patto dei Sindaci, nel senso che si doveva aderire ad una specifica iniziativa (Mayors Adapt), distinta dal Patto dei Sindaci vero e proprio, sebbene ad esso correlata. Si è doverosamente superata questa incongruenza presso la Commissione Europea, forse dovuta alle modalità di gestione di tali iniziative a Bruxelles, ed oggi si può affermare che il Patto dei Sindaci risulta completo ed in linea con una visione strategica che considera parimenti importante il tema della mitigazione (riduzione delle emissioni) e il tema dell’adattamento (gestione dei rischi dovuti agli impatti attesi), tanto da suggerirne un approccio integrato. Ancor di più il Patto dei Sindaci risulta completo e strategico con il promulgamento dei propri obiettivi oltre il 2020 (ormai alle porte); i nuovi aderenti al Patto dei Sindaci avranno come orizzonte temporale il 2030, in linea con le decisioni assunte dai governi europei che nell’Ottobre 2014 hanno concordato i nuovi obiettivi della politica energetica europea al 2030, tra i quali la riduzione delle emissioni di gas serra del 40% rispetto ai livelli del 1990, una quota di fonti di energia rinnovabile pari al 27% del consumo energetico, lasciando poi la flessibilità agli Stati membri di definire obiettivi nazionali, e una maggiore efficienza energetica attraverso modifiche della direttiva sull’efficienza energetica. La riduzione di almeno il 40% delle emissioni di gas serra e l’inserimento dell’adattamento sono gli elementi principali di novità per il nuovo Patto dei Sindaci per il Clima e l’Energia con orizzonte temporale il 2030 ma con una chiara visione fino al 2050. Oltre al Patto dei Sindaci – che già adesso vede operativi alcuni uffici in territori extra-europei – a livello internazionale è attivo anche il “Compact of Mayors”, un’iniziativa lanciata dal segretario ONU Ban Ki-moon e dal suo inviato speciale per le città e i cambiamenti climatici, Michael R. Bloomberg. Il “Compact of Mayors” opera sotto l’egida dei principali network urbani globali, quali C40 (Cities Climate Leadership Group), ICLEI (Local Governments for Sustainability) e UCLG (United Cities and Local Governments). Entro la fine di Gennaio 2017 le due iniziative si fonderanno e verrà lanciato il “Patto dei Sindaci globale per il clima e l’energia” in modo da rafforzare ed ottimizzare gli sforzi delle comunità locali verso un futuro più sostenibile. I numeri confermano la rilevanza del Patto dei Sindaci. Dal 2008 ad oggi[1] sono 7.201 i firmatari del Patto in Europa, cioè gli Enti locali e regionali che hanno formalmente aderito attraverso l’approvazione di una delibera del Consiglio (municipale o regionale) ed assumendosi l’impegno di ridurre di almeno il 20% le emissioni di gas climalteranti entro il 2020. Oltre il 40% di tali firmatari sono Enti locali e regionali italiani. Inoltre, vi sono 572 firmatari del nuovo Patto dei Sindaci che si sono impegnati a ridurre le proprie emissioni del 40% entro il 2030. In totale, stiamo parlando di territori ove vivono oltre 220 milioni di persone che, viste le modalità di adesione all’iniziativa, implica una maggiore consapevolezza dei cittadini sui temi dell’energia e dell’ambiente. Gli intenti e i buoni propositi degli amministratori locali che aderiscono al Patto dei Sindaci vengono monitorati attraverso l’analisi delle azioni (monitoraggio biennale) inserite nel Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES), che, con il nuovo Patto dei Sindaci, è stato ribattezzato Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC), che gli aderenti hanno dovuto presentare entro un anno (entro due anni per il PAESC) dalla formale adesione all’iniziativa. Sono 5.672 (pari al 79% del totale dei firmatari) coloro che hanno presentato un PAES (di cui 3.014, pari al 53%, sono di Enti locali italiani). Nel totale dei PAES indicato sono inclusi anche i primi 17 PAESC presentati, di cui 8 sono di Enti locali italiani. I numeri confermano anche il ruolo dell’Italia, o meglio degli Enti locali italiani che trainano il Patto dei Sindaci europeo e danno massa e consistenza a tale iniziativa. Non sempre il nostro Paese assume un ruolo di leader sulle tematiche energetiche e ambientali ma questa volta è così, anche se il ruolo di leader va riconosciuto alle migliaia di Comuni che, a volte con fatica, hanno redatto il proprio PAES/PAESC e ne attuano le azioni. Anche in controtendenza con le indicazioni che provengono dal governo nazionale che ha sempre rinunciato a tale ruolo di leader in sede europea e che al momento ribadisce sempre di più la volontà di perseguire una politica energetica fossile. Da sempre il nostro paese difetta di una chiara politica energetica basata sulle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica e un’ancor meno chiara visione di abbandono delle fonti fossili. Azione questa che si dovrebbe dare per scontata vista la totale o quasi dipendenza del nostro paese dalle fonti fossili provenienti dall’estero. Ci si augura che il rinnovato Patto dei Sindaci e le azioni concrete che si stanno portando avanti a livello locale vengano al più presto recepiti quali elementi sui quali ragionare a livello nazionale e permettere all’Italia di valorizzare al massimo le proprie risorse energetiche rinnovabili
[1] Tutti i dati riportati nell’articolo si riferiscono alla data di accesso al portale europeo del Patto dei Sindaci (10/1/2017).

Fonte: ilcambiamento.it

Come le scuole possono ridurre i costi energetici e di promuovere un futuro sostenibile

Sustainability-in-Schools

Parte III di una serie di sostenibilità in tre parti da guest blogger Larry Eighmy, Managing Principal di The House Stone Group

Quando si pensa di nuovo sulla vostra educazione, quali esperienze ha avuto il maggiore impatto su di voi? Molti sarebbero citare progetti di gruppo, lavoro sul campo, e hands-on esperienze come i loro ricordi più forti di apprendimento. Personalmente, il mio 8 ° viaggio in campeggio grade mi ha aiutato a mantenere più informazioni circa l’ambiente rispetto a qualsiasi precedente lezione in aula abbia mai fatto. Tutte le istituzioni educative condividono l’obiettivo di preparare i loro studenti per il futuro, ma possono raggiungere questo obiettivo mentre simultaneamente compromesso futuro danneggiare l’ambiente? Credo che le scuole hanno l’obbligo di proteggere e migliorare il mondo si stanno preparando i loro studenti per da poter essere buoni custodi dell’ambiente-e che la procedura per ottenere non ci sono così difficile o costoso come molti sembrano pensare. Negli Stati Uniti, gli edifici consumano solo il 41 per cento della nostra energia totale , il 65 per cento della nostra elettricità, e 5 miliardi di litri di acqua potabile al giorno. Gli edifici scolastici sono tra i maggiori consumatori. E mentre alcune scuole stanno saltando sul carro di sostenibilità (ad esempio, il Dickinson College è impegnata a essere completamente carbon neutral entro il 2020 ed è stato nominato America 3 ° Greenest Collegio dalla rivista Sierra ), altri sono molto più indietro. Inoltre, molti amministratori della scuola sono completamente all’oscuro di questi edifici ‘ intensità consumo di energia (la quantità di energia elettrica, gas e petrolio che consumano ogni mese per piede quadrato) o quanto grande la loro impronta di carbonio è. Le scuole spesso rifuggire da azioni che potrebbero renderli più rispettosi dell’ambiente, come l’energia audit-a causa del costo iniziale di questi servizi. Tuttavia, in realtà, c’è una scuola di risorse hanno già che potrebbe aiutarli a ridurre il loro consumo di energia: i loro studenti. Come possono gli studenti aiutare le scuole a ridurre i costi energetici e le emissioni, mentre anche imparare a conoscere la sostenibilità? Attraverso un metodo chiamato apprendimento basato su progetti.Progetto- o di apprendimento basato su problemi (PBL) è un modello educativo che organizza l’apprendimento intorno a progetti –o a risolvere un problema. PBL si allontana dai tradizionali silos singolo soggetto e memorizzazione meccanica e invece si concentra più sulla collaborazione, lavoro interdisciplinare, creatività, e problemi del mondo reale soluzione. Nel PBL, insegnanti agiscono più come facilitatori di istruttori e guidare gli studenti a imparare concetti e risolvere i problemi da soli, piuttosto che dire loro come. L’incorporazione di PBL nei programmi scolastici rappresenta un grande cambiamento nel sistema educativo degli Stati Uniti, un sistema che non è cambiata in modo significativo da quando è stato progettato nel 1893 (il film 2015 Sundance Selezione maggiori probabilità di successo esplora questa idea in modo approfondito). Allora, gli studenti entrano nella forza lavoro dovevano possedere una serie di competenze standardizzati per integrarsi facilmente in crescita dell’economia industriale americana. Oggi, le tecnologie in grado di eseguire molti lavori precedentemente a propulsione umana, e di Internet ha diminuito la necessità di memorizzazione meccanica. Migliori aziende americane ora preferiscono assumere persone innovative, collaborative, e la risoluzione di problemi con esperienza di PBL rispetto a quelli con GPA perfetti e punteggi SAT. In un 2014 New York Times un articolo intitolato ” Come ottenere un lavoro presso Google , “Thomas L. Friedman riassume l’approccio di Laszlo Bock ad assumere a Google, affermando:” Attenzione. La tua laurea non è un proxy per la vostra capacità di fare qualsiasi lavoro. Il mondo si preoccupa solo e paga on-cosa si può fare con quello che sai (e non si preoccupa di come hai imparato) “.

Infondendo PBL con la sostenibilità, le istituzioni educative possono lavorare per ridurre la loro impronta di carbonio aiutando a preparare gli studenti a costruire un’economia sostenibile. Attraverso PBL, gli educatori possono dare agli studenti esperienza hands-on di apprendimento, insegnare loro a valutare le questioni ambientali direttamente connesse con la scuola e allo stesso tempo monitorare l’impatto ambientale della scuola. Gli studenti possono eseguire audit energetici e contabilità dei gas serra e contribuire ad azione per il clima piani a aiutare le loro scuole diventano più rispettoso dell’ambiente a un costo inferiore rispetto a quando tali servizi sono stati esternalizzati. La mia azienda ha visto l’efficacia della sostenibilità infuso PBL in azione grazie alla partnership con molti dei nostri clienti di formazione, tra cui Broughal scuola media , in una efficienza energetica Keystone premio Alleanza programma -winning chiamato “LEED per Gingerbread case.” Volevamo informare il studenti circa LEED e verde-costruzione di strategie al di fuori di un approccio tradizionale in aula, e la costruzione del Broughal è stato certificato LEED oro. Gli studenti sono stati forniti con una quantità limitata di materiale casa di marzapane (biscotti, caramelle, glassa, e simili) e un elenco di crediti LEED che potevano cimentarsi nella progettazione della loro casa di pan di zenzero. Lavorando in gruppi di cinque, sono stati dati un pomeriggio di progettare e strategicamente scegliere quale bioedilizia strategie avrebbero incorporare nel disegno. Le case sono state poi giudicate e ha ottenuto da parte di professionisti di bioedilizia e membri della comunità. Entro la fine del programma, gli studenti avevano imparato ciò che la targa sul muro di LEED loro scuola ha significato e ha guadagnato esperienza di lavoro in una squadra di loro coetanei, ed erano visibilmente in fermento con entusiasmo e soddisfazione su quello che avevano appena raggiunto.Gingerbread-LEED-Houses

PBL non dovrebbe fermarsi a livello di scuola primaria. In realtà, ho visto quanto sia efficace a livello di college PBL è nella produzione di lavoratori indipendenti, innovativi e di successo nella mia azienda, come molti dei miei colleghi hanno partecipato alla US Department of Energy Solar Decathlon con le squadre collegiale. Sostenibilità mentalità PBL può anche essere attuata al di fuori delle istituzioni educative. Case, edifici per uffici e altri campus comprendono la nostra vita quotidiana e contribuiscono in modo significativo alla nostra impronta di carbonio. Questi edifici devono essere utilizzati come laboratori per l’apprendimento e l’innovazione a tutte le età. Attraverso l’apprendimento basato su progetti, la nostra nazione può facilmente diventare più rispettosa dell’ambiente consapevole e preparare la transizione verso un’economia senza emissioni di carbonio.LE-head-shot-2013-12-150x150

Larry Eighmy è il principale delegato di The House Stone Group, che aiuta i clienti a trovare la sovrapposizione tra sostenibilità finanziaria e ambientale attraverso la gestione dell’energia, i piani d’azione del clima, gestione delle strutture, e servizi di progettazione sostenibile. La società ha servito più di 250 clienti, da Lehigh Valley, in Pennsylvania ai Caraibi e in Estremo Oriente.L’azienda pratica ciò che sostiene, come dimostra lo sviluppo di un Zero Carbon Quartiere al Flat Iron in Sud Bethlehem, Pennsylvania, dove la società ha sede.

Fonte: mariasfarmcountrykitchen.com

Riforma della PAC, “l’Italia scelga un’agricoltura più sostenibile”

Le Associazioni del mondo ambientalista e dell’agricoltura biologica chiedono un incontro al Ministro Nunzia De Girolamo e alla Conferenza delle Regioni per l’applicazione in Italia della nuova PAC al fine di assicurare un futuro sostenibile all’agricoltura.2_agricoltura

Il tavolo unitario delle 14 Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica (AIAB, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, FAI, Federbio – Upbio, FIRAB, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Slow Food, Touring Club Italiano, Pro Natura, Società Italiana Ecologia del Paesaggio, WWF) che da settembre 2012 lavora all’elaborazione di proposte per una riforma della PAC in grado di assicurare un futuro sostenibile all’agricoltura chiede un’incontro al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Nunzia De Girolamo e agli Assessori all’Agricoltura e all’Ambiente che coordinano le relative Commissioni della Conferenza delle Regioni, per presentare le loro richieste sulle decisioni che il Governo dovrà assumere d’intesa con le Regioni per l’attuazione della riforma della PAC nel nostro paese e sull’ impostazione dell’accordo di partenariato per la programmazione dei fondi Europei 2014 – 2020 e la definizione dei PAN pesticidi. Le 14 Associazioni valutano negativamente l’accordo che il 25 giugno scorso il Parlamento Europeo, il Consiglio Europeo e la Commissione Europea hanno raggiunto sulla riforma della PAC. Una delle poche cose positive dell’accordo è che le nuove regole comunitarie lasciano una buona possibilità di scegliere agli stati membri nell’applicazione della nuova PAC come ad esempio la flessibilità dei fondi tra i due pilastri, la definizione dell’agricoltore attivo, il tetto massimo degli aiuti e le misure per i giovani agricoltori e su queste opportunità il tavolo vuole contribuire con alcune proposte fra quali la prima è usare la flessibilità dei fondi tra i due pilastri per spostare il 15% dal primo al secondo, vero strumento per lo sviluppo sostenibile delle imprese e del territorio. “L’accordo raggiunto a livello europeo non ha prodotto la riforma della PAC attesa dai cittadini e dalla componente più avanzata del mondo agricolo che in questo momento di crisi economica chiedevano una svolta radicale verso un nuovo modello agricolo in grado di premiare le aziende più virtuose, che producono i maggiori benefici per la società, cibo sano, tutela dell’ambiente e capacità di creare lavoro per i giovani. Adesso ci sono alcune scelte che spettano all’Italia e che possono cercare d’interpretare le aspettative e le richieste della maggioranza dei cittadini per un’agricoltura più sostenibile, attenta ai beni comuni e all’interesse generale e su queste scelte chiediamo di essere ascoltati per poter contribuire portando le nostre proposte”, ha dichiarato la portavoce del Tavolo Maria Grazia Mammuccini.pesticidi9__

Tra l’altro proprio ieri la Conferenza delle Regioni ha approvato la posizione sul negoziato per l’applicazione della Riforma della PAC con aspetti coerenti con le posizioni del tavolo e con un principio di fondo condivisibile e cioè che fino ad oggi non si è colto a livello nazionale un indirizzo politico vero mentre è assolutamente necessario in questa fase realizzare scelte chiare individuando priorità e strategie adeguate alla crisi economica che vivono le imprese agricole e l’intero sistema economico. Adesso quindi il Governo, d’intesa con le Regioni, dovrà definire il quadro strategico di riferimento per la programmazione di tutti i Fondi Comunitari per il periodo 2014 – 2020 e le 14 Associazioni auspicano che per la definizione dell’accordo di partenariato siano opportunamente coinvolte tutte le Associazioni del mondo agricolo, compreso quelle del biologico, e quelle di protezione ambientale attraverso forme di partecipazione non solo formali ma sostanziali. Le 14 Associazioni chiedono infine che in questo contesto sia completato il processo di definizione del Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei fitofarmaci. Infatti c’è una stretta relazione tra questo e la definizione delle misure agroambientali della nuova programmazione dello Sviluppo Rurale. Sul PAN pesticidi, dopo una prima consultazione delle parti sociali ed economiche interessate completata nei primi mesi del 2013, il processo per l’adozione del PAN si è bloccata in attesa che venga approvata dal Consiglio tecnico scientifico previsto dalla direttiva comunitaria e per il quale il Ministero dell’Agricoltura deve produrre il Decreto che ne formalizza la costituzione. Tra l’altro sul PAN le 14 Associazioni hanno prodotto osservazioni e proposte che mettono in primo piano la salute dei cittadini e degli agricoltori, la qualità dell’ambiente e delle aree rurali, la sicurezza alimentare e adesso vogliono di nuovo sottoporre queste proposte all’attenzione del Ministro Nunzia De Girolamo e degli Assessori all’Agricoltura e all’Ambiente che coordinano le relative Commissioni della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome affinché si facciano garanti della corretta ed esaustiva applicazione della Direttiva comunitaria sui pesticidi.

Fonte: il cambiamento