Fukushima, il Giappone scaricherà in mare oltre un milione di tonnellate di acqua radioattiva

Il Giappone scaricherà in mare oltre un milione di tonnellate di acqua radioattiva dalla centrale nucleare di Fukushima. Lo scrive Manlio Dinucci su Il Manifesto e ne riportiamo l’articolo, di estrema importanza benché l’attenzione ormai non si focalizzi che sul Covid.

Qui l’articolo di Manlio Dinucci comparso su Il Manifesto.

Non è Covid, per cui la notizia è passata quasi inosservata: il Giappone scaricherà in mare oltre un milione di tonnellate di acqua radioattiva dalla centrale nucleare di Fukushima. Il catastrofico incidente di Fukushima fu innescato dallo tsunami che, l’11 marzo 2011, investì la costa nord-orientale del Giappone, sommergendo la centrale e provocando la fusione dei noccioli di tre reattori nucleari. La centrale era stata costruita sulla costa appena 4 metri sul livello del mare, con dighe frangiflutti alte 5 metri, in una zona soggetta a tsunami con onde alte 10-15 metri. Per di più vi erano state gravi mancanze nel controllo degli impianti da parte della Tepco, la società privata di gestione della centrale: al momento dello tsunami, i dispositivi di sicurezza non erano entrati in funzione. Per raffreddare il combustibile fuso, è stata per anni pompata acqua attraverso i reattori. L’acqua, divenuta radioattiva, è stata stoccata all’interno della centrale in oltre mille grandi serbatoi, accumulandone 1,23 milioni di tonnellate. La Tepco sta costruendo altri serbatoi, ma a metà del 2022 anch’essi saranno pieni. Dovendo continuare a pompare acqua nei reattori fusi, la Tepco, in accordo col governo, ha deciso di scaricare in mare quella finora accumulata, dopo averla filtrata per renderla meno radioattiva (non si sa però in quale misura) con un processo che durerà 30 anni. Vi sono inoltre i fanghi radioattivi accumulatisi nei filtri dell’impianto di decontaminazione, stoccati in migliaia di container, ed enormi quantità di suolo e altri materiali radioattivi.

Come ha ammesso la stessa Tepco, particolarmente grave è la fusione avvenuta nel reattore 3 caricato con Mox, un misto di ossidi di uranio e plutonio, molto più instabile e radioattivo. Il Mox per questo e altri reattori giapponesi è stato prodotto in Francia, utilizzando scorie nucleari inviate dal Giappone. Greenpeace ha denunciato i pericoli derivanti dal trasporto di questo combustibile al plutonio per decine di migliaia di chilometri. Ha denunciato inoltre che il Mox favorisce la proliferazione delle armi nucleari, poiché se ne può estrarre più facilmente plutonio e, nel ciclo di sfruttamento dell’uranio, non esiste una netta linea di demarcazione tra uso civile e uso militare del materiale fissile. Si sono accumulate finora nel mondo (secondo stime del 2015) circa 240 tonnellate di plutonio per uso militare diretto e 2.400 tonnellate per uso civile, con cui si possono però produrre armi nucleari, più circa 1.400 tonnellate di uranio altamente arricchito per uso militare. Basterebbero poche centinaia di chilogrammi di plutonio a provocare il cancro ai polmoni ai 7,7 miliardi di abitanti del pianeta, e il plutonio resta letale per un periodo corrispondente a quasi diecimila generazioni umane.

Si è così accumulato un potenziale distruttivo in grado, per la prima volta nella storia, di far scomparire la specie umana dalla faccia della Terra. I bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki; le oltre 2.000 esplosioni nucleari sperimentali nell’atmosfera, in mare e sottoterra; la fabbricazione di testate nucleari con una potenza equivalente a oltre un milione di bombe di Hiroshima; i numerosi incidenti con armi nucleari e quelli ad impianti nucleari civili e militari, tutto questo ha provocato una contaminazione radioattiva che ha colpito centinaia di milioni di persone. Una parte dei circa 10 milioni annui di morti per cancro nel mondo – documentati dall’Oms – è attribuibile agli effetti a lungo termine delle radiazioni. In dieci mesi, sempre secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, il Covid-19 ha provocato nel mondo circa 1,2 milioni di morti. Pericolo da non sottovalutare, ma che non giustifica il fatto che i mass media, in particolare quelli televisivi, non abbiano informato che oltre un milione di tonnellate di acqua radioattiva sarà scaricata in mare dalla centrale nucleare di Fukushima, col risultato che, entrando nella catena alimentare, farà ulteriormente aumentare le morti per cancro.

Fonte: ilcambiamento.it

Greenpeace: «Il governo giapponese mente sull’impatto di Fukushima su lavoratori e bambini»

A pochi giorni dall’ottavo anniversario del disastro di Fukushima, una nuova indagine di Greenpeace Giappone fornisce nuovi dettagli sugli effetti dell’incidente nucleare avvenuto l’11 marzo del 2011. E denuncia scorrettezze da parte del governo giapponese.

Aerial radiation survey with a drone conducted by Greenpeace in Namie, Fukushima prefecture.

A pochi giorni dall’ottavo anniversario del disastro di Fukushima, una nuova indagine di Greenpeace Giappone fornisce nuovi dettagli sugli effetti dell’incidente nucleare avvenuto l’11 marzo del 2011. L’indagine, spiega l’associazione ambientalista, rivela come «il governo giapponese stia deliberatamente ingannando gli organismi e gli esperti delle Nazioni Unite che si occupano di violazioni dei diritti umani».

Il rapporto “Sul fronte dell’incidente nucleare di Fukushima: lavoratori e bambini”, diffuso dall’organizzazione ambientalista, rivela che esistono ancora alti livelli di radiazioni sia nelle zone di esclusione che nelle aree aperte, anche dopo gli enormi sforzi di decontaminazione. Il lavoro realizzato da Greenpeace documenta inoltre quanto siano estese le violazioni del governo in materia di diritti umani regolati da convenzioni e linee guida internazionali, in particolare per quanto concerne lavoratori e bambini.

«Nelle aree in cui operano alcuni di questi addetti alle bonifiche, i livelli di radiazione rilevati sarebbero considerati un’emergenza se fossero registrati all’interno di un impianto nucleare», afferma Shaun Burnie, esperto sul nucleare di Greenpeace Germania. «Questi lavoratori non hanno praticamente ricevuto nessuna formazione sulla tutela da radiazioni. Poco protetti e mal pagati, sono esposti ad alti livelli di radiazioni e se denunciano qual è la situazione rischiano di perdere il posto di lavoro. I relatori speciali delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno assolutamente ragione nel mettere in guardia il governo giapponese su questi rischi e violazioni»

Dall’indagine di Greenpeace in Giappone, come spiega la stessa organizzazione in una nota, emerge che:

● I livelli di radiazione nella zona di esclusione e le aree di evacuazione di Namie e Iitate rappresentano un rischio significativo per i cittadini, bambini inclusi. I livelli sono da cinque a oltre cento volte più alti del limite massimo raccomandato a livello internazionale e rimarranno tali per molti decenni e nel prossimo secolo.

● Nella zona di esclusione di Obori in Namie, i livelli medi registrati di irradiazione erano pari a 4,0 μSv all’ora. Questi livelli sono così alti che se un operatore lavorasse lì per otto ore al giorno durante un intero anno, potrebbe ricevere una dose equivalente a più di cento radiografie del torace.

● In una foresta situata di fronte all’asilo e alla scuola della città di Namie, dove sono state revocate le ordinanze di evacuazione, il livello medio di radiazioni era di 1,8 μSv all’ora. Tutti i 1.584 punti misurati hanno superato l’obiettivo di decontaminazione a lungo termine fissato dal governo giapponese di 0,23 μSv all’ora. Nel 28 per cento di questa area, la dose annuale di radiazioni a cui sarebbero esposti i bambini potrebbe essere 10-20 volte superiore al massimo raccomandato a livello internazionale.

● Lo sfruttamento dei lavoratori è un fenomeno molto diffuso, compreso il reclutamento di persone svantaggiate e senzatetto a cui non viene effettuata alcuna seria formazione in materia di radioprotezione. Spesso vengono falsificati i certificati di identificazione o sanitari e si attuano registrazioni ufficiali non affidabili.

«Il rapporto- spuega Greenpeace – arriva a un mese dalla stesura di una serie di severe raccomandazioni che il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia ha indirizzato al governo giapponese. Se attuate, queste raccomandazioni porrebbero fine alle attuali politiche condotte a Fukushima e avrebbero come effetto il ripristino degli ordini di evacuazione, il pieno risarcimento agli sfollati e la piena applicazione di tutti gli obblighi relativi al rispetto dei diritti umani nei confronti degli sfollati e dei lavoratori».

«Alla radice del disastro nucleare di Fukushima, con le violazioni dei diritti umani che ne conseguono, c’è la pericolosa politica energetica promossa dal governo giapponese», dichiara Kazue Suzuki, della campagna Energia di Greenpeace Giappone. «Quello che la maggioranza dei giapponesi chiede è una transizione verso le fonti rinnovabili. Eppure, il governo sta cercando di riavviare i reattori nucleari e allo stesso tempo aumentare drasticamente il numero di centrali a carbone, il che contribuirà ad alimentare i cambiamenti climatici», conclude Suzuki.

Fonte: ilcambiamento.it

Fukushima, Greenpeace effettua una ricerca sulle acque radioattive

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A cinque anni dalla tragedia giapponese di Fukushima Daiichiil più catastrofico incidente nucleare dopo Chernobyl, non sono ancora chiare le dimensioni del disastro ambientale che l’incidente nel reattore nucleare della centrale Tepco ha causato. Nel tentativo di raffreddare i reattori infatti fu la stessa Tepco a gettare acqua nei reattori, producendo oltre 1,4 milioni di tonnellate di acqua radioattiva, cosa che scongiurò la fissione e un disastro molto più grande. Tuttavia questa opzione ha provocato una contaminazione che non ha interessato solo le acque del Pacifico, dove resterà per almeno 300 anni, ma ha coinvolto anche il terreno, le foreste e le montagne della zona. Fukushima deve fronteggiare una gigantesca crisi legata alle acque radioattive sversate nell’oceano e i cui veleni finiscono per concentrarsi nella catena alimentare. Per questo motivo Greenpeace Japan ha deciso di avviare un’indagine sui livelli di radioattività delle acque del Pacifico:

“Nell’oceano si trovano aree di sofferenza e dobbiamo identificare queste zone con precisione. […] È un’informazione fondamentale per i pescatori perché esistono altre zone dove pescare è sicuro. Per questo dobbiamo mappare quelle a rischio”

ha spiegato Jan Vande Putte, ricercatore di Greenpeace.

Fonte: ecoblog.it

Fukushima: gli abitanti di Naraha tornano a casa

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Dopo quattro anni e mezzo gli abitanti di Narah, cittadina giapponese situata nei pressi della centrale nucleare di Fukushima, teatro dell’incidente dell’11 marzo 2011, possono tornare a casa. In seguito all’incidente, la cittadina giapponese di Naraha aveva invitato i suoi 7400 residenti ad abbandonare il territorio, primo fra i sette comuni costretti a evacuare integralmente abitazioni ed edifici pubblici. Il governo giapponese sostiene che i livelli di radiazione siano scesi a quote ritenute sicuro e sabato hanno revocato l’obbligo di evacuazione deciso nel 2011. Il sindaco di Naraha, Yukiei Mastumoto, ha detto sabato scorso che l’orologio della città ha ricominciato a mettersi in moto e che la revoca del provvedimento di evacuazione è soltanto il primo passo di un nuovo corso. La paura delle radiazioni, infatti, non è sparita e, fino al prossimo ottobre non sarà attiva la clinica locale, mentre l’ospedale sarà pronto solamente nel febbraio 2016. Ai residenti viene consegnato un dosimetro per controllare i livelli di radiazione e anche le acque vengono costantemente monitorate per verificare l’eventuale presenza di materiali radioattivi.

Fonte:  The Guardian 

Giappone, Fukushima: 40 anni per smantellare la centrale e carenza di lavoratori

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Secondo il governo di Tokyo, guidato dal conservatore Shinzo Abe, ci varranno tra i 30 e i 40 anni per smantellare la centrale nucleare di Fukushima numero 1, rimasta danneggiata dal terremoto dell’11 marzo 2011. Tuttavia, la Tokyo Electric Power Company (Tepco) fa sapere che per raggiungere l’obiettivo sarà necessario avere a disposizione un adeguato numero di lavoratori, e questo oggi sembra un problema di massima urgenza. A tale riguardo, il giornale locale Fukushima Minpo rende noto che, dall’inizio del 2015, già 174 addetti ai lavori hanno dovuto lasciare la centrale per raggiunto limite di esposizione alle radiazioni (fissato a 100 millisievert in 5 anni dalla legislazione nipponica). Per la testata, inoltre, ci sarebbero duemila lavoratori che in quattro anni sono stati esposti a radiazioni comprese tra 50 e 100 millisievert. Tepco, per il momento, ha replicato affermando che alla carenza di forza lavoro si farà fronte con riduzioni di radiazioni nella centrale. La verità, però, è che a distanza di quattro anni dell’incidente non è così facile trovare tecnici qualificati e motivati. A confermarlo è stato un operatore di un’azienda appaltatrice di Tepco all’emittente Nhk World. Secondo l’intervistato, la paura di procurarsi danni alla salute e di essere additati come hibakusha (termine con cui dai tempi di Hiroshima vengono definiti in maniera spregiativa gli individui esposti alle radiazioni) riduce notevolmente il bacino di addetti a disposizione. Intanto, Tepco la scorsa settimana, anche per allontanare le polemiche che l’hanno coinvolta, ha diffuso le immagini di un sofisticato robot impiegato nel reattore 1. La sua funzione è stata quella di analizzare e raccogliere dati che renderanno più agevole la bonifica. Il grado di radioattività e la temperatura (intorno ai 20°C), riscontrati dalle indagini, hanno presentato valori più bassi di quello che si poteva temere.

© Foto Getty Images

Fonte: ecoblog.it

Fukushima: 89 casi di cancro alla tiroide tra i bambini e oltre centomila a rischio

130000 bambini, quasi la metà dei sottoposti a screening, presentano noduli e cisti. Confermati via via il 98% dei casi sospetti

Gli effetti sanitari del disastro nucleare di Fukushima iniziano a manifestarsi in tutta la loro estensione. 370000 bambini sono stati sottoposto a screening per la tiroide e 130000 (il 48%)risultano a rischio perché presentano noduli fino a 5 mm o cisti fino a 20 mm. Sono invece 89 i veri e propri casi di cancro diagnosticati tra i bambini della prefettura di Fukushima. (1). La loro distribuzione geografica è rappresentata nella mappa qui sotto: le cifre rappresentano il numero dei casi in ogni territorio, mentre i colori esprimono la densità dei casi, da uno ogni 4000-7000 (azzurro) fino a meno di uno su mille (rosso). Alcuni tra i piccoli malati avevano metastasi nei linfonodi e nei polmoni per cui è stato necessario ricorrere a interventi chirurgici. Stanno inoltre crescendo timori, rabbia e la protesta popolare per i piani di reinsediamento delle famiglie, anche con minori, nelle regioni contaminate intorno alla centrale. Non solo i bambini soffrono per il fall-out radioattivo: è morto all’età di 58 anni Masao Yoshida, uno dei tecnici dell’impianto che non ha voluto abbandonare la centrale nei momenti peggiori della crisi. Quanti altri lavoratori hanno fatto la stessa fine? E’ difficile dirlo, perché i lavoratori che lavorano per le aziende a contratto (alcune dominate dal crimine organizzato) spesso non vengono monitorati per esposizione alle radiazioni o follow up sanitario.89-casi-cancro-tiroide-bambini-Fukushima

(1) Tecnicamente si tratta di 50 casi confermati e 39 sospetti. Tuttavia fin’ora il 98% dei casi sospetti è stato poi confermato.

Fonte: ecoblog.it

Ermani: “Il nucleare una follia criminale a scopo di lucro”

A tre anni dalla tragedia di Fukushima, è più acceso che mai il dibattito relativo all’utilizzo dell’energia nucleare, ma certezze ancora non ce ne sono. Radio Colonia radio tedesca in lingua italiana, ha intervistato Paolo Ermani, presidente dell’associazione Paea (Progetti Alternativi per l’Energia e l’Ambiente) ed editorialista de Il Cambiamento.nucleare_ermani

Sono passati tre anni dalla catastrofe che colpì il Giappone, l’11 marzo 2011, quando un terremoto di magnitudo 9 provocò un’onda anomala di 11 metri che spazzò via tutto e portò alla distruzione della centrale nucleare di Fukushima. 18mila tra morti e dispersi, migliaia gli edifici distrutti, 160mila gli sfollati e la terra contaminata dalle radiazioni nel raggio di 30 chilometri dalla centrale. Cosa ha insegnato questa terribile esperienza? I sostenitori delle energie alternative e rinnovabili propongono con sempre maggior vigore e convinzione la necessità di intraprendere nuove vie per rispondere al fabbisogno energetico di una civiltà in continua crescita. Ne parla a Francesca Montinaro Paolo Ermani, presidente dell’associazione PAEA, Progetti Alternativi per l’Energia e l’Ambiente, sottolineando come sia necessario prima di tutto decentralizzare gli impianti. “Il nucleare è una follia criminale a scopo di lucro, lascia un’eredità di morte per le prossime generazioni, quindi non ha nessun senso da nessun punto di vista – ha detto Ermani – Per non avere più alcun bisogno del nucleare basterebbe fare tre passi. Innanzi tutto il risparmio energetico, poi l’efficienza energetica e l’utilizzo delle energie rinnovabili. Non ci sarebbe nemmeno bisogno delle tantissime centrali che inquinano utilizzando carbone e oli combustibili. La fusione nucleare? Non abbiamo bisogno di queste tecnologie incontrollabili, abbiamo bisogno di cose che abbiano senso. Le energie rinnovabili sono autogestibili, alla portata di tutti e creano autosufficienza energetica e decentralizzazione. Il fatto che la richiesta di energia aumenti è un’altra assurdità, non possiamo crescere all’infinito su un pianeta dalle risorse finite. I consumi attuali sono folli, viviamo in una società dello spreco”. La giornalista ha dato la parola anche a Giuseppe Mazzitelli dell’ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.

Clicca qui per ascoltare l’intervista integrale a Paolo Ermani.

Fonte: il cambiamento.it

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Fukushima, nuova fuga di acque contaminate

Circa 100 metri cubi di acque radioattive sono fuoriusciti da una cisterna, ma non ci sarebbero stati sversamenti nell’Oceano Pacifico

Nuova fuga di acque contaminate alla centrale di Fukushima. A poche settimane dal terzo anniversario dell’incidente dell’11 marzo 2011, la Tepco, la società che gestisce l’impianto d iFukushima Daiichi ha rilevato una nuova fuga di acque contaminate sulla parte superiore di una delle numerose vasche della centrale nucleare giapponese. Secondo Tepco circa 100 metri cubi di acqua sono fuoriusciti da una cisterna. La distanza fra la vasca e l’Oceano Pacifico è nell’ordine dei 700 metri. Quest’acqua che privata del cesio radioattivo, resta contaminata da altri elementi: la società di gestione ha detto di avere misurato una radioattività di 230mila becquerels di stronzio e altri emittenti di raggi beta per litro. La fuga è stata stoppata e gli operatori di Tepco stanno recuperando l’acqua fuoriuscita e la terra contaminata. Da tre anni a questa parte, il problema dell’acqua è uno dei più spinosi da risolvere. Oltre 350mila metri cubi di acque radioattive sono stoccati nei serbatoi montati sul sito, mentre decine di migliaia di altri metri cubi di acque sono tracimati finendo nel sottosuolo.fukusima

Sistemi di trattamento sono stati messi in campo per decontaminare queste acque, ma sono ancora notoriamente insufficienti. Tepco prevede di rinforzare e di costruire altre cisterne per poter garantire una capacitrà di stoccaggio di 800mila metri cubi da qui al 2016. Alcuni esperti consigliano, una volta eliminati i principali radionuclidi, di buttare l’acqua in mare. Intanto nel gennaio di quest’anno il Giappone ha toccato il nuovo livello record nel deficit commerciale: dall’incidente del 2011, infatti, il Paese si è visto costretto ad aumentare considerevolmente gli acquisti di carburanti all’estero. Dalla fine del 2012 a oggi lo yen ha perso il 25% del suo valore nei confronti di euro e dollaro. La politica conservatrice di Shinzo Abe si è finora rivelata un fallimento. E Fukushima Daiichi continua a essere una spina nel fianco per la politica, l’immagine e l’economia del Sol Levante.

Fonte:  Le Monde

Dal nucleare all’eolico galleggiante, così cambierà Fukushima

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Per ora è soprattutto un simbolo, destinato, però, a trasformarsi in una gigantesca fattoria del vento offshore. È la prima turbina eolica entrata in funzione a circa venti km al largo di Fukushima, nell’ambito di un progetto per l’energia marina di proporzioni molto più ampie, con l’ambizione di trasformare la zona devastata dallo tsunami del 2011 in un centro all’avanguardia per le fonti rinnovabili. Come riferisce l’agenzia Bloomberg, infatti, l’impianto utilizza la tecnologia dell’eolico galleggiante, con le turbine installate su piattaforme flottanti anziché sui tradizionali piloni. Seguendo così quel percorso d’innovazione tracciato da un recente rapporto della lobby eolica europea del settore (EWEA), intitolato non a caso “Deep water”. L’associazione del Vecchio Continente ritiene che il maggiore sviluppo degli aerogeneratori sarà nelle acque sempre più profonde e lontane dalle coste; serve però un balzo tecnico, orientato appunto verso le strutture con grandi boe, capaci di sorreggere le turbine in mare aperto, con ancoraggi a fondali che nel caso di Fukushima arrivano a 120 metri. A coordinare il consorzio di undici membri tra imprese, università e istituti di ricerca coinvolti nel progetto, è la giapponese Marubeni; la prima pala operativa è un modello Hitachi da due MW. La seconda fase del programma prevede l’aggiunta nel 2014 di due turbine Mitsubishi da ben sette MW di capacità, portando il totale installato a 16 MW. Come ha riferito Yuhei Sato, governatore della prefettura di Fukushima tristemente nota per il disastro nucleare dell’omonima centrale, il futuro parco eolico potrebbe toccare un GW di potenza complessivamente disponibile, con 143 turbine. Secondo un comunicato diffuso dal consorzio, la fase sperimentale proseguirà fino al 2015. L’obiettivo principale è collezionare dati meteorologici, idrografici e sul rendimento delle diverse turbine, con cui predisporre lo sviluppo delle centrali offshore. Le piattaforme flottanti sono quelle che meglio si adattano alle caratteristiche dei mari nipponici, mediamente piuttosto profondi. Il Giappone spera altresì di lanciare l’industria nazionale dell’eolico marino. In ballo però c’è di più, addirittura l’intero mix energetico del Sol Levante all’indomani dell’incidente atomico. Il Governo ha deciso di puntare sulle fonti alternative, anche se rimpiazzare la cinquantina di reattori nucleari non è impresa da poco; difatti il Giappone sta incrementando pure il consumo di combustibili fossili, in particolare gas naturale liquefatto. Il fotovoltaico giapponese intanto sta conoscendo un vero e proprio boom, tanto che già entro la fine del 2013dovrebbe diventare il primo mercato mondiale del settore quanto a giro d’affari, superando così la Germania. Proprio in questi giorni a Kagoshima, nel Giappone meridionale, è stato inaugurato il più grande impianto solare del Paese, con una capacità pari a 70 MW. Il parco fotovoltaico, si apprende da una nota di SMA, impiegherà 140 inverter forniti dal colosso tedesco, che sta puntando notevolmente sul Giappone come destinazione emergente per i suoi dispositivi. “Grazie alla nostra rete di vendita e assistenza locale, oltre alle soluzioni specifiche pensate per il mercato giapponese, siamo nella posizione ideale per beneficiare dell’elevata crescita prevista in questo Paese, uno dei mercati del futuro“, ha evidenziato Pierre-Pascal Urbon, amministratore delegato di SMA.

Fonte: Energia24club.it

Fukushima, “la bonifica nucleare è in mano alla mafia”

Il coordinamento della decontaminazione di Fukushima si basa sulla criminalità organizzata. A denunciare la presenza della mafia nel progetto di bonifica della centrale nucleare giapponese è il professor Michel Chossudovsky dell’istituto canadese “Global Research”.fukushima__impianto9

Grandi cantieri, grandi affari. Tutto il mondo è paese, incluso il Giappone. Nessuna sorpresa, dunque, se spunta anche a Tokyo il convitato di pietra di molte grandi opere: la mafia. Peccato che l’opera in questione sia la bonifica di Fukushima: in ballo non ci sono treni veloci, ma la sicurezza del pianeta. Contratti complessi e carenza di lavoratori disponibili: per questo s’è fatta avanti la Yakuza, conferma la Reuters. Prima il disastro atomico causato da terremoto e tsunami, poi le menzogne di governo e media per coprire gli errori della Tepco e la reale entità del dramma: le autorità giapponesi non hanno ancora fatto i conti seriamente con l’apocalisse, emergenza sanitaria e contaminazione dell’acqua, dei terreni agricoli e del cibo. “È una guerra nucleare senza una guerra”, dice lo scrittore Haruki Murakami: stavolta “nessuno ha sganciato una bomba su di noi”, i giapponesi hanno fatto tutto da soli: “Abbiamo impostato il palco, abbiamo commesso il fatto con le nostre mani, stiamo distruggendo le nostre terre e stiamo distruggendo la nostra vita”. Con la collaborazione di una potente forza occulta: la mafia. “Il coordinamento della decontaminazione di Fukushima, operazione multimiliardaria, si basa sulla criminalità organizzata del Giappone”, che è “attivamente coinvolta nel reclutamento del personale ‘specializzato’ per compiti pericolosi”, accusa il professor Michel Chossudovsky dell’istituto canadese “Global Research”, in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”. “Le pratiche di lavoroYakuza a Fukushima – spiega Chossudovsky – si basano su un sistema corrotto di subappalto, che non favorisce l’assunzione di personale specializzato competente”. Qualcosa che ricorda da vicino gli strani appalti a cascata nei quali si infiltrano le cosche, in Europa e in particolare in Italia, gonfiando i prezzi e spremendo come limoni le aziende che poi i lavori devono farli davvero. “Si crea un ambiente di frode e incompetenza, che nel caso di Fukushima potrebbe avere conseguenze devastanti”, visto che ne va della sicurezza di tutti. In compenso, la manovalanza mafiosa è conveniente: “Il subappalto con la criminalità organizzata è un mezzo per grandi aziende coinvolte nella bonifica per ridurre in modo significativo il costo del lavoro”. Alla criminalità organizzata giapponese, continua Chossudovsky, è affidata anche la delicatissima rimozione delle barre di combustibile dal reattore 4: il minimo errore potrebbe causare conseguenze apocalittiche, a livello mondiale, desertificando il Giappone e investendo di radioattività tutto l’oriente, dalla Cina all’Australia. In ballo, la rimozione con una gru di 1.300 barre di combustibile nucleare: in caso di incidente (anche solo il contatto fra due barre) si calcola che si produrrebbe un’onda radioattiva pari a 14.000 bombe di Hiroshima. Operazione che, a quanto pare, sarà effettuata da aziende non proprio pulite: la “Reuters” documenta il ruolo della Yakuza e il suo “rapporto insidioso” con la Tepco e i ministeri della salute, del lavoro e del welfare. Solo nella prefettura di Fukushima, conferma la polizia nipponica, operano almeno 50 clan, con oltre mille affiliati. Gli investigatori sono al lavoro per tentare di sradicare la criminalità organizzata dal progetto di bonifica nucleare. In una rara azione penale, il boss Yoshinori Arai è stato appena condannato per aver intascato 60.000 dollari facendo la cresta sui salari degli operai, ridotti di un terzo. Il mafioso, continua Chossudovsky, è stato condannato per la fornitura di lavoratori per un sito gestito da Obayashi, uno dei maggiori imprenditori del Giappone, a Date, una città a nord-ovest della centrale di Fukushima, investita dalle radiazioni dopo il disastro. Per un funzionario della polizia, il caso Arai è solo “la vetta dell’iceberg”, perché l’intera bonifica di Fukushima puzza dimafia. “Un portavoce di Obayashi ha detto che la società ‘non ha notato’ che uno dei suoi subappaltatori stava prendendo lavoratori da un criminale”, ma l’azienda si impegna ora a collaborare con la polizia. Peccato che la testa dell’organizzazione sia a Tokyo: ad aprile, racconta “Global Research”, il governo ha selezionato ben tre società implicate nell’invio illegale di lavoratori a Fukushima: “Una di queste, una società basata a Nagasaki denominata Yamato Engineering, ha inviato 510 lavoratori per collocare un tubo alla centrale nucleare in violazione delle leggi sul lavoro”. Tutto questo, per “migliorare le pratiche di business” a scapito della sicurezza. Già nel 2009, aggiunge Chossudovsky, alla Yamato Engineering erano stati “vietati i progetti di opere pubbliche”, a causa di una sentenza che definiva l’azienda “effettivamente sotto il controllo della criminalità organizzata”. Nelle città attorno a Fukushima sono al lavoro migliaia di operai. Tubi industriali, ruspe, dosimetri per misurare le radiazioni. Tutto questo per pulire case e strade, scavare terreno vegetale ed eliminare alberi contaminati, per consentire il ritorno degli sfollati. Centinaia le imprese coinvolte: di queste, secondo il ministero del lavoro, quasi il 70% avrebbe infranto le normative. “A marzo, l’ufficio del ministero a Fukushima aveva ricevuto 567 denunce, relative alle condizioni di lavoro per la decontaminazione: ha emesso 10 avvisi, ma nessuna impresa è stata penalizzata”. Una delle aziende denunciate, la Denko Keibi, prima del disastro forniva le guardie di sicurezza privata per i cantieri. “Di fronte alla incessante disinformazione dei media relative ai pericoli di radiazione nucleare globale – conclude Chossudovsky – l’obiettivo di ‘Global Research’ è quello di rompere il vuoto dei media e di sensibilizzare l’opinione pubblica, indicando le complicità dei governi, dei media e dell’industria nucleare”.

Articolo tratto da LIBRE