La UE benedice la fusione Bayer-Monsanto e spunta una riunione segreta…

Quando si dice la coincidenza… La Commissione Europea dà il suo ok alla fusione “farmaceutico-agrochimico-biotech” tra Bayer e Monsanto e intanto la Campagna Stop Ceta scopre un documento riservato proprio della UE che fissa una riunione segreta per il 26 e 27 marzo proprio per discutere di glifosato, pesticidi e alimenti.2

È arrivato il via libera della Commissione europea alla fusione tra Bayer e Monsanto che permette e avalla la nascita di un colosso farmaceutico-agrochimico-biotecnologico che avrà il controllo fino al 30% delle quote di mercato di semi e pestici nel mondo. Per portare a casa l’ok dall’Antitrust comunitario, Bayer ha dovuto “fare uno sforzo” per risolvere alcuni problemi di concorrenza e ha ceduto a Basf parti di attività industriali. Basf è un altro grande gruppo chimico tedesco, cosa che permetterà alla Germania di mantenere il primato nel settore. La “società delle aspirine” si è impegnata anche a cedere a Basf quasi la totalità delle sue attività globali di semi e tratti (la caratteristica geneticamente modificate dei semi), compresa la divisione di ricerca e sviluppo finora impegnata a creare un prodotto concorrente al glifosfato di Monsanto, il pesticida più usato in tutto il mondo per controllare le erbe infestanti. Infine, Bayer si è impegnata a concedere una licenza per l’intero prodotto agricolo digitale globale.

E, guarda caso, l’Unione Europea ha fissato per il 26 e 27 marzo un incontro a porte chiuse e riservato proprio su glifosato, pesticidi e alimenti, di cui si è venuti a conoscenza solo grazie alla Campagna Stop Ceta che ha scoperto un documento riservato che vi faceva riferimento.

«Negare o autorizzare l’utilizzo di alcuni fungicidi, rimettere in discussione i veti nazionali sul glifosato, armonizzare le regole che consentono di importare o esportare alimenti tra Canada e Unione Europea. E il tutto senza il controllo dei Parlamenti, diretta espressione delle cittadine e dei cittadini europei. Accadrà tra pochi giorni, il 26 e il 27 marzo a Ottawa, quando si terrà la prima riunione del Comitato congiunto sulle misure sanitarie e fitosanitarie creato dal CETA, l’accordo di libero scambio concluso tra Unione Europea e Canada e in via di ratifica nei Parlamenti degli Stati membri, Italia compresa. Un comitato composto da rappresentanti della Commissione Europea, del Governo canadese, delle imprese e degli enti regolatori, senza alcuna traccia di organismi eletti»: è la denuncia della Campagna Stop TTIP/Stop Ceta, piattaforma che coordina più di 200 organizzazioni nazionali e 50 comitati locali.

La campagna StopTTIP/StopCETA ha pubblicato il documento ad accesso ristretto  (“Limided”), che era trapelato dagli uffici della DG Sante della Commissione UE, che reca l’agenda del meeting a porte chiuse in programma lunedì e martedì prossimo. E lancia due richieste urgenti:

– la prima ai parlamentari europei più impegnati, perché convochino la Commissione UE in audizione chiedendo spiegazioni sui contenuti di questo incontro e la piena trasparenza degli argomenti trattati;
– la seconda ai neoeletti parlamentari italiani, che prenderanno posto nelle Camere rinnovate il 23 di marzo. Molti di loro hanno firmato il decalogo “#NoCETA – #Nontratto”, per la costituzione di un gruppo interparlamentare Stop CETA. Ora esercitino il diritto al controllo in nome e per conto degli italiani, chiedendo conto al Governo ancora in carica e al Ministero dell’Agricoltura di quali indicazioni, richieste ed eventuali veti si è fatto interprete davanti alla Commissione Europea.

«La fusione Bayer-Monsanto, ultima di una serie di mega-acquisizioni nel settore agrochimico, chiama in causa il confronto sugli organismi geneticamente modificati nonché la questione glifosato, rispetto alla quale tutto si è fatto tranne che chiarezza. Anche a causa dello strapotere di Monsanto sulla ricerca scientifica» commenta Gaetano Pascale presidente di Slow Food.
«Oltre a consegnare più di un quarto del mercato mondiale di sementi e pesticidi nelle mani di un’unica multinazionale – prosegue Pascale – la fusione Bayer-Monsanto pone interrogativi preoccupanti sulla quantità di dati che il neonato colosso si troverà a maneggiare.  In assenza di un quadro giuridico preciso, l’operazione consentirà all’azienda di accumulare, controllare e monetizzare enormi quantità di dati, anche a discapito dell’innovazione di settore e dei concorrenti».

Ma non ci si deve arrendere.

«Laddove le comunità sono unite e perseguono modelli alternativi di vita e lavoro, per i Terminator la vita è più dura e le loro fandonie fanno fatica ad essere bevute – scriveva già nel settembre 2016 Paolo Ermani, una delle anime de Il Cambiamento e presidente dell’associazione Paea – Bisogna quindi creare orti comunitari, piantare alberi, proteggere varietà antiche, salvaguardare e scambiare sementi come fanno già da anni alcune importanti organizzazioni.  Costruendo una fitta rete di comunità che si riappropriano della basi dell’esistenza, del controllo diretto di ciò che mangiano, dell’energia che gli serve, le persone saranno sempre meno ricattabili e sempre più forti. Sembra una strada lunga e difficile ma è invece quella più breve, fattibile e dai risultati più concreti e duraturi. Certo, bisogna rimboccarsi le maniche e fare, smettendo di lamentarsi o inveire contro questo o quel politico seduti sulla propria poltrona di fronte all’ultimo modello di televisore ultrapiatto di mille pollici e centomila canali. E se lavorate per i Terminator, iniziate a pensare di scollocarvi, l’intero pianeta e i vostri figli e nipoti ve ne saranno grati; e come primo atto per festeggiare il vostro licenziamento, piantate alberi e fatevi un orto biologico».

Fonte: ilcambiamento.it

Fusione Monsanto-Bayer: dichiarazione di guerra a persone e ambiente

Due Terminator (industria dei farmaci e agricoltura) si sposano; o meglio, la Bayer si mangia la Monsanto pagandola la “quisquilia” di 66 miliardi di dollari. Così nasce un altro colosso che sferra un attacco ancora più pesante ad ambiente e persone.

monsanto_bayer

La lista di nefandezze di questi soggetti è interminabile e, quando si accorpano, lo fanno perché è la conseguenza naturale del capitalismo che non conosce altro che lo schiacciamento della concorrenza con tutti i mezzi; e per farlo bisogna mangiarsi più marchi possibili e partire all’assalto degli altri concorrenti. Di fronte a forze così soverchianti che controllano tutto, politici, giornali, televisioni, ci si sente impotenti. Pensate che macchine da guerra sono con le migliaia di persone che lavorano quotidianamente per fare credere alla gente l’impossibile: che i diabolici OGM sono cosa buona e giusta, che produrre sementi morte che non si riproducono e lasciano strisce di contadini sucidi e nella miseria siano il progresso. Vogliono brevettare la vita e farne un marchio di loro proprietà, praticamente così da diventare i nuovi Dei della nostra era. Ci vogliono far credere che inondare la terra di pesticidi, che inquinano tutto e sono la causa della tragica morìa di api, sia un beneficio per tutti noi. Senza api ci spegneremo tutti lentamente, ma di questo ai padroni della chimica e della farmaceutica non importa nulla, loro devono guadagnare, devono presentare agli azionisti il segno più a fine anno. A loro della vita, della natura, non interessa nulla, ma ci regalano spot meravigliosi, idilliaci, in cui ci dicono quanto è bello e buono quello che fanno. Come fermare questi colossi apparentemente inarrestabili e dalle forze economiche stratosferiche? Le loro bugie hanno le gambe cortissime e senza il loro gigantesco apparato di convincimento non potrebbero prosperare, tanto è assurdo e falso ciò che dicono e fanno. C’è chi spera nella politica ma i suoi tempi sono biblici e troppo spesso la politica, soprattutto ad alti livelli, è direttamente pagata e manipolata da questi soggetti in modo che ad ognuno venga garantita una sostanziosa fetta di torta: ai venditori di armi, chimica e medicinali, ai petrolieri, agli asfaltatori, ai produttori di auto, tutti ottengono la loro parte e agiscono come lobby sulle varie marionette governative. Ma soluzioni per opporsi a tutto ciò ci sono e sono quelle che stanno percorrendo molte persone che agiscono direttamente, senza aspettare una politica che non arriverà probabilmente mai o comunque troppo tardi. Queste persone comprano biologico direttamente dai produttori e sempre più spesso si autoproducono il cibo e l’energia, scoprendo che la prima prevenzione dalla malattie è una vita sana, il più possibile a contatto con la natura, e una sana alimentazione che non è certo quella dei Frollini del Mulino Bianco. Persone che non comprano i prodotti dei Terminator, persone che fanno cultura e aggregazione, che costruiscono alternative reali dal basso perché sanno che rafforzando la comunità e il locale, i mostri non avranno vita facile. Laddove le comunità sono unite e perseguono modelli alternativi di vita e lavoro, per i Terminator la vita è più dura e le loro fandonie fanno fatica ad essere bevute. Bisogna quindi creare orti comunitari, piantare alberi, proteggere varietà antiche, salvaguardare e scambiare sementi come fanno già da anni alcune importanti organizzazioni.  Costruendo una fitta rete di comunità che si riappropriano della basi dell’esistenza, del controllo diretto di ciò che mangiano, dell’energia che gli serve, le persone saranno sempre meno ricattabili e sempre più forti. Sembra una strada lunga e difficile ma è invece quella più breve, fattibile e dai risultati più concreti e duraturi. Certo, bisogna rimboccarsi le maniche e fare, smettendo di lamentarsi o inveire contro questo o quel politico seduti sulla propria poltrona di fronte all’ultimo modello di televisore ultrapiatto di mille pollici e centomila canali. E se lavorate per i Terminator, iniziate a pensare di scollocarvi, l’intero pianeta e i vostri figli e nipoti ve ne saranno grati; e come primo atto per festeggiare il vostro licenziamento, piantate alberi e fatevi un orto biologico.

Fonte: ilcambiamento.it

Groenlandia: nel 2014 prosegue la perdita di ghiaccio anche se con ritmi piu’ contenuti

L’isola perde 300 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno e nel 2014 la superficie interessata a fusione e’ stata sopra la media degli ultimi trent’anni.

Vista dall’aereo, la calotta glaciale della Groenlandia appare come un formidabile mare di ghiaccio (vedi foto dell’autore) da cui spuntano come isole cime montuose alte piu’ di 2000 metri. Eppure ogni anno i ghiaccia della grande isola perdono oltre 300 miliardi di tonnellate e  la velocita’ di fusione continua a crescere. E’ difficile immaginare una quantita’ cosi’ grande, ma per farsi un’idea basta pensare che si tratta di circa 40 tonnellate per ogni abitante del pianeta, ovvero un cubo di 3,6 m di spigolo. Secondo le analisi delle Snow and Ice Data Center, ogni anno la fascia di entroterra a quote piu’ basse sperimenta due o tre mesi di continua fusione del ghiaccio superficiale; contribuisce al processo la presenza di valli sottomarine, per cui il ghiaccio entra in contatto con l’acqua di mare da sotto. Quest’anno da giugno ad agosto circa il 30% della superficie ha presentato fenomeni di fusione, con punte del 40%, rispetto ad una media 1981-2010 che superava di poco il 20% tra giugno e luglio. Si tratta di valori significativi, anche se fortunatamente inferiori all’estate del 2012, quando la superficie interessata a fusione ha sempre superato il 40% con punte del 90%.

La fusione completa della calotta groenlandese non e’ ancora nell’agenda di questo secolo, visto che stiamo parlando di un ghiacciaio di due km di spessore, ma se dovesse avvenire farebbe alzare il livello dei mari di circa 7 metri. Il rapido disgelo dell’isola non stimola solo gli appetiti delle multinazionali minerarie, ma anche le velleita’ di crescita economica dei groenlandesi, che stanno immaginando nuove strade, porti e aeroporti. Ghiacciaio-Groenlandia

Fonte: ecoblog.it

Vertice mondiale delle energie del futuro ad Abu Dhabi, terra del petrolio

Gli Emirati sono tra i più grandi produttori di petrolio eppure scommettono e investono sulle rinnovabili, aspirando ad una leadership energetica sostenibile che ancora manca in occidenteUAE-ENERGY-SUMMIT

Gli Emirati Arabi Uniti sono tra i maggiori produttori di petrolio del pianeta e il loro piccolo territorio contiene riserve stimate in 13 miliardi di tonnellate, pari a tre anni di consumo mondiale oppure a 200 anni di consumi italiani. Potrebbero vivere di rendita senza preoccuparsi di nulla e avrebbero le risorse per finanziare campagne di disinformazione energetica e climatica, come fanno le multinazionali USA; invece sorprendentemente, scommettono e investono sulle energie rinnovabili. Si sta infatti svolgendo in questi giorni ad Abu Dhabi, uno dei sette emirati, il World Future Energy Summitil più importante evento su scala mondiale dedicato alle energie rinnovabili, tre giorni di conferenze, mostre, laboratori, con la presenza delle 600 più importanti aziende energetiche nel campo rinnovabile, centinaia di relatori da tutto il mondo e migliaia di partecipanti. Abu Dhabi aspira a diventare anche un esempio di best practicesMasdar, la compagnia di energie rinnovabili degli Emirati, ha inaugurato Shams 1(che in arabo significa sole), una delle più grandi centrali solari termodinamiche del mondo, con 100 MW di potenza. La costruzione di altre due centrali, Shams 2 e Shams 3 porterà il paese a produrre il 7% della propria energia dal sole, una quota superiore a quella di molti paesi europei. Masdar sta sviluppando impianti solari termodinamici o fotovoltaici anche in Spagna, e Mauritania ed è uno dei tre partner del London Array nell’estuario del Tamigi, il più grande parco eolico off shore del mondo da 650 MW, inaugurato nel luglio 2013. Nei pressi di Abu Dhabi sta inoltre sorgendo Masdar City, che è un vero e proprio hub e parco tecnologico per le aziende di green economy di tutto il mondo, ospita l’ Agenzia internazionale per le energie rinnovabili e ambisce a diventare una delle più importanti arcologie del pianeta(1). Masdar City impiegherà solo energie rinnovabili e mobilità elettrica, con condizionamento naturale dell’aria mediante la realizzazione di strade strette e ombrose che possano incanalare aria fresca. La presenza dei big dell’economia e delle finanza e dei capi di stato è ancora piuttosto modesta al vertice, ma non è molto probabile che nel giro di qualche anno questo evento competerà seriamente con il World Economic Forum di Davos.

(1) Arcologia è la fusione di architettura ed ecologia, secondo la visione dell’Architetto Paolo Soleri, ovvero l’idea di costruire un luogo ad alta densità abitativa che possa mantenere una sua ecologia interna ed essere a impatto zero sull’ambiente esterno.

Fonte. ecoblog

La fusione del permafrost sarà un disastro per l’economia (e magari anche per le nostre vite…)

Il danno economico relativo ai cambiamenti climatici indotti dalla fusione del permafrost è stato stimato in 60 000 miliardi di $, pari all’attuale prodotto dell’economia mondiale. Concentrarsi sull’impatto monetario è tuttavia piuttosto riduttivo quando è in gioco la sopravvivenza della civiltà per come la conosciamo.

Abiskojåkka_and_Torneträsk_spring-586x439

In un articolo di prossima pubblicazione su Nature, due economisti si sono uniti a un climatologo per valutare l’impatto sull’economia dell’accelerazione del global warming a causa del rilascio in atmosfera del metano intrappolato nel permafrost, sia terrestre che sottomarino. Solo il permafrost siberiano contiene qualcosa come 50 Gt di metano (pari a quasi un terzo del metano contenuto nei giacimenti sfruttabili) intrappolato nel terreno gelato. A mano a mano che il disgelo procede a causa del global warming, questo metano viene liberato in aria causando altro riscaldamento, con un effetto potenzialmente catastrofico. Secondo i ricercatori, lo scenario business as usual produrrebbe danni pari a 60 000 miliardi di dollari, pari cioè all’ attuale prodotto lordo dell’economia mondiale. Nello scenario migliore i danni sono stimati in 37 000 miliardi. Chissà se questi numeri faranno smuovere un sopracciglio a qualche banchiere o a qualche caimano di Wall Street. Personalmente ritengo che parlare di danni all’economia sia piuttosto ridicolo, quando siamo di fronte ad una vera e propria minaccia per la civiltà con il rischio di perdite di habitat ed estinzioni di massa, crollo della produzione agricola, perdita delle regioni costiere ed eventi meteorologici estremi ogni anno.  Quando si sta per avere un incidente, si pensa a sopravvivere, non a fare il calcolo dei danni… ma questo ahimé è il rovesciamento concettuale operato dalla casta degli economisti. Secondo un’analisi delle stalattiti nelle grotte siberiane (che naturalmente crescono solo quando è abbastanza caldo per avere acqua liquida), il disgelo del permafrost è avvenuto 500 000 anni fa, quando le temperature erano 1,5 °C sopra al valore preidustriale. Ora siamo già a 0,8 °C e arriveremo a 1 °C in una ventina d’anni anche se oggi riducessimo a zero le emissioni. Cosa accadrà?

«E’ la fine del mondo per come lo conosciamo», cantavano i REM «ed io mi sento bene.» Sarà perchè siamo assicurati?

 

Fonte: ecoblog

Ai Poli il ghiaccio fonde: a qualcuno interessa?

Il ghiaccio fonde sia in Artide sia in Antartide: quali le conseguenze per il Pianeta?79734147-594x350

Tra fine maggio e inizio di giugno vi abbiamo raccontato dei record di temperature elevate raggiunti in Lapponia, Norvegia e Finlandia, mentre nel centro Europa assistevamo a alluvioni e a inondazioni eccezionali. Li abbiamo definiti eventi climatici estremi, ma più realisticamente sono eventi legati ai cambiamenti climatici. Qualche giorno prima la Russia aveva annunciato di aver disposto l’evacuazione d’urgenza della stazione polare di Severny Polious 40, quarantesima stazione polare russa installata sui ghiacci del Polo Nord nell’ottobre del 2012 con l’obiettivo di sorvegliare l’ambiente dell’Oceano Artico e di effettuare osservazioni meteorologiche. L’evacuazione si è resa necessaria a causa della fusione anomala dei ghiacci:

Uno sviluppo abnorme dei processi naturali nel Bacino Artico che ha prodotto la distruzione dei campi di ghiaccio intorno la stazione.

Come appunto ha scritto il comunicato del Ministero russo delle Risorse naturali e dell’Ecologia. I ghiacci fondono anche al Polo Sud e il fenomeno si rivela principalmente attraverso il distacco di iceberg. Per la prima volta la NASA ha condotto uno studio su tutte le piattaforme di ghiaccio dell’Antartide e pubblicato su Science, mettendo a confronto misure e immagini ottenute a partire da satelliti e aerei. Gli scienziati hanno analizzato il tasso di fusione della base della massa di ghiaccio e le estensioni galleggianti sul mare che coprono una superficie di 1,5 milioni di chilometri quadrati. Sapevamo già che 190 milioni di tonnellate di ghiaccio ogni giorno si fondono in Antartide. L’ultimo studio della NASA, pubblicato sulla rivista Science il 14 giugno, mostra che la fusione delle diverse piattaforme è stata pari al 55% della perdita di massa totale del 2003 al 2008. Non si era arrivati a immaginare una stima simile. Le conseguenze di questa scoperta scientifica sono numerose: in Antartide si trova circa il 60% di acqua dolce del pianeta e le piattaforme studiate sono delle barriere naturali che in maniera naturale frenano il lento scivolamento dei ghiacciai verso il mare. Ma sciogliendosi a causa del caldo perdono la loro efficacia e tutta l’acqua dolce finisce nell’Oceano. Lo studio della NASA ha permesso di affinare i modelli relativi alla circolazione oceanica fornendo una più completa stima del volume di acqua dolce che proviene dalla fusione di queste piattaforme e che va a influisce sul riscaldamento marino. Peraltro lo studio contribuisce anche a meglio comprendere il meccanismo di fusione dei ghiacci, il che dovrebbe aiutare a comprendere meglio i tempi e gli impatti del riscaldamento globale.

A qualcuno interessa?

Fonte: ma planete